Capitolo uno-1

2095 Words
Capitolo uno Layne I dati del computer mi fissano, e io ricambio lo sguardo. È una gara inutile. È il computer a vincere. Scuotendo la testa, mi spingo con la sedia dall’altra parte del laboratorio, verso il microscopio. Ma niente. Non è cambiato nulla neppure qui. “Non può essere corretto” mormoro strofinandomi gli occhi. È tutto il giorno che sposto lo sguardo dallo schermo al microscopio e viceversa. E lo faccio sette giorni su sette da quando ho iniziato questo lavoro. Forse comincio ad avere le allucinazioni. “C’è qualcosa che non va?” Sussulto e ruoto sulla sedia, portandomi una mano al petto. “Dottor Smyth, mi ha spaventato.” L’uomo alla porta piega di lato la testa ricoperta di capelli biondissimi, ma non si scusa. “Non è niente. Stavo solo parlando da sola. A volte lo faccio. Ehm.” Mi schiarisco la gola. “Ho finito i test preliminari sulle cellule che il team Alfa ci ha fatto avere. Ci sono stati risultati decisamente spettacolari.” Il capo entra come se fosse a casa sua, anche se non ha mai messo piede qua dentro da quando mi ha assunta. Non indossa un camice da laboratorio, ma pantaloni e giacca scuri. Le lucide scarpe nere non fanno il minimo rumore quando cammina, e a volte lo scorgo a guardarmi con occhi fissi, senza battere ciglio. Come un alligatore, o un predatore impegnato nella caccia. Mia madre mi ha sempre detto che ho una fervida immaginazione. Mi aggrappo alla sedia, felice di avere qualcosa come scudo tra lui e me. “Le devo chiedere una cosa: qual è la fonte di queste cellule?” “Te lo direi, ma poi dovrei ucciderti.” Il suo sorriso mi fa irrigidire. È una smorfia priva di ogni allegria, che non fa altro che mettere in mostra i canini piuttosto sporgenti. “Ah sì, certo.” Rido stentatamente, per dimostrare che ho colto la battuta. “Tutto a tempo debito, signorina Layne. Per ora, la Data-X sta eseguendo dei test in doppio cieco su tutti i nuovi progetti, per prevenire errori nelle scoperte.” “Certamente. È solo che i dati… sono straordinari.” Mi porto alla scrivania per mostrarglieli. “È stato tutto normale fino a che non li ho messi sotto a un ampio spettro…” “Un momento.” Il capo mi interrompe e fa cenno a qualcuno dal corridoio. Un uomo più anziano, alto e slanciato, con il volto rugoso, entra nella stanza. “Don Santiago, vorrei presentarti la nostra nuova collaboratrice, la scienziata che abbiamo messo a capo del progetto Omega. La signorina Layne Zhao.” A dire il vero sono la dottoressa Zhao. Ho lavorato sodo per ottenere il dottorato. Un giorno o l’altro troverò il coraggio di correggere chi sbaglia, guardandolo con un sorriso da coccodrillo. Il nuovo arrivato mi squadra da capo a piedi. O ritiene il mio aspetto un po’ trascurato, oppure sta ammirando i mieiseni sotto al camice. Decido che è la prima delle due, giusto per concedergli il beneficio del dubbio. “Piacere di conoscerla.” Raddrizzo la schiena. Avrei preferito sapere che il capo si sarebbe presentato con degli ospiti. Non ricordo neanche l’ultima volta che sono andata a casa a farmi una doccia. Non che avrei avuto molto tempo, ma almeno avrei potuto mettermi un camice pulito e poi magari spazzolarmi i capelli. Non ricordo neanche l’ultima volta che ho fatto una di queste cose. Ma questo non impedisce a Don Inquietante di farmi i raggi-x. “Il piacere è tutto mio” dice l’uomo con voce suadente. Ha un marcato accento inglese. Il suo sguardo rimane fermo sulla curva dei miei seni sotto al camice, mentre dice a Smyth: “Una donna così bella, e la tieni rinchiusa in questo laboratorio.” Smyth ride e io mi tengo aggrappata alla sedia. C’è qualcosa in quel sono roco che mi fa serrare i denti. “Oh, alla fine la faremo uscire.” Poi si rivolge a me: “Don Santiago è in visita per verificare tutte le nostre operazioni. È uno dei principali finanziatori del programma. Vorrei che sentisse quello che hai scoperto.” “Certamente.” Faccio una pausa, vedendo diversi uomini vestiti di nero entrare e prendere posto accanto alla porta o in altri punti discreti della stanza. Portano tutti a tracolla, davanti al petto, delle armi automatiche. “Mi scuso” dice Santiago con quel suo tono denso e caldo. “Porto le mieguardie del corpo ovunque vado. La situazione è molto meno sicura nel mio Paese.” “Ah, va bene. Nessun problema. Anche qui le misure di sicurezza sono piuttosto serrate.” Sorrido debolmente. La verità è che la sicurezza in questo posto è assurda. Un altro motivo per cui passo in laboratorio tante ore: per non farmi perquisire ogni volta che faccio una pausa o esco per pranzo. Alcune guardie si divertono a perquisirmi un po’ troppo. “Una precauzione necessaria” dice Smyth. “La nostra ricerca è pionieristica nell’ambito degli studi sul DNA. La concorrenza ucciderebbe per mettere le mani sulle nostre scoperte.” Mi irrigidisco di nuovo alla parola uccidere, ma sia Smyth che Santiago ridono. Probabilmente essere circondata da sei uomini nerboruti e armati mi rende un po’ nervosa. Mi schiarisco la gola. “Come stavo dicendo, queste sono le cellule estratte dal progetto Alfa. Avete presente?” Sia Smyth che Santiago annuiscono. Mi sa che ne sanno più di me, al riguardo. “Allora, sto facendo dei test su queste cellule. E… sono straordinarie. Resistenti alle malattie, estremamente longeve e auto-rigeneranti.” Mi fermo, aspettando un loro commento di sorpresa. Niente. I due mi guardano. Santiago sembra quasi… annoiato. Smyth mi fa segno di continuare. “Ma sono normali cellule umane… o almeno lo credevo.” Mi giro verso il computer dove ho condotto l’ultimo test. “Oggi le ho messe sotto a uno spettro a luce debole. Le cellule… si sono trasformate. In qualcos’altro. Qualcosa di… non umano. Non sono stata in grado di scoprire molto altro…” “Che genere di spettro di luce ha dato avvio alla trasformazione?” “Uh.” Odio quando mi interrompono, e Smyth lo fa un sacco di volte. Ma è il capo, e quando mi ha assunta mi ha dato accesso a una struttura di livello avanzato per permettermi di completare i miei studi post-dottorato. E quando pubblicherò le mie scoperte, sarà valsa la pena di sopportare tutti i dettagli inquietanti che fanno da contorno alla situazione. O almeno è quello che continuo a ripetermi. Sorrido e lo assecondo. “È ehm…” Cerco dei termini semplici, da inesperti. “Una luce composta per lo più di rosso e arancio. Una luce debole. Fatta per simulare il bagliore della luna.” Smyth e Santiago si guardano. “Nient’altro?” chiede Santiago. Scuoto la testa, anche se vorrei scatenarmi a parlare di quanto sia stupefacente la scoperta. “Bene, bene. Mandami una mail se trovi altro.” Smyth allunga una mano per fare segno a Santiago di uscire, congedandosi immediatamente da me. Mi mordo la lingua. Sono una scienziata specializzata in DNA. Mi sono laureata in due delle maggiori scuole. E ora ho un capo che mi tratta come se fossi un tecnico di laboratorio idiota, o peggio un bocconcino da guardare. E lo accetto, perché se queste cellule Alfa contengono la chiave per curare malattie, allora vale la pena di sentirsi ancheun po’ a disagio. Sospiro e mi rimetto al lavoro. ~.~ Qualche ora più tardi, le luci lampeggiano sopra di me e io sbatto le palpebre. Per un secondo il laboratorio è immerso nell’oscurità e l’unica fonte luminosa sono i computer. Mi alzo in piedi ma le luci si riaccendono, come se niente fosse. I computer sono tutti in funzione, ma sono collegati a deigeneratori di backup, per non rischiare perdite di dati in caso di interruzione dell’energia elettrica. Però è strano. “Sicurezza” dice una voce bassa, e io indietreggio dalla scrivania. Un giovane con i capelli biondi a spazzola alza le mani in aria. Indossa un paio di jeans neri e una maglietta dello stesso colore che gli fascia il petto muscoloso. Non è imponente come certe guardie, ma è slanciato e muscoloso. Qualcosa nel suo aspetto mette in moto la mia libido quasi estinta. “Ehi, scusa. Non volevo spaventarti.” “Nessun problema. Ehm, me ne devo andare?” Raccolgo delle carte. “No, non mi fermerò molto. Sei del turno di notte?” Gli lancio un sorriso. È giovane per essere una guardia, deve avere la mia età. Ha gli avambracci ricoperti di tatuaggi e piercing su entrambe le orecchie. Nonostante questo, ha un aspetto amichevole e non mi fa paura. “Sto solo facendo gli straordinari. Ho un progetto in corso. Sai com’è.” “Faccio veloce” dice. “I soliti giri.” “Capito. Mi pare che non lesinino proprio sulla sicurezza, qui.” Un’altra risata sommessa. È un piccolo James Dean. O Billy Idol. Non come le altre guardie, che sembrano soldati. “Ti prometto che non ti intralcio.” Ha la voce roca da fumatore. “Grazie.” Questo gli fa guadagnare un sorriso ancora più grande. Il laboratorio è il mio regno e il mio santuario. Visto tutto il tempo che ci passo, dovrebbe essere il mio indirizzo di residenza. Mi stringo la sommità del naso per alleviare il dolore tra gli occhi. È sera, il che significa ora di cena. Non ho neanche pranzato. Vado verso l’angolo, dove tengo le barrette ai cereali e gli antidolorifici. Mi sento addosso gli occhi del giovane. È attraente, se si presta attenzione a dettagli del genere. Cosa che io in genere non faccio. Per qualche ignoto motivo, i miei ormoni – che funzionano a stento da quando ho saltato il liceo per andare subito al college – sembrano essersi messi in moto. Per la prima guardia simpatica in questo ambiente di lavoro così simile a una prigione. Pensa un po’. Dovrei davvero uscire di più. Uso la pausa per andare al bagno, dove mi rinfresco il viso con dell’acqua. A parte i segni neri sotto agli occhi, non ho un aspetto proprio orribile. I capelli neri e lisci sono raccolti in una severa coda di cavallo: niente complicazioni. Ho gli zigomi alti e le fossette, come mia madre, e gli occhi a mandorla, un dono del mio padre sinoamericano. Penso di essere carina. Anche con un camice da laboratorio addosso, le curve sono evidenti. Non così piene come sarebbero se mangiassi regolarmente, ma sotto alla stoffa bianca c’è un corpo da donna. Quel che basta a stuzzicare le fantasie di viscidi addetti alla sicurezza. Quel che basta ad attirare l’attenzione di Santiago. Faccio una smorfia mentre mi guardo allo specchio. Non me ne frega niente se è un finanziatore o un multi-milionario – e deve esserlo, per aver finanziato un progetto del genere. Quello lì mi fa paura. Non voglio che mi metta gli occhi addosso. La giovane guardia di là… quella è un’altra storia. Non mi spiacerebbe una bella perquisizione da parte sua. Ok, questo era un pensiero stranamente sessuale. Cosa mi sta succedendo? Sono davvero stata troppo isolata ultimamente. Quando torno al mio posto, il computer lampeggia. Strano. Andava benissimo un minuto fa. Ma ora lo schermo è in moto. Ma che diavolo succede? Mi acciglio e porto velocemente le dita sul mouse. C’è la mia ricerca in questo computer, e non ho tempo per problemi informatici. Mi volto e vedo il giovane della sicurezza chino su un modem nell’angolo. “Cosa stai facendo?” Lui raddrizza la schiena, ma non risponde. “L’unica persona che dovrebbe toccare questi computer sono io.” Si infila le mani in tasca e per qualche motivo penso che lo faccia per apparire meno minaccioso. “Ti ha mandato il dottor Smyth?” Il bel giovane rimane immobile. Completa allerta. “Conosci il dottor Smyth?” “Certo che lo conosco. È lui che mi ha assunto. Era qui poco fa.” “Qui?” La bocca del ragazzo si irrigidisce, gli occhi azzurri si infiammano. “L’hai visto?” “Sì. Perché?” Il computer accanto a me emette un segnale sonoro. Mi volto. “Cos’hai fatto?” Vedo dei numeri scorrere sullo schermo, una specie di codice che non conosco. “Questi macchinari vengono usati solo per la tabulazione dei risultati dei miei test.” Pigio un tasto sulla tastiera, ma non succede nulla. “Sei stato tu? Ferma tutto!”
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