Capitolo 2-3

1389 Words
Io trassi un respiro profondo, lo guardai dritto negli occhi e sorrisi. «Grazie, Gray, per l’acqua.» Ne bevvi un sorso fresco e rinfrescante. Presi tempo. Lui mi guardò deglutire. Si schiarì la gola. «Prego.» «Come facevi a sapere che non stavo bevendo? Alcool, intendo.» «La prima volta che ti ho vista—sono arrivato tardi per via di una riunione—stavi parlando con il barista. Bella come un dipinto e lo stavi facendo sorridere. Lui ha annuito dopo che gli hai detto qualcosa e ti ha preparato qualcosa che assomigliava ad un gin tonic.» Quello era successo all’incirca dieci minuti prima che venisse a salvarmi. Gray mi aveva osservata più a lungo di quanto avessi pensato. Come avevo fatto a non notarlo prima? Era impossibile non vederlo: reagivo a lui in una maniera che non mi era mai capitata prima. Era quasi viscerale. Per via di quella… attrazione, non sapevo come sentirmi al riguardo. Lusingata? «Ho bevuto un bicchiere di vino quando sono arrivata e devo tornare a casa in auto,» spiegai. «Non reggo molto bene l’alcol, per cui non era il caso che bevessi di più. Se dovessi tenere in mano un bicchiere d’acqua che sembri veramente acqua, la gente mi chiederebbe se sono alcolizzata o mi guarderebbe la pancia chiedendosi se fossi incinta.» Lui strinse la mascella. «Io ho smesso di bere quando ho cominciato l’allenamento e non ho mai ricominciato, ma la gente non si fa certe domande su di me. Che doppie misure del cazzo.» Io feci spallucce perché non avevo altro da aggiungere. Erano delle doppie misure del cazzo, ma ero felice di vedere che lui non ne fosse felice. «E poi, se dovessi bere troppo la sera, sarebbe difficile fare esercizio di prima mattina.» «Corri?» Io roteai gli occhi all’idea della corsa. Come no. «Solo se qualcuno mi insegue.» Lui assottigliò lo sguardo a quella battuta cupa, chiaramente non divertito. «L’idea che qualcuno ti segua non è divertente.» «Già, scusa,» dissi io, contrita. Wow, era anche protettivo. «No. Faccio yoga.» Il suo volto si illuminò interessato. «Yoga? Davvero?» Mi aspettavo che facesse qualche commento su quanto fossi flessibile, ma non lo fece. «Yin? Vinyasa? Hot Yoga?» mi chiese. Io spalancai la bocca, un po’ sconvolta dal fatto che conoscesse le varie tipologie. «Pratichi yoga?» Lui rise. «Non riesco nemmeno a toccarmi gli alluci, ma sosteniamo qualche lezione nella mia palestra. Sei una persona mattutina, allora.» «Mi piace vedere il sole sorgere.» Il modo in cui il cielo passava da nero a grigio e rosa per poi diventare azzurro, come la cima delle montagne catturasse i primi raggi di sole. Come la città dormisse ancora. «Posso capirlo. Io corro alle sei quasi tutte le mattine. Mi piace la tranquillità.» Era per quello che aveva allontanato quei tipi—perché erano troppo chiassosi? Quell’uomo era forse un po’ introverso come me? Qualcosa mi si placò dentro. Lo capiva. Gli piaceva la tranquillità. «Tu… sai cosa intendo, allora,» replicai io, con voce morbida. Ero contenta, perfino entusiasta e provai una piccola scossa di piacere. Lui incurvò un angolo della bocca verso l’alto, ma non disse nulla, si limitò a continuare a guardarmi. Ora, quando il suo sguardo sosteneva il mio, non ero più nervosa, ero… intrigata. «Gioco a flag football la domenica a livello amatoriale, tanto per divertimento. Non c’è troppa competizione, specialmente dal momento che ci sono un altro paio di uomini della mia età.» Uomini della sua età? Non poteva avere molti più anni di me. Forse una quarantina o giù di lì. Dubitavo che avesse problemi a stare al passo coi più giovani, specialmente visto che era un allenatore. Mi sembrava più che in forma da saper raggiungere qualunque obiettivo si fosse prefissato. Solamente non mi ero aspettata che un cowboy giocasse a flag football. Era un pensiero piuttosto critico, però, specialmente quando io odiavo che la gente mi etichettasse senza nemmeno conoscermi. Come Bob/Bill e il suo avermi presa per un’infermiera volontaria. «La partita è alle undici,» proseguì lui. «Mi piacerebbe che venissi.» Io spalancai la bocca e non seppi cosa dire. Mi stava chiedendo di uscire? Lui sollevò una mano. «Non andare nel panico—non è un appuntamento.» Il mio cuore accelerò comunque i battiti a quell’invito. Inarcai un sopracciglio. «Davvero? È così che chiedi alle ragazze di uscire?» «Ragazze? Come quelle che ci sono dentro?» Io potei solamente annuire. Lui si sporse in avanti, scrutandomi attentamente. «Io voglio che tu… venga alla mia partita. Non per un appuntamento poiché immagino che se ti chiedessi di uscire adesso, fuggiresti via. Come ho detto, non voglio che tu abbia paura di me.» Quando io aprii di nuovo la bocca per parlare, lui mi posò un dito sulle labbra. Quel tocco fu caldo e delicato ed io non potei fare altro che sentirmelo formicolare fino alla punta dei piedi… e in altri posti. «O che ti innervosisca. Fidati di me, Emory, quando ti chiederò di uscire, lo capirai.» Aveva detto quando, non se. «Voglio solamente rivederti.» Abbassò la mano. «Pensavo che non ci stessi provando con me,» protestai. «Questo--» Agitò un dito in mezzo a noi. «--è diverso. Non ci sto provando. Quelle ragazze, loro sono gente con cui provarci. Tu…» Lasciò in sospeso la frase. Mentre io ne stavo ancora elaborando il motivo, lui proseguì. «Non pensarlo come un appuntamento, ma come una coincidenza, entrambi che ci troviamo all’Antelope Park nello stesso momento.» Io lo scrutai, dubitando della sua sincerità. «Vuoi davvero--» Lui mi interruppe con una sola parola. «Sì.» Quelle farfalle, api, no, calabroni ripresero a ronzarmi nello stomaco. Voleva che ci andassi—altrimenti non me l’avrebbe chiesto. Stava lasciando del tutto a me la decisione di farlo o meno, chiaramente nervoso quanto me. Ancora una volta, mi stava mettendo a mio agio nella speranza che mi sarei presentata. Avevo fino a domenica mattina per decidere che cosa volessi fare. In quel tempo così ridicolmente breve in cui mi aveva conosciuta, aveva imparato che dovevo prendere una decisione ponderata e sicura. Mentre parlavamo, il sole era tramontato del tutto. A parte le piccole lucine bianche appese alla ringhiera, venivamo illuminati dal bar. Il volto di Gray era in forte contrasto, il suo sguardo più scuro e più intenso. Sembrava uno di quegli uomini che non si vuole incontrare in un vicolo buio, ma io mi sentivo… al sicuro con lui. Non dovevo fingere o sforzarmi di fare conversazione, succedeva e basta, nonostante dicessi cose stupide. Mi aveva messa a mio agio e si era scoperto che avevamo molte cose in comune. Lo trovavo anche eccitante da morire. «Non c’è bisogno di essere nervosi, allora,» replicai io, prendendomi in giro da sola. «No.» Mi rivolse un sorriso accogliente, sereno. Il suo sguardo si abbassò sulla mia bocca ed io dovetti chiedermi se avesse avuto voglia di baciarmi. Un po’ volevo baciarlo anch’io. Il cuore prese a battermi forte all’idea. Non ero stata interessata a baciare un uomo per molto tempo e dovevo ammettere che mi faceva un tantino paura. Faceva paura e avrei corso troppo. Non Gray. Lui sembrava paziente e confortevole. Non osavo dirglielo. Nessun uomo voleva essere ritenuto confortevole. «Io… dovrei andare. È stato un piacere conoscerti, Gray, ma ho yoga alle sei.» Mi alzai sebbene le gambe della mia sedia non sfregarono sul cemento. Anche lui si alzò ed io dovetti piegare indietro la testa per guardarlo. «Non voglio che tu vada alla tua auto da sola, lascia che ti accompagni.» «Grazie. Accetterei la tua offerta, ma l’ho lasciata al parcheggiatore.» Lavorare al pronto soccorso mi concedeva un posto in prima fila per tutte le brutte cose che capitavano a Brant Valley. Lui rise subito. «Ovviamente.» Io sollevai lo sguardo su di lui attraverso le ciglia e mi resi conto che non mi stava prendendo in giro, ma era decisamente divertito. «Buonanotte,» mormorai, superandolo. La sua mano sul mio braccio nudo mi fermò, facendomi mozzare il fiato. Quel tocco fu delicato, la sua pelle calda e ruvida per via dei calli, ma fu come una scossa al mio sistema. «Spero di rivederti domenica, Emory.» La sua voce fu bassa, quasi intima. Io annuii leggermente, ma non sollevai lo sguardo su di lui, la mia pelle che formicolò nel punto in cui mi aveva toccata per tutto il tragitto fino all’auto.
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