Capitolo Sette
Quando, dopo mezzanotte, mi sono svegliato per rimboccare la coperta Cian, lei non c'era più.
Volevo andare a cercarla, ma non sarei mai stato in grado a meno che non volesse essere trovata. Poteva essere su uno degli alberi, a guardarmi dall'alto in basso in quel momento, oppure di nuovo al suo villaggio, o mille altri posti nella foresta oscura. Forse aveva preso la sua decisione e mi aveva lasciato per sempre. Mi sentivo devastato, impotente.
Smossi il fuoco e mi guardai intorno in cerca di legna. Lo zaino di Cian era ancora accanto al mio. Fu un sollievo vedere il suo arco e le sue frecce accanto al nostro equipaggiamento; non li avrebbe lasciati indietro. Ho acceso il fuoco e ho aspettato.
Hero si svegliò con lo scoppiettare delle fiamme. Mentre ero seduto con la coperta tirata sulle spalle, si avvicinò e si fermò accanto al fuoco, guardandomi. La sua abitudine di soffiare aria attraverso il naso era incredibilmente irritante. Mi sbuffò, poi trotterellò nel bosco. Che razza di cane...
Tornò venti minuti dopo, seguito da Cian. Stava gocciolando.
“Cosa è successo?” Chiesi, avvolgendole la coperta intorno.
Hero andò da Rachel e si sdraiò accanto alla ragazza addormentata.
"Sono dove il flusso d'acqua salta giù dalla cima rocciosa", ha detto Cian, "come lo dici?” Si tolse la gonna bagnata e me la porse. La misi sullo zaino vicino al fuoco per asciugarla.
“Cascata?”
"Sì, sono stato in quella cascata quando il cagnolino Hero è arrivato vicino all'acqua e mi ha fatto la lingua felice."
"Perché eri alla cascata?" Le strofinai la morbida coperta sulle spalle e sulle braccia, poi la girai verso il fuoco per asciugarle la schiena.
"Mi piace che le acque saltino giù su di me, schizzi via tutte le cose ferite.”
La combinazione di Cian di yanomami e portoghese non era così chiara, ma l’uso dei segni con le mani mi ha aiutato a capire. A volte, i suoi movimenti del corpo mi dicevano tutto quello che avevo bisogno di sapere. Potevo quasi vedere le fresche acque che si riversavano su di lei e lenivano i ricordi dolorosi.
L'ho girata verso di me, le ho avvolto la coperta intorno al corpo e l'ho tenuta stretta. Lei appoggiò la testa contro il mio petto.
"Cian," dissi dopo un momento. Mi guardò. "Quando sei andata a prendere l'acqua prima di cena, hai portato i topi con te.”
Annuì.
"Ma quando sei tornata, il sacco era vuoto."
"Adesso se ne sono andati."
“Dove?”
“Liberati. Corrono sugli alberi, non guardano indietro. "
“Bene.”
"Saxon," disse, prendendo un angolo della coperta per asciugarsi i capelli. "Quante notti e giorni per passare quella grande acqua di cui parla Kaitlin, per andare dalla tua tribù?”
“La mia tribù?”
Annuì.
"Oh", dissi, "il raduno degli zingari". Non sono uno zingaro, almeno non di sangue, ma suppongo che siano vicini alla mia tribù come qualsiasi altra gente. "È un viaggio di oltre quattro settimane da qui.”
“Settimane?”
“Quasi trenta giorni,” dissi.
Lasciò andare la coperta. Mi scivolò dalle mani cadendo a terra. Guardai mia sorella e mia nipote; stavano ancora dormendo.
"Fammi vedere le dita", disse, prendendomi la mano.
Le ho contato le mie dieci dita, poi le sue dieci, poi di nuovo le mie.
“Così..trenta?”
Annuii.
"Parti qui vicino adesso?”
"Sì", dissi, "presto".
"Quel luogo di ritrovo dove vai, è anche la casa di alberi a grappolo come questo?"
"È sui Pirenei, e sì, penso che probabilmente sia nella foresta.”
"Che cosa sono i Pirenei?"
"Molte grandi colline", ho detto e ho usato le mie mani per spiegare.
"Buona caccia lì, probabilmente?”
“Si, forse.”
"Tornerai in Amazzonia qualche volta?"
“Qualche volta,” dissi, “Non lo so.”
Mi guardò per un lungo momento, poi la sua espressione cambiò. Il suo viso aveva ancora quell'aspetto dolce di chi è innamorato e vuole che la persona amata lo sappia. Ma ho anche visto qualcosa che prima non c’ era. Era come se avesse preso una decisione e i suoi occhi assunsero un'espressione determinata.
Prese la gonna calda e se la avvolse intorno, infilando il bordo lungo la vita per tenerlo fermo. Poi ha alzato il mio braccio sinistro, disteso e parallelo al suolo. Si girò verso il fuoco e tornò verso di me. Lasciai cadere la mano per metterla sul suo fianco.
"No", disse, "rimettere mano in aria."
Feci come aveva detto, poi allungò il braccio sinistro fino a farlo corrispondere al mio. Le sue dita arrivavano al mio polso.
"Hmm," disse, "una mano più lungo del mio.”
"Perché mi stai misurando il braccio?"
Mi prese la mano, mettendola in fondo alla schiena. "Cian costruisce per Saxon arco e frecce da portare dietro, così può cacciare in quell'altro posto nella foresta, attraverso grandi acque.”
Forse non sapeva parlare la mia lingua così bene, ma la capivo perfettamente.
* * * * *
Dieci giorni dopo, nel tardo pomeriggio mi trovavo sulla ringhiera di tribordo, fumando la pipa e guardando l'Atlantico. Siamo saliti sulla Borboleta Nova, la Maiden Butterfly, a Rio de Janeiro. Il Butterfly era un antico mercantile di 146 metri battente bandiera portoghese. Mia sorella ed io ci siamo fatti assumere insieme e abbiamo quindi ottenuto il passaggio per Lisbona: io avrei prestato servizio come marinaio e Kaitlin avrebbe lavorato in cambusa con un'altra donna che veniva dall'Egitto. Il suo nome copto era, per noi, impronunciabile, così l'abbiamo chiamata Cleopatra.
Le fatiche di bordo erano adatte a entrambi, ed era adeguato per i nostri portafogli, così come per la nostra anima, lavorare per attraversare l'oceano, proprio come avevamo fatto insieme molte volte in precedenza, sia a est che a ovest.
Era il nostro secondo giorno fuori Rio e il mio turno era appena terminato. Era bello essere di nuovo in mare. Un lungo viaggio sull'oceano lava via la polvere delle preoccupazioni legate alla riva. Le preoccupazioni che stavano consumando tutto solo una settimana prima ora sembravano banali in confronto alla vastità delle acque profonde che mi circondavano.
Fui scosso dalle mie fantasticherie dall’avvicinarsi di qualcuno alle mie spalle, e lo riconobbi dal suono dei passi sul ponte.