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CAPITOLO TRE
“È mia sorella, devo andare.” Stasia camminava avanti e indietro nel soggiorno della fattoria mentre il branco osservava i suoi movimenti. Lanciò uno sguardo impotente al suo compagno, implorando il suo appoggio.
Ma Owen aveva stampata in viso un’espressione insolitamente cupa. “Stasia...” Qualunque cosa sentisse il bisogno di dire, non riusciva a formulare le parole.
“Non sei abbastanza equilibrata,” disse Andre, salvandolo dall’infliggere il colpo da solo. Stasia gli piaceva. Gli piaceva davvero. Era perfetta per Owen. Ma era stata trasformata in licantropo solo da poco più di un mese, e non aveva ancora un controllo saldo sulla sua muta. Date le probabilità che le videocamere brulicassero intorno ad Em, non potevano rischiare che Stasia tradisse il loro segreto. E come se non bastasse, lei stessa non avrebbe voluto esporsi ai riflettori.
Ma era irremovibile. “Ho tutto sotto controllo. Sono un medico. Se non avessi il controllo di me stessa la gente morirebbe.” Un lampo di luce dorata le passò negli occhi mentre pronunciava quelle parole, e le labbra si ritrassero a rivelare denti troppo appuntiti.
Andre sollevò le sopracciglia come se ciò bastasse a replicare. Un po’ di luce negli occhi non li avrebbe traditi, ma era solo il primo passo. E se le fossero fuoriuscite le zanne? O le fossero spuntati gli artigli? E se si fosse trasformata del tutto? Non disse niente di tutto ciò ad alta voce, e non ce n’era bisogno. Owen le afferrò una mano e fermò il suo nervoso andirivieni.
“È mia sorella. Ha bisogno di aiuto.” Stasia sembrava disperata.
“Potrei andare io,” intervenne Bryan Vega dalla sua postazione sul divano in un angolo della stanza.
“No,” fu la risposta unanime da tutti i presenti.
“Non abbiamo bisogno di un altro membro accidentale per il branco,” disse Leland Rowe lanciando un’occhiataccia al giovane lupo.
“È successo una volta sola. E mi avevano sparato,” protestò Vega, con un’espressione profondamente indignata sul volto.
“Questo non cambia i fatti,” disse Gibson. Il maggiore li osservava, passando su tutti loro un impassibile sguardo indagatore mentre cercava la soluzione migliore.
“Io sono libero da impegni,” si offrì Rowe con un sorriso.
Andre represse un ringhio in fondo alla gola. Rowe era un’ottima guardia del corpo. Anche se era un festaiolo. Poteva occuparsi di quel lavoro con successo. Ma Andre non lo voleva intorno ad Em.
E come mai?
Lui non aveva alcun diritto su quella donna. Non gli piaceva nemmeno. Era, al massimo, una conoscente alla lontana. Non le doveva niente. E avrebbe solo dovuto essere contento che Rowe volesse andare a risolvere la questione.
Ma Andre era tutt’altro che felice.
“Lo farò io,” disse, prima ancora che il pensiero prendesse compiutamente forma nella sua mente.
Questo tranquillizzò tutti. Gibson gli rivolse uno sguardo indecifrabile. “Potrebbe funzionare,” disse con cautela.
“Mi ero già offerto io,” lo sfidò Rowe con irritazione. Gelò Andre con uno sguardo cupo come se gli avesse sottratto un pasto particolarmente succulento.
“Sto facendo valere il mio grado.” Non facevano spesso affidamento sui loro gradi militari. Le cose si erano fatte molto strane dopo che erano stati cacciati dall’esercito, al punto che aggrapparsi alla vecchia gerarchia non aveva alcun senso. Erano tutti uguali in fatto di conoscenze sui licantropi. Tranne quando si trattava di Gibson. Non ne sapeva necessariamente più di loro, ma ormai era il loro ufficiale in comando. Era difficile declassare un comandante anche se da anni fuori servizio.
Naturalmente la questione della gerarchia non sarebbe stata sufficiente a convincere Gibson. “Io non sono un fan sfegatato,” disse Andre per far valere le sue ragioni. “Non sono nemmeno sicuro di aver mai sentito una delle canzoni di Em. Non mi faccio abbagliare dalla celebrità. Posso restare concentrato sul caso.” Anche se il fatto che si stesse promuovendo con tanto impegno per ottenere l’incarico avrebbe potuto dimostrare il contrario.
“Dici?” Rowe lo fulminò con lo sguardo, e Andre si sentì vagamente preoccupato dalla possibilità che finissero per venire alle mani. Perché Rowe desiderava tanto quel lavoro? “E il solo fatto di aver chiacchierato con lei di musica non significa che io sia un fan sfegatato. Chi diavolo parla in questo modo?”
Andre sapeva di mostrarsi troppo battagliero. Normalmente non si scaldava tanto per nessuna questione, e certamente non lasciava trasparire i suoi desideri. Ma ora che si era offerto, voleva essere lui ad andare là fuori a proteggere Em. C’era una specie di minaccia soprannaturale e lui doveva portarla allo scoperto e allontanarla da lei. Era già stata trascinata per metà in quella vita quando sua sorella era stata trasformata in un lupo mutaforma proprio davanti a lei. Tenerla al sicuro era il minimo che le dovessero offrire.
Non importava che Andre fosse infastidito da lei. Non importava che fossero entrati in conflitto l’unica volta che si erano incontrati.
Non importava che lui fosse stato a tre secondi dal baciarla.
Respinse quel pensiero. Era irrilevante.
Aveva un lavoro da fare.
“Cosa ti ha detto?” chiese a Stasia voltandosi verso di lei. La telefonata tra le sorelle non era stata lunga. Ed Em era stata fortunata. Solo Erin e Willa erano partite per tornare in città. Lui, Gibson, Stasia, Owen, Rowe e Vega erano ancora alla fattoria e pronti a discutere del lavoro. Potevano agire rapidamente.
Parte dell’energia nervosa di Stasia si sciolse mentre parlava. “Ha trovato qualcosa che sembrava essere stato fatto a pezzi da un licantropo. Sembrava impaurita. Ma poi l’hanno chiamata a fare il controllo del suono. Stasera c’è un concerto.”
Ad Andre venne quasi da ridere, ma si trattenne. Sembrava che qualcuno avesse fatto ad Em uno scherzetto e che lei si fosse spaventata. “Non ha una sua squadra di sicurezza?”
Lei annuì. “Sì. Li ho incontrati. Sono una buona squadra. Ma non sanno niente di noi.” Stasia si guardò intorno nella stanza. “Ed Em non rivelerà il segreto. Non so se ci sia davvero qualcosa che la minaccia. Ma lei non è un’isterica. È la persona più equilibrata che abbia mai conosciuto.”
“Esiste qualcosa di simile a una rockstar equilibrata?” chiese Rowe con un sorrisetto.
Andre avrebbe voluto aggredirlo per aver insultato Em, anche se una parte di lui concordava con quell’osservazione. Ci voleva un qualche tipo particolare di follia per bramare la fama.
“È di mia sorella che stai parlando,” disse Stasia con un’occhiata gelida.
Owen ringhiò. Non era necessario che dicesse nulla. Ed era un ringhio nuovo, da quando faceva coppia con Stasia. Se era qualcosa che derivava dal trovare la propria compagna, allora Andre sperava di non scoprire mai la sua.
Era un uomo che per un caso fortuito si era trasformato in un licantropo. Non sentiva affatto il bisogno di trasferire quei tratti animaleschi alla sua natura umana.
“Sembra piuttosto semplice,” disse, come se il tutto fosse già deciso. “Mi presento, do un’occhiata in giro e verifico se possa o meno trattarsi solo di uno scherzo. E se invece lei dovesse essere esposta a qualche tipo di minaccia soprannaturale, allora me ne occuperò.”
“Pensiamo che esistano altri lupi?” chiese Vega.
“Non lo so, ma ho intenzione di scoprirlo.”
Due anni prima, mentre erano di stanza in Germania lui e gli altri membri del branco erano stati rapiti da una specie di malvagio stregone e portati nei boschi. Un rituale li aveva trasformati in licantropi. Ma Stasia rappresentava la prima prova del fatto che loro potessero creare altri lupi, e nessuno di loro sapeva se esistessero altri branchi.
La magia doveva essere un’effettiva realtà; Andre ne era stato testimone con i suoi stessi occhi, anche se ignorava quanto fosse diffusa o se streghe e stregoni appartenessero invece alla leggenda. Ma esistevano altri lupi mutaforma? O loro erano un’anomalia?
Era il momento di andare a cercare Em e di scoprirlo.