CAPITOLO CINQUE

1819 Words
CAPITOLO CINQUE Mentre Jenn guidava il SUV a sud, verso la loro destinazione, Riley continuò a leggere i messaggi che aveva inviato dal suo cellulare. I minuti passavano e Bill ancora non rispondeva. Infine, decise di chiamarlo. Digitò il suo numero. Con sua frustrazione, rispose la segreteria telefonica. Al suono del bip, si limitò a dire: “Bill, chiamami. Subito.” Quando Riley appoggiò il cellulare sul suo grembo, Jenn le rivolse un’occhiata frettolosa. “Qualcosa non va?” domandò. “Non lo so” Riley rispose. “Spero di no.” La sua preoccupazione aumentò durante il viaggio. Ricordò un messaggio che aveva ricevuto da Bill, mentre lavorava al suo caso più recente in Iowa … Solo per fartelo sapere. Sono seduto qui con una pistola in bocca. Riley rabbrividì al ricordo della disperata telefonata che era seguita, quando era riuscita a parlare con lui, dissuadendolo dal commettere un suicidio. Stava capitando di nuovo? E, in quel caso, che cosa poteva fare per aiutarlo? Un suono acuto, improvviso e penetrante scacciò questi pensieri dalla mente di Riley. Le ci volle un secondo per comprendere che Jenn aveva messo in funzione la sirena, per farsi largo in mezzo al traffico lento. Riley considerò la sirena un rigido sollecito … Devo riportare la mente nel gioco. * Erano circa le tre e trenta, quando Riley e Jenn arrivarono alla Belle Terre Nature Preserve. Seguirono una strada in direzione della spiaggia, proseguendo finché non s’imbatterono in un paio di auto della polizia e nel furgone del coroner. Oltre i veicoli, su un pendio erboso, era stato steso il classico nastro della polizia, per tenere lontano il pubblico dalla spiaggia. La spiaggia non era immediatamente visibile, quando uscirono dal veicolo. Ma Riley vide i gabbiani volare in alto, sentì una frizzante brezza sul viso, l’odore di sale nell’aria ed il suono delle onde. Riley vide un piccolo gruppo di giornalisti, radunati nell’area del parcheggio, vicino alla scena del crimine: ne fu turbata ma non sorpresa. Si fecero subito intorno alle due agenti, ponendo domande a raffica. “Abbiamo avuto due omicidi in due giorni. È opera di un serial killer?” “Ci avete dato il nome della vittima di ieri. Avete identificato questa nuova vittima?” “Avete contattato la famiglia della vittima?” “È vero che entrambe le vittime sono state sepolte vive?” Riley fece una smorfia a quell’ultima domanda. Naturalmente, non era sorpresa che si fosse sparsa la voce sul modo in cui le vittime erano morte. I giornalisti potevano averlo appreso dalla polizia locale. Ma non aveva dubbi che i media avrebbero dato risalto a questi omicidi con tutte le proprie forze. Riley e Jenn si fecero largo in mezzo ai giornalisti, senza fare alcun commento. Poi, furono accolte da un paio di poliziotti locali che le scortarono oltre il nastro della polizia, sul pendio erboso digradante verso la spiaggia. Riley sentiva la sabbia infilarsi nelle scarpe, mentre camminava. Pochi attimi dopo, la scena del delitto apparve dinnanzi a loro. Diversi uomini circondavano una fossa scavata nella sabbia, dove ancora si trovava il corpo. Due di loro si avvicinarono a Riley e Jenn, andando loro incontro. Uno era un uomo tarchiato dai capelli rossi, vestito in uniforme. L’altro, un uomo snello con ricci capelli neri, indossava una camicia bianca. “Sono felice che siate riuscite ad arrivare così presto” l’uomo con i capelli rossi disse, quando Riley e Jenn si presentarono. “Sono Parker Belt, il capo della polizia di Sattler. Questo è Zane Terzis, il coroner del Distretto di Tidewater.” Il Capo Belt le accompagnò verso la fossa, e qui videro il corpo quasi coperto a metà. Riley era più che abituata a vedere cadaveri in vari stati di mutilazione e decomposizione. Nonostante la sua esperienza, quello spettacolo la sconvolse. Si trattava di un uomo biondo, di circa trent’anni, ed indossava un completo da footing adatto per una corsa mattutina lungo la spiaggia. Le braccia erano distese, in una sorta di posa statuaria di rigor mortis nel disperato tentativo di tirarsi fuori dalla fossa. Aveva gli occhi ben chiusi, e la bocca spalancata colma di sabbia. Il Capo Belt fermo accanto a Riley e Jenn. Iniziò a dare loro informazioni: “Aveva ancora un portafoglio con tutti i documenti identificativi, non che ne avessimo davvero bisogno. L’ho riconosciuto nell’istante in cui Terzis e i suoi uomini hanno scoperto il suo volto. Si chiamava Todd Brier, ed era un pastore luterano qui a Sattler. Non frequentavo la sua Chiesa, visto che sono un metodista. Ma lo conoscevo. Eravamo buoni amici. Andavamo a pescare insieme di tanto in tanto.” La voce di Belt lasciava trasparire il dispiacere e lo shock. “Com’è stato scoperto il corpo?” Riley chiese. “Un uomo di passaggio con il cane” Belt rispose. “L’animale si è fermato qui, annusando e guaendo, poi ha cominciato a scavare, e immediatamente è apparsa una mano.” “L’uomo che ha trovato il corpo è ancora qui?” Riley domandò. Belt scosse la testa. “L’abbiamo mandato a casa. Era davvero scosso. Ma gli abbiamo chiesto di rendersi disponibile per delle domande. Posso mettervi in contatto con lui.” Riley sollevò lo sguardo dal corpo e si concentrò sul mare, che distava circa quindici metri. Le acque della Chesapeake Bay erano di un bel blu profondo, con onde bianche che bagnavano dolcemente la sabbia. Riley notò che la marea stava scendendo. Riley chiese: “Questo è stato il secondo omicidio?” “Proprio così” Belt rispose tristemente. “Prima di questi due, è mai successo qualcosa del genere qui?” “Intende dire qui a Belle Terre?” Belt disse. “No, niente del genere. Questa è una riserva tranquilla per uccelli e fauna selvatica. La gente del posto frequenta questa spiaggia, specialmente le famiglie. Di tanto in tanto, capita di arrestare qualche aspirante cacciatore o di sedare risse tra visitatori. Dobbiamo anche scacciare gente di passaggio qualche volta. A volte è una questione seria.” Riley girò intorno alla fossa, per guardare il corpo da un angolo diverso. Vide un rivolo di sangue dietro la nuca della vittima. “Che cosa ne pensa di questa ferita?” chiese a Terzis. “Sembra che sia stato colpito da un oggetto pesante” il coroner rispose. Lo studierò meglio quando avremo il corpo in obitorio. Ma, dall’aspetto, direi che probabilmente è bastato a stordirlo, abbastanza da non farlo reagire, mentre il killer lo seppelliva. Dubito che sia stato completamente privo di sensi. È ovvio che ha lottato molto.” Riley sussultò. Sì, era evidente. Poi, disse a Jenn: “Scatta delle foto e mandamele.” Jenn tirò immediatamente fuori il cellulare, e cominciò a scattare delle foto della fossa e del cadavere. Nel frattempo, Riley continuava a girare lentamente intorno alla fossa, controllando la spiaggia in ogni direzione. Il killer non aveva lasciato molti indizi. La sabbia intorno alla fossa era stata ovviamente spostata dal colpevole, mentre scavava, e c’era una labile traccia di impronte, ad indicare il percorso dell’uomo che aveva scoperto il corpo. Anche le impronte lasciate dal killer erano a mala pena visibili. La sabbia asciutta non tratteneva la forma di una scarpa. Ma Riley notò che l’erba palustre, che aveva attraversato venendo lì, era stata percorsa da qualcun altro oltre alla squadra investigativa. Fece un cenno in quella direzione e si rivolse a Belt: “I suoi uomini hanno setacciato attentamente in mezzo all’erba, per scoprire se sia stata lasciata qualche traccia lì?” Il capo annuì. In Riley cominciò a nascere una sensazione: si trattava di una sensazione familiare, che, a volte, veniva fuori quando si trovava sulla scena di un crimine. Non l’aveva sentita spesso, mentre si occupava dei suoi casi più recenti. Ma era una sensazione piacevole, che sapeva di poter utilizzare come strumento. Era un’inspiegabile sensazione che aveva provato il killer stesso. Se consentiva a quella sensazione d’impossessarsi di lei, probabilmente avrebbe avuto una visione di ciò che era accaduto lì. Riley si allontanò leggermente dal gruppo radunato sulla scena. Dette un’occhiata a Jenn, e vide che quest’ultima la stava osservando. Riley sapeva che la partner conosceva la sua reputazione, il fatto che penetrava nelle menti dei killer. Riley annuì, e vide Jenn entrare in azione: prese a fare domande, distraendo gli altri sulla scena, dando così a Riley qualche istante per concentrarsi. Riley chiuse gli occhi e provò a visualizzare la scena, così come doveva essere apparsa al momento dell’omicidio. Immagini e suoni giunsero a lei agevolmente. Fuori c’era nebbia, e la spiaggia era ancora nella penombra; ma la prima luce cominciava a mostrarsi nel cielo che baciava l’acqua, dove il sole presto sarebbe sorto, e non era troppo buio per potersi guardare intorno. C’era l’alta marea, e l’acqua era vicina: probabilmente sarebbe stato facile, da quella posizione, scagliare una pietra in mare. Il suono delle onde era forte. Abbastanza forte, da impedire al killer di sentire se stesso scavare, realizzò Riley. In quel momento, non ebbe difficoltà ad entrare in una mente strana … Sì, stava scavando, e sentiva la tensione dei suoi muscoli, mentre gettava mucchi di sabbia quanto più lontano possibile, sentiva il misto di sudore e di spruzzi d’acqua sul suo volto. Non era affatto facile scavare. Infatti, era un po’ frustrante. Non era facile scavare una fossa su una spiaggia sabbiosa come quella. La sabbia aveva un modo particolare di scivolare all’interno, riempiendo parzialmente lo spazio, mentre lui scavava. L’uomo stava pensando … Non sarà molto profonda. Ma non deve essere profonda. Fece tutto continuando a guardare la spiaggia, alla ricerca della sua preda. Infine questa apparve, mentre correva con soddisfazione a poca distanza da lui. E in quel momento la fossa era profonda proprio quanto doveva essere. Il killer spinse la pala nella sabbia, e sollevò le mani e poi le agitò. “Venga qui!” gridò all’uomo che stava facendo footing. Non importava molto ciò che gridava, al di sopra del rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia; la sua prossima vittima non sarebbe stata in grado di cogliere le sue vere parole, ma soltanto un grido soffocato. L’uomo si fermò a quel suono e guardò nella sua direzione. Poi, si diresse verso il killer. Era sorridente mentre si avvicinava, e il killer stava ricambiando il suo sorriso. Presto, furono vicini da potersi ascoltare reciprocamente. “Che cosa c’è?” l’uomo gridò al di sopra del suono delle onde. “Venga qui che glielo mostro” il killer gridò in risposta. L’uomo si diresse incautamente verso il killer. “Guardi laggiù” il killer disse. “Guardi molto attentamente.” Allora l’uomo eseguì, si abbassò e, con un movimento rapido e abile, il killer raccolse la pala e lo colpì dietro alla nuca, facendolo cadere dritto nella fossa … L’esercizio di Riley fu bruscamente interrotto dal suono della voce del Capo Belt. “Agente Paige?” Riley aprì gli occhi e vide che Belt la stava guardando con un’espressione curiosa. Si era ormai distratto dalle domande di Jenn. L’uomo esclamò: “È sembrato che fosse assente per qualche istante.” Riley sentì Jenn sogghignare nelle vicinanze. “Talvolta lei lo fa” Jenn si rivolse al capo. “Non si preoccupi, sta lavorando sodo.” Riley tornò a riflettere rapidamente sulle impressioni che aveva appena avuto: tutte molto ipotetiche certamente, e probabilmente non una ricostruzione puntuale di ciò che era in realtà accaduto. Ma era certa di un dettaglio: l’uomo che stava facendo footing si era avvicinato su invito del killer, e lo aveva fatto senza alcun timore. Questo le suggerì un indizio piccolo ma cruciale. Riley disse al capo della polizia: “Il killer è affascinante, piacevole. La gente si fida di lui.” A quella affermazione, il capo sgranò gli occhi. “Come fa a saperlo?” le chiese. Riley sentì una risata proveniente da qualcuno che si stava avvicinando dietro di lei. “Si fidi di me, lei sa che cosa fa.” Si voltò al suono di quella voce ed il suo umore migliorò immediatamente.
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