III.Furono giorni carichi d’ansia, durante i quali ebbi poche opportunità di frequentare Lys. Le avevo ceduto l’alloggio del comandante, Bradley e io avevamo preso quello dell’ufficiale di coperta, mentre Olson e due dei nostri migliori uomini occupavano la stanza normalmente assegnata ai sottufficiali. Avevo messo la cuccia di Nobs nella stanza di Lys, perché sapevo che così si sarebbe sentita meno sola.
Per un po’ di tempo, dopo esserci lasciati le acque britanniche alle spalle, non accadde nulla di rilevante. Viaggiavamo costantemente in superficie, visto che il tempo era buono. Le prime due barche che vedemmo se ne andarono il più velocemente possibile; e la terza, un enorme mercantile, ci sparò addosso, costringendoci a immergerci. Fu a questo punto che cominciarono i problemi. Uno dei motori diesel si era rotto al mattino, e mentre stavamo lavorando per ripararlo, il serbatoio d’immersione di prua a sinistra iniziò a riempirsi. Ero sul ponte in quel momento e notai un graduale sbandamento. Indovinando subito di cosa si trattava, corsi verso il boccaporto e chiudendolo sopra la mia testa, mi calai nella centralina. A questo punto l’imbarcazione stava scendendo con una sgradevolissima inclinazione a babordo, e non aspettai di trasmettere ordini a qualcun altro, ma corsi più veloce che potei verso la valvola che faceva entrare l’acqua nel serbatoio d’immersione di prua a babordo. Era spalancata. Chiuderla e far partire la pompa che l’avrebbe svuotata fu un gioco da ragazzi; ma ci era mancato poco.
Sapevo che la valvola non poteva essersi aperta da sola. Qualcuno l’aveva fatto, qualcuno che era disposto a morire se questo poteva significare la morte di tutti noi.
Dopodiché tenni d’occhio tutta l’imbarcazione. Lavorammo al motore tutto il giorno e la notte e metà del giorno seguente. Per la maggior parte del tempo andammo alla deriva in superficie, ma verso mezzogiorno vedemmo del fumo verso ovest, e avendo constatato che nel mondo sembravano esserci solo nemici, ordinai di avviare l’altro motore in modo da poterci allontanare dalla rotta del piroscafo in arrivo. Nel momento in cui il motore iniziò a girare, però, ci fu un suono stridente di acciaio straziato, e quando ci fermammo, scoprimmo che qualcuno aveva messo uno scalpello in uno degli ingranaggi.
Ci vollero altri due giorni prima che fossimo pronti a ripartire alla meno peggio. La notte prima che le riparazioni fossero completate, la sentinella venne nella mia stanza e mi svegliò. Era un tipo piuttosto intelligente della classe media inglese, in cui avevo molta fiducia.
«Allora, Wilson», chiesi. «Cosa c’è adesso?»
Si portò un dito alle labbra e si avvicinò a me. «Credo di aver scoperto chi sta facendo il doppio gioco», sussurrò, e fece un cenno con la testa verso la stanza della ragazza. «L’ho vista sgattaiolare dalla stanza dell’equipaggio poco fa», continuò. «Era stata a chiacchierare con il comandante dei crucchi. Anche Benson l’ha vista lì dentro ieri sera, ma non ha detto niente finché non sono stato di turno stasera. Benson è un po’ lento di comprendonio, e non fa mai due più due finché qualcun altro non ha fatto quattro».
Se fosse entrato e mi avesse colpito improvvisamente in faccia, non avrei potuto essere più sorpreso.
«Non dire niente a nessuno», ordinai. «Tieni gli occhi e le orecchie aperti e segnala ogni cosa sospetta che vedi o senti».
L’uomo salutò e uscì; ma per un’ora e passa mi agitai, inquieto, sulla mia dura branda in un’agonia di gelosia e paura. Alla fine caddi in un sonno agitato. Era giorno quando mi svegliai. Stavamo navigando lentamente in superficie, i miei ordini erano di procedere a mezza velocità finché non avessimo potuto determinare la nostra posizione. Il cielo era stato coperto per tutto il giorno precedente e per tutta la notte; ma quella mattina, quando entrai nella centralina, fui felice di vedere che il sole splendeva di nuovo. Lo spirito degli uomini sembrava migliorato; tutto sembrava propizio. Dimenticai subito i crudeli dubbi della notte precedente mentre mi mettevo al lavoro per fare le mie osservazioni.
Che colpo mi aspettava! Il sestante e il cronometro erano stati entrambi rotti in modo irreparabile, ed erano stati rotti proprio quella notte. Erano stati rotti la notte in cui Lys era stata visto parlare con von Schoenvorts. Credo che sia stato quest’ultimo pensiero a farmi male più di tutto il resto. Potevo guardare qualsiasi disastro in faccia con equanimità; ma il fatto che Lys potesse essere una traditrice mi spaventava.
Chiamai Bradley e Olson sul ponte e raccontai loro l’accaduto, ma non riuscii a ripetere ciò che Wilson mi aveva riferito la notte precedente. Infatti, dopo aver riflettuto sulla questione, mi sembrava incredibile che la ragazza potesse essere passata per la mia stanza, in cui dormivamo io e Bradley, e poi tenere una conversazione nella stanza dell’equipaggio, in cui era tenuto Von Schoenvorts, senza essere stata vista da più di un uomo.
Bradley scosse la testa. «Non riesco a capire», disse. «Uno di quei crucchi deve sentirsi molto furbo per comportarsi così; ma non ci hanno fatto male come pensano; ci sono ancora gli strumenti di riserva».
Ora era il mio turno di scuotere la testa triste. «Non ci sono altri strumenti», dissi loro. «Anche quelli sono scomparsi, come l’apparato radio».
Entrambi mi guardarono con stupore. «Abbiamo ancora la bussola e il sole», disse Olson. «Forse una notte cercheranno di prendere la bussola; ma di certo non ci possono prendere il sole».
Fu allora che uno degli uomini mise la testa fuori dal boccaporto e, vedendomi, chiese il permesso di salire sul ponte per prendere una boccata d’aria fresca. Lo riconobbi come Benson, l’uomo che, secondo Wilson, aveva riferito di aver visto Lys con von Schoenvorts due notti prima. Gli feci cenno di salire sul ponte e poi lo chiamai da una parte, chiedendogli se avesse visto qualcosa di strano o insolito durante il suo turno di guardia la sera prima. Il tipo si grattò un attimo la testa e disse: «No», e poi, come per un ripensamento, mi disse che verso mezzanotte aveva visto la ragazza nella stanza dell’equipaggio parlare con il comandante tedesco, ma siccome non gli era sembrato che ci fosse nulla di male, non aveva detto nulla al riguardo. Ordinandogli di non mancare mai di riferirmi qualsiasi cosa esulasse dalla routine ordinaria della nave, lo congedai.
Molti degli altri uomini chiesero allora il permesso di salire sul ponte, e ben presto tutti, tranne quelli effettivamente impegnati in qualche compito necessario, erano in piedi a fumare e a parlare, di ottimo umore. Approfittai dell’assenza degli uomini sul ponte per andare sotto a consumare la mia colazione, che il cuoco stava già preparando sul fornello elettrico. Lys, seguita da Nobs, apparve mentre entravo nella centrale. Mi accolse con un piacevole «Buongiorno!» al quale temo di aver risposto con un tono piuttosto scontroso.
«Volete fare colazione con me?», chiesi improvvisamente alla ragazza, deciso a iniziare un’indagine per conto mio.
Lei fece un dolce cenno di assenso, e insieme ci sedemmo al piccolo tavolo della mensa degli ufficiali.
«Avete dormito bene la notte scorsa?», le chiesi.
«Tutta la notte», rispose lei. «Sono davvero una dormigliona».
I suoi modi erano così schietti e sinceri che non riuscivo a credere al suo tradimento; eppure, pensando di coglierla di sorpresa, sbottai: «Il cronometro e il sestante sono stati entrambi distrutti ieri sera; c’è un traditore tra noi». Ma lei non fece alcun gesto che potesse rivelare che conosceva il colpevole del misfatto.
«Chi può essere stato?», gridò. «I tedeschi sarebbero pazzi a farlo, perché la loro vita è in gioco tanto quanto la nostra».
«Gli uomini sono spesso felici di morire per un ideale, un ideale di patriottismo, forse», risposi; «e la volontà di essere martiri include la volontà di sacrificare gli altri, anche quelli che li amano. Le donne sono molto simili, solo che si spingono ancora più lontano della maggior parte degli uomini: sacrificherebbero tutto, anche l’onore, per amore».
Guardai attentamente il suo viso mentre parlavo, e mi sembrò di scorgere un leggerissimo rossore che le imporporava la guancia. Credendo di aver segnato un punto, decisi di insistere.
«Prendiamo von Schoenvorts, per esempio», continuai: «Senza dubbio sarebbe contento di morire e di portarci tutti con sé, se non potesse impedire in altro modo che la sua nave cada in mani nemiche. Sacrificherebbe chiunque, anche voi; e se lo amate ancora, potresti essere il suo strumento. Mi capite?»
Mi guardò per un momento con gli occhi spalancati, poi divenne bianchissima e si alzò dal suo posto. «Sì», rispose, e dandomi le spalle si diresse rapidamente verso la sua stanza. Cominciai a seguirla, perché anche se sapevo di essere nel giusto, mi dispiaceva di averla ferita. Arrivai alla porta della stanza dell’equipaggio appena dietro di lei e feci in tempo a vedere von Schoenvorts che si piegava in avanti e le sussurrava qualcosa mentre passava; ma lei doveva aver capito che poteva essere osservata, perché passò oltre.
Quel pomeriggio il cielo si annuvolò; il vento divenne una burrasca e il mare salì fino a che l’imbarcazione ondeggiò spaventosamente. Quasi tutti a bordo stavano male; l’aria era diventata opprimente. Per ventiquattro ore non lasciai il mio posto nella torre di comando, perché sia Olson che Bradley stavano male. Alla fine mi resi conto che dovevo riposare un po’, e così cercai qualcuno che mi desse il cambio. Benson si offrì volontario. Era in forma, e mi assicurò che aveva svolto il servizio in marina ed era stato assegnato ai sottomarini per oltre due anni. Ero contento che fosse lui, perché avevo molta fiducia nella sua lealtà, e così fu con una sensazione di sicurezza che andai sotto e mi coricai.
Dormii dodici ore di fila, e quando mi svegliai e scoprii quello che avevo fatto, non persi tempo a raggiungere la torretta di comando. Lì c’era Benson, sveglio come non mai, e la bussola mostrava che ci stavamo dirigendo direttamente verso ovest. La tempesta continuava a infuriare e non diminuì la sua foga fino al quarto giorno. Eravamo tutti abbastanza stanchi e aspettavamo con ansia il momento in cui avremmo potuto andare sul ponte a riempirci i polmoni di aria fresca. Durante i quattro giorni non avevo visto la ragazza, che evidentemente se ne stava nella sua stanza; e durante questo periodo non si era verificato nessun incidente spiacevole a bordo della barca – un fatto che sembrava rafforzare la rete di prove circostanziali su di lei.
Per altri sei giorni, dopo che la tempesta si fu attenuata, il tempo fu ancora abbastanza brutto; e il sole non si mostrò nemmeno una volta. Per la stagione – era ormai la metà di giugno – il tempo era insolito; ma essendo della California meridionale, ero abituato a queste stranezze. In effetti, ho scoperto che in tutto il mondo il tempo insolito prevale in qualsiasi periodo dell’anno.
Mantenemmo costantemente la rotta verso ovest, e poiché l’U-33 era uno dei sommergibili più veloci che avessimo mai prodotto, sapevo che dovevamo essere abbastanza vicini alla costa nordamericana. Ciò che mi lasciava più perplesso era il fatto che per sei giorni non avessimo avvistato una sola nave. Sembrava straordinario che potessimo attraversare l’Atlantico quasi fino alla costa del continente americano senza scorgere fumo o vela, e alla fine giunsi alla conclusione che eravamo lontani dalla nostra rotta, ma non riuscivo a stabilire se a nord o a sud di essa.
Il settimo giorno il mare era relativamente calmo all’alba. Sull’oceano c’era una leggera foschia che ci impediva di vedere le stelle; ma tutto lasciava presagire un giorno sereno, e io ero sul ponte ad aspettare con ansia il sorgere del sole. I miei occhi erano incollati all’impenetrabile nebbia a poppa, perché lì, a est, avrei dovuto vedere il primo bagliore del sole nascente che mi avrebbe assicurato che eravamo ancora sulla rotta giusta. A poco a poco il cielo si schiarì; ma a poppa non riuscivo a vedere alcun bagliore più intenso che indicasse il sorgere del sole dietro la nebbia. Bradley era in piedi al mio fianco. Di lì a poco mi toccò il braccio.