12. Tre settimane più tardi. Zurigo era calda come un forno, quando uscii dall’hotel dove avevo passato la notte. All’esterno ero impeccabile, ma all’interno ero scossa per come erano andate le cose. Mi vidi riflessa nel vetro di una banca, mentre camminavo a passo veloce verso un attraversamento pedonale. La mia figura snella enfatizzata da un vestito corto e nero, senza maniche e con il colletto azzurro, le gambe slanciate da un paio di sandali con il tacco alto, il trucco sobrio, i capelli raccolti dietro alla testa. E avevo quasi ucciso la mia fonte. Mi tremavano ancora le mani. Accesi il cellulare e controllai i messaggi. Zoran mi chiedeva se avevo finito. Era un messaggio di due ore prima. Lo richiamai. «Ho finito ora» dissi. «Bene. Sto venendo a prenderti» rispose lui. La sua
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