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BRIDGET
Venerdì 18:05
L’ultima cosa che volevo fare al lavoro di venerdì sera alle sei era compilare un quiz sul sesso.
Su una scala da 1 a 10, quanto sei perversa?
Lanciai un’occhiata alla domanda sullo schermo del mio computer e roteai gli occhi. Poi controllai l’ora nell’angolo in alto a destra dello schermo e andai nel panico.
«Cazzo. Non ho tempo per questa roba,» borbottai tra me. Non avevo finito di aggiornare il grafico sulla scrivania di fronte a me né di sistemare l’agenda dei progetti né nessuna delle altre cose che erano state rimandate per via della riunione di prima. Proprio come tutto il resto riguardante la costruzione della James Inn. Invece, ero corsa a compilare finalmente uno stupido quiz sul sesso che mi stava costringendo a fare la mia migliore amica.
Erano passate le sei e non c’era nessun altro in ufficio, gli altri se n’erano già andati per il weekend. Non è che io fossi più diligente, ma mi faceva paura partecipare all’happy hour.
Già, ero proprio io. La strana donna che non voleva vedere la sua migliore amica e le altre per la serata donne. Mi piacevano le mie amiche, ma le amiche portavano altre amiche e il bar sarebbe stato affollato. Pieno di uomini a caccia. Di donne a caccia di uomini. Io non ero interessata. Mi rendeva nervosa. A disagio.
E davvero non volevo che il mio quiz venisse condiviso, come avrebbero fatto tutte quante. La mia vita sessuale faceva schifo e non avevo bisogno di farlo sapere in giro.
Digitai la mia risposta riguardo l’essere perversa con un “No comment”, dopodiché scrutai la domanda successiva.
Se non hai risposto, è perché sei vergine?
«Cristo.» Non riuscivo a credere che Mallory si fosse inventata questa cosa. No, ci credevo. Era proprio da lei essere tanto sfacciata e… pazza. Tirar fuori qualcosa da un film anni ottanta e dargli una svolta moderna e adulta.
Premetti con eccessiva forza i tasti N e O.
Quanti partner hai avuto?
Il mio cellulare squillò ed io sobbalzai, poi, quando vidi lo schermo, lo presi e risposi. «Non riesco a credere che tu mi stia facendo fare questo stupido quiz,» dissi alla mia migliore amica invece di un “pronto”.
«Non riesco a credere che tu non abbia risposto a nessuna delle mie telefonate,» ribatté Mallory, ma io non avevo intenzione di farmi distrarre. «E il quiz è per la serata donne.»
Quello già lo sapevo. Mi aveva tormentata al riguardo per quasi una settimana. Già, avevo rimandato tanto a lungo. Per quanto riguardava l’ignorarla, avevo visto che aveva chiamato tre volte e lasciato quattro messaggi, ma ero stata troppo impegnata per risponderle.
«Ho dovuto venire a sapere da Jemma del bellissimo uomo nel tuo ufficio.»
Ovviamente Mallory aveva ottenuto gli ultimi aggiornamenti da Jemma, la capufficio, che conosceva dal momento che ogni tanto passava a trovarmi al lavoro.
«Voglio sapere tuuuuutto.»
«Sul quiz o dettagli su Maverick James?» Le offrii le due opzioni, ma non ero sicura di quale avrebbe scelto.
«Merda, è difficile scegliere. Sarà divertentissimo leggere tutte le risposte al quiz sul sesso,» rispose lei con un entusiasmo che rasentava la frivolezza. «Ma da quel che ho sentito dire da Jemma, una donna saprebbe avere un orgasmo solo a sentire il suono della voce di quell’uomo.»
Non era poi tanto distante dalla verità.
«Ti odio,» ringhiai, giocherellando con la mia coda e ricordandomi di avere una matita dietro l’orecchio. La gettai sulla scrivania.
«Che ti prende? Che c’è di male nell’eccitarsi per il capo sexy?»
Io appoggiai la fronte alla mano e scossi la testa.
«È passato un giorno,» spiegai, tralasciando il fatto che un sacco della mia frustrazione avesse veramente a che fare con quel tipo. Il capo del mio capo. Quello sexy. Quello per il quale mi eccitavo davvero. Non che l’avrei ammesso con Mallory. Mi avrebbe mandata a fare shopping e a truccarmi per far sì che mi notasse.
C’ero già riuscita da sola prima. Non c’era stato bisogno di alcun trucco.
«Raccontami tutto,» proseguì lei con un sospiro. «Specialmente se riguarda Maverick James, quel bellissimo pezzo di manzo.»
«Come fai a sapere--»
«L’ho cercato online dopo aver parlato con Jemma.»
Ma ovvio che l’aveva fatto. Non mentiva riguardo a lui, solo che- «Se vuoi che arrivi al bar in tempo, o a qualunque ora di questa sera, devo finire il quiz.»
Era l’unico modo che mi fosse venuto in mente per farle smettere di parlare di lui. Di parlare di un tipo che mi rendeva nervosa e a disagio.
Io e lei avevamo guardato Un compleanno da ricordare due settimane prima e lei aveva deciso che avremmo assolutamente svolto un quiz sul sesso – come nel film – e ne avremmo condividiso le risposte quella sera con un gruppo di amiche.
«Non l’hai ancora finito? Non dirmi che sei ancora al lavoro.»
«D’accordo, non te lo dirò.»
Si sentì un altro sospiro. «Devi accettare quel lavoro da insegnante di fisica al liceo. Avresti l’estate libera come me.»
«Non tutti sanno insegnare al primo anno,» ribattei io.
«Lasciamo perdere. Pensavo saresti tornata a casa a cambiarti e metterti quella maglietta carina.»
La maglietta carina di cui stava parlando era appesa sul fondo del mio armadio e non ne sarebbe mai uscita. Era stata bandita lì da quando Mallory mi aveva costretta ad ordinarla. Non era una cosa che avessi mai avuto in mente di indossare. Non che fosse esagerata o inappropriata, semplicemente non era da me. O meglio, metteva in mostra troppo di me. Abbassai lo sguardo sul mio corpo. Jeans e una maglietta bianca a manica lunga. Semplice. Noiosa.
«Siamo indietro col progetto,» le dissi invece di proseguire la conversazione sul motivo per cui non volessi indossare la maglietta carina. Ero felice di farmi notare di meno. Di mescolarmi alla folla. Il casino di prima quel giorno ne era un esempio. Essere una donna in un grosso cantiere era già abbastanza brutto. Non volevo sembrare… carina. Volevo lavorare e andare avanti con la mia piccola vita priva di emozioni. «A parte l’aver rovesciato il caffè, i corniciai hanno intenzione di aggiungere una seconda squadra,» proseguii io, insistendo sul fatto che fossimo in piena frenesia. «La squadra di elettricisti non arriverà fino a giovedì prossimo e il mio capo è stato licenziato.»
«Maverick James è stato licenziato?» strillò lei.
Di tutti i problemi che le avevo elencato, lei si era concentrata su quello. «Non lui. Lui è il proprietario, ricordi? Maverick James, come la James Corporation. Il capo del mio capo.»
«Quindi il capo del tuo capo ha licenziato il tuo capo?»
Era stata una bella scenata e mi raggomitolai su me stessa al solo ricordarmene. Non mi piacevano gli scontri e quella era stata una chicca. E aveva riguardato me. «Sì.»
«Bene. Quel tipo era un vero porco.»
In passato, avevo condiviso con lei quanto fosse stato stronzo quel tipo. Mi sarei fatta un drink – o due – più tardi per festeggiare il suo licenziamento e il modo spettacolare in cui fosse avvenuto.
«Ci vediamo tra un po’ al Kincaid,» le dissi.
«Diavolo, no,» rispose lei. Me la immaginai a tenere una mano sollevata di fronte a sé. «Non ti farò riagganciare fino a quando non avrai completato il quiz e non me l’avrai mandato via email. Dopodiché verrai dritta dritta al bar.»
Alzai gli occhi al soffitto, per poi riportarli sullo schermo. «D’accordo.»
Misi il cellulare in vivavoce e lo posai sulla scrivania così da poter usare entrambe le mani sulla tastiera.
Alla domanda sul numero di partner, digitai 1.
Era un numero triste a ventidue anni e non si vedevano all’orizzonte prospettive di cambiarlo.
Qual è la cosa che vorresti aver ottenuto dai tuoi partner?
Quello era facile. Orgasmi.
«Ti sento premere i tasti. Spero significhi che stai completando il quiz e non un qualche calcolo matematico complesso per confermare l’integrità strutturale verticale di una trave angolare.»
«Integrità strutturale verticale?» chiesi io, le mie dita che si fermavano. «Che cosa vorrebbe dire?»
«Non ne ho idea. Sei tu il genio della matematica e dell’ingegneria.»
Io sospirai, cercando di tenere il passo coi pensieri sconnessi di Mallory. Io ero quella timida e pacata e lei era l’estroversa che cercava costantemente di tirarmi fuori dal guscio. Aveva funzionato sin dalla scuola elementare quando eravamo state compagne di banco, ma dopo il liceo, io ero andata al MIT per il college. Lontano da Hunter Valley, Montana. Quando tutti avevano voluto sapere perché fossi tornata un semestre in anticipo e senza la mia laurea, la cosa non mi aveva aiutata. Mallory ci stava provando, ma ci sarebbe voluto più di un quiz sul sesso e una serata tra donne per farmi di nuovo arrivare a quel punto. «Vuoi che concluda questo quiz o no?»
«Finisci. Finisci. Finisci,» cominciò a cantilenare.
Io risi, poi proseguii.
Cosa vuoi che ti faccia un uomo a letto? Il questionario è anonimo, per cui condividi la tua fantasia più perversa.
Io esalai a voce alta.
«Sei arrivata alla domanda sulla fantasia, non è vero?»
«Già.» Esitai, fissai il cursore lampeggiante, poi digitai. Che diavolo, pensai. Era anonimo dal momento che non c’era alcun nome in cima e Mallory li avrebbe stampati tutti e li avrebbe portati al bar. Conoscendo le altre donne che si sarebbero unite a noi e che avevano risposto al quiz a loro volta, la mia risposta sulla fantasia erotica probabilmente sarebbe sembrata quella di una suora al confronto. Non erano sgualdrine né altro. Non che nessuna donna fosse una sgualdrina, ma quelle erano più amiche di Mallory che mie visto che io ero stata via per tre anni e mi sentivo sempre come l’ultima ruota del carro. Forse mi ero spostata di fuso orario, ma adesso ero tornata. Ero tornata a casa con la proverbiale coda tra le gambe.
«Che importanza ha? Cioè, i ragazzi ci provano con le donne carine come te e le tue amiche. Quelle sofisticate. Come hai detto tu, io sono solamente quella intelligente che non indossa la maglietta carina.»
«Bridget Jane Beckett, dobbiamo trovarti un uomo che ti sculacci al posto mio per aver detto una cosa del genere.»
Io spalancai la bocca. «Non riesco a credere che tu l’abbia appena detto.»
«Non riesco a credere che tu ti sia denigrata. Di nuovo.»
Mi accigliai, poi digitai la mia risposta. La mia fantasia segreta.
Andando avanti… Con chi vorresti farlo? Scrivi il nome della tua scopata dei sogni.
«Bridge, forza. Perché diavolo ci metti tanto?» mi spronò lei.
Digitai la prima cosa che mi venne in mente per finirla con quella storia e levarmi Mallory di dosso. Jake Ryan. L’eroe carino di Un compleanno da ricordare. La stessa risposta che aveva messo Samantha nel film. Il mio primo vero – finto – amore.
«Fatto,» dissi, salvando il documento.
«Mandamelo e andiamo, forza. Indosso quel nuovo reggiseno push up e devo dirti che le mie ragazze non sono mai sembrate più sode.»
Mallory mi descrisse tutti i vantaggi del suo nuovo reggiseno come se avesse lavorato lei nell’ingegneria strutturale invece che io. Passò a farmi il conto alla rovescia con la musichetta di Jeopardy che era irritante come guardare qualcuno limarsi le unghie mentre io allegavo il documento e premevo Invio.
«Fatto!» esclamai, sperando che la smettesse.
«Finalmente. Ci vediamo tra poco. E non farti distrarre da qualche resoconto. Ti darò la caccia!» Riagganciò.
Balzando su, io afferrai le mie cose e uscii, assicurandomi che la porta d’ingresso dell’ufficio fosse chiusa a chiave. Salendo in auto, mi accasciai sul sedile e trassi un respiro. Venerdì sera. Grazie al cielo. Non odiavo il mio lavoro, ma c’erano alcuni aspetti che facevano schifo. Tipo il mio capo. Adesso ex capo. Quello sporcaccione. Non volevo pensare a lui in quel momento, né mai più. Spostai i miei pensieri alla mia ultima e più grossa fantasia, invece, e concentrai tutto il mio potere mentale verso Maverick James lungo il mio tragitto attraverso la città.
Grosso. Virile. Sexy. Impertinente. E, non me n’ero resa conto fino a quel giorno, un tipo cazzuto. Un bellissimo tipo cazzuto più grande di me. Spalle ampie. Muscoloso come se fare esercizio fosse stata la sua religione. Mascella squadrata. Occhi scuri e penetranti che non ti guardavano solamente, ma ti sondavano l’anima facendoti agitare.
E fu proprio ciò che feci in quel momento nella mia auto al solo pensare a lui. Le mie mutandine non avevano scampo quando lui era nei paraggi. O nella mia mente.
Dieci minuti dopo, scrutai l’interno del Kincaid alla ricerca di Mallory e le altre. L’happy hour era in pieno svolgimento e la folla si riversava su una veranda esterna.
«Non te la caverai,» disse Mallory, posandomi le mani sulle spalle una volta che ebbi trovato il gruppo a due tavolini alti avvicinati l’uno all’altro in veranda. I suoi occhi azzurri mi scorsero addosso mentre parlava. Scosse la testa ed io seppi che stava scrutando il mio abbigliamento. «Quegli scarponi li vendono da donna?»
Ovviamente lei era adorabile con un paio di jeans a vita alta e un top azzurro a scollo ampio che non faceva altro che confermare tutto ciò che aveva detto prima sul reggiseno push-up. I suoi capelli chiari erano acconciati e lei era truccata. Come una normale donna di venti e qualche anno un venerdì sera.
«Cavarmela con cosa? Le mie scarpe?» Abbassai lo sguardo sui miei piedi. «È per legge che devo indossare delle scarpe con la punta in acciaio in un cantiere.»
«Non le scarpe, sebbene siano tremende. Tieniti un paio di scarpe non da cantiere in auto o qualcosa del genere. Sto parlando del quiz.»
Mi accigliai mentre salutavo con la mano Zoe, una delle amiche di Mallory, da sopra la sua spalla. «Di che parli?»
«Non me l’hai inviato.»
Sbattei le palpebre. «Sì, invece.»
Lei scosse la testa, i suoi capelli che ondeggiavano assieme a degli adorabili orecchini pendenti. Sollevai una mano e percepii il piccolo orecchino a borchia al mio lobo.
«Be’, io non l’ho ricevuto,» disse lei, sembrando seccata.
Spalancai gli occhi mentre provavo un accenno di panico. «Cosa vuol dire che non l’hai ricevuto?»
Lei sollevò il proprio cellulare ed io le afferrai il polso così da poter guardare la sua casella di posta in arrivo sullo schermo. «Non. L’ho. Ricevuto.»
La mia mente prese a vorticare, chiedendosi dove fosse finito. Fissai Mallory. Lei fissò me.
«Se non è arrivato a te, allora dove l’ho mandato?»
Presi il mio cellulare dalla borsetta a tracolla e aprii la mia casella di posta. Passai alla cartella di posta inviata e—
Urlai.
Proprio lì, nel bel mezzo del Kincaid, come a fare i provini per un filmetto horror.
Tutti smisero di parlare in veranda e si voltarono a guardarmi. Io non prestai loro alcuna attenzione. Ero concentrata solamente sul nome nella sezione indirizzo della mia email assieme all’allegato intitolato Quiz Sesso.
«Oh mio Dio.» Il cuore stava cercando di uscirmi dritto dal petto e mi tremavano le mani.
Mallory mi strappò il cellulare di mano mentre io pregavo che il pavimento si aprisse per inghiottirmi. Un buco per una sola persona sarebbe stato perfetto.
«Porca puttana,» sussurrò lei, spalancando gli occhi per poi incrociare i miei. «Com’è successo?»
Visto che io non sembravo effettivamente morire, i clienti del bar tornarono a divertirsi mentre a me sarebbe venuto un infarto o sarei morta per l’umiliazione.
Ripresi il mio cellulare e lo fissai, desiderando sbagliarmi. «Tu sei Mallory. Lui è Maverick. Iniziano entrambi con le stesse due lettere. M. A. Tu stavi facendo quell’irritante motivetto di Jeopardy e dev’essersi auto-compilato il resto dell’indirizzo ed io non vi stavo prestando attenzione.»
«Col nome del capo del tuo capo.»
Annuii, cercando di non vomitare perché lei non sapeva tutto quello che era successo quel giorno. «Mal, ho appena inviato un quiz sul sesso a Maverick James.»