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2014 Words
- Già, già - borbottò la segretaria sconvolta. - Quella ragazza deve avere qualche ascendente su Maber - concluse il signor Lark con voce cupa. - Si ricordi le mie parole! C’era un caso del genere sul giornale di domenica. Forse avrà letto il titolo: Giovane ragazza tiene vecchio milionario in una morsa d’acciaio. È un caso simile! Il destino volle che la sottile antipatia che Barbara provava per il socio più giovane di Maber trovasse sfogo proprio quella mattina. La segretaria di Julius Colesberg era ammalata e così Barbara entrò nello studio per portare una lettera. Julius non le era mai piaciuto istintivamente. Era un giovanotto sulla trentina, dolce e triste e sempre profumato. Barbara odiava gli uomini che usavano profumi e indossavano anelli di brillanti ma mai la sua antipatia si era manifestata come quella mattina. - Buon giorno, signorina Storr. - Alzò lo sguardo dall’imponente scrivania sulla quale stava esaminando delle lettere. - Il vecchio c’è? - Il signor Maber non è ancora arrivato - rispose lei. Julius aprì un elegante fazzoletto e si asciugò pensieroso le labbra. - La riunione ci sarà oggi - disse. - Gli Atterman faranno un’offerta molto... ehm... interessante. Il signor Maber sta diventando vecchio e credo che sarebbe stupido rifiutare. Julius era stato nella casa di Regent Park del signor Atterman. Avevano fatto colazione insieme, raggiungendo certi accordi. Queste sono cose che accadono. Il signor Colesberg controllava il venticinque per cento delle azioni ma non dirigeva di persona la ditta. La vendita ai Magazzini Atterman gli avrebbe dato più potere. Sono cose che accadono. Barbara aprì l’agenda afferrando la matita. - Ora ascolti, bambina. - Julius, con il suo tono paternalistico, la faceva sentire sempre inferiore. - Lei verrà alla conferenza e farà un grosso piacere a se stessa e a tutti quanti se userà la sua indubbia influenza. - A quale scopo? - Per la vendita. Gli affari vanno male; il negozio ha bisogno di attività, di pubblicità, di tutto ciò che un vecchio all’antica non può dargli. Lei curvò le labbra con sarcasmo. - Ho davanti lo stesso uomo che un giorno ha detto al signor Maber che la pubblicità avrebbe reso volgare il negozio? - domandò. - In quella circostanza avevo ragione - si affrettò a spiegare lui. - I Magazzini Maber non potevano farsi pubblicità ma gli Atterman sì. Capisce cosa intendo, bambina? - Non mi chiami bambina; mi fa sentire vecchia - sbottò lei. - Quando Atterman si impossesserà di questo posto, darà vita alla Louisiana Ladie’s Orchestra? Sembrava una domanda innocente ma non lo era perché si alludeva alla vicenda di una bionda che suonava la trombetta in quell’orchestra. Per difendere l’uomo con il quale aveva appena fatto colazione, Julius protestò con vivacità. - La giuria si è espressa in favore di Atterman - dichiarò. - E in ogni caso quella donna dovrebbe vergognarsi per avere osato denunciare per rottura di fidanzamento un uomo come il signor Atterman, un magnate dell’industria! - Maudie lo amava! - esclamò Barbara indignata. - Vive vicino a me e spesso torno a casa con lei. È così sconvolta che non riesce a suonare altro che inni. - Mi meraviglio che suoni - ribatte Julius. - È davvero poco femminile suonare la trombetta. - Avrebbe presto suonato l’arpa se non fosse accaduto nulla - ribatté Barbara senza ritegno. - Allora, le lettere? Aveva portato in ufficio due delle sue lettere e stava aspettando la terza quando lui, distratto, le posò le lunghe dita magre sulla mano. Barbara si alzò lentamente. - È tutto, signor Colesberg? - È tutto - ripeté lui alzandosi per accompagnarla alla porta e, mentre lei usciva, mormorò qualcosa a proposito di “una cena e di uno spettacolo”. - È un invito della signora Colesberg? - chiese lei. - Non sono sposato - rispose Julius tambureggiando con le dita. - Non posso sopportare i matrimoni. Sa cosa intendo... essere legato alla stessa donna... è terribile. Ci incontreremo all’angolo di Haymarket. Facciamo alle otto; non mi piace vestirmi in fretta. Indossi qualcosa di sobrio... capisce cosa voglio dire? Una ragazza è molto elegante in nero. Se indossa degli abiti sgargianti, si farà notare da tutti insieme al suo cavaliere... - Da quale parte di Haymarket? - chiese Barbara. - All’angolo con Jermyn Street. Mi riconoscerà... - Potrei scambiarla per un palo della luce - lo interruppe Barbara con voce gentile. - Credo che dovrebbe venire con delle lucine sul cappello! O forse potrebbe portare un cartello; il blu è il mio colore preferito. Oppure potrebbe indossare un completo da golf rosa. Sarebbe davvero terribile se non la vedessi. Il viso malinconico di Colesberg divenne paonazzo. - Ha un bel coraggio a parlarmi così! - tuonò. - Lei... lei... se conto qualcosa in questo ufficio, la farò cacciare oggi stesso! Si dà le arie di una duchessa, andando in giro come se... Non lo tollererò. Vedrò... vedrò Maber appena arriva. - Le telefonerò appena metterà piede in ufficio - lo rassicurò Barbara con la massima gentilezza. Era appena tornata nel suo ufficio quando il signor Maber suonò il campanello e Barbara, riprendendo blocco e matita, si presentò da lui. Il signor Maber era un uomo massiccio, da qualsiasi parte lo si guardasse. Non si riusciva a immaginare che fosse mai stato appassionato di canoa, anche se da giovane aveva avuto questa passione mentre studiava a Cambridge, l’anno in cui avevano battuto Oxford. Si definiva all’antica ma in realtà era quasi preistorico. Odiava le tendenze moderne in qualsiasi settore, dagli affari alla musica ecclesiastica. Era sovrintendente della chiesa di St. Asaph di Ilchester e considerava il suo dovere con la massima serietà. La sua vita, come diceva lui con orgoglio e rimpianto insieme, era un libro aperto. Se c’erano delle pagine oscure si riferivano a un piccolo episodio. Era accaduto a una cena in onore degli equipaggi universitari la notte della Gara di Vela. Era il sabato prima che Marcus Elbury, il primo rematore, e i suoi compagni di scuola partissero per l’America. Dopo cena lui e Marcus avevano fatto visita all’Empire Theatre. Erano entrati alle nove e quarantacinque cantando un’allegra canzone (in quei tempi il teatro era un music-hall e le canzoni erano adatte). Erano usciti alle nove e cinquanta, accompagnati da quattro commissari, tre poliziotti e il guardarobiere. A questo punto della storia era entrata anche una donna ma la bocca di Maber era sigillata a questo proposito. Maber si rifiutava di pensare a ciò che era accaduto dopo. Era come ripensare alla propria fine. A volte gli capitava per un attimo ma subito la sua mente correva a un altro argomento. Il signor Maber aveva pensato molto in quegli strani giorni. Era un giovanotto di grandi risorse e si era potuto permettere di pagare quaranta scellini e di risarcire i poliziotti per le loro divise strappate e altri danni transitori riportati sul volto. Ma il resto non poteva affrontarlo... comunque non ci pensava mai. Marcus Elbury sarebbe tornato per la cena di sabato. Il signor Maber doveva intrattenere gli otto compagni di Cambridge. Si chiese se quel vino del 1911 fosse davvero così buono come la gente diceva. Ogni tanto, avvicinandosi a Marlborough Avenue, il pensiero del lavoro si insinuava nei suoi piacevoli ricordi, facendolo rabbrividire. Avrebbe voluto aver già concluso tutto. La volgare vicinanza degli Atterman era sufficiente per farlo star male. In un certo senso avrebbe voluto riuscire a dominare il tempo e a mantenere viva la fama dei Magazzini Maber. Il signor Maber sospirò. Era un uomo ricco ma non poteva permettersi di investire molto denaro nella ristrutturazione del locale. Entrò nel suo ufficio con l’espressione cupa e, dopo aver appeso cappello e ombrello nell’attaccapanni, permise a Barbara di sfilargli il cappotto. - Bene, Barbara - disse malinconico - presto avremo finito qui e ce ne torneremo a Ilchester. Non c’è posto uguale al mondo, Barbara. Scosse la testa sconsolato. Il pensiero non sembrava affatto rallegrarlo. - Tu non puoi restare qui, naturalmente - concluse. - Ti troveremo un buon posto da Knapp House. Cosa vorresti fare? - Piuttosto di tornare a Ilchester, preferirei morire - rispose lei con calma. Lui fu leggermente turbato. - È una grande e vecchia città - mormorò con voce soffocata, come se temesse che Ilchester potesse sentirlo e punirlo. - Una grossa, vecchia città. Quel caro, vecchio carillon della torre! - E quelle care zanzare che proliferano negli abbeveratoi dei cavalli - continuò lei - e quelle care vecchie signore che non hanno nulla da fare se non spiegarti perché devi sposarti in fretta! - Barbara! - mormorò lui. Dopo tutto, come ricordava sempre nei momenti più strani, era sempre un sovrintendente ecclesiastico. Lei gli passò le lettere e lui le guardò. - A che ora è la riunione? - chiese. - Tra venti minuti. Lui si morse le labbra. - È meglio chiamare Lark. Lui conosce i nostri affari E anche il signor Colesberg, naturalmente. Atterman porterà il suo direttore generale. - Monkey? - chiese Barbara? - Minkey, credo - ribatté il suo principale con gravità, sospirando. - Signor Maber, perché vuole vendere il negozio? - chiese. - Sono certa che valga una fortuna... se accuratamente diretto. A cosa serve un uomo come Lark? Non voglio che perda il lavoro; dovrebbe avere un dieci per cento delle azioni a patto che se ne resti lontano dall’ufficio. Un venditore! Non mi fiderei di lui nemmeno per comprare una trappola per topi! - Noi non vendiamo trappole per topi - disse il signor Maber. - Perché non vendiamo ciò che la gente vuole, dal momento che non vogliono ciò che vendiamo? Se io dirigessi questo negozio - lo fissò - metterei Atterman al suo posto. E lei potrebbe farlo. Ogni novità che mette in vendita, ha un immediato successo. I soldi che investe nella pubblicità gli ritornano denaro sonante... Si fermò, senza fiato. Il signor Maber la stava guardando con ammirazione mista a pietà. - Sono troppo vecchio per cambiare - commentò con voce patetica. - Chiama il Trocadero, mia cara e ordinaci qualche panino imbottito per questa sera; ai ragazzi piacciono questo genere di cose; ricorda che voglio quelli grandi. I ragazzi detestano quelli piccoli. Sorrise, pensando a Marcus. Quella notte... chi era caduto per primo sulla strada? Lui o Marcus? Per trent’anni avevano discusso della faccenda per lettera. - E ora mia cara, va’ a vedere se tutti sono arrivati nella sala riunioni. Accertati che il signor Atterman sia comodo. Un condannato a morte avrebbe potuto, con lo stesso tono di voce, chiedere se il boia aveva dormito bene. Il signor Atterman era un uomo magro e dinoccolato, vestito con abiti leggeri. Indossava occhiali rotondi e sembrava molto ansioso di passare per americano. Per questo leggeva tutti i modi di dire sui supplementi comici dei giornali domenicali di New York. A dire la verità, otteneva l’effetto contrario. - Sono molto contento di vederla, signor Maber; questo è il signor Hercules Minkey. Il signor Minkey era un ometto con le spalle rotonde e la faccia piatta, il naso ampio e corto e gli occhi scuri e profondi. L’influenza dei nomi sullo sviluppo psichico e mentale meriterebbe un esame più attento. In ogni caso, il suo era un nome disgraziato. Il signor Atterman diceva che aveva l’argento vivo addosso, altra definizione che gli si addiceva alla perfezione. - Felice di conoscerla, signorina Storr. Santo cielo, le invidio la sua segretaria, signor Maber! È l’unica merce che comprerei insieme al suo magazzino! Ah! Ah! Spero che riusciremo a convincerla a restare, signorina Storr. Julius era già lì, intento a mordicchiare distratto la punta di una penna. Il signor Lark entrò con solennità, fece un cenno al signor Atterman e un inchino al signor Maber e, dopo aver annuito con familiarità al signor Minkey, sorrise rispettosamente a Julius, senza degnare Barbara di uno sguardo. - Ora che ci siamo tutti - esordì il signor Atterman - farò la mia proposta. Non scriva nulla per ora, signorina Storr. Le dirò io quando iniziare a prendere appunti. Come ho detto, abbiamo deciso di riunirci...
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