CAPITOLO DUE

2141 Words
CAPITOLO DUE Riley sentiva il respiro e il battito cardiaco accelerare, mentre camminava dalla fermata della metro fino all’enorme e bianco J. Egar Hoover Building. Perché sono così nervosa? si chiese. Dopotutto, era riuscita a viaggiare per la prima volta da sola in una metropolitana, attraversando la città più grande che avesse mai visitato prima di trasferirsi lì. Provò a convincersi che non era un grande cambiamento, che stava soltanto andando di nuovo a scuola, così come aveva fatto a Lanton. Ma non riusciva a fare a meno di sentirsi timorosa e intimidita. Innanzitutto, l’edificio si trovava sulla Pennsylvania Avenue, proprio tra la Casa Bianca e il Campidoglio. Lei e Ryan erano passati in auto davanti all’edificio all’inizio della settimana, ma in quel momento si rendeva semplicemente conto che stava andando lì ad imparare e a lavorare per le prossime dieci settimane. Sembrava quasi un sogno. Si diresse all’entrata principale, passò attraverso l’atrio e l’accesso di sicurezza. La guardia all’ingresso trovò il suo nome su una lista di visitatori e le diede una targhetta identificativa da indossare. Poi, la invitò a prendere l’ascensore per scendere di tre piani fino ad una piccola aula. Quando Riley trovò l’aula e vi entrò, le furono consegnati dei fogli, che contenevano regole, norme ed informazioni che doveva leggere in seguito. Si sedette in mezzo a una ventina circa di altri tirocinanti, che sembravano avere all’incirca la sua età. Sapeva che alcuni, come lei, si erano appena laureati al college; altri invece ancora no e sarebbero tornati al college in autunno. Molti tirocinanti erano uomini, e la maggior parte ben vestita. Si sentì un po’ insicura nel suo tailleur con pantaloni, che aveva acquistato in un negozio al risparmio di Lanton. Era il miglior completo da lavoro che possedesse, e sperava di apparire sufficientemente rispettabile. Poco dopo, un uomo di mezza età, dall’aspetto curato, si posizionò di fronte ai tirocinanti seduti. Esordì: “Sono l’Assistente Direttore Marion Connor, e sono responsabile per il Programma Estivo di Tirocinio dell’FBI. Dovreste essere tutti molto orgogliosi di essere qui oggi. Siete un gruppo molto selezionato ed eccezionale, scelto tra migliaia di candidati …” Riley deglutì rumorosamente, mentre l’uomo continuava a congratularsi col gruppo. Migliaia di candidati! Quanto sembrava strano. La verità era che non aveva nemmeno fatto domanda. Era semplicemente stata scelta per il programma non appena uscita dal college. Merito davvero di stare qui? si chiese. L’Assistente Direttore Connor presentò al gruppo un agente più giovane, Hoke Gilmer, il supervisore all’addestramento, che aveva chiamato Riley il giorno prima. Gilmer chiese ai tirocinanti di mettersi in piedi, alzare la mano destra e pronunciare il giuramento dell’FBI. A Riley venne un nodo in gola, mentre pronunciava le parole … “Io, Riley Sweeney, giuro solennemente di sostenere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti contro tutti i nemici, stranieri e interni …” Dovette sbattere le palpebre per non piangere e proseguì. Questo è reale, si disse. Sta accadendo davvero. Non aveva idea di che cosa l’aspettasse da quel momento in poi. Ma era sicura che la sua vita non sarebbe più stata la stessa. Dopo la cerimonia, Hoke Gilmer portò gli studenti a fare un lungo giro del J. Edgar Hoover Building. Riley rimase sempre più stupita per via delle grandezza e complessità dell’edificio, e per tutte le diverse attività che si svolgevano al suo interno. C’erano stanze destinate agli usi più svariati, un campo da pallacanestro, una clinica medica, una tipografia, molti tipi di laboratori e stanze adibite ad uso informatico, un poligono di tiro, e persino un obitorio e un’officina. Tutto la sconvolse. Alla fine del giro, il gruppo fu condotto alla mensa, all’ottavo piano. Riley si sentì esausta, quando mise il cibo sul proprio vassoio, non tanto per i chilometri che aveva percorso a piedi, ma per tutto quello che aveva visto e stava provando ad assorbire. Quanto di questa meravigliosa struttura poteva sperare di conoscere nelle settimane che avrebbe trascorso al suo interno? Voleva apprendere tutto ciò che poteva, quanto velocemente avrebbe potuto. E voleva iniziare subito. Mentre reggeva il vassoio, guardandosi intorno in cerca di un posto in cui sedersi, si sentì stranamente fuori posto. Gli altri tirocinanti sembravano già impegnati a fare amicizia e, seduti in gruppi, chiacchieravano entusiasti della giornata che stavano trascorrendo. Si disse che forse avrebbe dovuto sedersi tra alcuni dei colleghi giovani, presentarsi e conoscerli. Ma sapeva che non sarebbe stato facile. Spesso Riley si era sentita fuori posto, e fare amicizia e unirsi agli altri non era mai stata una cosa naturale per lei. E, al momento, si sentiva più timida di quanto ricordasse di essersi mai sentita. Ed era solo la sua immaginazione, o alcuni tirocinanti la stavano guardando e facendo commenti sotto voce su di lei? Aveva appena deciso di sedersi da sola, quando sentì una voce accanto a lei. “Sei Riley Sweeney, non è vero?” Si voltò e vide un giovane che aveva catturato la sua attenzione nell’aula e durante il giro. Non era riuscita a fare a meno di notare il suo fascino: un po’ più alto di lei, robusto ed atletico, con corti capelli ricci e un sorriso piacevole. Il completo che indossava sembrava costoso. “Um, sì” Riley rispose, sentendosi improvvisamente sempre più timida di prima. “E tu … ?” “John Welch. Piacere di conoscerti. Ti direi di stringerci le mani, ma …” Lui accennò ai vassoi che entrambi stavano trasportando, e accennò una risata. “Vorresti sederti con me?” le chiese. Riley si augurò di non arrossire. “Certo” gli rispose. Si sedettero ad un tavolo l’uno di fronte all’altra e cominciarono a mangiare. Riley chiese: “Come conosci il mio nome?” John sorrise maliziosamente e disse: “Scherzi, vero?” Riley rimase stupita. Si sforzò di non rispondere… No, non scherzo. John alzò le spalle e disse: “Qui tutti sanno chi sei. Immagino che si possa dire che la tua reputazione ti procede.” Riley posò lo sguardo su alcuni degli altri studenti. Come previsto, erano ancora intenti a guardarla e a scambiarsi commenti sottovoce. Riley cominciò a capire … Devono sapere che cos’è successo a Lanton. Ma quanto sapevano? Ed era un bene o un male? Certamente non aveva preso in considerazione la possibilità di avere una “reputazione” tra i tirocinanti. L’idea la imbarazzava profondamente. “Di dove sei?” gli chiese. “Proprio di qui, Washington DC” fu la risposta. “Mi sono laureato in criminologia questa primavera.” “Che università?” fu ora la domanda di Riley. John arrossì leggermente. “Um … George Washington University” rispose. Riley spalancò gli occhi al nome di un college così costoso. Dev’essere ricco, pensò. Sentiva anche che lui si sentiva un po’ a disagio per questo. “Wow, una laurea in criminologia” esclamò. “Io sono laureata in psicologia. Sei in vantaggio rispetto a me.” John rise. “Rispetto a te? Penso di no. Voglio dire, probabilmente sei l’unica tirocinante nel programma con una vera esperienza sul campo.” Ora Riley si sentì davvero sbalordita. Esperienza sul campo? Non aveva pensato a quanto accaduto a Lanton come un’“esperienza sul campo”. John continuò: “Beh, hai già aiutato a trovare e catturare un vero serial killer. Non riesco ad immaginare a come debba essere stato. Ti invidio, sul serio.” Riley si accigliò e divenne silenziosa. Non voleva dirlo, ma l’invidia sembrava un’emozione molto inappropriata da provare per quanto aveva vissuto. Che cosa pensava John fosse successo durante quelle terribili settimane a Lanton? Aveva idea di che cosa avesse provato a trovare i cadaveri delle sue migliori amiche, con le gole brutalmente squarciate? Sapeva quanto si fosse sentita terrorizzata e distrutta dal dolore e anche quanto si sentisse in colpa? Era ancora perseguitata dal pensiero che la sua coinquilina, Trudy, sarebbe stata ancora viva, se Riley avesse semplicemente fatto un lavoro migliore prestandole attenzione. E aveva idea di quanto fosse stato terribile per lei cadere nelle grinfie del killer? Riley bevve un sorso della sua bibita e infilzò il cibo con una forchetta. Poi, disse: “E’ stato … beh, non è stato come potresti pensare. E’ soltanto qualcosa che è successa.” Ora John le rivolse uno sguardo colmo di vera preoccupazione. “Scusa” disse. “Immagino che tu non voglia parlarne.” “Forse un’altra volta” Riley replicò. Cadde uno strano silenzio. Non volendo essere scortese, Riley cominciò a fare delle domande a John sulla sua vita. Quest’ultimo sembrò riluttante a parlarne, ma riuscì a tirargli fuori delle risposte. I genitori di John erano entrambi noti avvocati, pesantemente coinvolti nella politica di Washington DC. Riley rimase colpita, non tanto dall’ambiente benestante in cui era cresciuto John, ma dal modo in cui aveva scelto un percorso diverso da tutto il resto della famiglia. Invece di perseguire una carriera prestigiosa in legge e politica, John si era dedicato ad una vita più umile di servizio nelle Forze dell’Ordine. Un vero idealista, Riley pensò. Si ritrovò a confrontare lui e Ryan, che stava provando a mettersi alle spalle le sue umili origini, diventando un avvocato di successo. Naturalmente, ammirava l’ambizione di Ryan. Era una delle cose che amava di lui. Ma non poté fare a meno di ammirare anche John, per le scelte che stava facendo. Mentre continuavano a parlare, Riley sentì che John stava cercando di sedurla. Sta flirtando con me, intuì. Fu un po’ colpita da questo atteggiamento. La sua mano sinistra era pienamente visibile sul tavolo ed il ragazzo poteva senz’altro vedere il suo nuovo anello di fidanzamento. Doveva dire di essere fidanzata? In qualche modo, sentiva che forse sarebbe stato strano, specialmente se si fosse sbagliata. Forse non sta affatto flirtando con me. Poco dopo, John cominciò a farle delle domande, assicurandosi di non toccare l’argomento degli omicidi di Lanton. Come sempre, Riley evitò determinate questioni: il suo travagliato rapporto col padre, i suoi ribelli anni adolescenziali, e in particolare come avesse assistito all’omicidio di sua madre quando era ancora una bambina. Riley si accorse del fatto che, a differenza di Ryan o John, non aveva davvero molto da dire sulle proprie speranze per il futuro. Che cosa dice questo di me? si chiese. Infine, parlò del suo rapporto d’amicizia con Ryan, che era culminato nel loro fidanzamento solo il giorno prima, sebbene non avesse fatto cenno alla gravidanza. Non notò alcun particolare cambiamento nel comportamento di John. Immagino che sia proprio affascinante per natura, pensò. Fu sollevata al pensiero di essere saltata alle conclusioni e che non stesse affatto flirtando con lei dopotutto. Era un brav’uomo, e lei non vedeva l’ora di conoscerlo meglio. Infatti, era piuttosto sicura che John e Ryan sarebbero andati d’accordo. Forse, qualche volta, sarebbero potuti uscire tutti insieme. Quando i tirocinanti terminarono il loro pasto, Hoke Gilmer li radunò e li condusse in una grande spogliatoio, pochi piani più in basso, in quello che sarebbe stato il loro quartier generale per la durata delle dieci settimane. Un agente più giovane, che assisteva Gilmer, assegnò a ciascuno dei tirocinanti un armadietto. Poi, tutti si sedettero ai tavoli al centro della stanza, e l’agente più giovane cominciò a distribuire dei cellulari. Gilmer spiegò: “Presto entreremo nei ventunesimo secolo, e all’FBI non piace restare indietro con le nuove tecnologie. Non distribuiremo dei cercapersone quest’anno. Alcuni di voi hanno già un cellulare, ma vogliamo che ne abbiate uno separato specifico per l’FBI. Troverete le istruzioni nel vostro pacchetto d’orientamento.” Poi, Gilmer rise aggiungendo: “Spero che sarà più facile per voi imparare ad usarli di quanto lo sia stato per me.” Anche alcuni tirocinanti risero, mentre presero i loro nuovi giocattoli. Il telefono di Riley sembrava stranamente piccolo nella sua mano. Era abituata ad avere dei telefoni fissi più grandi a casa, e non aveva mai utilizzato un cellulare in vita sua. Sebbene avesse usato i computer a Lanton, e alcuni amici avessero dei cellulari, lei continuava a non possederne uno. Ryan aveva già un computer e un cellulare, e qualche volta prendeva in giro la fidanzata per essere così fuori moda. A lei non piaceva molto. La verità era che l’unica ragione per cui non possedesse ancora un computer o un cellulare era che non poteva permettersene uno. Questo sembrava quasi identico a quello di Ryan, molto semplice, dotato di un piccolo schermo per i messaggi, una tastiera numerica e solo tre o quattro altri pulsanti. Eppure, fu strano accorgersi del fatto che non sapesse ancora come effettuare una comune telefonata con esso. Sapeva che sarebbe anche stato strano essere raggiungibile al telefono in qualsiasi momento, a prescindere da dove si trovasse. Rammentò a se stessa … Sto iniziando una nuova vita. Riley notò che un gruppo di persone, degli agenti probabilmente, la maggior parte dei quali uomini, era entrato nello spogliatoio. Gilmer disse: “Ad ognuno di voi sarà assegnato un agente speciale esperto durante le settimane che passerete qui. Cominceranno a insegnarvi le loro specialità: analisi dei dati del crimine, lavoro forense, lavoro svolto nel laboratorio di informatica, e tutto il resto. Ora ve li presenteremo, e si occuperanno loro di voi.” Quando l’agente più giovane accoppiò agenti e tirocinanti, Riley notò un particolare … C’è un agente in meno rispetto ai tirocinanti. Di fatto, dopo che i tirocinanti se ne andarono con i loro mentori, Riley si ritrovò sola. Guardò Gilmer con perplessità. Gilmer le rivolse un sorriso appena abbozzato e disse: “Troverai il tuo agente in fondo al corridoio nella stanza diciannove.” Sentendosi un po’ turbata, Riley lasciò lo spogliatoio e percorse il corridoio, finché trovò la stanza giusta. Aprì la porta e vide un uomo basso, dal largo torace, di mezza età seduto ad un tavolo. Riley ebbe un sussulto, quando lo riconobbe. Si trattava dell’Agente Speciale Agent Jake Crivaro, lo stesso che aveva incontrato a Lanton e che le aveva salvato la vita.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD