Capitolo 1
Il Lupo era fermo al centro del sentiero nel bosco, quasi come se stesse aspettando me. All’inizio non avevo visto la creatura enorme, inghiottita dalle ombre, con il pelo così scuro da sembrare blu. Ma una volta notato, mi ero ritrovata a restare congelata sul posto, con il cesto stretto in mano di fronte a me come se potesse aiutarmi in qualche modo. Avrei potuto gettare tutto via e correre, ma se una bestia di questa grandezza mi aveva presa come obiettivo, ero spacciata.
Dopo una lunga, insaziabile occhiata verso di me, la bestia andò via, ed io mi ritrovai a sospirare di sollievo.
Se fossi stata almeno un po’ saggia, sarei tornata al mercato e avrei chiesto a uno degli abitanti del villaggio di venire con me per i boschi. Ogni singolo ragazzo del villaggio sarebbe stato contento di accompagnarmi a casa—i miei lunghi capelli dorati come il miele li richiamavano come il nettare chiamava le api—ma io avevo sempre preferito percorrere la mia strada da sola. Le mie sorelle ed io vivevamo alla fine del villaggio, ed io sarei riuscita a trovare casa mia prima che si facesse buio se non avessi incontrato nessun altro Lupo per strada.
Un rumore tra i cespugli mi fece capire che c’era più di un cacciatore tra i boschi, in attesa del crepuscolo per catturare la preda, perché era più semplice. Affrettai il passo e chiamai mia sorella Muriel ad alta voce mentre mi avvicinavo alla nostra capanna.
Lei mi venne incontro sull’uscio di casa.
«Tutto bene al mercato?»
Slegai tutto ciò che avevo addosso e le diedi ciò che avevo preso. «Abbastanza bene da permettermi di comprare la carne.»
«Oh Sabine, non dirmelo», disse Muriel. «Ne abbiamo già abbastanza dall’offertorio di questo mese.»
Sbuffai, abbassandomi per entrare nella nostra capanna. Non avevo comprato la carne, anche se volevo, perché non ce n’era bisogno: i regali che ci venivano lasciati ogni mese di fronte la porta di casa da quando Brenna era sparita erano abbastanza.
«Quanto ne abbiamo ancora?» chiesi, aspettando vicino la porta per far abituare i miei occhi al posto buio e pieno di fumo. Muriel si spostò vicino al fuoco, a sistemare i cesti e ad appendere le varie erbe che avevo preso e quelle che erano rimaste.
«Un canestrello intero. Era cervo, questa volta.» Alcuni mesi la carne era di vitello, alcune volte di coniglio. Variava continuamente, ma ciò che restava sempre lo stesso era la sua capacità di saziarci per giorni, ancora di più se la facevamo essiccare. «Non capisco perché non ti piaccia.»
«Sono contenta di ricevere questi regali!», dissi, ma la bugia aveva un sapore fin troppo amaro nella mia bocca. C’era un tempo in cui credevo che la sparizione di Brenna avesse a che fare con l’arrivo costante di quei regali. Ero rimasta sveglia tutta la notte, una volta, per provare ad acciuffare chiunque fosse a lasciarli. Ma alla fine mi ero addormentata, e poco prima dell’alba mi ero svegliata a causa del suono di un ramoscello spezzato. E lì, sul terreno, così vicino ai miei piedi che potevo toccarlo, c’era la carcassa di un cinghiale. Il cacciatore l’aveva lasciata lì mentre dormivo, ed io non avevo sentito nulla. Era servita la forza di tutt’e tre per portare la bestia dentro casa e vicina al fuoco, e la tagliammo e cucinammo per settimane. Non aspettai mai più chiunque fosse il cacciatore a lasciare cibo di fronte casa nostra, dopo quella volta.
La voce di Muriel mi tirò fuori dai miei stessi pensieri. «Non devi mangiarla, sai. Fleur ed io mangeremo ciò che ci spetta, e daremo il resto a qualcun altro.»
«Fleur non dovrebbe mangiare la carne, se sta ancora male. Solo brodo, e un po’ di avena magari.» Più giovane di Muriel di qualche minuto, la sorella gemella era cagionevole di salute e stava male molto spesso. Quella sera era chiusa sotto una pila di coperte, quelle che costituivano il nostro letto all’angolo della capanna.
Misi via le erbe mentre Muriel mi tempestava di altre domande. «Chi c’era al mercato? Il prete ti ha dato di nuovo fastidio?»
«Non è successo niente di fuori dall’ordinario. Ho solo visto un Lupo nero nel sentiero verso casa.»
«È un brutto segno.»
Io scrollai le spalle. «Nessun animale è davvero cattivo. E i Lupi a volte portano cose buone.»
«Perché non hai chiesto a qualcuno al villaggio di riportarti a casa? Sai che avresti potuto avere accanto a te chiunque ti andasse.»
Le rifilai un’occhiata piccata. Muriel, la gemella più grande, sembrava conoscere fin troppe cose per avere solo sedici anni.
«Gli uomini del villaggio sono stupidi.»
«E allora come farai a sposarne uno?»
«Non lo farò, infatti. Non mi sposerò mai. Amare è da stupidi. Indebolisce i pensieri e il cuore.»
«E noi, invece? Io voglio innamorarmi» disse Fleur, con voce debole.
Forzai un sorriso per le mie sorelle. «E lo farai. Lo farete. Tu e Muriel troverete il vostro vero amore; me ne occuperò personalmente.» Mi assicurai di far uscire il mio tono forte e basso, magico come stessi raccontando una fiaba di quelle che avevo raccontato loro così tante volte quando erano piccole. «Uomini forti che costruiranno le vostre case da alberi giganti dentro la foresta. Faranno il vostro letto con il legno di un albero e ogni singolo figlio che avrete vivrà.»
«E tu non ne vuoi uno? Un uomo?»
Mi morsi la lingua per non far uscire fuori i miei veri pensieri. Gli uomini erano stupidi, costituivano soltanto un problema ed io non avevo il tempo di occuparmene. La maggior parte del tempo si comportavano come bambini, e l’altra metà si comportavano da bruti. Avevo visto mia madre innamorarsi di uno che si passava il tempo a picchiarla e a provare a stuprare mia sorella, che sopportava sempre in silenzio per proteggerci. Lo aveva fatto fino a quando non era scomparsa. Il mio patrigno era stato fatto letteralmente a pezzi da una Bestia poco dopo la sparizione di Brenna. Io avevo riso quando avevano trovato il suo corpo.
«Un uomo? Non potrei mai sentirmi soddisfatta. Magari due, se sono intelligenti e bellissimi.»
«Due uomini? Allo stesso tempo?» chiese Fleur, arricciando il naso.
«Perché no?», scherzai. «Posso mandarli fuori insieme, a cacciare e a lamentarsi e a ruttare. Li farò pregare di poter rientrare in casa.»
Fleur rise, ma Muriel restò in silenzio. Quando mi avvicinai al fuoco, lei mi prese in disparte e parlò a bassa voce. «Mancano poche notti alla Luna piena. Andrai nel bosco?»
«Forse.»
Mia sorella trattenne il respiro. «Stai attenta, ti prego.»
Invece di rispondere mi liberai da lei e controllai la carne non voluta. Era arrivata di fronte casa nostra subito dopo essere stata uccisa, piena di sangue. Muriel l’aveva arrostita con del vino e delle spezie, e il solo odore mi faceva venire l’acquolina in bocca. Accigliata, ne tagliai un pezzo per accompagnare il mio brodo.
All’inizio avevo rifiutato la carne, come se rifiutare quei regali avrebbe potuto riportare mia sorella da me. Mia madre mi aveva chiamata stupida.
«Tua sorella Brenna è morta», mi aveva detto. «Hai due sorelle più piccole di te di cui doverti occupare. Qualsiasi sia il motivo per cui ci arriva questo cibo, dobbiamo ringraziare gli Dei.»
Io avevo aspettato che mia madre si trovasse sul letto di morte per confessarle ciò che il mio cuore mi diceva fosse vero—che da qualche parte, in qualche modo, Brenna era ancora viva. Non sapevo come lo sapevo, ma sapevo che non me lo stavo inventando, e che non ero delirante.
Mia madre aveva sospirato. «Strega. Come tua nonna. Avevano la magia della Terra dentro di loro. Le diceva sempre cose, e lei sapeva che fossero vere, ma non riusciva a spiegare come.» Mia madre aveva afferrato la mia mano con la sua, senza forze. «Stai attenta, Sabine. Ciò che tua nonna sapeva non l’ha salvata, quando l’hanno legata ad un palo per bruciarla viva.»
«Sabine, mi hai sentita?» mi chiese Muriel, avvicinando il viso al mio così che Fleur non potesse sentire. «Ci sono Bestie pericolose in giro. Magari sono come il Lupo che hai visto. Padre Benton è andato fuori l’altra notte per i Vespri, e quando è tornato ha trovato tutte le sue pecore sgozzate.»
L’ultima volta che Padre Benton aveva parlato con me, mi aveva accusata di andare a letto con il Diavolo. «Che cosa orribile. Povere pecore.»
Muriel aggrottò la fronte. Con i suoi capelli scuri e quegli occhi grigi, stava crescendo sempre più bella, ma era anche più intelligente di quanto fosse bella—quando la sua dolcezza non le impediva di concentrarsi. La tenevo a casa più che potevo per evitare che quelle bestie degli uomini del villaggio la vedessero. Alcuni uomini sono peggio dei Lupi.
«Starò attenta, Muriel. Lo sai meglio di me che dovrò andare.»
A labbra strette, Muriel mi studiò per un momento prima di annuire. Lo capiva.
Aspettai che lei e Fleur si addormentassero prima di uscire fuori dalla capanna per stare da sola.
Una volta al mese, venivo sopraffatta dal Calore. Una maledizione che proveniva direttamente dalla Dea, così l’aveva messa mia madre, anche se lei non sembrava soffrirne tanto quanto ne soffrivo io. Nella mia gioventù avevo lasciato il desiderio prendere il sopravvento, e avevo passato quei momenti con un uomo che potesse far andare via quel bisogno in mezzo alle mie gambe. Ma in quegli ultimi mesi avevo deciso di andare da sola dentro la foresta, lontana dal villaggio. Il desiderio dentro di me non poteva certo essere soddisfatto così facilmente, affamato di braccia forti da uomo, e qualcosa di proibito, di segreto.
La Luna si alzò alta in Cielo, illuminandomi intenta ad entrare nella piccola pozza d’acqua dentro la foresta, le mie mani a portare l’acqua su tutta la mia pelle. Canticchiai un pochino mentre nuotavo.
Avevo appena lasciato la piscina, e stavo per mettere di nuovo le mie gonne quando guardai dall’altra parte dell’acqua e i miei occhi trovarono quelli dorati di un lupo. Le mie gonne caddero nell’acqua.
Stupida, potevo sentire la voce di mia madre nella mia testa. Fuori da sola, a quest’ora della notte.
Lentamente feci un passo indietro. Il Lupo restò esattamente dov’era. Un altro passo, e un altro ancora, e mi sembrò intenzionato a lasciarmi andare. Pregando silenziosamente la Dea, lentamente continuai ad indietreggiare verso casa.
Riuscii ad arrivare all’uscita di quel mio piccolo spazio personale quando sentii uno strano venticello accarezzarmi la schiena dietro, facendomi rabbrividire. Non trovai il coraggio di girarmi, così presi le mie gonne e cominciai a scappare.
Le luci della nostra capanna danzavano di fronte a me. Corsi nel sentiero principale, pronta ad entrare a casa, ma d’improvviso venni spinta indietro da braccia possenti incatenate intorno al mio corpo.
Il mio aggressore mi spinse indietro, ancora e ancora, mentre scalciavo e lottavo per la libertà. Una mano era pressata sulla mia bocca. Mi sentii pervadere dal panico. Le mie gambe continuarono a calciare l’aria mentre la Bestia mi riportava dentro il bosco.
No, no continuai a dire a voce ovattata contro la sua mano, gli alberi ad impedirmi di vedere qualcosa. Persi di vista la capanna della mia famiglia. Altri pochi passi e anche la piccola luce gettata dalla candela davanti la finestra della nostra stanza sparì dai miei occhi.
Continuai a scalciare contro di lui più forte che potevo, sperando di fargli male. La mano sul mio collo strinse leggermente come per avvertirmi.
«Sabine» ringhiò una voce bassa e profonda, ed io mi fermai dallo choc. «Stai ferma.»
«Per favore», provai a pregare, e quando mi resi conto di non riuscire più a dire un’altra parola, le mie braccia e le mie gambe si arresero al panico. La mano sulla mia gola si fece più stretta, per evitare le mie grida. Scalciai ancora un po’, ma dopo pochi secondi tutto si fece buio.
Mi svegliai indolenzita, il mio corpo dolorante. Con gli occhi ancora chiusi, cominciai a chiamare Muriel per dirle di controllare le uova, e la mia gola mi implorò di darle da bere. Con la testa pulsante, allungai il braccio per afferrare le erbe che tenevo sempre vicine al nostro letto a causa della salute di Fleur. Ma niente.