1
EMORY
«Sai cosa dicono delle proprietà afrodisiache delle ostriche.»
Davvero? Aveva intenzione di usare quella battuta? Se quell’uomo voleva pensare che le ostriche delle Montagne Rocciose fossero davvero ostriche di mare, allora non sarei stata io a contraddirlo. Rivolsi un vago sorriso a… Bob. No, Bill. Qualcosa con la B. Era sulla trentina, ben vestito con un completo elegante e una cravatta grigia, come se fosse giunto direttamente lì dopo aver lavorato in una banca. Aveva tutti i capelli in testa, si teneva bene, eppure sembrava del tutto… normale. Normale non era una brutta cosa, ma lui era un idiota. Si stava abbuffando di testicoli di toro fritti come se il cibo gratis fosse potuto finire.
La mia amica Christy aveva deciso di evitare una cena seduti ai tavoli per la sua festa di fidanzamento, optando invece per un open bar e del finger food. Immaginavo avesse inserito quella specialità del Colorado sul menu per prendersi gioco degli ospiti che venivano da fuori città. Il gruppo di invitati si era appropriato di una sala privata collegata alla zona bar di un famoso ristorante in città per bere e socializzare. Chiaramente, la parte del socializzare non stava andando bene perché io dovevo stare a guardare Bob/Bill ingurgitare una palla di toro dopo l’altra.
Io avevo mangiucchiato uno spiedino di pollo, una bruschetta e qualche altra opzione offerta dai camerieri cercando di non fare una smorfia quando lui aveva usato un tovagliolino da cocktail per ripulirsi delle briciole dal mento.
«Si dovrebbe mangiare ostriche solamente nei mesi senza la R.» Annuì come a confermare la propria affermazione.
«Già, quelle probabilmente le puoi mangiare in qualunque momento,» replicai io.
Lui ne infilzò una con uno stuzzicadenti nel piattino che aveva in mano e la fissò. «Già, il fatto che siano fritte aiuta.»
Certo, era quello.
Christy aveva trovato un fidanzato meraviglioso, Paul, ma suo cugino, che stava cercando di usare il suo pessimo fascino su di me, era un vero fallimento. Pensava davvero di stare mangiando delle vere ostriche. Ci trovavamo nel Colorado senza sbocchi sul mare, non in una città costiera.
Distolsi lo sguardo puntandolo sulla parete di vetro. Il ristorante si trovava al terzo piano di uno storico hotel con una fantastica vista ad ovest sulle montagne.
Avrei davvero voluto scollarmelo di dosso, dirgli che gli servivano una mentina e del filo interdentale, ma era imparentato con Paul ed io lo dovevo a Christy di trattenermi dall’estraniare uno dei suoi futuri parenti. E poi, probabilmente avrei dovuto rivederlo al matrimonio pochi mesi dopo e, per l’amor del cielo, era uno dei testimoni. In quanto damigella—la damigella più vecchia della storia—probabilmente io avrei dovuto percorrere la navata tenendolo sottobraccio. Cercai di sorridere e annuire il più diplomaticamente possibile. Sorridere e annuire, però lui aveva la personalità di una lumaca di mare o di un’ostrica. Avevamo parlato di Paul e Christy per uno o due minuti, ma poi… si era dimostrato un playboy. Se n’era stato un po’ troppo vicino, il suo sguardo che cadeva furtivamente sui miei seni con un’espressione stranamente lasciva. Doveva essere un’espressione lasciva, altrimenti gli era venuto una specie di tic all’angolo del labbro.
Perché quell’uomo continuasse a provarci con me quando non c’era alcuna speranza che ottenesse… qualcosa, non ne avevo idea. Ero rimasta scottata da un uomo, okay, bruciata come un pezzo di carbonella, e non ne stavo cercando un altro. Ero sopravvissuta al divorzio, sopravvissuta perché Chris aveva avuto bisogno di una madre, aveva avuto bisogno che fossi io quella forte. Ma lui ormai era al college ed io non mi nascondevo più dietro il ruolo di genitore. Sapevo parlare delle regole del fuorigioco nel calcio o di raccolte fondi per il comitato genitori-insegnanti, ma parlare con un uomo, un uomo vero e non un altro genitore del liceo, era incredibilmente difficile. Dubitavo che Bob/Bill ne sapesse qualcosa e probabilmente, una volta che avesse scoperto che avevo un figlio—seppur diciottenne—avrebbe portato le proprie palle di toro altrove.
Dio, ero così asociale! Odiavo le grandi folle, persone nuove, i rumori forti. Non ero tipo da festa. Per questo era difficile conoscere gente nuova. Ero un disastro in tal senso, a differenza di Christy, che conosceva sempre tutti. Tutta quella dinamica socievole-asociale mi aveva aiutata dal momento che lei era riuscita a farmi sciogliere un po’ al mio primo giorno di lavoro, presentandomi per fortuna al mio nuovo reparto, il che ci aveva rese subito amiche. Non è che fossi timida, strana o altro, ma decisamente avevo i miei modi di fare. Così li chiamavo io, se non altro.
Christy la chiamava solitudine, ed io non riuscivo a pensare a nulla di più deprimente. Mi considerava sola.
Sola!
Non era cattiva, era semplicemente onesta. Però io ci ero andata cauta per così tanto tempo, e ne era passato ancora di più da quando ero uscita con qualcuno. Tipo quasi vent’anni. Due decenni. Ecco perché mi ero presentata alla festa di fidanzamento senza accompagnatore e perché non ero interessata a Bob/Bill e alle sue ridicole tattiche da rimorchio. Certo, un uomo sarebbe stato fantastico, ma io volevo che avesse qualche neurone nel cervello. Per quanto il mio vibratore non parlasse e svolgesse alla perfezione il suo lavoro, non era come un uomo vero. Con il suo peso che mi premeva contro il materasso. La sua erezione dura tra le mie cosce. Dentro di me. Un orgasmo con un vero uomo, però, non valeva la pena di fare giochetti ed io non volevo nemmeno imparare le regole degli appuntamenti nel ventunesimo secolo. Guardando Bob/Bill ripulirsi di nuovo la bocca, non ebbi alcun dubbio sul fatto che avrebbe vinto il mio vibratore quella notte.
Sospirai e bevvi un sorso d’acqua. «Senti, devo andare. Christy mi sta facendo cenno di raggiungerla. Buona fortuna a mangiarti quelle ostriche fuori stagione,» dissi.
Feci per allontanarmi, ma lui mi posò una mano sul braccio nudo. Sogghignò ed io notai che aveva gli incisivi superiori leggermente storti. «Mi piace il rischio.» Il suo pollice mi accarezzò il braccio ed io indietreggiai divincolandomi dalla sua presa.
Certo. Roteai mentalmente gli occhi.
Chiaramente, non era il tipo da correre rischi dal momento che stava parlando con me e non con alcune delle altre donne nella zona bar vestite in maniera più provocante e sicuramente pronte a darla. E più giovani. All’età di trentotto anni, io non ero davvero vecchia, ma la maggior parte delle donne della mia età non aveva un figlio che andasse al college. Alcune, che conoscevo, portavano i loro bimbi dell’asilo e alle lezioni di calcio per i più piccoli.
Io non stavo lanciando alcun segnale a Bob/Bill che dicesse portami a casa con te. Il modo in cui tenevo le braccia incrociate al petto, anche col bicchiere in mano, era il classico segnale da non interessata. Lui non ne aveva idea. Affatto. Una donna voleva un uomo che la spingesse contro la parete e la baciasse fino a farle perdere i sensi. Anche del sesso da arrapati sarebbe stato ottimo. Quell’uomo? Non esisteva. Se avessi dovuto tirare a indovinare, avrei detto… contabile.
Bevvi un sorso della mia acqua fredda con lime e sollevai lo sguardo su di lui attraverso le mie ciglia scure. «Che cosa fai nella vita?»
Lui posò una mezza conchiglia vuota nel suo piatto. «Faccio il revisore contabile per la Social Security.»
Ci ero andata abbastanza vicina. Annuii vagamente, cercando di impedire ai miei occhi di annebbiarsi. Era alla ricerca di una donna che volesse una vita da casetta della Mulino Bianco con due figli e un cane—e delle ostriche. Già fatto, grazie. Avevo perfino la maglietta, che adesso usavo per pulire il cesso.
Lanciando un’occhiata a Christy dall’altra parte della stanza affollata, la vidi ridere per qualcosa che le aveva detto la donna accanto a lei. Era stupenda nel suo abito capestro in seta rosso, con le spalle e la schiena abbronzate scoperte. Aveva i capelli lisci e lunghi e il trucco era decisamente intenso, da serata in città. Era un look diverso da quello che indossava per il suo lavoro in ospedale e sicuramente più elegante della mia solita uniforme da pronto soccorso. Il suo piano era stato sorprendere Paul con il suo abito audace quando eravamo andate a comprarlo e, visto come lui le stesse tenendo la mano appena sopra un punto accettabile della sua schiena mentre chiacchieravano con i loro amici, avrei detto che aveva funzionato. Erano palesemente innamorati, poiché non avevo mai visto lo sguardo che le stava rivolgendo Paul su Jack, il mio ex, mai. Ciò che mi feriva non era il fatto che non l’avessi avuto in passato, ma che avrei potuto non trovarlo mai.
Il mio abito non era assolutamente dello stesso calibro di quello di Christy. Io non stavo cercando di compiacere il mio futuro marito e non ne stavo nemmeno cercando uno. Né al bar né con Bob/Bill. Non avevo la minima idea di come abbordare qualcuno e non avevo più ventun anni. Le mie capacità di corteggiamento non erano solamente arrugginite, erano conservate in una capsula del tempo di fine anni novanta. Osservai le altre donne nella zona bar. Alcune indossavano meno abiti di quanti non ne avessi io anche quando stavo in pigiama, senza lasciare molto all’immaginazione. Sorridevano maliziose, toccavano, incrociavano e scioglievano le gambe, battevano le ciglia.
«E tu?» mi chiese lui, distraendomi dal mio esame. «Tu cosa fai?»
Lanciai di nuovo un’occhiata in direzione di Paul e Christy e scorsi un uomo che se ne stava con loro, un uomo che decisamente non era lì prima. Se così fosse stato, non gli avrei scollato gli occhi di dosso.
«Oh, um… l’infermiera,» risposi distrattamente mentre notavo il braccio dell’uomo, muscoli sodi che si flettevano sotto la manica bianca. Dal polsino arrotolato spuntava un tatuaggio e aveva le mani grosse, le dita tozze. Non riuscivo a vedere altro di lui dal momento che Paul mi bloccava la visuale completa e fui colta da un bisogno viscerale di scorgerlo tutto. Quello era un uomo.
Bob/Bill posò il suo piatto su un tavolo vuoto e prese la propria birra. Nel farlo, mi si avvicinò ulteriormente, irritandomi. «Cioè una di quelle assistenti che aiutano a portare i pazienti in carrozzina a fare i raggi X? Mi piacciono quelle adorabili uniformi che indossano.»
Indietreggiando, ignorai le sue parole, frustrata dal fatto di non riuscire a scorgere quell’uomo. Per fortuna, Paul si spostò creando un varco da cui lui divenne chiaramente visibile. Fui travolta internamente da un’ondata di calore a quella vista e sentii delle strane farfalle nello stomaco. Non fu la sensazione da stupida cotta del liceo. Fu qualcosa di completamente diverso. Un desiderio intenso, puro. Per la miseria, giuro che mi si indurirono i capezzoli sotto l’abito ad una sola occhiata.
Era. Un. Cowboy. UN COWBOY!
Vivendo nel Colorando, ce n’erano un paio qua e là, ma non ne avevo mai visto uno tanto da vicino, né uno che mi facesse venire voglia di tirar fuori una corda e prenderlo al lazo.
Più alto del metro e ottanta di Paul, aveva le spalle più ampie e i capelli scuri tagliati corti. Indossava un’elegante camicia bianca, ma coi bottoni a scatto. Doveva averlo inventato una donna il concetto di bottoni a scatto per una camicia da uomo perché, con quel tipo, mi veniva voglia di afferrarne i lati e aprirla di colpo, vedere il petto scolpito al di sotto. Leccarlo.
Snap. Snap. SNAP!
Mi venne l’acquolina in bocca a quell’idea. Non era solamente la camicia a gridare Ma ciao cowboy! ma anche i jeans stirati che gli stavano da Dio sulle gambe possenti. E sul culo. Non mi erano mai piaciute le grosse fibbie scintillanti, ma mmm mmm. Indossava perfino dei robusti stivali di pelle come se fosse appena giunto lì dal suo ranch. Era tutto muscoli sodi e definiti e mi prudevano le dita dalla voglia di tastarli tutti. Dall’altra parte della stanza, riuscivo a scorgere che avesse gli occhi scuri e delle sopracciglia altrettanto scure e folte ad adombrarli. Se mi si erano bagnate le mutande solamente a osservarlo, cosa sarebbe successo se lui avesse rivolto il suo sguardo su di me? Deglutii alla sola idea. Guardami. Guardami!
Era decisamente alto e scuro, ma bellissimo? Non nel modo classico, ma corrispondeva a ogni criterio di uomo ideale che mi si addicesse, perfino quelli che non sapevo di aver stilato. Da quando mi eccitavano i cowboy? Erano fighi sulle pagine dei calendari, ma non ero mai stata attratta da uno in carne ed ossa.
Adesso, però… WOW!
Il sorriso che il signor Cowboy rivolse a Paul fu ampio e amichevole ed ebbi un tuffo al cuore. Sebbene mi sembrasse di averlo fissato per dei minuti interi, gli avevo sbavato addosso solamente per qualche secondo. La mia reazione era stata istantanea e quasi infuocata, ma… perché lui? Avevo visto uomini più attraenti e provato di meno. Provato nulla. Al mio corpo non importava che il suo naso sembrasse essere stato spezzato almeno due volte. Indicava una vita dura e per cui aveva lottato ed io mi ci potevo ritrovare.
Era l’esatto opposto di ciò cui ero attratta di solito, il che si basava sugli uomini attraenti dei film, non quelli della vita reale. Se l’ultimo James Bond si fosse trovato dall’altra parte della stanza, di sicuro avrei buttato giù tutte le altre signore pur di raggiungerlo. Ma quello non era James Bond. Più tipo suo fratello che era rimasto più di otto secondi in groppa ad un toro. Sembrava a suo agio con i suoi tatuaggi e i suoi indumenti western. E a me piaceva guardarlo con i suoi tatuaggi e i suoi indumenti western.
«Allora?» Bob/Bill si spostò quel tanto che bastava a bloccarmi la visuale del tipo ed io mi accigliai. Mi stava impedendo di guardare quel figo. Che cosa mi aveva chiesto? Giusto, del mio lavoro.
«Sì, no.» Un tale idiota maschilista che non distingueva una palla di toro da un mollusco bivalve. «Quelle sono le volontarie e o hanno quindici anni, o ne hanno ottanta, per cui non sono affatto come loro. Ho una laurea di base e un master in infermieristica.» Volontaria il cazzo.
Quando mi spostai per scrutare di nuovo il signor Cowboy, lui era sparito. Ovviamente, era sparito mentre io indugiavo con il signor Fallimento con l’alito da palle di toro. Probabilmente aveva raggiunto la sua fidanzata o sua moglie, ormai, le aveva posato una mano in fondo alla schiena e l’aveva salutata con un bacio. Dio, stavo perdendo tempo. Perché ero rimasta a chiacchierare con un tipo che presumeva roba schifosamente misogina sulla mia professione? Mi ero fatta un culo così per ottenere le mie credenziali e lui aveva immaginato che fossi qualificata a portare mazzi di fiori ai malati. Avrei dovuto fuggire cinque minuti prima.
La mano di Bob/Bill che mi scivolava lungo la schiena per posarsi sulla mia vita mi riattivò il cervello. «Allora, pronta a tornare in camera mia al piano di sopra?» Bevve un sorso di birra e mi osservò da sopra il bicchiere di vetro ed io sentii le sue dita stringermi il fianco attraverso l’abito.
Spalancai la bocca mentre indietreggiavo, facendogli cadere via la mano. Forse ero più brava ad abbordare uomini di quanto pensassi. Tutto ciò che avrei dovuto fare sarebbe stato dire sì e avrei potuto farmela con Bob/Bill. Avevo bisogno di fare seriamente pratica se quell’uomo era ciò che attiravo con il mio fascino.
«Fai sul serio?» Dovetti ridere e lui sembrò leggermente in imbarazzo, anche se per poco.
«Be’, sì.» I suoi occhi mi scorsero addosso mentre si avvicinava di nuovo. Sentii il bisogno di farmi una doccia solamente per via di quello sguardo. «C’è qualcosa tra noi.»
Qualcosa? Sì, come no. «Certo. Um… senti--»
«Scusa se ho fatto tardi, piccola. Questo posto è così affollato, Paul mi ha detto dov’eri.» Sentii una mano sulla mia spalla prima di rendermi conto che quella nuova voce stesse parlando con me. Quel contatto a sorpresa mi fece trasalire, ma non mi sembrò inquietante e schifoso come la mano di Bob/Bill. Sembrò… una scossa elettrica che attraversava l’aria come prima di un temporale. Guardandomi alle spalle, vidi il signor Cowboy sorridermi.
A me!
I suoi occhi castani non erano solamente scuri, erano quasi neri e concentrati direttamente, completamente, solamente su di me. Si spostarono brevemente sulla mia bocca.
Io mi raggelai del tutto sorpresa e fissai quell’uomo a bocca aperta. Lo stesso fece Bob/Bill.
«Vedi, Paul sapeva esattamente dove ti trovassi.» Indicò il mio amico dall’altra parte della sala.
Paul mi rivolse un pollice in alto, approvando il fatto che quell’uomo si fosse presentato fingendo di… di cosa? Uscire con me? Mi aveva chiamata piccola e non era forse stato eccitante da morire?
Paul sapeva in realtà che suo cugino fosse un maiale e mi stava salvando? Ovvio. Ecco. Ero decisamente troppo educata, cavolo. Ugh.
«Grazie per aver tenuto compagnia alla mia ragazza dal momento che io ero in ritardo.» Quando strinse affabilmente la mano a Bob/Bill, la voce del signor Cowboy si fece profonda, roca e con un tono da allontanati subito dalla mia donna, cazzo. Bob/Bill fece una smorfia dal momento che sospettai che quella stretta fosse stata un po’ più forte di una amichevole. Una volta che gli fu restituita la mano, fece una faccia come se gli fosse cominciata un’indigestione, forse per via delle ostriche delle Montagne Rocciose o poiché i suoi piani di farsi una scappatella erano andati in fumo.
La mia ragazza. Oh mio Dio.
«Nessun problema,» mormorò Bob/Bill mentre scuoteva la mano per poi indietreggiare in territorio più sicuro e schiarirsi la gola, scrutando il signor Cowboy e notando i centimetri in più in altezza—raggiungeva sicuramente il metro e novanta—la dozzina di chili in più di peso e un atteggiamento un sacco cazzuto che lui non avrebbe mai avuto. Non si sarebbe mai messo a discutere con quell’uomo. Se Bob/Bill era l’ostrica d’oceano, allora il signor Cowboy era lo squalo. Il barracuda? Subdolo, infido e silenziosamente letale.
Da vicino, era ancora più… mascolino. Virile. Ed io ero la sua ragazza, se non altro per il momento. Porca puttana se era figo. Un accenno di barba scura gli ricopriva la mascella e la sua mano contro la mia schiena era calda, perfino attraverso il mio abito di cotone. Le farfalle che avevo sentito nello stomaco prima si erano ormai tramutate in api furiose e, di certo, lui sarebbe stato in grado di vedere il mio cuore battere praticamente fuori dal petto. A differenza di Bob/Bill, il suo sguardo non si era abbassato oltre il mio mento. Si spostò brevemente di nuovo sulla mia bocca ed io dischiusi leggermente le labbra, cercando di riprendere fiato.
«Di cosa stavate parlando quando vi ho interrotti?»
Mi tolse lo sguardo di dosso e lo spostò su Bob/Bill, che sembrò impallidire, chiaramente spaventato all’idea di rispondere. Provarci con la compagna di quell’uomo poteva nuocere alla sua salute.
«Oh, um…» Bob/Bill si afferrò il nodo della cravatta e lo agitò un po’, trovandolo all’improvviso troppo stretto.
«Ostriche,» dissi io, disposta a risparmiare al cugino di Paul una morte possibilmente lenta e dolorosa. Era abbastanza squallido, ma piuttosto innocuo, specialmente con il signor Cowboy, ovvero quell’uomo stupendo, al mio fianco. Il signor Cowboy mi faceva sentire in qualche modo protetta, al riparo e al sicuro da qualunque intenzione men che onorevole di Bob/Bill. Mi faceva sentire… femminile in confronto alla sua presenza super-mascolina. Forse era il fatto che gli arrivavo solamente alla spalla o che il suo bicipite fosse delle dimensioni del mio collo.
Azzardai un’altra breve occhiata a Paul dall’altra parte della stanza. Lui mi fece l’occhiolino, dopodiché fu attirato nuovamente in una conversazione. Era stato davvero lui a mandare quell’uomo a salvarmi da Bob/Bill.
«Oh, ti piacciono le ostriche delle Montagne Rocciose? A me non fa impazzire più di tanto l’idea di mangiarmi i testicoli fritti di un toro. Ne ho tagliati via abbastanza da sapere che aspetto hanno di persona al punto che non li voglio mangiare.»
«Testicoli…» Bob/Bill lanciò un’occhiata al proprio piatto, deglutendo con forza.
«Non mi sembri molto in forma.» Il signor Cowboy fece un cenno col mento in direzione di Bob/Bill, che adesso aveva la fronte imperlata di sudore oltre ad un brutto pallore. «Pronta?» chiese a me, il suo sguardo che mi scorreva in volto e rivolgendomi un occhiolino dei suoi. «Pensavo che avremmo potuto sederci un po’ fuori.»
Senza aspettare che rispondessi, mi prese per mano e praticamente congedò Bob/Bill. La sua mano era enorme, la mia ne venne praticamente divorata. Per quanto riuscii a sentire dei calli sul suo palmo, la sua presa fu delicata, il che fu sorprendente per un uomo che sembrava tanto… aggressivo, come se l’aspetto tranquillo fosse stata solamente una facciata e lui avesse avuto un’energia e una tensione pronte ad esplodere, specialmente quando le puntava contro un uomo che mi stava infastidendo. Quando il suo pollice mi accarezzò il dorso della mano, fui percorsa da un brivido.
Pronta? Ad andarmene con un cowboy muscoloso?