Capitolo uno
Bailey
C'è un motivo per cui non guido più. Un ottimo motivo.
Ma erano i momenti come questi mi facevano desiderare di non trasformarmi in un’impedita in iperventilazione ogni volta che penso di mettermi al volante. Non guidare voleva dire essere costretta a frequentare la locale Wolf Ridge High al posto della Cave Hills.
La Cave Hills, la scuola da sogno per la migliore preparazione universitaria.
La Cave Hills, la scuola in cui sarei dovuta andare.
La scuola in cui meritavo di andare.
La scuola che si trovava a quindici miglia di distanza.
Senza una macchina, avrebbero anche potuto essere cento.
E in questo particolare momento, non avere la macchina significava essere fregata.
Perché l'autobus era appena passato da casa mia.
Avevo sentito il ktshh che indicava che si era fermato sulla mia strada. Con dieci minuti di anticipo! Avevo afferrato la borsa dei libri dal divano, ero corsa fuori dalla porta di casa senza essermi neanche lavata i denti e con le mie Chuck con i teschi messicani slacciate, ma era troppo tardi.
«Aspetta!» Lo chiamai inseguendolo. «Fermo!» Avevo corso per mezzo isolato, inciampando e saltellando con le scarpe da ginnastica ancora slacciate.
L'autista doveva avermi vista anche se non poteva sentirmi. Gli studenti sull'autobus mi avevano vista sicuramente. Mi fissavano dai finestrini. Non ridevano. Non indicavano.
Ero come un pesce in una boccia. In parte li divertivo, ma non avrebbero sofferto se avessero dovuto buttarmi nel water la settimana successiva. Fottuti razzisti. Credevo che in Arizona essere ispanica non mi avrebbe isolato.
Dannazione.
Mi chinai per allacciarmi le scarpe e mi misi lo zaino in spalla. Scivolò in avanti e mi colpì la nuca. Sbuffai e mi alzai.
Alla porta accanto il dinamico duo di fratelli, Cole e Casey Muchmore, saliva sul classico furgone Ford degli anni Cinquanta per lo più restaurato. Se avevano assistito al mio sprint mattutino, non lo avevano dato a vedere.
Il padre d'altra parte era seduto alla finestra con una birra in mano, e non stava nemmeno cercando di nascondere il fatto che mi stesse guardando. La finestra principale, era lì che stava sempre, tranne quando se ne andava in giro urlando contro i figli abbastanza forte da farlo sentire all'intero vicinato.
In questo momento, avrei giurato che stesse sorridendo. Come se si fosse fatto una bella risata nel guardarmi correre dietro a quello stupido autobus. Che culo. Tale padre, tale figlio, immagino.
Cole era bello come il suo furgone e anche di più. E decisamente lo sapeva. E ne gongolava anche. Dominava la Wolf Ridge High come se la sua merda fosse speciale e non puzzasse da lontano di bassifondi. Come se i jeans logori e strappati nei quali praticamente viveva non fossero coperti di grasso e sporcizia per via delle riparazioni delle auto.
No, Cole Muchmore non aveva bisogno di bei vestiti, di un'auto di lusso né di qualsiasi altra cosa che i soldi potevano comprare. Aveva qualcosa che era considerato molto più prezioso. Aveva lo status di quarterback adorato. E alla Wolf Ridge High, questo lo collocava direttamente in una posizione simile a quella di una divinità.
Guardai la mia ultima possibilità di arrivare a scuola in tempo e valutai la possibilità di farmi dare un passaggio da loro.
A differenza del resto dei ragazzi della Wolf Ridge High, i Muchmore non si limitavano a fingere di non vedermi. Mi lanciavano occhiatacce. Persino di odio. Li avevo conosciuti il giorno del trasloco – ero andata a presentarmi perché erano usciti tutti a bocca aperta.
Avevano risposto a malapena, guardandomi come se avessi due teste. Taylor Swift aveva avuto interazioni più amichevoli con Kanye West di quanto non ne avessi avute io con i Muchmore quel giorno.
Ma adesso avevo bisogno di un passaggio a scuola. Anche se avessi camminato, avrei fatto tardi all'esame di spagnolo, e chiamare mia madre era fuori questione. Se avesse dovuto lasciare il lavoro per accompagnarmi, mi sarei sorbita sicuramente una ramanzina sul perché avevo bisogno di ricominciare a guidare.
Inoltre, aveva troppe cose da fare per il nuovo lavoro.
Mettendo in secondo piano la mia ansia sociale, corsi lungo il marciapiede fino alla strada e feci segno a Cole. Rallentò ma senza fermarsi. Sua sorella Casey, una studentessa del secondo anno con la faccia da stronza, abbassò il finestrino.
Cole si chinò su di lei. I suoi capelli scuri erano arruffati, le labbra carnose erano tirate in un sorrisetto sbilenco. «Cosa c'è che non va, Pink, hai perso l'autobus?»
Pink.
Si riferiva alla ciocca rosa pallido che tagliava la parte anteriore dei miei capelli scuri, ovviamente. Il soprannome e la mia sfortunata reazione fisica alla vicinanza di Cole Muchmore mi spiazzarono per un secondo. Passaggio. Avevo bisogno di un passaggio.
Mi alzai in punta di piedi per guardare nel furgone e incrociai lo sguardo di Cole. «Sì, c'è qualche possibilità che possa avere un passaggio?» Mi maledissi per il mio tono da topolino timido.
Alzò le spalle con un'espressione fintamente mesta. «Scusa, Pink. Vorrei tanto, ma non c'è spazio.»
Cazzate. C'era chiaramente molto spazio tra i due fratelli e lui era solo un coglione. Sentii la sua risatina profonda mentre la sorella alzava il finestrino.
La mia faccia si arrossò mentre si allontanavano, e mi si formò un grosso nodo in gola, la parte posteriore degli occhi mi bruciava.
Non piangere. Non per questo.
Risparmia le lacrime per le cose importanti.
Come Catrina. Come gli altri amici che avevo lasciato a Golden.
Il discorso di incoraggiamento non funzionò. Due scie bollenti si fecero strada lungo il mio viso mentre partivo, camminando velocemente verso la scuola.
Odiavo Wolf Ridge. Dico davvero.
Raggiunsi il primo grande incrocio e controllai l'ora sul telefono mentre aspettavo che scattasse il semaforo.
Argh. Avrei fatto sicuramente tardi.
«Ehi!» Un vecchio vagone Subaru si accostò al marciapiede e il portellone sul retro si aprì. «Hai perso anche tu l'autobus?» Era una ragazza ossuta con i capelli biondo platino sparati in tutte le direzioni.
L'avevo già vista sul mio autobus e in giro per la scuola. Era una matricola, quindi non frequentavamo lezioni insieme, però mi era familiare.
«Sì.» Mi irrigidii, preparata a un altro insulto.
«Entra. Ci accompagna mia madre.»
Sua madre fece un cenno con impazienza. Aveva i capelli schiariti e sfibrati e la pelle prematuramente invecchiata tipica di chi beve e fuma troppo. L'auto puzzava di sigarette.
Sollievo e gratitudine mi colpirono ancora come un maremoto mentre scivolavo sul sedile posteriore. «Grazie. Avevo paura di arrivare in ritardo.»
«Ho già chiamato la scuola per lamentarmi di quel maledetto autista di autobus» sbraitò sua madre dal sedile anteriore. «È una stronzata. Non possono mica presentarsi quando ne hanno voglia. Dovrebbero attenersi a un programma!»
Mormorai il mio assenso.
«Sono Rayne.» La ragazza si girò sul sedile per studiarmi. I suoi occhi azzurri erano enormi nel piccolo viso a forma di cuore e aveva il piercing al naso.
Decisi subito che mi piaceva. «Bailey.»
«Lo so» disse, confermando l’impressione che avevo di non essere realmente invisibile alla Wolf Ridge High. Venivo consapevolmente evitata.
Mi si contrasse l’intestino.
«Grazie per esserti fermata» dissi. «Cole Muchmore si è rifiutato apertamente di darmi un passaggio.» Non sapevo perché l’avevo detto. Non ero una che si lamentava e di solito tenevo i miei pensieri per me, ma stavo diventando spaventosamente disperata nel tentativo di trovare qualcuno con cui parlare.
Rayne alzò gli occhi al cielo. «Cole è un coglione-alfa, come tutti gli altri giocatori.»
Mi feci una risata. «Non posso replicare.»
Coglione-alpha. Lo descriveva perfettamente.
Beh, poteva andare a farsi fottere. Non avrei pianto per la sua mancanza di cortesia.
Ragazzi come lui non significavano assolutamente niente per me.
Arrivammo a scuola in orario e uscimmo dalla Subaru. I ragazzi che scendevano dell'autobus si fermarono a fissarci.
«Che c’è?» chiesi ad alta voce.
Potevo essere una sorta di alieno dalla pelle verde proveniente dallo spazio.
Rayne gli fece il dito medio e mi afferrò per il gomito. «Ignorali. Fanno tutti quello che dicono i coglioni-alfa neanche fossero dei tirapiedi.»
«Aspetta... cosa dicono i coglioni alfa?»
Rayne distolse lo sguardo, arrossendo sulle sue guance pallide. «Niente. Non ti preoccupare. Questa è anche la nostra scuola.»
Eh.
Qualsiasi cosa significasse. Lasciai perdere. Non avevo bisogno di allontanare l'unica persona disposta a essere gentile con me.
«Grazie per esserti fermata. E per aver parlato con me. Sto davvero impazzendo qui. Sono arrivata a pensare che tutti i ragazzi fossero robot come in quel vecchio film che mi ha fatto guardare mia madre in cui tutti gli uomini avevano ucciso le loro mogli e le avevano scambiate con dei robot.»
La faccia birichina di Rayne si aprì in un enorme sorriso. Alzò il palmo come se stesse giurando. «Non sono un robot.» Alzò il mento verso tutti i ragazzi che stavano entrando nella scuola che allungavano il collo per guardarci. «Loro però potrebbero esserlo.»