Tre ore prima che l’ Abraham Lincoln lasciasse Brooklyn ricevetti una lettera così concepita:
«Al signor Aronnax, professore al Museo di Parigi, Fifth Avenue Hotel, Nuova York.
Signore,
Se volete unirvi alla spedizione dell’Abraham Lincoln, il Governo dell’Unione vedrà con piacere che la Francia sia da voi rappresentata in questa intrapresa. Il comandante Farragut ha una cabina a vostra disposizione.
Cordialissimamente il vostro J. B. Hobson. Segretario della Marina».
Come piacerà al signoreTre secondi innanzi che mi giungesse la lettera di J. B. Hobson, io non pensavo ad inseguire il liocorno, più che a tentare il passaggio del nord-ovest, e tre secondi dopo aver letto la lettera dell’onorevole segretario della marina, io comprendevo alla fine che la mia vera vocazione, l’unico intento della mia vita era di dare la caccia al mostro inquietante e di liberarne il mondo.
Nondimeno io ritornavo da un penoso viaggio, affaticato ed avido di riposo, non ad altro aspirando che a rivedere il mio paese, i miei amici, casa e collezioni, ed accettai, senza più oltre riflettere, l’offerta del Governo americano.
- E poi - pensai - tutte le strade conducono in Europa, ed il liocorno sarà così amabile da condurmi verso la Francia! Questo degno animale si lascerà cogliere nei mari d’Europa, sol per farmi piacere, ed io non voglio portarmi meno di mezzo metro della sua alabarda d’avorio al Museo di Storia Naturale.
Ma frattanto mi conveniva cercare il narvalo nel nord dell’Oceano Pacifico; il che è quanto dire che per ritornare in Francia pigliavo la via degli Antipodi.
- Conseil! - gridai con voce impaziente.
Conseil era il mio servitore, un giovinotto affezionato che mi accompagnava in tutti i miei viaggi, un bravo fiammingo che mi voleva bene, ed a cui ne volevo; un essere flemmatico per natura, regolare per principio, zelante per abitudine, non facile a meravigliarsi degli accidenti della vita, abilissimo ed acconcio ad ogni servizio, ed a dispetto del suo nome, non prodigo di consigli, nemmeno quando gliene si chiedeva uno.
Avendo avuto a fare con gli scienziati del nostro piccolo Giardino delle Piante, Conseil era riuscito ad apprendere qualche cosa. Io avevo in lui uno specialista assai versato sulle classificazioni di storia naturale, il quale percorreva con l’agilità d’un acrobata tutta la scala dei rami dei gruppi, delle classi, delle sottoclassi, degli ordini, delle famiglie, dei generi e sottogeneri, delle specie e delle varietà.
Ma tutta la sua scienza finiva lì.
Classificare era la sua vita, e non sapeva altro. Approfondito nella teorica della classificazione, poco nella pratica, egli non avrebbe distinto, io credo, un capidoglio da una balena; e pure che bravo e degno giovinotto!
Conseil da dieci anni mi seguiva dappertutto dove mi guidava la scienza, senza che mai si lamentasse della lunghezza o della fatica di un viaggio. Egli faceva le sue valigie per un paese qualunque. Cina o Congo, per quanto lontano fosse, senza dir verbo. Andava qui o là e non domandava altro.
D’altra parte egli aveva una salute che sfidava tutte le malattie, muscoli solidissimi e niente affatto nervi, nemmeno l’apparenza di nervi - nel morale s’intende.
Questo giovinotto aveva trent’anni, e la sua età stava a quella del suo padrone, come quindici sta a venti. - Mi si consenta di dir così, che io avevo quarant’anni.
Se non che il Conseil aveva un difetto; ostinato formalista, non mi parlava mai che in terza persona, al punto d’essere fastidioso.
- Conseil! - ripetevo io, cominciando con mano febbrile i miei preparativi di partenza.
Certo io ero sicuro di quel giovane affezionato. E di solito non gli domandavo mai se gli talentasse o no di seguirmi nei miei viaggi; ma questa volta si trattava di una spedizione che poteva prolungarsi all’infinito, d’un’intrapresa arrischiata nell’inseguire un animale capace di colare a fondo una fregata come un guscio di noce. Vi era in ciò tanto da dar da pensare all’uomo più impassibile del mondo! Che stava per dire Conseil?
- Conseil! - gridai una terza volta.
Conseil apparve.
- Il signore mi chiama? - disse egli entrando.
- Sì, giovanotto mio. Preparami e preparati, poiché noi partiamo fra due ore.
- Come piacerà al signore - rispose tranquillamente Conseil.
- Non v’è un istante da perdere. Chiudi nella mia valigia tutti i miei utensili di viaggio, abiti, camicie, calze, senza contare, anzi più che potrai, ed affretta.
- E le collezioni del signore? - osservò Conseil.
- Ce ne occuperemo più tardi.
- Come! gli archiotherium, gli hyracotherium, gli oreodons, gli icheropotamus e gli altri scheletri del signore!
- Saran conservati nell’albergo.
- E il babirussa vivente del signore?
- Sarà nutrito durante la nostra assenza, e poi io darò ordine che venga spedito in Francia il nostro serraglio.
- Ritorneremo dunque a Parigi? - chiese Conseil.
- Sì, certamente - risposi evasivamente - ma facendo un giro.
- Il giro che piacerà al signore.
- Oh! sarà poca cosa! una via un po’ meno diretta; ecco tutto: noi ci imbarchiamo sull’ Abraham Lincoln.
- Come piacerà al signore - rispose tranquillamente Conseil.
- Tu sai, amico mio, si tratta del mostro... del famoso narvalo... noi andiamo a liberare i mari!... L’autore di un’opera in-4 in due volumi sui Misteri dei grandi abissi sottomarini non può far a meno d’imbarcarsi col comandante Farragut. È una missione gloriosa, ma anche pericolosa. Non si sa dove si vada, e quegli animali sono capricciosissimi, ma noi andremo ad ogni costo! Abbiamo un comandante che non ha paura.
- Come farà il signore, così farò.
- E pensaci bene, poiché non voglio nulla nasconderti; è questo un viaggio da cui non sempre si ritorna.
- Come piacerà al signore.
Un quarto d’ora dopo, le nostre valige erano pronte. Conseil aveva fatto in un attimo, ed io ero sicuro che nulla mancava, perché il giovanotto classificava gli abiti e le camicie come i mammiferi e gli uccelli.
La botola dell’albergo ci depose nel gran vestibolo del mezzanino; io scesi i pochi gradini che conducevano al pian terreno, saldai il conto nel vasto ufficio sempre invaso da gran folla, diedi ordine di spedire a Parigi (Francia) i miei pacchi di animali e di piante disseccate, feci aprire un credito sufficiente al babirussa, e salii in carrozza seguìto da Conseil.
Il veicolo, pagato a 20 franchi la corsa, scese a Broadway fino a Union-Square, seguì Fourth Avenue fino alla sua congiunzione con Bowery-Street, prese Katrin-Street e s’arrestò alla trentaquattresima pier [3]; quivi il Katrin-ferry-boat ci trasportò, uomini, cavalli e carrozze, a Brooklyn, il grande sobborgo di Nuova York, posto sulla riva sinistra del fiume Est, ed in pochi minuti arrivammo alla spiaggia presso la quale l’ Abraham Lincoln vomitava dai suoi fumaioli torrenti di fumo nero.
I nostri bagagli furono immediatamente trasportati sul ponte della fregata; io mi precipitai a bordo e domandai del capitano Farragut. Uno dei marinai mi condusse sul cassero, ove mi trovai innanzi ad un ufficiale di bell’aspetto, il quale mi porse la mano.
- Il signor Pietro Aronnax? - mi disse egli.
- Appunto - risposi. - Il comandante Farragut?
- In persona; siate il benvenuto, signor professore; la vostra cabina è pronta.
Salutai e, lasciando il comandante alle cure della partenza, mi feci condurre alla cabina che mi era destinata.
L’ Abraham Lincoln era stato perfettamente scelto e preparato pel suo nuovo ufficio.
Era una fregata di gran corso, munita di apparecchi riscaldatori supplementari che permettevano di portare a sette atmosfere la pressione del vapore. Senza questa pressione l’ Abraham Lincoln aveva una velocità media di diciotto miglia e tre decimi all’ora, velocità considerevole, ma tuttavia insufficiente a lottare col grande cetaceo.
Le condizioni interne rispondevano alle sue qualità nautiche, ed io fui soddisfattissimo della mia cabina, posta a poppa che si apriva sullo scompartimento degli ufficiali.
- Qui staremo bene - dissi a Conseil.
- Così bene, se non spiace al signore - rispose Conseil - come un Bernardo l’Eremita [4] nel guscio d’una buccina.
Io lasciai che Conseil collocasse convenientemente le nostre valige, e risalii sul ponte per assistere ai preparativi della partenza.
In quel mentre il capitano Farragut faceva allentare le ultime gomene che trattenevano l’ Abraham Lincoln sulla spiaggia di Brooklyn; e però, se io avessi tardato un quarto d’ora, ed anche meno, la fregata sarebbe partita senza di me, e non avrei potuto fare la spedizione straordinaria, soprannaturale, inverosimile, di cui il veridico racconto potrà tuttavia trovare increduli.
Ma il comandante Farragut non voleva perdere né un giorno, né un’ora per spiegare le vele verso i mari nei quali l’animale era stato segnalato.
Egli fece venire il fuochista: - La pressione è sufficiente? - chiese.
- Sì, signore.
- Go head - gridò il comandante Farragut.
A quest’ordine, che fu trasmesso alla macchina per mezzo di apparecchi ad aria compressa, i macchinisti fecero muovere la ruota d’avviamento; il vapore fischiò, precipitandosi nei tubi semiaperti; i lunghi stantuffi orizzontali gemettero, i remi dell’elica batterono i flutti con rapidità crescente, e l’ Abraham Lincoln passò maestosamente in mezzo a due centinaia di ferry-boats e di tenders [5] carichi di spettatori che gli facevano corteo.
Le spiagge di Brooklyn, e tutta la parte di Nuova York che costeggia la riviera dell’Est, erano gremite di curiosi. Tre evviva che partirono da cinquecentomila petti, scoppiarono successivamente, migliaia di fazzoletti sventolarono al di sopra della massa compatta per salutare l’ Abraham Lincoln fino al suo arrivo nelle acque dell’Hudson, alla punta della penisola allungata che forma la città di Nuova York.
Allora la fregata, seguendo dal lato di New-Jersey l’incantevole riva destra del fiume sparsa di ville, passò fra i forti che la salutarono a colpi di cannone. L’ Abraham Lincoln rispose ammainando ed issando tre volte la bandiera americana, le cui trentanove stelle splendevano al sommo del pennone di mezzana; poi, modificando la sua corsa per prendere il canale che s’incurva nella baia aperta formata nella punta di Sandy-Hook, rasentò la lingua sabbiosa dove alcune migliaia di spettatori l’acclamarono ancora una volta.
Il corteo dei boats e dei tenders seguiva sempre la fregata, e non la lasciò se non quando fu giunta presso il light-boat, i cui due fuochi segnano l’ingresso dei passi di Nuova York.
Suonavano allora le tre. Il pilota scese nel suo canotto, e raggiunse la piccola goletta che l’aspettava sottovento.
I fuochi furono attivati, l’elica batté più rapida i flutti, la fregata rasentò la costa bassa e gialliccia del Long-Island ed alle otto di sera, dopo aver perduto di vista nel nord-ovest i fuochi del Fire-Island, corse a tutto vapore sulle tenebrose acque dell’Atlantico.
Ned LandIl capitano Farragut era un buon marinaio, degno della fregata che comandava. Egli faceva una sola persona con la sua nave, di cui era l’anima. Circa la questione del cetaceo, nel suo spirito non sorgeva dubbio di sorta, e non permetteva nemmeno che l’esistenza dell’animale fosse discussa a bordo.
Vi credeva alla maniera con cui certe donnicciole credono al Leviathan: per fede, non per ragionamento. Il mostro esisteva, ed egli ne libererebbe i mari; l’aveva giurato. Era una specie di cavaliere di Rodi, un Dieudonné de Gozon, il quale movesse incontro al serpente che desolava la sua isola.
ll comandante Farragut avrebbe ucciso il narvalo, o il narvalo avrebbe ucciso Farragut; non c’era via di mezzo. Gli ufficiali erano dell’avviso del loro capo, e bisognava intenderli cianciare, discutere, disputare, calcolare le diverse probabilità dello scontro, e spinger l’occhio per l’ampia distesa dell’Oceano. Taluno s’imponeva una guardia volontaria nelle crocette dell’albero di pappafico, mentre, in altra occasione, avrebbe maledetto quel servizio.
Fino a tanto che il Sole descriveva il suo arco diurno, l’alberatura era popolata di marinai irrequieti, ai quali le tavole del ponte bruciavano i piedi.
E tuttavia l’ Abraham Lincoln non fendeva ancora con la ruota di prua le acque sospette del Pacifico.
Quanto agli uomini d’equipaggio, essi non domandavano di meglio che d’incontrare il liocorno, afferrarlo coi ramponi, issarlo a bordo e tagliarlo a pezzi. Intanto guardavano il mare con scrupolosa attenzione.
D’altra parte il comandante Farragut parlava di una certa somma di duemila dollari, destinata a chiunque, mozzo o marinaio, mastro o ufficiale, avesse per il primo visto l’animale. Si pensi come le pupille s’aguzzassero a bordo dell’ Abraham Lincoln.