2. IL DILEMMA DELLA FAMIGLIA LEE-1

2130 Words
2. IL DILEMMA DELLA FAMIGLIA LEESecondo il perfetto stile contadino, i componenti della famiglia Lee dormivano tutti insieme nell’unica stanza all’interno della casa: madre e padre avevano un materasso doppio, i ragazzi ne avevano uno singolo per ciascuno e ogni letto era protetto da una zanzariera. Quando si svegliarono, si alzarono in punta di piedi per non disturbare Heng. Sapevano che c’era qualcosa che non andava, perché solitamente lui era il primo ad alzarsi e uscire, persino nei giorni più freddi. I tre scrutarono preoccupati attraverso la zanzariera il viso pallido cadaverico del capo famiglia, finché Wan disse ai figli di uscire. “Din, fammi un favore, tesoro. Non mi piace l’aspetto di tuo padre, perciò, fatti una doccia veloce e va’ a sentire se Zia Da sa dirci qualcosa, lo faresti? Brava ragazza. Se non è ancora pronta e siamo in anticipo, chiedile se può fare uno sforzo speciale per il suo nipote preferito, prima che sia troppo tardi, d’accordo?” Din scoppiò a piangere e corse a farsi la doccia. “Scusa, amore, non volevo turbarti!”, le gridò Wan. Quando, quindici minuti dopo, arrivò dalla sua prozia, la vecchietta era sveglia e vestita, e sedeva al grosso tavolo davanti alla casa, mangiando una zuppa di riso. “Buongiorno a te, Din, è bello vederti. Vuoi una tazza di zuppa? È deliziosa”. Da adorava i pronipoti, specialmente Din, ma non appena Din riferì ciò che aveva chiesto Wan, disse che sua madre chiedeva molto per una diagnosi di questo tipo fatta in sole ventiquattr’ore. “Quella donna! D’accordo, vediamo cosa possiamo fare … Il tuo Paw ha una brutta cera, vero?” “Sì, Zia Da, è bianco come un cadavere, ma non pensiamo che sia morto ancora … La mamma stava per pungerlo con uno spillo per vedere se reagiva, ma io non ho aspettato. Non voglio che Paw muoia, Zia Da, salvalo, per favore!” “Farò quello che posso, figliola, ma quando Buddha chiama, non esiste nessuno al mondo che possa dire ‘No’, ma vedremo cosa possiamo fare. Vieni con me”. Da le fece strada all’intero del santuario, accese una candela e chiuse la porta dietro di sé. Sperava che Din mostrasse interesse in quelle ‘antiche usanze’ mentre era ancora abbastanza giovane da poterle insegnare, perché sapeva che un giorno o l’altro avrebbe avuto bisogno di un successore se il lavoro fosse rimasto all’interno della famiglia Lee. Indicò il materassino dell’Indagatore sul pavimento dove Din si sedette, dopo di che cominciò a camminare intorno alla capanna mormorando preghiere e incantesimi, e accendendo qualche altra candela, per poi sedersi di fronte a Din, la quale fissava le sue mani intrecciate sul grembo. Da guardò sua nipote e sentì un leggero tremore correre lungo il corpo, fissò a sua volta le sue mani intrecciate per qualche secondo, poi alzò lo sguardo verso Din. “Sei venuta qui cercando consigli riguardanti qualcun altro? Per favore, fa la tua domanda”, disse Da, ma con una voce rimbombante, oscura e profonda che nessuno aveva mai sentito al di fuori della capanna. Questa trasformazione spaventò Din, come accadeva sempre quando sua zia andava in trance e permetteva a un’altra entità di prendere il controllo del suo corpo. Non era tanto il suo volto che cambiava, ma tutto il suo corpo mutava leggermente, come quando un attore o un imitatore modificava i propri atteggiamenti per calarsi nei vari personaggi; però era molto più di questo: sembrava che l’interno di Da fosse stato sostituito con quello di qualcun altro, così che apparisse diversa sia nell’aspetto che nel suono della voce. Din guardò la vecchia Sciamana, che non era più sua zia. “Sciamana, mio padre è molto malato. Ho bisogno di sapere qual è la causa e cosa possiamo fare”. “Sì, tuo padre, quello che chiami ‘Paw’”. L’entità, che in quel momento sembrava essere un uomo, mise una mano in ognuno dei fagotti che Heng aveva lasciato il giorno prima e fece chiudere gli occhi alla zia. Ci fu quella che a Din sembrò una lunga pausa e un silenzio così profondo che avrebbe giurato di sentire le formiche camminare sul duro pavimento di malta. Din era già stata a una dozzina di sedute, ma mai per qualcosa di così serio. Una volta voleva sapere di un dolore allo stomaco, qualche anno fa del suo ciclo mestruale, recentemente, invece, aveva chiesto se si sarebbe sposata presto. Non aveva paura della scena, ma dell’esito. Sapeva che poteva solamente rimanere seduta, aspettare e osservare, e questo per lei era affascinante. La Sciamana scartò lentamente il primo pacchetto contenente la pietra, lo esaminò attentamente, lo annusò e, infine, lo ripose nella foglia di banano. Dopo di che, prese la foglia contenente il muschio e annusò di nuovo, per poi riporlo sul materassino di fronte a lei. La Sciamana guardò Din con aria grave e, dopo alcuni minuti, parlò. “Colui di cui sei così preoccupata è molto malato. In realtà, era molto vicino alla morte quando ha generato questi campioni, tuttavia, non se n’è ancora andato … Alcuni dei suoi organi interni, in particolare quelli che riguardano la pulizia del sangue, si trovano in un pessimo stato … Quelli che voi chiamate, credo, ‘kidelies’ in thailandese, hanno smesso di funzionare completamente e il fegato si sta deteriorando rapidamente. “Ciò significa che la morte è imminente. Non esiste alcuna cura”. La Sciamana sussultò e riprese le sembianze di Zia Da, la quale batté le ciglia un paio di volte, si contorse un po’ come per mettere un vestito stretto, poi si strofinò gli occhi. “Non erano buone notizie, vero? Sai che quando sono posseduta non sempre riesco a sentire tutto, ma ho colto qualcosa e, inoltre, percepisco dal tuo volto che tuo padre è messo male”. “Lo Spirito ha detto che Paw presto morirà perché non esiste alcuna cura per il deterioramento di reni e fegato …”. “Mi dispiace, Din, sai che tengo molto a tuo padre … Guarda, ti dico una cosa, ho imparato alcuni trucchetti nel corso degli anni oltre alla possessione. Diamo un’occhiata … Sì, la pietra … vedi dove tuo padre ha sputato? Nessun segno! Ciò significa che non ci sono sali nella sua saliva, né minerali, né vitamine, niente, solo acqua. “Ora, il muschio”, annusò da una certa distanza, poi lo avvicinò al naso. “La stessa cosa! Annusa!”, lo porse a Din, la quale era riluttante ad annusare l’urina di suo padre. “Avanti, non morde mica!”, disse Da. Din lo fece, ma solo perché era obbligata. “Nessun odore, solo quello del muschio”. “Esatto! L’urina degli uomini puzza come il piscio di un gatto se la tieni ben chiusa, ma quella del tuo papà no. Ciò significa che non c’è niente che possa deteriorarsi. Di conseguenza, anche il suo sangue è solo acqua. “Non puoi vivere molto con l’acqua al posto del sangue, no? Ha una logica, giusto? Il sangue trasporta le cose buone in tutto il corpo, ma tuo padre non ce l’ha ed è per questo che è sempre debole! “Torna a casa immediatamente a prendere il motorino, se non è troppo tardi e se lui è ancora tra noi, poi torna qui e fammi salire. Va’ adesso, svelta!” Din volò fuori dalla porta e corse a casa. Mentre Din era via, Da si preparò ad andare, perché, in fondo al cuore, sapeva che il suo Heng non era ancora morto, non del tutto, almeno. Selezionò qualche erba e le mise in una borsa, si sciacquò velocemente il viso e si legò i capelli con un fazzoletto per l’imminente corsa con la motocicletta. Dopo di che, uscì in attesa di sua nipote. Din arrivò qualche minuto più tardi immersa in una nuvola di polvere. “Svelta Zia, mamma dice di fare presto, perché sta per andarsene”. Da cavalcò lo scooter all’amazzone, come si addiceva a una signorina, e insieme partirono. I lunghi capelli di Din frustavano dolorosamente il suo vecchio viso rugoso, mentre lei cercava di scansarli. Non appena arrivarono, Da smontò con l’agilità di una ragazzetta e si introdusse in casa. “Grazie per essere venuta così rapidamente, Zia Da, lui è nella camera da letto”. “Sì, immaginavo che fosse a letto e non in mezzo alle sue capre!”, scostò la tenda che riparava dalle zanzare e si sedette sul pavimento di legno, vicino alla sua testa. Come prima cosa guardò la sua pelle, poi i capelli e le labbra e, infine, gli aprì occhi per osservarli. “Mmm, capisco … mostratemi i suoi piedi!”, Wan accorse a scoprire i piedi del marito e Da si protese per stringerli e vederli più da vicino. “Mmm, non ho mai visto prima un caso così grave di mancanza di succo nel sangue. Mi daresti il permesso di dire ai tuoi figli cosa fare per un po’? Tornerò presto, tu sistema la testa di tuo marito su alcuni cuscini, manderò Din ad aiutarti mentre Den mi assisterà di fuori”. “Sì, Zia Da, certo. Tutto per aiutare il mio adorato Heng”. “Bene, vediamo cosa possiamo fare”, detto questo si alzò e scese al piano terra. “Din, va’ ad aiutare tua madre, Den, vieni con me, dobbiamo muoverci rapidi e precisi”. Din raggiunse velocemente sua madre, mentre Den chiese cosa poteva fare per aiutare. “Vai a prendermi il galletto più forte che avete! Svelto, ragazzo!” Quando tornò con il pennuto sotto braccio, Da lo prese. “Ora, lega il caprone più forte a un palo così che non possa muoversi di una virgola; seduto o in piedi, per me è indifferente”. Den scappò di corsa. Intanto Da si appollaiò sul bordo del tavolo, tagliò la gola al galletto, raccolse il sangue in una ciotola, lanciò il corpo senza vita nel cesto della verdura che si trovava sul tavolo e corse di sopra. “Din”, disse appena arrivò, “avete del latte di capra o qualsiasi tipo di latte nel frigo? Se non c’è, prendi una brocca e mungine un po’, per favore”. Non fece in tempo a dirle di sbrigarsi, che già se n’era andata. “Bene. Wan, è sveglio?” “Non tanto, Zia Da, metà e metà”. “D’accordo, tu tappagli il naso, mentre io gli verso questo sangue giù per la gola”. Gli strinse con il pollice e il medio la mascella chiusa in modo da farla aprire, gli spinse indietro la testa e versò un po’ di sangue di pollo giù per la gola del povero malato. Da immaginò che almeno la metà fosse scesa dalla parte giusta, visto che Heng sembrava ingolfato come un’auto a benzina con dentro il diesel. Heng aprì lentamente gli occhi. “Voi due vecchie streghe, cosa mi state facendo?”, bisbigliò, “Quella roba era orribile!” “Ah, immaginavo”, disse Da, facendogliene bere un altro po’, “troppo intenso, deve abituarsi”. Quando Din arrivò disse: “Latte appena munto, ancora caldo, da Fiore, la nostra capra migliore”. Da lo prese, lo mischiò con il sangue rimanente e lo fece bere a Heng, ottenendo le stesse lamentele, ma una maggior resistenza da parte del nipote. “Vedete!”, esclamò, “sta già recuperando le forze! Heng sta lottando, cerca di opporre resistenza. Forse non è ancora tutto perduto! “Molto bene! Wan, continua con il latte, ma conservane metà. Tornerò tra qualche minuto”. Uscì e chiamò Den. “La capra è pronta?” “Sì, Zia, è là”. “Bene, vieni con me”. Da fece un taglietto nella giugulare della capra con un coltellino molto affilato e spillò qualche centinaia di millilitri. “Vedi come ho fatto, ragazzo? Cerca di ricordartelo, perché penso che da oggi in poi tu debba farlo tutti i giorni”. Entrambi si diressero di sopra, dove, con stupore, trovarono Heng che parlava con sua moglie e sua figlia, così come parlerebbe un paziente d’ospedale dopo una anestesia totale: intontito, debole e titubante, ma cosciente. Da mischiò il sangue della capra con il latte rimanente, ma prima gli diede quello puro da assaggiare. “Oh, Zia, ma è disgustoso! Oh, Buddha …” “Prova questo allora”, disse porgendo un bicchiere colmo di un liquido rosa. “Sì, questo non è male … Che cos’è? Sento che mi sta già facendo bene”. Heng bevve con entusiasmo.
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