PARTE PRIMA-4

2044 Words
Per parte mia, non me ne stavo indietro dagli altri e non lasciavo a chicchessia la mia parte d’osservazioni quotidiane. La fregata avrebbe avuto cento ragioni di chiamarsi l’ Argo. Solo fra tutti, Conseil protestava con la sua indifferenza intorno alla questione che ci appassionava, e stonava con l’entusiasmo generale di bordo. Ho detto che il comandante aveva con gran cura provvisto il naviglio di apparecchi adatti alla pesca del grande cetaceo. Una baleniera non poteva essere armata meglio, poiché noi possedevamo tutti i congegni noti, a cominciare dai ramponi che si lanciano con la mano fino alle frecce dentate delle spingarde, ed alle palle esplodenti delle archibugiere. Sul castello si allungava un cannone perfezionato, caricantesi dalla culatta, con le pareti grossissime e l’anima strettissima, il cui modello deve figurare alla Esposizione Universale del 1867. Il prezioso strumento, d’origine americana, lanciava facilmente un proiettile conico di quattro chilogrammi, ad una distanza media di sedici chilometri. L’ Abraham Lincoln dunque non mancava di mezzi di distruzione, ma aveva di meglio ancora: Ned Land, il re dei fiocinieri. Ned Land era canadese, d’una prontezza di mano poco comune, e non aveva uguali nel suo pericoloso mestiere; abilità e sangue freddo, audacia e furberia, egli possedeva siffatte qualità in maniera straordinaria e bisognava essere una balena assai furba, od un delfino singolarmente astuto per sfuggire al suo rampone. Ned Land aveva all’incirca quarant’anni. Era uomo d’alta statura - oltre sei piedi inglesi - vigorosamente costrutto, d’aspetto grave, poco verboso, talvolta violento, e facile ad adirarsi quando veniva contrastato. L’attenzione era soprattutto trattenuta sulla sua persona in virtù dello sguardo, che dava uno spicco singolare alla sua fisionomia. Io credo che il comandante avesse fatto benissimo ad arruolare questa persona che valeva tutto l’equipaggio per l’acutezza dell’occhio e la forza del braccio. Né saprei paragonarlo meglio che ad un telescopio, il quale fosse insieme un cannone sempre carico. Chi dice Canadese dice Francese. E per quanto Ned Land fosse poco espansivo, debbo confessare ch’egli m’ebbe un poco d’affezione. Certo io devo questo privilegio alla mia nazionalità. Era per lui un’occasione di parlare, e per me d’intendere, la vecchia lingua di Rabelais, tuttavia in uso in alcune province canadesi. La famiglia del fiociniere era originaria di Québec, e formava già una tribù di pescatori nel tempo che questa città apparteneva alla Francia. A poco alla volta Ned Land prese gusto a cianciare ed io amavo udire i racconti delle sue avventure nei mari polari. Egli narrava le sue pesche e i suoi combattimenti con una gran poesia naturale, in forma epica, tanto che mi pareva d’ascoltare qualche Omero canadese, il quale cantasse l’ Iliade delle regioni iperboree. Io dipingo ora l’ardito compagno quale mi apparisce oggi, poiché noi siamo divenuti vecchi amici, uniti da quell’inalterabile affetto che nasce e si cimenta nelle più spaventevoli congiunture. Bravo Ned! Io non domando altro che di vivere cento anni per sovvenirmi più lungamente di te! Ed ora, qual era l’opinione di Ned Land circa la questione del mostro marino? Debbo confessare ch’egli non credeva punto al mostro, e che solo a bordo si scostava dalla convinzione generale, evitando perfino di trattare siffatto argomento intorno al quale l’interrogai di proposito. In una magnifica sera del 30 luglio, vale a dire tre settimane dopo la nostra partenza, la fregata si trovava all’altezza del capo Bianco, a trenta miglia sottovento dalle coste della Patagonia. Avevamo passato il tropico del Capricorno, e lo stretto di Magellano si apriva al sud a meno di settecento miglia; prima dunque che fossero trascorsi otto giorni l’ Abraham Lincoln doveva solcare le acque del Pacifico. Seduti sul cassero, Ned Land ed io cianciavamo senza argomento prefisso, guardando il mare, le cui profondità ci erano ancora nascoste. Trassi naturalmente la conversazione sul liocorno gigantesco, esaminai le diverse probabilità di buono o cattivo successo della nostra spedizione, ma vedendo che Ned mi lasciava parlare senza dir verbo, lo eccitai più direttamente. - Come mai, Ned - gli chiesi - come mai potete voi non essere convinto dell’esistenza del cetaceo che inseguiamo? Avete speciali ragioni per mostrarvi così incredulo? Il fiociniere mi guardò per alcuni momenti prima di rispondere, batté con la mano la larga fronte con un gesto che gli era abituale, chiuse gli occhi per raccogliersi e disse finalmente: - Può essere, signor Aronnax. - Pure, Ned, voi, baleniere di professione, voi che vi siete fatto famigliare coi grandi mammiferi marini, voi a cui l’immaginazione deve far accettare l’ipotesi di grandi cetacei, dovreste essere l’ultimo a dubitare in questa occasione. - Ed è appunto ciò che v’inganna, signor professore. Che il volgo creda a straordinarie comete le quali attraversino lo spazio, ed all’esistenza di mostri antidiluviani si comprende, ma né il geologo, né l’astronomo ammettono tali chimere; così è del baleniere. Io ho inseguito molti cetacei; ne ho preso col rampone ed ammazzati molti; ma, per poderosi e ben armati che fossero, né le loro code, né le loro zanne avrebbero potuto sfondare o intaccare le lastre metalliche d’uno steamer. - Pure, Ned, si narra di bastimenti che il dente del narvalo ha attraversato da parte a parte. - Navi di legno, è possibile - rispose il Canadese -sebbene neppur questo io abbia mai visto; ma, fino a prova contraria nego che balene, o capidogli, o liocorni possano produrre simili effetti. - Ascoltatemi, Ned... - No, signor professore, no, tutto quello che vorrete, questo eccettuato. Chi sa che non sia piuttosto un polipo gigantesco... - Tanto meno, Ned, poiché il polipo è semplicemente un mollusco, e questo stesso nome indica che le sue carni sono poco compatte; avesse anche cinquecento piedi di lunghezza, il polipo, che non appartiene al ramo dei vertebrati, sarebbe del tutto inoffensivo per navi come la Scozia o l’ Abraham Lincoln. Convien dunque porre fra le favole le prodezze dei kraken ed altri mostri di tal specie. - Dunque, signor naturalista - riprese Ned Land con accento furbesco - voi persistete ad ammettere l’esistenza di un enorme cetaceo. - Sì, Ned, lo ripeto con convinzione che riposa sulla logica dei fatti. Io credo all’esistenza di un mammifero poderosamente organizzato, appartenente al ramo dei vertebrati, come le balene, i capidogli e i delfini, e munito di una zanna ricurva, la cui forza di penetrazione è massima. - Uhm! - fece il fiociniere, tentennando il capo con aria d’uomo che non si lascia convincere. - Osservate, mio degno Canadese, che se un tale animale esiste, e se abita le profondità dell’Oceano e frequenta gli strati liquidi sotto la superficie delle acque, possiede un tale organismo la cui solidità non può avere confronti. - E perché un organismo così poderoso? - chiese Ned. - Perché occorre una forza incalcolabile a mantenersi in fondo al mare. - Davvero? - chiese Ned, che mi guardava ammiccando con l’occhio. - Davvero, ed alcuni numeri ve lo proveranno senza fatica. - Oh! i numeri - ribatté Ned - si fa quel che si vuole coi numeri. - Negli affari certo, Ned, ma non in matematica. Ascoltatemi. Mettiamo che la pressione di un’atmosfera sia rappresentata dalla pressione d’una colonna d’acqua di trentadue piedi. In fatto, la colonna d’acqua sarebbe minore, poiché si tratta d’acqua di mare, la cui densità è maggiore di quella dolce. Orbene, quando voi vi tuffate, Ned, altrettante volte ponete trentadue piedi d’acqua sopra di voi, altrettante volte il vostro corpo sopporta una pressione eguale a quella dell’atmosfera, vale a dire un chilogrammo per ogni centimetro quadrato di sua superficie. Avviene da ciò che a trecentoventi piedi questa pressione è di dieci atmosfere; di cento atmosfere a tremila e duecento piedi, e di mille a trentaduemila piedi, ossia a due leghe e mezzo. Ciò è quanto dire che se poteste spingervi così profondamente nell’Oceano, ciascun centimetro quadrato della superficie del vostro corpo subirebbe una pressione di mille chilogrammi. Ora, mio bravo Ned, sapete voi quanti centimetri quadrati avete nella vostra superficie? - Non ne ho un’idea, signor Aronnax. - Circa 17.000. - Bagattelle! - E siccome in realtà la pressione atmosferica ha un peso maggiore d’un chilogrammo per centimetro quadrato, i vostri diciassettemila centimetri quadrati sopportano in questo momento una pressione di 17.568 chilogrammi. - Né io me ne accorgo! - Né voi ve ne accorgete. E se non siete schiacciato da siffatta pressione, gli è perché l’aria penetra nell’interno del vostro corpo con una pressione uguale; donde un equilibrio perfetto fra le spinte interna ed esterna che si elidono e vi permettono di sopportare quel peso senza fatica. Ma nell’acqua è ben altro. - Comprendo - rispose Ned, fatto più attento - perché l’acqua mi circonda e non mi penetra dentro. - Per l’appunto, Ned; così dunque, a trentadue piedi sotto la superficie del mare, voi subireste una pressione di 17.568 chilogrammi; a trecentoventi piedi, dieci volte questa pressione, ossia 175.680 chilogrammi; a tremiladuecento piedi, cento volte tale pressione, ossia un 1.756.800 chilogrammi; a trentaduemila piedi, infine, mille volte questa pressione, ossia 17.568.000 chilogrammi, vale a dire che voi sareste schiacciato come se foste posto in un torchio idraulico! - Diamine! - Ebbene, mio degno fiociniere, se vertebrati lunghi parecchie centinaia di metri, e grossi in proporzione, scendono a tale profondità, essi, che hanno una superficie di milioni di centimetri quadrati, devono sopportare una pressione che non si può calcolare che a miliardi di chilogrammi. Pensate ora quale debba essere la grandezza della loro ossatura e la potenza del loro organismo per resistere a tanto. - Conviene - rispose Ned Land - che siano fabbricati di lastre metalliche di otto pollici, come le navi corazzate. - Proprio così, Ned; immaginatevi dunque i disastri che possono cagionare simili masse, spinte con la velocità d’un vapore contro una nave. - Sì... infatti... può essere - rispose il Canadese, scosso nella sua convinzione da questi numeri, ma non volendo arrendersi tuttavia. - Ebbene, siete voi convinto? - D’una cosa, signor naturalista, ed è che se siffatti animali esistono in fondo al mare, conviene necessariamente che siano forti come voi dite. - Ma se non esistono, ostinato che siete, come spiegate voi l’accidente toccato alla Scozia? - Gli è forse... - disse Ned esitando. - Dite pure. - Perché... non è vero - rispose il Canadese, ripetendo senza saperlo una celebre risposta di Arago. Ma siffatta risposta provava solo l’ostinazione del fiociniere e null’altro. In quel giorno io non lo seccai più oltre. L’accidente della Scozia non si poteva porre in dubbio: il buco esisteva, tanto che era stato necessario l’otturarlo, ed io non credo che l’esistenza di un buco possa dimostrarsi meglio di così. Ora, questo buco non s’era fatto di per sé, e poiché non era stato prodotto da scogli o da congegni sottomarini, di necessità si doveva accagionarne l’arma tagliente di un animale. Ora, a parer mio, e per le ragioni già accennate, quell’animale apparteneva al ramo dei vertebrati, alla classe dei mammiferi, al gruppo dei pisciformi, e finalmente all’ordine dei cetacei. Quanto alla famiglia, balena, capidoglio o delfino, quanto al genere di cui faceva parte, od alla specie in cui bisognava classificarlo, era questione da porre in chiaro più tardi: ché prima bisognava anatomizzare il mostro sconosciuto, e per anatomizzarlo, prenderlo, e per prenderlo lanciargli il rampone - il che era ufficio di Ned Land - per lanciargli il rampone, vederlo - il che spettava agli uomini d’equipaggio - e per vederlo, incontrarlo - e ciò spettava al caso. Alla venturaIl viaggio dell’ Abraham Lincoln per qualche tempo non fu segnalato da incidenti di sorta. Pure avvenne cosa che pose in mostra la meravigliosa abilità di Ned Land, e provò quale confidenza si dovesse avere in lui. Poco lungi dalle Maluine, il 30 giugno, la fregata comunicò con alcuni balenieri americani, i quali ci dissero di non essersi punto incontrati col narvalo. Ma uno d’essi, il capitano del Monroe, sapendo come Ned Land si trovasse a bordo dell’ Abraham Lincoln, chiese il suo aiuto per dare la caccia ad una balena che era in vista. Il comandante Farragut, desideroso di vedere all’opera Ned Land, acconsentì che si recasse a bordo del Monroe, e la sorte servì così bene al nostro Canadese, che invece d’una balena, egli lanciò il rampone a due, con un colpo doppio, ferendo l’una nel mezzo del cuore, ed impadronendosi dell’altra, dopo averla inseguita per pochi minuti.
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