Chapter 5

2000 Words
Da tanti mesi il vecchio Jolyon non aveva più messo piede al circolo. La struttura che l'ospitava aveva subìto quella manutenzione superficiale riservata alle vecchie case o alle vecchie bestie quando si ha intenzione di venderle. «Che colore terribile ha questa sala fumatori!» pensava il vecchio; «la sala da pranzo, invece, è a posto». Era color cioccolato fondente ravvivato qua e là dai toni di un verde acceso, gli piaceva. Ordinò la sua cena e si mise a sedere nello stesso angolo, forse alla stessa tavola (in quel club, così radicale, erano tutti piuttosto conservatori) alla quale si era seduto venticinque anni prima con suo figlio mentre l'accompagnava all'Opera nei giorni liberi. Il ragazzo adorava il teatro e il vecchio Jolyon si ricordava di lui seduto lì davanti, con quella stupida aria noncurante con la quale cercava, senza riuscirci, di nascondere la sua impazienza. Il vecchio Jolyon ordinò le stesse cose che sceglieva suo figlio: una minestra, frittura di pesce, costolette d'agnello e torta. Se almeno ci fosse stato Jo lì di fronte, con lui! Erano quindici anni che non si vedevano, e in quei quindici anni non fu quella sera la prima volta che il vecchio si chiese se non dovesse rimproverarsi qualcosa, riguardo a suo figlio. Una sciagurata storia d'amore con quella seduttrice incallita di Danae Thornworthy, ovvero Danae Bellew, la figlia di Anthony Thornworthy, aveva gettato il giovane tra le braccia della donna che sarebbe poi diventata la madre di June. Allora, forse, avrebbe dovuto opporsi a quel matrimonio, perché erano tutti e due troppo giovani. Ma dopo quell'esperienza della debolezza sentimentale di Jo, gli era sembrato urgente vederlo sposato. E dopo quattro anni ecco il disastro. Allora non poteva approvare la condotta di suo figlio: si opponevano il buon senso e le regole che tenevano in ordine la sua vita, fattori importanti la cui combinazione faceva per lui le veci di un guardiano principesco. Ma il cuore gli sanguinava. Tutto si era svolto con una fatalità inesorabile. June, la piccola creatura dai capelli in fiamme, attaccata, avviluppata a tutte le sue fibre e al suo cuore fatto per essere il giocattolo e il rifugio prediletto dei piccoli esseri senza difesa. Comprese profeticamente che occorreva separarsi dall'uno o dall'altra, che non c'erano mezze misure; e prevalse il piccolo essere senza difesa. Non volendo correre con la lepre e cacciare contemporaneamente col cane, si distaccò da suo figlio. Questo distacco continuava ancora. A suo figlio aveva chiesto di accettare un modesto assegno ma lui si era opposto, un no che forse più di tutto il resto lo aveva ferito, perché chiudeva l'ultima via d'uscita a un sentimento represso e rendeva quella rottura solida e tangibile come solo poteva fornirla un atto che riguardasse il denaro: un dono o un rifiuto. La cena non era granché, lo champagne, amarognolo e secco, non era certo il Clicquot di una volta. Mentre beveva il caffè gli venne in mente di finire la serata all'Opera. Cercò sul "Times" (gli altri giornali gli ispiravano diffidenza) gli spettacoli teatrali in cartellone. All'Opera c'era Fidelio. Per fortuna nessuna di quelle detestabili invenzioni tedesche, come le pantomime di quel Wagner. Si mise in testa il vecchio gibus, che con l'orlo un po' appiattito dall'uso e l'ampio volume sembrava il simbolo della sua passata grandezza, e prendendo dalla tasca un vecchio paio di guanti di capretto finissimo, con un odore forte di cuoio di Russia dovuto al contatto abituale con il portasigari, salì su un cab. La vettura correva allegra per le strade nelle quali il vecchio Jolyon vide un'insolita animazione. Pensò: «Gli hotel devono fare ottimi affari». I grandi hotel esistevano solo da qualche anno e lui ricordò con soddisfazione un certo suo immobile che aveva non distante da lì e che di sicuro avrebbe aumentato a dismisura il suo valore. Che movimento, pensava. Da quest'ultima impressione nacque una di quelle meditazioni speciali e impersonali che non avevano a che fare con la natura dei Forsyte e che facevano quindi del vecchio Jolyon un tipo a parte all'interno della famiglia. Sembravano formiche quegli uomini, quanti erano! E che cosa sarebbe accaduto di tutti loro? Mise un piede in fallo scendendo dal cab. Pagò precisamente l'importo della corsa, si diresse allo sportello per acquistare il biglietto e rimase lì con il portafogli in mano. Teneva i soldi nel portafogli perché aveva sempre disapprovato l'usanza, comune allora a tanti giovani, di lasciarli sciolti in tasca. L'uomo all'ingresso si inchinò come un vecchio cane fedele che metta fuori la testa dalla sua cuccia: «ma guarda» disse con un accento di stupore: «mister Jolyon Forsyte!». «Sì, proprio io!». «Sono anni che non vi fate più vedere, signore. Ah, però... non sono più quei tempi! Voi e vostro fratello e il perito, il signor Tracquair, e il signor Nicholas Treffry, prenotavate sempre le vostre sei o sette poltrone. Come state, signore? Tutto ciò non è fatto per ringiovanirci!». Gli occhi del vecchio Jolyon si illuminarono di una luce più viva. Non si erano dimenticati di lui, quindi. Entrò in teatro al suono della sinfonia, come un vecchio cavallo da guerra che corre alla battaglia: si mise a sedere piegando il gibus, si tolse i guanti grigio-perla, prese l'occhialino, guardò in giro per la sala e poi fissò il sipario. E fu allora che sentì, con più forza che mai, la percezione della propria, imminente fine. Dov'erano tutte le donne, quelle belle donne che ai suoi tempi gremivano la sala? E quell'emozione che ti prendeva al cuore aspettando che entrassero in scena i cantanti? E l'ebbrezza della vita e la forza che sentiva in sé per goderla? Proprio lui, l'abbonato più assiduo dell'Opera. Ma l'Opera non c'era più! Tutto distrutto. Quel Wagner... niente più melodia e nessuna voce che potesse cantare le melodie. Le stupende voci di una volta: scomparse. Guardava sul palco il succedersi delle scene, così familiari, con una sensazione di gelo nel cuore. Dalla ciocca argentata che gli ondeggiava sull'orecchio fino al movimento del piede nella scarpa di vernice ad elastico, nel vecchio Jolyon non c'era nulla di pesante o di debole. Era diritto quasi come nel tempo lontano in cui era lì tutte le sere, e ci vedeva ancora benissimo. Ma come si sentiva stanco e deluso. Per tutta la vita aveva saputo godere dalle cose, anche quelle imperfette, e di cose... ne aveva trovate tante: per mantenersi giovane aveva goduto con moderazione. Ma ora quella facoltà di godere e la sua stessa filosofia lo avevano abbandonato: gli restava solo la spaventosa sensazione che per lui era tutto finito. Nemmeno il coro dei prigionieri, nemmeno la romanza di Floriano riuscirono a contrastare la malinconia di quella solitudine. Se ci fosse stato almeno Jo con lui. Adesso doveva essere sulla quarantina: incredibile, quindici anni della vita del suo unico figlio se n'erano andati, e per lui erano perduti, per sempre. Una volta non era riuscito a trattenere la tristezza che gli causava questo fatto, e aveva inviato al figlio un assegno di cinquecento sterline. Era stato respinto in una lettera spedita dal Potpourri che diceva così: Carissimo padre, il vostro dono, così generoso, è stato il benvenuto, perché significa che non avete un'opinione troppo negativa di me. Ve lo restituisco, ma se vi pare opportuno girarlo a vantaggio del bambino (per noi è Jolly)4 che porta il vostro e il mio nome di battesimo e il cognome della famiglia, ne sarei molto felice. Spero davvero che la vostra salute sia buona come sempre. Vostro figlio affezionato Jo Quella lettera era proprio nello stile di Jo, un ragazzo sempre gentile. Il vecchio Jolyon aveva risposto: Caro Jo, la somma (500 sterline) rimane nei miei registri a beneficio del tuo bambino, sotto il nome di Jolyon Forsyte. È a suo credito con l'interesse del 5%. Spero che tu stia bene. La mia salute per ora è ancora buona. Di tutto cuore, il tuo affezionato padre Jolyon Forsyte Ogni anno, il primo di gennaio, aveva aggiunto all'interesse altre cento sterline. In questo modo il gruzzolo aumentava. Il primo dell'anno dopo ci sarebbe stata una somma di millecinquecento sterline, anche di più. Quanta soddisfazione traesse il vecchio Jolyon da questa operazione annuale è difficile dirlo. Ma lo scambio epistolare era finito lì. Nonostante la tenerezza per suo figlio, malgrado l'istinto in parte naturale in parte prodotto in lui, come in altri della sua classe, dall'amministrazione e dalla osservazione continua degli affari (istinto che lo portava a giudicare il comportamento di uno per i risultati che otteneva piuttosto che seguendo un principio astratto), c'era qualcosa che lo sconcertava nei calcoli e nelle previsioni. Per i guai in cui si era messo, suo figlio avrebbe dovuto essere in miseria: accadeva così in tutti i romanzi, polpettoni e commedie che aveva letto e sentito. Così, quando l'assegno fu respinto, sentì che qualcosa non era normale. Perché suo figlio non era in miseria? Ma, dopo tutto, lui che ne sapeva? Aveva sentito dire, è vero, anche se aveva cercato proprio lui stesso di fare la scoperta, che Jo viveva a Saint John's Wood, in una casetta con giardino a Wistaria Avenue, che accompagnava la moglie in società, una strana società di sicuro, e che avevano due figli: il piccolino che si chiamava Jolly, una specie di sfida cinica nella scelta di questo nome in simili circostanze, e al vecchio Jolyon non piaceva il cinismo, gli faceva paura, e una bambina piccola chiamata Holly, nata dopo il matrimonio. Qual era la situazione reale di suo figlio? Jo aveva capitalizzato la rendita ereditata dal nonno materno. Era entrato nei Lloyd come vice-assicuratore, e dipingeva: acquarelli. Lo sapeva perché aveva furtivamente comprato qualcuno di quegli acquarelli, di tanto in tanto, quando per caso vedeva nella mostra di un mercante di quadri la firma di suo figlio su un paesaggio del Tamigi. Per lui erano cattivi quadri e in casa non li esponeva, anche per la firma, ma li teneva chiusi in un cassetto. Nell'enorme sala dell'Opera fu preso improvvisamente da un grande e doloroso bisogno di rivedere suo figlio. Gli venne in mente quando quel piccolo monello barcollava con il grembiulone sotto l'arco delle sue gambe; e del tempo in cui, insegnandogli a cavalcare, lui stesso correva di fianco al cavallino di lui; o del giorno che l'aveva accompagnato a scuola per la prima volta. Era tenero e attraente. Quando era ritornato da Eton forse aveva preso un po' troppo quei modi così convenienti che, come il vecchio Jolyon ben sapeva, si formano, con ingenti spese, solo là. Ma era ancora un buon compagno anche dopo Cambridge, anche se un po' “distaccato”, per i vantaggi stessi di quella formazione. Ciò che il vecchio Jolyon pensava delle scuole aristocratiche e delle università non era mai cambiato. Con ammirevole fedeltà conservava il suo atteggiamento di ammirazione e di diffidenza verso un sistema riservato alle classi agiate del paese, un sistema del quale lui non aveva avuto il privilegio di approfittare. Adesso che June partiva, e si poteva dire che lo abbandonava, vedere suo figlio gli avrebbe fatto bene: ma questo desiderio era forse una colpa verso la sua famiglia, i suoi principi, la sua classe. Con questo senso di tradimento sulla coscienza il vecchio Jolyon fissò lo sguardo sulla cantante: era una cantante pessima, veramente inascoltabile. E, quanto a Floriano, un vero straccio senza vita. Scese il sipario. Ci si accontentava di poco, ormai. Nella strada affollata s'impadronì di una vettura sottraendola a un vecchio signore (molto più giovane di lui), che sembrava averla già scelta prima di lui. All'angolo di Pall Mall il cocchiere, invece di attraversare Green Park, voltò per risalire Saint James Street. Il vecchio Jolyon mise mano allo sportello (non poteva sopportare che non si prendesse la strada più breve) e si trovò, proprio all'angolo, davanti al Potpourri. La nostalgia che per tutta la serata aveva lavorato in fondo al suo spirito ebbe la meglio su di lui. Fece fermare la vettura: decise di entrare e chiedere se Jo faceva ancora parte del club. Entrò.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD