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Mi piaci così come sei
di
Daniela Perelli
Questa è un'opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti, luoghi o persone è puramente casuale.
È vietata la riproduzione completa o parziale dell’opera ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile (Legge 633/1941)
Sinossi: Come può una giovane donna di ventisette anni riaccendere l’eros tra lei e il suo fidanzato storico? Ma regalandogli un calendario con se stessa come soggetto che rappresenta, in pose succinte e piccanti movenze, tutti i mesi dell’anno!
Cosa può esserci di più romantico e sexy? Nulla, ovviamente, a meno che… A meno che lo storico fidanzato non rida di gusto nello sfogliarlo, il calendario, per via di quelle curve abbondanti strizzate da quegli abiti succinti e poco adatti al suo corpo. Proprio ciò che accade a Stella: il suo Alessio, l’amore della sua vita, non apprezza quel pensiero, proprio per niente. Così, crollando nuovamente insieme a quel muro di forza e coraggio che si era costruita nel tempo, si ritrova sola con se stessa. E come se non bastasse, le sue insicurezze vengono accentuate ancor di più a causa dell’umiliazione subita da due non proprio simpatiche e gentili commesse, all’interno del negozio d’abbigliamento dei suoi sogni. Certo è che non tutti i mali vengono per nuocere. Proprio lì, in quello stesso negozio e nello stesso momento, si imbatte in Romeo, ragazzo bellissimo e solare che va in suo soccorso spiazzandola con il suo modo di fare senza freni e con il suo modo di parlare molto, molto colorito, completamente ignara di chi sia lui veramente…
Una storia d’amore emozionale, ironica e pungente che vuol dimostrare come la sensualità non sempre va di pari passo con la perfezione.
La Bellezza è una forma del Genio, anzi, è più alta del Genio perché non necessita di spiegazioni. Essa è uno dei grandi fatti del mondo, come la luce solare, la primavera, il riflesso nell’acqua scura di quella conchiglia d’argento che chiamiamo luna.
(Oscar Wilde)
Capitolo uno
Paese di Bibbona e dintorni ai giorni nostri,
Febbraio 2017
Stella ripensò al momento in cui Alessio aveva cominciato a sfogliare il calendario. Era sicura che potesse essere un regalo di compleanno perfetto che avrebbe riacceso tra loro quella fiamma, quell’eros che da tempo si era un po’ spento.
Non che avessero mai fatto scintille a letto. Oddio, non si voleva lamentare di certo, ma, come dire… Alessio non l’aveva mai fatta sentire davvero speciale. Davvero donna. Nonostante le sue continue dimostrazioni di desiderio nei suoi confronti.
Sapeva di non essere perfetta, di essere in verità piuttosto abbondante , tutta curve, forse troppe, ma quando si erano conosciuti, alla seconda liceo, lui l’aveva invitata a uscire e poi, un appuntamento dopo l’altro, si erano messi insieme.
“Hai un viso così bello!”, le diceva spesso.
Stella capiva benissimo il concetto, spesse volte le persone le dicevano lo stesso, aggiungendo il fatto che se fosse stata un po’ più magra… Alessio invece si era sempre limitato a commentare il viso, senza aggiungere quel commento a seguire, anche se il discorso non cambiava di molto, insomma. Stella ben comprendeva, ma apparentemente ignorava.
In fondo, Alessio era un ragazzo carino, ma come tutti aveva anche lui i suoi difetti. Non era perfetto, ecco! Le orecchie a sventola, per esempio, eppure Stella mai una volta si era permessa di farglielo notare, per di più le trovava giuste per il suo viso delicato. Pensava le portasse davvero bene.
Gli davano quel certo non so che. Comunque, cosa si stava dicendo? Ah, sì, il calendario.
Stella si era fatta coraggio, aveva preso appuntamento con una fotografa per dodici scatti, proprio quanti erano i mesi dell’anno: ogni foto mostrava quel qualcosa di erotico e al tempo stesso spiritoso. Un connubio perfetto.
Tanto per fare un esempio: nel mese di gennaio le sue abbondanti grazie erano coperte solo da batuffoli di cotone che con i giochi di luce creati ad arte sembravano neve. Era nuda, per il resto, proprio come lo erano Adamo ed Eva coperti solo da foglie di fico. Potrete quindi immaginare gli altri mesi, soprattutto quelli caldi. Se era già piuttosto nuda in gennaio figurarsi ad agosto dove solo le sue mani e un braccio fungevano da copri grazie.
Era stata truccata, lucidata, unta e bisunta e nel rivedersi negli scatti aveva dovuto ammettere con se stessa che non era male proprio per niente. Per di più la fotografa le aveva elargito un sacco di complimenti.
In quelle due ore si era sentita davvero bella e davvero speciale, come non mai. Il calendario fu pronto dopo solo una settimana, per di più a un ottimo prezzo precedentemente pattuito! Quando quel pomeriggio andò a ritirarlo, e lo vide, rimase a dir poco estasiata dalle luci che la fotografa aveva usato. Dalle pose che, vedendole, la facevano sembrare sì sinuosa, ma mettendo in risalto i pregi del suo corpo abbondante.
Non poteva aspettare e così decise di andare proprio quel giorno a casa di Alessio per dargli il suo dono. Lo aveva anche fasciato con carta profumata e legato con un bel fiocco rosso passione.
«Cos’hai lì?» le aveva domandato curioso.
«Un pensiero per te, mi andava di farti un regalo diverso e l’ho fatto.» Gli aveva porto il pacchetto. Alessio si era sistemato gli occhiali da vista che usava per lavorare al computer, lo aveva afferrato cominciando a sfasciarlo.
«Vediamo un po’ cosa c’è qui dentro…» Quando fu aperto per poi sfogliarlo, subito incredulo, e poi… e poi… Aveva riso, sì! No, non avete capito male! Lui aveva riso.
Il cuore di Stella si frantumò in mille pezzi.
«Amore, grazie, è un pensiero carino. Sei, come dire, buffa in queste pose da top model che poco ti si addicono. Sei carina, è! Sia chiaro, ma, insomma… non possiedi proprio il fisico di una modella. Un viso bellissimo, solo…» Ed ecco che ricominciava con la storia del viso. Ma questa volta era ben evidente che volesse aggiungere anche il commento successivo… E no, Stella non glielo aveva permesso! No, non poteva sopportarlo in quel momento. Non dopo il regalo che per lei significava tutto. Che per lei significava una battaglia contro le sue insicurezze.
Con gli occhi colmi di lacrime, aveva strappato il calendario dalle mani di Alessio, per riporlo nella sua capiente borsa e scappare via, lasciandolo lì come un ebete.
Era tornata a casa sua, adesso: una piccola ma deliziosa mansarda di una vecchia palazzina nel paese di Bibbona, una piccola località non molto distante dal mare della Toscana. Il suo rifugio. Spense il telefono che aveva già il display lampeggiante a causa di tutte le telefonate perse di Alessio, fece un bagno caldo, lavò via tutte le lacrime e pensò solo al giorno seguente. Al ricominciare una nuova giornata.
***
Il giorno dopo, un mercoledì come tanti, Stella aveva la mattinata libera prima di cominciare il suo turno al panificio sotto casa, dove già lavorava da tempo. Si alzò dal letto ancora frastornata dalle brutte emozioni provate con Alessio. Pensava di aver fatto qualcosa di speciale, pensava addirittura che, una volta sfogliato quel maledetto calendario che adesso tanto odiava, l’avrebbe abbracciata. L’avrebbe baciata appassionatamente e fatta sua, proprio lì, nell’ingresso, in piedi, contro il muro… Povera illusa, si sentiva davvero una sciocca.
Cercò di cacciare indietro quei pensieri e si preparò per uscire. Aveva bisogno di distrarsi un po’ e camminare le avrebbe fatto bene. Amava fare lunghe passeggiate, specialmente nelle giornate ancora frizzanti di fine inverno, quando l’aria fresca era perfetta insieme al sole caldo che illuminava il viso. La rilassavano, la portavano in una dimensione tutta sua. Un luogo dove sentirsi in pace con se stessa.
Prese le chiavi della macchina, la borsa che ancora conteneva il calendario, e uscì di casa. Salì nella macchina che era posteggiata proprio nel piazzale di fronte al portone dall’altra parte della via, e partì destinazione Marina di Bibbona. Non accese il cellulare, non voleva sapere o vedere cosa Alessio aveva scritto nei messaggi che aveva inviato dopo il misfatto, alternati alle continue telefonate.
Quando arrivò a destinazione, parcheggiò proprio di fronte al supermercato, situato di fronte a un grosso parcheggio pubblico. Si incamminò per la via che quella mattina era piuttosto trafficata ma non per i turisti, come invece accadeva in estate, ma per gli abitanti del luogo che si apprestavano ad andare al lavoro.
Passò anche di fronte al portone della palazzina dove viveva sua madre Agnese: una vedova pimpante e sempre tirata a lucido che, tanto per farvi capire, come Alessio non faceva altro che dirle hai un viso così bello… Eh sì, ci si metteva anche lei, ma associava il fatto che se fosse ingrassata ancora poi, sì, insomma, la salute… La metteva su quel piano. Il fatto era che Stella scoppiava di salute e non le piaceva che per un po’ di abbondanza la si volesse far passare per malata. Sospirò quindi, quando il suo dito indice puntato sul pulsante del citofono, fece dietro front come se vivesse di vita propria. No, non sarebbe passata a salutarla. Proseguì fino a trovarsi proprio di fronte alla vetrina di uno dei suoi negozi di abbigliamento preferiti. Il suo sogno di negozio. Era davvero fantastico. Quante volte, da quando un anno prima aveva aperto, avrebbe voluto entrarci. Ma non l’aveva mai fatto. Perché avrebbe dovuto proprio in quel momento? Dopo diversi attimi di tentennamento, si decise: entrò. Avrebbe dato solo un’occhiata e poi nel caso, se avesse trovato qualcosa di carino, l’avrebbe comprato. Niente era meglio di un po’ di shopping per tirarsi un po’ su, no?
Peccato che una volta entrata e subito dopo aver posato gli occhi su una fila di maglie carine e luminose, appese in maniera perfetta alle grucce, la commessa dalla voce non proprio simpatica e spuntata improvvisamente dal retrobottega, le si avvicinò con quel tono che già conosceva, purtroppo.
«Posso aiutarla?» domandò con voce squillante e alquanto inquietante.
Stella per educazione ovviamente la guardò in viso, anche se avrebbe preferito farle una inaspettata mossa di judo e magari stordirla. Per di più le sorrise, sorrise alla figura filiforme di fronte a lei e con il collo lungo come quello di una giraffa.
«Buongiorno, sì, grazie, volevo provare una di queste magliette. Stavo giusto cercando la mia taglia» disse imbarazzata, Stella. La commessa alzò gli occhi in un’espressione buffa e del tutto innaturale per via delle sopracciglia tatuate.
«Le taglie di queste magliette arrivano solo fino alla large, e per di più vestono poco. Diciamo che una M in realtà è una S, e una L in realtà una M» rispose scocciata.
Stella ovviamente non poté non pensare che se davvero fosse stato come la commessa diceva, perché diamine assegnare alle magliette taglie non precise? Tenne il suo commento per sé con la voglia di passare da una mossa di judo a una mossa tipica di un lottatore di Sumo. In fondo per quella commessa Stella ne avrebbe avuto la stazza.
«Oh, allora guarderò altro, grazie» continuò in maniera diplomatica. E come se non bastasse arrivò anche la commessa numero due: sembravano due gemelle siamesi!
Stella cercò di essere indifferente, si avvicinò ad altri capi, per fortuna non vi era nessuno in quel momento. Si vergognava purtroppo e si sentiva un po’ sciocca. Perché ci stava così male? Perché non riusciva a reagire? Alzò lo sguardo per osservarsi allo specchio che sembrava quasi prendersi gioco di lei per il modo in cui era posizionato: proprio di fianco a un abitino da sogno che mai e poi mai le sarebbe entrato. Ma non era un problema, no? Non esisteva solo quel vestito, quel modello, non aveva senso starci così male! Perché ogni qual volta che si sentiva bella c’era sempre qualcuno che voleva farle credere il contrario? Era formosa, e allora? Dove stava il problema?
Sospirò sentendosi addosso gli occhi di quelle due commesse che ridacchiavano pensando che lei non potesse sentirle, o forse lo sapevano e a loro non importava. Eppure erano lì, per nulla meritevoli di quel lavoro. Perché ogni donna che entrava lì, avrebbero dovuto farla sentire speciale anche se non era come loro.