Sbatto le palpebre. Ho appena avuto una visione? In tutta risposta la testa mi pulsa un poco, ma non c’è dolore.
“Quindi, che dici principessa?” Garrett mi sta ancora guardando, i suoi occhi azzurri sono amichevoli. Una ragazza potrebbe perdersi in quel mare ceruleo.
Non. È. Sicuro.
“No, grazie.”
“Ok. Ci perdi tu.” Toglie lo scarpone dalla soglia.
Io tiro con forza e la porta sbatte in faccia a tutti e due. Lancio un gridolino come un’idiota. Dio santo. Tiro su dal naso un respiro lungo e tremolante. Qualcosa si è sciolto nella mia pancia e sta facendo le capriole come un palloncino quando si sgonfia.
Quando chiudo la serratura di sicurezza, premo l’orecchio contro il legno e ascolto. Passano tre secondi e poi sento dei passi che si allontanano. Mi accascio contro alla porta, mi metto una mano sulla testa. Quel leggero pulsare è sparito.
Che sia messo agli atti: Domani devo chiamare l’amministratrice di condominio e scoprire esattamente chi sono questi tizi e se sono state sporte lamentele contro di loro.
Per quello che ne so, forse il mio appartamento era disponibile perché nessuno voleva vivere accanto a loro. Io di certo non voglio.
Almeno è quello che continuo a ripetere a me stessa.
Sfilo le scarpe a stiletto e appoggio la valigetta sul tavolo, mentre premo il tasto di chiamata rapida per la mia migliore amica.
“Ehi bella,” mi risponde. Sarò anche noiosa e normale – o almeno cerco di esserlo – ma la mia migliore amica è forte. Sua mamma era una hippie, però, motivo per cui lei si è ritrovata con un nome indegno.
“Ciao Foxfire. Come va?”
“Cerco di tenermi occupata… sai, di distrarmi.” Foxfire ha beccato il suo ragazzo che le faceva le corna il fine settimana scorso e l’ha cacciato via. Era ora, ma le rotture fanno sempre male, quindi mi sono autonominata sua cheerleader personale e coordinatrice delle attività finché non ci sarà più il rischio che voglia tornarci insieme.
“Vuoi venire a casa mia? Potremmo guardare qualcosa su Netflix e rilassarci.” Sono pronta per intontirmi un po’ davanti alla TV stasera. Non c’è niente di meglio di qualche stupido reality show per tenere a bada le mie folli visioni. Se solo dessero una mano anche per il mal di testa…
“No, grazie,” sospira Foxfire.
Sento che sta per innescarsi una spirale di tristezza, quindi la batto sul tempo. “Ehi, sai cosa dovremmo fare?”
“Cosa?”
“Andare a ballare domani sera. Ci sono i Morphs che suonano al Club Eclipse.”
“Non so. Non ne ho tanta voglia.”
“Stai scherzando? Sono i tuoi preferiti. Mi dici sempre quanto sono bravi in concerto.” Per lo più evito locali, bar e qualsiasi altro luogo rumoroso, come se ne andasse della mia salute. Che, vista la mia tendenza ad avere visioni, probabilmente è anche vero. Foxfire, faresti bene ad apprezzarlo. Faccio un respiro profondo e mento di brutto. “Beh, io ci voglio andare.”
“Tu? Tu odi uscire. Di solito sono io che ti trascino in giro.”
“Uh, già, e adesso ne sento la mancanza. So che non ti va, ma non è questo il punto. L’obiettivo è costringerti a uscire e a socializzare.” Faccio lo stesso discorso che lei ha usato con me tantissime volte. “Scommetto che un milione di ragazzi ci proverebbero con te.”
Foxfire sbuffa. “Ne dubito. Ma un Cosmo mi piacerebbe proprio.”
“Anche a me.” Ora tocca a me sospirare.
“Beh, e tu che dici? Stai lavorando un sacco ultimamente.”
“Sì, c’è parecchio da fare al centro.”
“Tanti bambini che arrivano nel sistema?” La delicata compassione nel tono di Foxfire mi fa raddrizzare le spalle.
“Un po’.”
“Beh, so che li stai aiutando. Rendi quasi positiva la parola avvocato.”
“Questo non lo so, ma aiutare questi ragazzini è necessario. Cristo, tantissimi di loro hanno delle vite così incasinate. Si meritano almeno una persona che si curi di rappresentarli nel sistema.” Prendo una spugna dal lavandino e do una passata al banco della cucina, anche se è già pulito. “Ah… e ho appena conosciuto i tizi della porta accanto.”
“Ah sì?” Foxfire parla con tono insinuante.
“No, non in quel senso. Sono tipi che fanno paura.” Ricordo gli occhi azzurri di Garrett e il suo sorriso con le fossette. Magari lui non è poi così spaventoso. Ma non ci sono dubbi che mi abbia lasciato confusa e sfasata. “Non so. Non saprei dire se mi volessero intimidire o cercassero di flirtare con me.”
“Sembri interessata.”
“No, non lo sono per niente.” Totale bugia. Sento un formicolio alla mano dove Garrett l’ha stretta. Un uomo come lui potrebbe essere usato per salirci sopra come in una palestra di arrampicata. Mi permetterebbe di montarci sopra? Oh cavolo. Piantala di fare pensieri sconci, Amber!
Non lo voglio nel mio letto. Anche se probabilmente è molto bravo. Ma bravo a letto non significa che sia un bravo vicino. Spontaneamente mi si accende nella mente l’immagine di me a uno dei loro festini notturni, con le mani strette al petto e solo le mutandine addosso.
Piantala.
“Sono fichi?” Figurati se Foxfire non legge tra le righe.
Anche se sono da sola nel mio appartamento, le guance avvampano. Mi lascio andare a una risata strozzata. “Ehm… sì. Uno di loro lo era – lo è – sì, insomma. Ma non è il mio tipo. Per niente il mio tipo.”
~.~
Garrett
Mi porto il palmo della mano al viso e inalo l’odore ancora presente della bella biondina umana. Stava da Dio con quella gonna corta e attillata e la giacchina abbinata, e anche se si sforzava di fare tanto la perfettina con i capelli tirati su in un’acconciatura da bibliotecaria, ho sentito l’odore del suo interesse. Era eccitata. Da me. E quando le nostre mani si sono toccate, ho sentito una specie di scossa.
Ho ancora il formicolio alle dita dal contatto.
Le ho sentito addosso anche un po’ di paura, ma la fragranza era per lo più calda e sensuale, vaniglia, arancia e spezie. Il mio lupo non aveva voglia di spaventarla, che è una gran cosa. Di solito gli piace fare il gradasso in giro e di fronte alle donne umane prova solo impazienza. Perché dovrei avere interesse per un’umana? E lei è decisamente tutta umana: mi sono avvicinato apposta per esserne certo.
Non ho idea di come abbia fatto a farmelo venire così duro. Piccola insolente, fare tanto la ragazza d’alto bordo mentre le ginocchia le tremavano dalla paura. Avrei voluto spingerla contro alla parete dell’ascensore, piegarmi quelle ginocchia attorno ai fianchi e sbatterla fino a farle perdere tutta l’arroganza. Scommetto che non ha mai avuto un orgasmo come si deve. Potrebbe essere una bella idea farle vedere cosa vuol dire venire sul serio, tutt’attorno al mio cazzo, mentre il mio nome cola da quelle labbra a ciliegia come una preghiera.
Mi sistemo l’uccello gonfio dentro ai jeans prima di lasciarmi cadere sul divano in pelle. Trey e Jared hanno già aperto delle bottiglie di birra e sono fuori sul balcone che parlano ad alta voce. Forse non l’approccio migliore per le relazioni con il nuovo vicinato.
Magari sto diventando troppo vecchio per continuare a vivere con i miei fratelli di branco. Mio padre mi sta dicendo da anni che devo prendermi una compagna, comportarmi come un adulto e trasformare il branco di Tucson in qualcosa di più che un club di motociclisti composto per lo più da mutanti maschi. Viviamo liberi e allo sbaraglio, ma il sentimento di congregazione fa venire voglia alla maggior parte dei lupi di mettere su famiglia e spostarsi nel branco di mio padre a Phoenix, o fuori dallo Stato.
Il telefono suona e controllo lo schermo. “Ehi, sorellina,” rispondo.
“Ciao Garrett.” Sembra senza fiato. “Indovina dove vado per le vacanze di primavera?”
“Uhm… a San Diego?”
“No.”
“Nel Big Sur?”
“No, non in California.”
“Dove, bambina?”
“San Carlos!”
“No.” La mia voce diventa profonda e minacciosa. San Carlos è una città balneare del Messico a diverse ore a sud di Tucson, ma secondo i notiziari al momento ci sono problemi con i cartelli della droga.
“Garrett, non te lo sto chiedendo.” All’età di ventun anni, mia sorella Sedona – dal nome della bellissima cittadina dell’Arizona dove i miei genitori l’hanno concepita – è ancora la piccolina viziata della famiglia. Vuole piena autonomia quando la chiede, e completo supporto – finanziario o di altro genere – per il resto del tempo.
Avevo dieci anni quando Sedona – piccolo errore di percorso – è nata, quindi per me è più una figlia che una sorella. Faccio la voce più dura. “Oh, faresti bene a chiedere, perché altrimenti potremmo avere un grosso problema.” I miei hanno permesso a Sedona di andare all’Università dell’Arizona solo perché io ci vivo abbastanza vicino da poterla tenere d’occhio. Sarò anche un bonaccione, ma sono pur sempre un alfa. Il mio lupo non tollera che la mia autorità venga messa alla prova.
“Ok, scusa. Te lo stavo chiedendo.” Cede di fronte alla mia reazione e passa da testarda a implorante. “Garrett, ci devo andare. Tutti i miei amici ci vanno. Ascolta. Non passeremo per Nogales. Abbiamo scoperto una via sicura. E saremo in un grosso gruppo. E poi non sono un’umana, ricordi? Le bande della droga non possono farmi del male.”
“Una pallottola in testa farebbe male a chiunque.”
“Non intendo beccarmi una pallottola in testa. Non comprerò droghe, ovviamente, e non gironzolerò attorno ai posti dei traffici. Sei troppo protettivo. Sono un’adulta, se mai te ne fossi scordato.”
“Non fare l’insolente.”
“Ti preeeego, Garrett? Ti prego ti prego ti prego. Devo andarci!”
“Dimmi chi viene.”
Professionista nel dominare le persone e averla sempre vinta, Sedona si lancia all’istante contro alla mia resistenza che si sta allentando e si butta con fervore nella descrizione del gruppo. Quattro ragazzi e cinque ragazze, di cui due coppie. Tutti umani, tranne lei.
Se fossero lupi, farei un po’ il difficile per la mescolanza di maschi e femmine – non che io sia all’antica. Con gli umani, però, nessun maschio sarebbe in grado di avere la meglio su mia sorella in nessun possibile scenario. Però, un viaggio primaverile in spiaggia mi sa comunque di troppi drink e troppe feste, che poi portano sempre a decisioni e scelte infelici.
Un grido dal balcone mi fa voltare e lanciare un’occhiataccia ai miei coinquilini.
“Voglio conoscere questi ragazzi,” dico a mia sorella.
“Garrett, ti prego! Sarebbe stra-imbarazzante. Non è giusto.”
“Allora la mia risposta è no.”
Sedona sbuffa al telefono. “Va bene. Passiamo a salutarti prima di partire.”
Molto furba. Sarei il più grosso stronzo sulla faccia della Terra se dicessi no al suo viaggio così all’ultimo minuto. Mio padre lo farebbe, ma io no. Che è il motivo numero uno per cui Sedona ha scelto un college nella mia città, piuttosto che andare nello Stato dell’Arizona.
“Ok. Quando parti?”
“Domani.”
“Mi chiami per chiedere il permesso la sera prima del viaggio?” Ringhio al telefono.
“Beh, stavo tentando di evitare la richiesta di permesso, a dire il vero.” La sua voce si fa piccola.
“Sei fortunata ad averci ripensato.” Costringo la mano a rilassarsi. Non voglio spaccare un altro cellulare.
“Quindi posso andare?”
“Non permetterai mai a nessuno di guidare ubriaco. Mai.”
“Giusto.”
“E non berrai mai più di due drink a sera.”
“Oh andiamo Garrett, sai che posso berne di più.”
“Non mi interessa. Ti sto dando le mie regole. Se vuoi andare, farai meglio ad accettarle.”
“Ok, ok. Accetto. Che altro?”
“Voglio un messaggio di controllo ogni giorno.”
“Capito.”
Sospiro. “Vi siete procurati l’assicurazione messicana per l’auto?”
“Sì. È tutto pronto. Ci vediamo domani mattina. Ti voglio bene, fratellone. Sei il migliore!”
Scuoto la testa, ma sorrido mentre riaggancio. Chiunque si prenderà mia sorella come compagna, avrà tutta la mia pietà. Negarle qualcosa è impossibile.
“Ehi, capo. Vai al club stasera?” Trey entra a passo lento dal balcone.
“Stasera no.” Controllo il telefono per vedere se si sia danneggiato. Sedona tira fuori il mio lato protettivo come nessun altro. Almeno fino a che non ho incontrato la signorina Perfettina della porta accanto. Per qualche motivo il mio lupo ha già deciso che si trova sotto la mia protezione, che le piaccia o no.
“Perché pensavo di invitare fuori la nostra nuova vicina. Per vedere se ha un lato selvaggio.”
“No.” La mia risposta è un ringhio, e il telefono scricchiola nel pugno. La rabbia sale dal nulla, sorprendendomi di brutto. “Lasciala stare.” Trey abbassa gli occhi al pavimento. Dietro di lui, Jared rimane immobile.
“State alla larga dalla nostravicina.” Il mio lupo è quasi in superficie e la mia voce diventa roca.
“Sì, Alfa.” Entrambi i lupi chinano la testa.
Invece di una spiegazione, un altro ringhio mi sale dalla gola. Sono un alfa. Non devo spiegazioni a nessuno. “E basta bere sul balcone,” aggiungo con un’occhiataccia. Quando apro la mano, i pezzi del cellulare cadono sul divano.
La mia rabbia si attenua al dileguarsi dei coinquilini, ma la soddisfazione resta. Il mio lupo è contento che abbiamo protetto Amber. Ma perché? Cosa me ne frega di una piccola umana?