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Distopie

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Caradoc:In un futuro vicinissimo a noi l’Inghilterra è diventata uno stato totalitario, dove ogni libertà individuale è bandita, tutti gli stranieri sono stati cacciati, l’economia è crollata e chi non si rassegna finisce nelle mani della polizia politica. È quello che è successo a Sienna McLane. Dopo tre anni di inferno, viene trasferita alla Sezione Speciale, un carcere diverso da tutti gli altri... un luogo sereno in cui il direttore le dice con semplicità che avrà solo due scelte: collaborare o morire. Sembra che per Sienna tutto sia finito, ma nel direttore della Sezione Speciale c’è qualcosa di insolito. Caradoc Trelease ha la pelle scura e gli occhi pieni di segreti. È davvero un nemico? O è solo un uomo con un obiettivo da perseguire senza pietà?Dietro alte mura:Anna Aextesia è nata e cresciuta in una delle Alte Fortezze, antiche roccaforti costruite in cima a pinnacoli artificiali durante le ultime Guerre. Le Guerre sono finite e ormai da un secolo regna un’instabile pace, quindi l’antica e nobile famiglia Aextesia non ha più un ruolo. Finché ad Anna non viene chiesto di esaminare un prigioniero particolare, un sicario che ha ucciso decine di volte al soldo dei paesi nemici, un Senza Nome sulle cui origini non si sa nulla.Il loro sarà un incontro di mondi, prima ancora che personale. Mondi all’antitesi che non avrebbero mai neppure dovuto sfiorarsi...Condannato a combattere:Nell’Alleanza Interplanetaria i detenuti condannati all’ergastolo possono scegliere di convertire la pena in quattro anni nel Ludo di una società privata, combattendo come gladiatori per intrattenere il pubblico pagante. Anche Van Renan, un terrorista originario di Orione, ha scelto questa possibilità, sperando di poter tornare dalla sua ragazza Canthy. Ma non sapeva che cosa lo aspettava. Quello che si vede sul Flusso, infatti, è solo una parte di ciò che succede veramente nel Ludo, dove le condizioni di prigionia sono durissime e i detenuti subiscono abusi di ogni tipo. Isenly Tinesa, una rappresentante dell’Organizzazione Interplanetaria per i Diritti Umani, ha capito come stanno davvero le cose e vuole fare in modo che il Ludo chiuda per sempre...

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1.
1. Era iniziato tutto con la Brexit. O forse no, perché il malessere del paese era precedente ed era quel malessere ad aver portato alla Brexit. Poi tutto era precipitato. L’uscita dall’Unione Europea senza nessun accordo, nel 2019. La vittoria dell’estrema destra alle elezioni, subito dopo, visto che il governo conservatore era caduto. Le banche che avevano spostato parte degli uffici sul continente. Poi avevano cambiato sede. Nell’arco di due anni buona parte delle compagnie legate al mondo della finanza aveva tolto le tende. Le frontiere erano chiuse e lasciare il Regno Unito era diventato difficile. Servivano visti su visti e gli europei volevano dimostrazioni della solvibilità di chiunque arrivasse dalla Gran Bretagna. Non avevano bisogno di altra immigrazione, così avevano detto. La crisi economica si era fatta più acuta e dopo qualche anno era caduto anche il governo di estrema destra. Nel frattempo era sorto un nuovo partito, ancora più radicale: l’Ordine di Thule. L’Ordine metteva insieme nebulosi riferimenti all’Ultima Thule dell’età classica e alla Società Thule nazista. Era un partito nazionalista, fieramente razzista, xenofobo e dalle aspirazioni totalitarie. Tutte le democrazie del mondo espressero allarme per la nascita di un partito simile in una nazione civile, sebbene economicamente in crisi, come la Gran Bretagna. Ciò nonostante, l’Ordine proponeva soluzioni semplici per i problemi del Paese: vinse le elezioni successive. Erano gli stranieri a consumare le risorse degli inglesi; cacciati loro, tutto sarebbe andato bene. Anzi, benissimo. Il Regno Unito avrebbe conosciuto una nuova età dell’oro. Presto tutti i cittadini non-britannici furono costretti ad abbandonare l’isola. Londra ne risultò quasi completamente spopolata, come anche molte altre aree del Paese. Iniziò a scarseggiare la manodopera per i lavori più umili – muratori, conducenti, camerieri – ma anche per molti lavori necessari – medici, infermieri, ingegneri. Gli strati più abbienti della popolazione avevano da tempo lasciato la nazione: a Londra non c’era più un operatore finanziario, i professionisti andavano a cercare fortuna altrove. I fondi per la ricerca furono tagliati fin quasi allo zero. Le prestigiose università del Russell Group persero le menti migliori e buona parte degli studenti. Poi l’Ex-Impero iniziò a crollare. Le nazioni del Commonwealth dichiararono la propria indipendenza: addio Canada, addio, Australia, addio Nuova Zelanda. E poi addio India, addio Pakistan, addio Mauritius, addio a tutti i paesi africani un tempo legati ai loro ex-colonizzatori, e infine addio a 48 delle 53 nazioni dell’alleanza. Poi fu la Scozia a chiedere l’indipendenza – e a lottare per averla in una breve, ma sanguinosa, guerra civile. L’Irlanda del Nord non si scomodò neppure a dichiararsi autonoma, smise semplicemente di parlare con la madre patria. In soli dieci anni la faccia della nazione cambiò radicalmente. La Gran Bretagna non c’era più. Al suo posto, un piccolo, impoverito, stato totalitario: la Federazione di Inghilterra e Galles. A nord, un nuovo Vallo di Adriano fu stato costruito prosciugando le ultime risorse del paese, a est l’Unione Europea teneva i suoi cannoni puntati, in attesa di una mossa falsa. A ovest l’Irlanda unita aveva dato asilo politico al re in esilio e a buona parte della nobiltà. Sienna McLane aveva visto tutto. All’epoca della Brexit era poco più di un’adolescente appassionata di fantascienza. Ma mai, neppure nelle sue fantasie più sfrenate, aveva immaginato un giorno di vivere in un futuro distopico. La prigioniera fu portata alla Sezione Speciale in pessime condizioni. Arrivavano sempre in pessime condizioni, un’abitudine che Caradoc Trelease deplorava dal profondo del cuore. Era la polizia politica a ridurli così, senza rendersi conto che stava rendendo più difficile il lavoro a chi veniva dopo di loro. O forse se ne rendevano conto, ma se ne fregavano alla grande. I prigionieri che arrivavano alla Sezione Speciale erano quelli che non si spezzavano. Che preferivano impazzire, piuttosto di parlare. Che non avevano abbastanza paura di morire. L’approccio del Direttore Trelease era completamente diverso, un approccio che persino i vertici dell’Ordine erano arrivati a guardare con rispetto. Produceva risultati. La prigioniera fu lasciata in una delle dodici celle della Sezione. I militari della polizia ordinaria la buttarono sulla brandina come fosse un sacco. Caradoc vide le abrasioni sulla sua faccia e mandò a chiamare un medico. Si avvicinò alla brandina con un bicchiere d’acqua e le chiese se voleva bere. La prigioniera lo guardò con freddo sospetto. Caradoc bevve un sorso, prima di porgerle di nuovo il bicchiere. La prigioniera lo prese con entrambe le mani, senza alzarsi a sedere. Mandava un cattivo odore, di sudore rancido e urina stantia. I capelli erano luridi, le labbra rotte in più punti. Bevve con avidità. «Ancora?» chiese Caradoc. Lei annuì. Il medico arrivò dieci minuti più tardi. Una faccia nuova, un uomo di mezza età che Caradoc non aveva mai visto prima. Decise di restare nella cella durante la visita. Il dottore spogliò la prigioniera del tutto, una procedura della quale Caradoc non vedeva la necessità. D’altronde, non era un medico. Non disse nulla e aspettò l’evolversi degli eventi. La prigioniera era stata pestata a sangue, questo era chiaro. Seguiva le mosse del dottore con un misto di indifferenza e disgusto. Lui le piantò le dita nell’addome. La toccava a mani nude, notò Caradoc, non aveva ritenuto necessario mettere dei guanti. «Danni agli organi interni non ne ha» dichiarò. La costrinse ad aprire la bocca e diede un’occhiata sbrigativa. «I denti sono a posto». Esaminò i genitali con fin troppo scrupolo, dentro e fuori, sempre senza guanti. La prigioniera non mosse un muscolo. «Usata l’ha usata, ma non ci sono lesioni interne. Avrà fatto una marchetta in cambio di qualcosa». Si portò la mano al naso. «E puzza di marcio, sta per avere il ciclo. D’altronde la ragazza non è una fattrice». Le strinse un seno. Caradoc iniziava a irritarsi. «Tettine piccole, pancia senza smagliature. Alla sua età, non ha mai generato. Forse è sterile, inutile per la società». «Mia moglie è sterile» lo gelò Caradoc. «I giudizi può tenerseli per sé». Il dottore si strinse nelle spalle, indifferente alla brutta figura appena fatta. «La controllo anche dietro?» Caradoc spostò gli occhi su quelli della prigioniera. «È necessario?» le chiese. Lei scosse la testa. «Se ne vada» concluse il direttore. Andò verso l’armadio che era in ogni cella e lo aprì. Prese una delle coperte. «Ecco» disse, dandola alla prigioniera. «Puoi usare la doccia quando vuoi. Un inserviente ti porterà dei vestiti nuovi. Io sono il direttore Caradoc Trelease, parleremo oggi pomeriggio». La prigioniera lo guardò in silenzio per qualche secondo, poi annuì una volta. Sienna McLane all’inizio si era illusa di potersela cavare. D’altronde lasciare l’Inghilterra era ormai impossibile, a meno di non essere una delle pochissime persone autorizzate dal partito. Era laureata in lettere, ma a nessuno interessava più Shakespeare, di quei tempi. Aveva trovato lavoro in una fabbrica di auto elettriche. L’Ordine gloriava il proprio rispetto per la natura e uno stile di vita eco-sostenibile, come quello dei loro avi, ma la realtà era più semplice: il petrolio lo aveva la Scozia. Le auto elettriche erano quindi una necessità – e una comodità che ben pochi potevano permettersi. Quando erano uscite le prime Leggi sulla Famiglia, Sienna, come molti altri, si era trovata a sposare un proprio amico omosessuale. Per lui non essere scoperto era diventato importantissimo, perché in caso contrario sarebbe finito in una struttura per la rieducazione. Per Sienna era un modo comodo per evitare un matrimonio coatto. Ma non aveva funzionato. Qualcuno aveva fatto la spia – le strade pullulavano di delatori – e sia lei, sia Fred, erano stati prelevati e portati via. Il primo centro in cui Sienna era finita era concepito per punire chi aveva provato a fregare il regime. Il lavoro era duro, inutile, ripetitivo e stupido. Le prigioniere che non si dimostravano sufficientemente pentite venivano mandate nei complessi per la rieducazione. Le voci che giravano non erano incoraggianti. Si diceva che là le donne subissero stupri sistematici e di gruppo da parte delle guardie: era questa la rieducazione. Sienna scampò a quella fine offrendosi di intrattenere una delle guardie del centro. Una volta liberata, pensò di aver vissuto il momento più schifoso della propria esistenza, ma non aveva idea. Non aveva la minima idea. Di nuovo a Londra, con la rabbia che le ruggiva dentro senza sosta, si era unita alla Resistenza. Erano gruppi isolati e ancora poco organizzati e farne parte era pericoloso, davvero pericoloso. Se ti scoprivano potevano ucciderti, o peggio. E anche tu dovevi essere pronto a uccidere. Per due anni Sienna era rimasta con la Resistenza, prima di venire catturata di nuovo. A quel punto nessuno aveva più parlato di rieducazione. La Sezione Speciale era diversa da qualsiasi altro carcere di Londra. Era nel Distretto di Hones, subito fuori dalla megalopoli ormai in parte disabitata. Le celle erano intonacate di bianco, asciutte e pulite. I letti erano stretti, ma nel complesso comodi. Ognuna aveva uno scrittoio e i sanitari erano nascosti da una parete. La finestra e la porta erano sullo stesso lato e davano sul chiostro centrale, dal giardino curato e pieno di pace. Raramente venivano chiuse a chiave, anche se quella dell’ultima prigioniera arrivata, per il momento, lo era. Scappare, d’altronde, non era possibile: il perimetro esterno era privo di aperture e l’unico modo per uscire era superare due pesanti porte di ferro, entrambe guardate a vista e sorvegliate dall’alto. Negli ultimi sei anni non c’erano state evasioni. Caradoc salì nel suo ufficio del primo piano. La segretaria gli aveva lasciato sulla scrivania il fascicolo della prigioniera e lui la ringraziò con un cenno del capo, prima di chiudersi dentro. Sienna McLane, diceva sulla copertina. Caradoc perse qualche momento a guardare la fotografia di una donna di poco più giovane di lui, con il naso un po’ all’insù, i capelli riccioli e scuri, la pelle pallida, quasi traslucida. Non era una bella fotografia e non le rendeva onore, ma la persona che Caradoc aveva appena incontrato le rendeva ancora meno onore. In altri anni, in un altro paese, avrebbe potuto quasi essere bella. Lesse le sue informazioni personali e la sua storia. Una laureata, niente meno. L’Ordine di Thule guardava l’istruzione con sospetto, ma aveva finito per reclutare quasi tutti i laureati rimasti in un ufficio tecnico o nell’altro. Sienna McLane, tuttavia, era laureata in lettere. L’unico ambito in cui avrebbe potuto essere utile alla nazione era nell’Ufficio per la Propaganda, ma non sembrava il tipo. Aveva sposato un omosessuale. Per quello era stata imprigionata e messa ai lavori forzati per un breve periodo. Al suo secondo arresto l’accusa era stata molto più grave: sedizione. Sienna McLane aveva fatto parte della Resistenza e la polizia politica non era riuscita a estrarre da lei le informazioni che voleva. Per questo era finita lì. Più o meno come tutti gli altri ospiti della Sezione Speciale.

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