Capitolo 1-1

1751 Words
1 Nove Lune Dopo Vidi il lupo tra le foglie del cespuglio di bacche. Grande e rosso, con la punta della coda bianca, sedeva con la lingua portata fuori, e mi guardava. Con un sorriso mi girai verso il ramo su cui stavo aspettando, e presi un altro po’ di bacche per pranzo. Un venticello leggero fece alzare di poco la mia gonna, portando con sé un odore fresco e aperto—come di terra bagnata dalla pioggia. Le foglie si fermarono sotto i piedi di qualcuno—un suono troppo leggero da cogliere se non ci si prestava attenzione. Un paio di grandi mani ruvide mi coprì gli occhi. «Indovina chi è», mi pizzicò il lobo dell’orecchio un accento scozzese. «Fergus», ridacchiai divertita, girandomi a guardare il giovane guerriero dalla faccia meravigliosa e dai muscoli forti e scolpiti, che mi facevano venire sempre l’acquolina in bocca. Era fermo di fronte a me a petto nudo e senza vergogna, con addosso solo un perizoma a coprire le sue parti basse. Il colore nelle sue guance era l’unica cosa che faceva intendere che anche lui fosse un po’ toccato dalla leggera brezza intorno a noi. Mi schiarii la gola, inclinando la testa per nascondere il mio rossore. «Non dovresti essere qui… ed io non dovrei vederti in questo modo.» «Non posso portarmi sempre i vestiti dovunque vada. Al mio lupo piace correre senza niente addosso.» La sua voce si fece più bassa, seduttrice. «Guardami, Muriel…» Feci come mi aveva detto, alzando lo sguardo per incontrare i suoi occhi azzurri. Guardai affascinata la magia dentro di lui far diventare i suoi occhi lentamente dorati. «Mi sei mancata, piccola.» «Anche tu mi sei mancato», sussurrai. Erano cambiate tante cose da quando ci eravamo conosciuti, scambiandoci nomi divisi dalle sbarre di una gabbia. Io e le mie sorelle vivevamo con i Berserker, meno come prigioniere e più come premi. Fergus fungeva da tramite tra un Clan e l’altro, e così, anche se io vivevo con i Lowland, potevo vederlo spesso—ma sempre in presenza di un Alpha, o di qualche guardia. Mai da sola, mai in segreto, come in quel momento. «Sembra che tu stia bene.» Mi sentii la pelle bruciare sotto il suo sguardo, intento ad andare su e giù, affamato. Mi schiarii la voce, cercando un modo per cambiare argomento. Non avevamo molte possibilità di parlare, non molto tempo. L’unico tempo che avevamo era quello per guardarci, toccarci leggermente, per dire parole pesate e attente. L’intero Clan faceva la guardia su me e mia sorella, perché eravamo l’unica loro speranza per il futuro. Ma di tutti i giganti, di tutti quei guerrieri dimenticati, l’unico in grado di farmi ridere con quei suoi modi burberi di fare, quelle battute stupide e piccate e innocenti ma chiare abbastanza da farmi capire che fossero solo per me, era Fergus. «Speravo venissi a trovarmi, oggi.» «Sì?» mi chiese, facendo un passo verso di me, gli occhi accesi. Io ne feci uno indietro, arrossendo. «Sì. So che non dovrei parlare con i guerrieri, perché non ho un compagno ancora, ma volevo parlare con te.» «Beh, allora, piccola» cominciò, continuando a venire verso di me, ed io continuando ad indietreggiare. «Cosa volevi dirmi?» Non importava quanta lontananza provassi a mettere tra me e lui, lui continuava ad avanzare. Lentamente. Alla fine riuscii ad intrappolarmi tra lui ed il cespuglio di bacche. Il mio cuore prese a battere più forte, forte come il battito d’ali di un uccello pronto a spiccare il volo. Alzò una mano, offrendomi un fiore bianco. Mi sentii invadere immediatamente dal calore mentre lo accettavo, prendendolo dallo stelo. «Sapevo fossi tu a mandarmeli.» Nell’ultimo periodo mi ero ritrovata a prendere fiori bianchi ovunque. Venivano lasciati per me in qualche modo, dagli uccelli, oppure caduti da piccoli rami, ma quando avevo cominciato a trovarli dove era impossibile che fossero a meno che non fossero stati lasciati di proposito da qualcuno, avevo capito subito che fossero piccoli regali lasciati per me dal lupo rosso. «Grazie. È bellissimo. Ma ho bisogno di dirti… ho bisogno di avvertirti. Non dovresti avvicinarti così tanto a me. Non è sicuro.» Inclinò la testa, come toccato dalla mia preoccupazione. «Non m’importa della mia sicurezza.» «Ma a me sì. Ti prego, Fergus. Non voglio che gli altri ti trovino qui.» «Non riuscirebbero a prendermi, in ogni caso. Sono piccolo, è vero, ma sono più veloce quando sono un lupo.» Ero pronta a protestare, ma lui alzò un dito, e quasi mi accarezzò le labbra. «Vuoi perdere tempo prezioso a discutere?» «No.» «Allora parliamo di altre cose.» C’erano così tante cose che volevo chiedergli, così tante cose che volevo sapere. Mi ritrovavo spesso a pensarlo, sul mio letto di notte, senza poter prendere sonno, con i suoi fiori bianchi sulle labbra. «Fa male Cambiarsi?» «Non quando divento un lupo. La bestia, la nostra forma Berserker, viene fuori in risposta ad emozioni forti. Quello può essere un po’ doloroso, se non altro per il desiderio di combattere e spezzare la terra stessa. Ma smettiamola di parlare di quando divento un mostro.» La sua voce era leggera, ma sapevo che fosse preoccupato della bestia che prendeva possesso della sua mente. Tutti i Berserker erano, un tempo, soltanto uomini maledetti dal Cambiamento. All’inizio riuscivano a controllare la trasformazione da uomo a lupo, ma dopo decenni di lotte, avevano cominciato a perdere il controllo della loro terza, più temibile forma: la bestia. Per me, però, Fergus non era un mostro per niente. Il guerriero dai capelli rossi che stava di fronte ai miei occhi poteva benissimo essere il ragazzino del villaggio cresciuto nell’uomo che avrei potuto amare. Era il tipo di uomo che mi ero sempre ritrovata a sperare mi corteggiasse, un giorno. Avremmo avuto un matrimonio tipico dei nostri villaggi, e una vita semplice, felice, pieni di noi e dei nostri figli. La mia vita era cambiata tanto, ma io continuavo a tenere stretta a me anche solo una piccola scintilla di speranza. E ogni singola volta che mi trovavo in compagnia di Fergus, quella scintilla sembrava potersi trasformare in realtà. Mi tolsi il cappotto di dosso, mettendolo su di lui. «Camminiamo un po’?», proposi. Non dovevamo stare vicini. Sarebbe potuta benissimo scoppiare una guerra se qualcuno ci avesse trovato insieme, ma ciò che ci spingeva sempre più vicini era difficile da tenere a bada. Camminando sul sentiero del bosco in silenzio, le sue dita scivolarono lentamente sul mio polso, oltre la manica lunga che copriva il mio braccio. Lo lasciai condurmi più in fondo nella foresta. Il mio cuore prese a battere veloce, impaziente di trovare un posto segreto dove poter liberare le nostre anime e stare insieme, senza nessuna minaccia di essere trovati e decapitati per questo. «Sei cresciuta un pochino durante queste Lune» disse, con quella sua voce bella e leggera. «Sono fatta più grossa?» gli chiesi, uno sguardo giocoso. «No. Purtroppo no. Mi piace un po’ di carne nelle ossa della mia donna.» Io scossi la testa. «Scherzo, Muriel. Sei bellissima.» Le sue dita mi carezzarono dolcemente una guancia. Arrossendo, mi scansai dolcemente dal suo tocco. Spendevo costantemente notti su notti ad immaginare le sue dita su di me, i suoi fiori bianchi sulle labbra. Ma ero stata avvertita sulle conseguenze delle mani di un Berserker sul mio corpo. E Fergus questo lo sapeva bene quanto me. Nella magia del buio, della quiete della foresta, era semplice dimenticarsi delle regole. «Dove stiamo andando?» La sua mano si spostò dalla mia guancia, e scese di nuovo sul mio polso. «Non manca molto.» Finalmente, poco dopo arrivammo in un posto dove la luce a malapena filtrava tra i rami degli alti pini tutti intorno. Un piccolo torrente scorreva al centro di quella piccola cavità, e in quel punto Fergus decise di fermarsi. Le sue mani sui miei polsi, mi alzò senza sforzo per farmi sedere su una grossa roccia liscia sul torrente, e poi si sedette accanto a me. Prima che potessi anche solo rischiare di perdere l’equilibrio, mi spinse più vicina, stringendomi tra le sue braccia come fossimo una coppia intenta a danzare ad una fiera di mezza estate. «Fergus…», tenni gli occhi sui muscoli scolpiti del suo petto. Magro e muscoloso, Fergus era il più piccolo del suo Clan, ma nonostante ciò era più alto di me e molto, molto più forte. Molto più forte di qualsiasi uomo esistente. «Non dovremmo stare così vicini. È proibito.» «Muriel», il modo in cui sussurrò il mio nome sembrava quasi una preghiera, una canzone. «Guardami.» «Non posso», dissi, tenendo il mio sguardo basso. «Sabine dice che non devo guardare nessun Berserker negli occhi, perché rischio di offenderli.» «Forse rischi di offendere qualsiasi altro guerriero, sì, ma non me. Non mi offenderesti mai. Guardami, bimba», comandò di nuovo, toccandomi leggermente il mento con un dito. Aveva occhi di tempesta sull’oceano. Quando la bestia prendeva il possesso di lui, cambiavano colore e diventavano di un dorato così brillante da far male. «Avrei tante cose da dirti, ma non posso dirtele ancora. Non ho il permesso.» Le mie guance si colorarono immediatamente di rosso, rispondendo non solo alle sue parole, ma anche al suo tocco. «Non puoi dirne solo alcune?» «Lo farei, se potessi. Un giorno, presto, lo farò. Ti dirò tutto quello che vuoi sentirti dire, e anche di più.» La sua promessa mi fece sentire improvvisamente calda. C’erano così tante differenze tra di noi—lui era un Berserker del Clan Highland, ed io ero tenuta prigioniera dai loro nemici; lui era un lupo mannaro, io non lo ero—ma in quel momento eravamo uno solo, un solo respiro, un solo cuore. Avvicinando la testa verso di me, la sua fronte toccò la mia, e la sua voce si fece ancora più bassa, portando il mio corpo ad essere percorso dai brividi. «Se potessi fare come dico io, mi assicurerei di mostrarteli,questi miei pensieri, oltre che dirli ad alta voce. Ti piacerebbe, piccola?» Aprii la bocca per rispondere, ma lui girò improvvisamente la testa. «Lo senti?» «No.» «Tuo sorella ti sta chiamando…» disse, con voce triste. Io sospirai. «Allora devo andare», sussurrai. «Lo so…» Presi un piccolo fiocco dal mio vestito. Con la testa abbassata, annodai la piccola stoffa intorno al suo bicipite. Quando mi tirai indietro, lui mi afferrò la mano, portandomi di nuovo da lui. Mi appoggiai sul suo corpo, gli occhi chiusi, e le sue labbra sfiorarono con dolcezza le mie. Non smisi di sorridere per tutto il viaggio verso casa.
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