CAPITOLO CINQUE

1586 Words
CAPITOLO CINQUE Mentre riaccompagnava Jilly, April e Gabriela a casa, Riley non riuscì a dire loro che stava per andarsene immediatamente. Sarebbe mancata al primo grande evento di Jilly, la recita in cui aveva il ruolo della protagonista. Le ragazze sarebbero state in grado di comprendere che doveva rispettare degli ordini? Persino quando furono arrivate a casa, Riley non riuscì a parlargliene. Si vergognava troppo. In quella stessa giornata le era stata conferita una medaglia per la perseveranza, e in passato, invece, aveva ricevuto dei riconoscimenti per valore e coraggio. E naturalmente, le sue figlie erano state presenti tra il pubblico, osservandola ricevere la medaglia. Ma, di certo, non si sentiva molto un’eroina. Le ragazze uscirono fuori a giocare in cortile, e Riley salì in camera sua e cominciò a preparare le valigie. Era una routine familiare. Il trucco era riempire una valigia piccola con l’indispensabile, in modo che potesse durare un paio di giorni o anche un mese. Mentre appoggiava le cose sul letto, sentì la voce di Gabriela. “Señora Riley, che cosa sta facendo?” Riley si voltò e vide Gabriela ferma sulla porta. La governante aveva in mano una serie di lenzuola pulite di lino, che stava per riporre nell’armadio del corridoio. Riley balbettò: “Gabriela, devo … devo andare.” Gabriela spalancò la bocca. “Andare? Dove?” “Sono stata assegnata ad un nuovo caso. In California.” “Non può partire domani?” Gabriela chiese. Riley deglutì forte. “Gabriela, l’aereo dell’FBI mi sta aspettando proprio adesso. Devo andare.” Gabriela scosse la testa. La donna disse: “Va bene combattere il male, Señora Riley. Ma qualche volta penso che perda di vista le cose positive.” Gabriela sparì nel corridoio. Riley sospirò. Da quando pagava Gabriela per farle da coscienza? Ma non poteva lamentarsene. Era un compito che Gabriela stava svolgendo fin troppo bene. Riley rimase a fissare la sua valigia ancora incompleta. Lei scosse la testa e sussurrò a se stessa … “Non posso fare questo a Jilly. Proprio non posso.” Per tutta la vita, aveva sacrificato le sue figlie per il lavoro. Ogni volta. Nemmeno in un’occasione aveva dato loro la priorità. Ed era questo - comprese - ad essere sbagliato nella sua vita. Quella era una parte della sua oscurità. Era abbastanza coraggiosa da affrontare un serial killer. Ma lo era abbastanza da mettere il lavoro al secondo posto, rendendo la vita delle sue figlie una vera priorità? In quel momento, Bill e Lucy si stavano preparando a volare fino in California. Si aspettavano di incontrarla sulla pista dell’aeroporto di Quantico. Riley sospirò tristemente. C’era solo un modo per risolvere il problema, sempre che potesse essere davvero risolto. Doveva provarci. Tirò fuori il cellulare e digitò il numero privato di Meredith. Al suono della sua voce roca, la donna disse: “Signore, sono l’Agente Paige.” “Che cosa succede?” Meredith chiese. Nel suo tono di voce, si celava un velo di preoccupazione. Riley ne intuì il motivo. Non aveva mai utilizzato quel numero, tranne che in circostanze estreme. Raccolse tutto il suo coraggio e andò dritta al punto. “Signore, vorrei posticipare il mio viaggio in California. Solo per stasera. Gli Agenti Jeffreys e Vargas possono andare prima di me.” Dopo una pausa, Meredith chiese: “Qual’è la sua emergenza?” Riley deglutì. Meredith non le avrebbe semplificato le cose. Ma era determinata a non mentire. Con voce tremante, balbettò: “La mia figlia minore, Jilly, stasera fa una recita. Interpreta il ruolo della protagonista.” Il silenzio che ne seguì fu assordante. Mi ha appena sbattuto il telefono in faccia? Riley si chiese. Poi, con un ringhio, Meredith disse: “Vorrebbe ripetere, per favore? Non sono sicuro di aver capito bene.” Riley soffocò un sospiro. Era sicura che lui avesse sentito perfettamente. “Signore, questa recita è importante per lei” la donna riprese, mentre il suo nervosismo aumentava sempre di più. “Jilly è, ecco, sa che sto provando ad adottarla. Ha avuto una vita difficile e sta venendo fuori da un periodo piuttosto complicato, ed è molto fragile e…” La voce di Riley si bloccò. “E cosa?” Meredith chiese. Riley deglutì forte. “Non posso deluderla, signore. Non stavolta. Non oggi.” Ci fu un altro imbarazzante silenzio. Riley stava cominciando a sentirsi più determinata. “Signore, non farà alcuna differenza nel caso” riprese. “Gli Agenti Jeffreys e Vargas andranno prima di me, e sa quanto siano ingamba. Potranno aggiornarmi in fretta, quando li raggiungerò.” “E questo quando dovrebbe avvenire?” Meredith chiese. “Domattina, presto. Andrò all’aeroporto non appena la recita sarà finita. Prenderò il primo volo disponibile.” Dopo un’altra pausa, Riley aggiunse: “Andrò a mie spese.” Sentì Meredith borbottare un po’. “Lo farà certamente, Agente Paige” replicò. Riley sussultò e tornò a respirare normalmente. Mi sta dando il permesso! Improvvisamente, si accorse di avere a malapena respirato durante quella conversazione. Dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non esplodere in incontrollate esclamazioni di gratitudine. Sapeva che il capo non le avrebbe affatto gradite. E l’ultima cosa che voleva era che l’uomo cambiasse idea. Perciò, si limitò a dire: “Grazie.” Poi, sentì un altro borbottio. E Meredith aggiunse: “Dica a sua figlia di rompersi una gamba.” Mise così fine alla telefonata. Riley fece un sospiro di sollievo, poi sollevò lo sguardo e vide che Gabriela era di nuovo sulla porta, sorridente. Aveva ovviamente ascoltato l’intera telefonata. “Penso che lei stia crescendo, Señora Riley” la governante disse. * Seduta nel pubblico con April e Gabriela, Riley si stava davvero godendo la recita scolastica. Aveva dimenticato quanto potessero essere affascinanti quegli eventi. Gli studenti della scuola media indossavano tutti dei costumi improvvisati. Avevano dipinto un semplice scenario, per farlo assomigliare a quello della storia di Demetra e Persefone: campi pieni di fiori, un vulcano in Sicilia, le malsane caverne degli Inferi, e altri luoghi mitici. E la recitazione di Jilly era semplicemente meravigliosa! Interpretava Persefone, la giovane figlia della dea della fertilità. Riley si ritrovò a ricordare quella storia familiare mentre spettacolo andava avanti. Un giorno, Persefone era fuori a raccogliere fiori, quando Ade, il dio degli Inferi, giunse con la sua carrozza e la rapì. La condusse negli Inferi, affinché divenisse la sua regina. Quando Demetra realizzò ciò che era accaduto a sua figlia, fu affranta dal dolore. Riley provò dei brividi, rendendosi conto di quanto la recitazione della ragazza che interpretava Demetra, fosse convincente, esprimendo il dolore. A quel punto, la vicenda cominciò a colpire Riley in un modo che non si sarebbe aspettata. La storia di Persefone sembrava tremendamente simile a quella di Jilly. Dopotutto, era la storia di una ragazza che aveva perso parte della sua infanzia, a causa di forze decisamente più grandi di lei. Riley provò una tristezza infinita. Conosceva molto bene il resto della storia. Persefone avrebbe riacquistato la propria libertà, ma soltanto per metà di ogni anno. Ogni volta che la ragazza se ne andava, Demetra lasciava che la terra restasse fredda e sterile. Ogni volta che tornava, riportava vita sulla terra, e la primavera tornava. E fu così che le stagioni arrivarono nel mondo. Riley strinse forte la mano di April e sussurrò: “Ora arriva la parte triste.” Riley fu sorpresa di sentire April ridacchiare. “Non così triste” April le rispose, sussurrando anche lei. “Jilly mi ha detto che hanno un po’ cambiato la storia. Sta a guardare.” Riley restò seduta e prestò molta attenzione. Nelle vesti di Persefone, Jilly colpì Ade sulla testa con un vaso greco, in realtà un cuscino. Poi, lasciò di corsa gli Inferi e tornò dalla sua felicissima madre. Il ragazzo che interpretava Ade fu colto da un enorme scatto d’ira e portò l’inverno nel mondo. Poi, lui e Demetra lottarono, cambiando le stagioni, facendo tornare la primavera al posto dell’inverno, e poi viceversa, e così ancora e ancora per l’eternità. Riley si stava divertendo. Quando la recita giunse al termine, Riley si recò dietro le quinte per congratularsi con Jilly. Nel tragitto, s’imbatté nell’insegnante che aveva diretto la recita. “Amo quello che ha fatto con la storia!” Riley si rivolse all’insegnante. “E’ così rigenerante vedere Persefone trasformarsi da vittima indifesa ad eroina indipendente.” L’insegnante sorrise. “Non ringrazi me” la donna replicò. “E’ stata un’idea di Jilly.” Riley si precipitò a dare un grande abbraccio alla figlia. “Sono così fiera di te!” Riley esclamò. “Grazie, mamma” Jilly rispose, sorridendo felice. Mamma. Quella parola riecheggiò nella mente di Riley. Significava per lei molto più di quanto riuscisse a dire. * Più tardi, quella sera, quando erano tutte a casa, Riley dovette finalmente dire alle ragazze che era in partenza. Infilò la testa nella porta di Jilly. La ragazza dormiva, esausta dopo il suo grande successo. Riley amava lo sguardo di gioia sul suo volto. Poi, Riley andò in camera di April a controllare. L’adolescente era seduta sul letto, intenta a leggere un libro. April sollevò lo sguardo, puntandolo sulla madre. “Ehi, mamma” disse. “Che cosa c’è?” Riley entrò tranquillamente nella stanza. Disse: “So che sembrerà strano, ma … devo partire ora. Sono stata assegnata ad un caso in California.” April sorrise. Poi riprese: “Io e Jilly ci siamo chieste il motivo del tuo meeting a Quantico. E, poi, abbiamo visto la valigia sul tuo letto. Pensavamo che partissi prima della recita. In genere, non prepari le tue cose a meno se non stai già per uscire …” Poi, guardò Riley, sorridendo. “Ma alla fine sei rimasta” aggiunse. “So che hai spostato il viaggio, per poter restare almeno alla recita. Sai quanto è significato per noi?” Riley si commosse. Si avvicinò alla figlia e la abbracciò. “Quindi, va BENE se parto, allora?” Riley chiese. “Certo. Jilly mi ha detto che sperava che tu catturassi qualche cattivo. E’ davvero orgogliosa del tuo lavoro, mamma. E anch’io lo sono.” Riley si commosse in un modo che non riusciva ad esprimere a parole. Entrambe le sue figlie stavano crescendo così in fretta. E stavano diventando davvero delle incredibili e straordinarie giovani donne. Baciò April sulla fronte. “Ti voglio bene, tesoro” le disse. “Anch’io ti voglio bene” April rispose. Riley fece cenno ad April con un dito. “Ora che cosa farai?” lei chiese. “Spegni la luce e va a dormire. Domani c’è scuola.” April ridacchiò e spense la luce. Riley tornò in camera sua a prendere la sua valigia. Era passata la mezzanotte, e doveva guidare fino a Washington DC in tempo per prendere il primo volo di linea. Sarebbe stata una lunga notte.
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