CAPITOLO UNO
Grizz
Fottuti vampiri fuori di testa.
Il Toxic, il club di bondage dei vampiri, è per metà un salottino e per metà una prigione medievale: mobili in legno massiccio, velluto rosso e angoli bui dove potersi perdere. Da un lato, un piccolo bar serve solo superalcolici della migliore qualità e vini rari. Si sentono tintinnare i bicchieri: un suono di civilizzazione che sarà presto soffocato dai rumori più oscuri che vengono dalle segrete.
Sopra alle nostre teste la musica inizia a pulsare, vibrando attraverso il soffitto. Non manca ormai molto prima che le coppie inizino a scendere dal nightclub che si trova al primo piano.
Mi faccio strada tra le stazioni, attento a non toccare nessuno dei macchinari di tortura o dei mobili appositamente costruiti che si stagliano come mostri da incubo nella luce soffusa. La vista di panche costrittive e croci di Sant’Andrea basta a generare un fremito di sottomissione. Un ansito di desiderio. Per me non ha il minimo senso, ma lo vedo accadere ogni notte.
Aspetto nell’ombra mentre i primi entrano: coppie che vengono giù dalle scale. Alcuni vanno dritti alla loro area preferita o alcova privata, altri restano immobili ai piedi delle scale, fissando la segreta con un misto di paura e desiderio.
I vampiri tengono l’ambiente buio qua sotto, forse per nascondere la loro identità. Potranno anche ingannare i fragili sensi umani, ma io sento il loro odore in ogni angolo. Eccone qui uno che sta legando alla parete un’adorabile biondina. Lì ce n’è un altro seduto nel salottino con un uomo filiforme in grembo. Il vampiro gli sussurra qualcosa nell’orecchio e l’uomo sgrana gli occhi, fissi su un macchinario illuminato. Strumenti di tortura li chiamo io, anche se i sottomessi sembrano amarli. Diamine, l’uomo sottomesso irradia eccitazione mentre il suo padrone vampiro lo lega a una panca costrittiva. L’umano non vede l’ora di essere picchiato.
Non capisco. Per me è un mistero, un rituale di accoppiamento che non ha alcun senso.
Il vampiro schiocca le dita e un’adorabile donna rossa di capelli si unisce alla coppia di uomini. Va alla parete e sceglie una frusta nera, per poi tornare dal vampiro che sta legando in maniera plateale il compagno. La rossa è una donnina minuta con addosso una succinta veste bianca, il tanga dello stesso colore chiaramente visibile sotto al tessuto sottile. Attorno al collo porta un collare di pelle, pure bianco. A testa bassa offre la frusta al suo padrone, mantenendo una postura servile finché lui afferra l’oggetto. Quando fa un gesto per congedarla, lei si ritira ad aspettare il prossimo ordine. Alcune persone si riuniscono per guardare il vampiro che frusta il suo sottomesso, ma io ho solo voglia di guardare la rossa. Il club è pervaso da una brezza: aria fresca che soffia dai condizionatori. La ragazza rossa di capelli ha la pelle d’oca e i capezzoli turgidi. Ha freddo, dannazione. Non so perché la cosa mi interessi, ma è così.
Non capisco il senso di tutto questo sfarzo e della pompa magna. Sono i peggiori preliminari a cui possa pensare: inutili e complicati. Non mi stupisce che i vampiri li adorino. La metà di questi pazzi è vissuto nell’Era Vittoriana.
Ora noto il fascino della rossa. Ha una delicata spruzzata di lentiggini sul viso. I piedi scalzi. Sta al limitare della scena, in silenzio e senza disturbare, mentre il suo padrone fa la sua scena. Se fossi io il suo padrone, non la ignorerei. Di certo non vorrei intrattenermi con altri. La terrei vicina a me, la legherei per farle sapere che appartiene a me. La addestrerei ad accogliermi, a legarmi al divano con mani bramose, a inginocchiarsi ai miei piedi per darmi un appropriato benvenuto.
E ora ho il cazzo duro. Distolgo lo sguardo dalla rossa. Guardarla risveglia il mio orso, e stasera ho bisogno di mantenere la mente sgombra. Ho accettato questo incarico perché è di basso profilo, mi porta più vicino alla mia preda definitiva.
I miei scarponi pesanti battono un ritmo familiare mentre faccio la ronda nel club. Mi so muovere in silenzio, ma è meglio che loro vedano un babbeo goffo e pesante, un orso assunto dai vampiri, un mutante servitore del re. La maggior parte delle coppie mi ignorano. Questo club di bondage dei vampiri richiede un po’ per abituarcisi, ma è tranquillo, diversamente dal Fight Club dove lavoravo prima. Qui la maggior parte dei clienti sono gentili e fanno quello che devono fare.
Una bionda mi passa accanto, nuda eccetto per uno striminzito tanga rosso e un collare nero. C’è un guinzaglio che penzola dal collare, in mezzo ai suoi seni nudi. Sorride mentre mi passa accanto, lanciandosi il guinzaglio dietro alla spalla, mandandolo a penzolare tra le natiche arrossate del suo culo perfetto.
Sì, fare il buttafuori al club di sadomaso dei vampiri è un bel lavoretto, se riuscite ad accaparrarvelo. Alcune serate sono meglio di altre.
Svolto l’angolo ed eccola lì – la piccola rossa – nuda e con le braccia tese sopra la testa. Il vampiro dà dimostrazione di una sorta di fune da bondage, usando la sottomessa rossa come modella. La veste bianca è a terra e lei obbedisce con espressione calma, quasi estasiata. Ha alcune lentiggini anche sulle braccia e sulle spalle. Il petto si alza e riabbassa seguendo respiri profondi e regolari, mentre la corda le comprime il torace. Le sopracciglia sbattono rapide.
Il vampiro termina la dimostrazione e slega la ragazza, ordinandole di mettere via la fune e congedandola con uno schiaffo sul sedere. Un ruggito mi sale alla gola. Cazzo, sono rimasto qui a fissare la scena un po’ troppo.
“Ti piace quello che vedi, mutante?” sussurra un vampiro al mio fianco. “Forse dovresti provare.”
Aspetto che la rossa scompaia in un’alcova privata, poi mormoro al mio indesiderato collega: “Certo, Benny. Sul tuo cadavere, magari…”
Il vampiro Benny digrigna la bocca e mostra le zanne. “Mi chiamo Benedict.”
“Lo so.” Piego la testa di lato, già annoiato. Benedict è uno dei vampiri più giovani, tramutato solo un secolo fa, pallido e magro come se stesse morendo piano. “Ti ho dato un soprannome. Se fossi tanto sfigato da chiamarmi Benedict, accetterei l’alternativa, cazzo.”
Benny inarca le sopracciglia di scatto. Sto attento a non guardarlo negli occhi, ma capisco che è irritato: mi basta guardare il modo in cui il petto si alza e abbassa come se volesse urlare.
“Stai attento, orso. Avrai anche il favore del re, ma non puoi competere con un vampiro.”
“Questo è quello che pensi tu,” mormoro, scuotendo la testa quando lo sento ringhiare. “Fuori di qui, Zanna Bianca.”
“Ma che…” sbuffa.
Corruccio le labbra e gli giro la schiena per un secondo pieno, per poi allontanarmi. Il peggiore insulto a un vampiro: voltargli le spalle come se non fosse una minaccia. La maggior parte dei mutanti non lo farebbero mai.
Io non sono come la maggior parte dei mutanti. I vampiri non possono capire. Mi parlano con superiorità e mi stuzzicano, del tutto ignari. Non sanno cosa sono, di cosa sono capace. E quando arriverà per me il momento di dare loro la caccia, non capiranno cosa sta succedendo, se non troppo tardi.
Torno verso il bar.
“Il re ti vuole,” dice il barista, indicando con un cenno della testa il trono che si trova al centro della stanza. Quindi Frangelico ha deciso di allietarci con la sua presenza. Ruoto su me stesso e mi incammino per andare dal capo.
Il trono è posto su una piattaforma sopraelevata. È un vero trono medievale, importato dall’Italia o da qualche simile posto di merda. La vecchia zona di Frangelico. Puoi tirare fuori i vampiri dal Medioevo, ma non puoi tirare fuori il Medioevo dai vampiri.
Un giovane e affusolato cameriere con pantaloni da smoking neri, fascia rossa in vita, collarino nero in velluto e nient’altro addosso, arriva al trono prima di me. Fa un inchino piegandosi ai fianchi per offrire il suo vassoio di bevande. Frangelico tende la mano e sposta i bicchieri, scegliendone uno e facendogli poi segno di andare. Il giovane si tira indietro, sempre piegato in avanti.
Oh, per l’amor del cielo. Ruoto gli occhi in su. Cerimoniosità e pompa magna… immagino che se sei praticamente immortale, tu abbia il tempo di dilettarti con scenette del genere.
Il cameriere si gira e quasi salta per aria quando mi vede. Il volto impallidisce, il pomo d’Adamo si alza e riabbassa sotto al collarino. I collari in velluto nero fanno parte della divisa qui, ma ucciderei ogni vampiro che tentasse di farmene indossare uno. Per contratto sono un buttafuori, non un fottuto schiavo. Forse è ora di ricordarlo al re.
Faccio il giro dell’enorme sedia di legno e incrocio lo sguardo divertito di Frangelico. Non ci si può avvicinare di soppiatto al re.
“Grizz. Che piacere che tu ti sia unito a noi.” Agita una mano e altri due uomini con i collari arrivano con una sedia ornata per me, più piccola del trono ovviamente. Se mi ci siedo, mi troverò più in basso di almeno mezzo metro rispetto al re vampiro. Quindi non mi siedo. Appoggio invece sulla sedia un piede. Frangelico sospira.
“Devi proprio mettere i piedi sui mobili? Sono sicuro che possiamo trovarti un poggiapiedi, se vuoi.” Frangelico schiocca le dita e fa segno a uno dei servitori. Afferro la spalla dell’uomo prima che si metta carponi davanti alla mia sedia.
“No,” ringhio. “Piantala. Sai che non sono fatto per queste cagate.”
“Certo.” Un altro schiocco delle dita del re, e l’uomo scompare. Frangelico si china in avanti. “Avevo dimenticato che non gradisci per niente i nostri giochetti di potere. Ma cos’è il sesso, se non una dinamica di potere?”
Scuoto la testa. Non ho tempo per queste stronzate. “Volevi vedermi?”
Frangelico si appoggia allo schienale e mi scruta. Sebbene lui sia seduto e io in piedi, è comunque leggermente più alto. Il vampiro è più grande di quanto ci si aspetterebbe, e nonostante tutti i suoi sproloqui, non è stupido. Il potere non è il suo giochetto. È l’unico gioco possibile, e lui gioca per vincere.
“Sì, amico mio.”
Rabbrividisco. Cazzo, siamo amici? Ho firmato un contratto con lui per sorvegliare il suo club e tenere d’occhio un paio delle sue operazioni. In cambio lui mi dà quello di cui ho bisogno per fare quello che devo fare.
“Ti offendi se ti chiamo amico?” chiede il re. Non puoi nascondere niente a un fottuto vampiro.
“Non sono qui per farti le treccine ai capelli o indossare braccialetti di perline o cagate del genere. Io e te abbiamo un contratto.”
“Sì,” conferma il re. “Ma di sicuro possiamo ricontrattare. Devono esserci altri bisogni che hai necessità di esaudire. Desideri. E di sicuro possiamo accontentarti qui, in questo paradiso del piacere.” Allarga le braccia per mostrare l’intero club. Poi fa un cenno. La bionda che ho visto prima mi passa accanto, diretta verso il padrone vampiro. Su suo invito, si siede su un bracciolo del trono, ruotando il corpo per meglio mostrare seni e cosce. Frangelico fa scivolare una mano lungo il suo snello polpaccio. “Circondato da tali delizie, di certo devi essere tentato.”
Ignoro la bionda che mi sorride. Mi fa rabbrividire il modo in cui Frangelico la tratta, come se fosse un pezzo di carne. Immagino che per lui tutti gli umani siano cibo. “Sai quello che voglio. L’hai sempre saputo, fin dall’inizio.”
“Ah sì.” Le lunghe dita del vampiro tamburellano sul ginocchio della donna sottomessa, come se facesse parte dell’arredamento. “Sei finalmente più vicino a ciò che vuoi?”
“Faccio il gioco lungo.” Frangelico è la mia migliore opportunità per ottenere ciò che voglio. Se mi ci vorrà tutta la vita, che così sia, cazzo.
“Quindi giochi anche tu.” Le sue dita smettono di tamburellare.
Sospiro. “Di che cazzo stai parlando?”
Frangelico libera la bionda e le fa segno di andarsene. “Mi chiedo cosa succederà se nessuno di noi due otterrà ciò che vuole.”