Capitolo III

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Capitolo IIIIl Bosco di Diana La curiosità aveva svegliato Adam Salton di buon’ora ma, per quanto mattiniero, quando scese in salotto trovò Sir Nathaniel ad attenderlo. Il vecchio era pronto per una lunga passeggiata, se necessario e i due si misero immediatamente in cammino. Sir Nathaniel lo guidò in silenzio verso est e giù dalla collina. Risalirono poi il ripido pendio di un’altura adiacente, più bassa rispetto a quella dove sorgeva il castello ma posizionata in modo tale da dominare tutte le colline che coronavano il crinale. Intorno alla cresta spuntavano rocce, nude e tetre, spaccate in formazioni naturali irregolari. L’intera formazione ricordava nella forma il segmento di un cerchio, con i punti più alti rivolti verso l’interno e a occidente. Al centro sorgeva il castello, nel punto più alto in assoluto. Tra le varie escrescenze rocciose si vedevano gruppi di alberi di varie misure e altezze e tra queste si poteva intravedere qualcosa che alla luce del mattino potevano sembrare rovine. Queste – qualsiasi cosa fossero – erano di massiccia pietra grigia, forse calcare tagliato rozzamente – se davvero non si trattava di formazioni naturali. Il più grande gruppo di alberi occupava la più bassa delle colline, quella più a oriente, ed era formato da querce molto antiche. Il suo fianco era tanto ripido che qua e là pietre e alberi sembravano sospesi sulla pianura sottostante. A questo livello correvano molte sorgenti e si notavano diverse pozze azzurre, dove l’acqua era chiaramente profonda. Il sole si era alzato nel cielo a oriente e rivelava ora tutti i dettagli. Sir Nathaniel si fermò e si guardò intorno, come ad apprezzare le sensazioni offerte dalla vista, poi allargò le braccia, spostando le mani lungo la linea dell’orizzonte, come a indirizzare l’attenzione di Adam sul panorama intorno a lui. Il gesto fu rapido, come a suggerire all’altro di assorbire tutto in uno sguardo, nel suo insieme e non nei dettagli. Dopo indicò di nuovo l’orizzonte con un gesto simile, ma più lento, invitandolo questa volta a prestare attenzione ai dettagli. Adam era uno studente attento e volenteroso e seguì i gesti con precisione, senza dimenticare – o provando a non dimenticare – nulla. Dopo aver ripetuto la stessa operazione per l’orizzonte occidentale, Sir Nathaniel disse: «Ti ho portato qui, Adam, perché mi sembra il posto migliore per cominciare la nostra indagine. Hai adesso davanti a te la quasi totalità dell’antico regno di Mercia. Ne vediamo adesso, in teoria se non in pratica, la totalità, fatta eccezione per la zona oggi coperta dalle Marche Gallesi e per quelle zone che rimangono coperte alla nostra posizione dalle alture a ovest. Possiamo vedere – di nuovo, in teoria se non in pratica – tutta la sezione orientale del regno che andava in direzione sud dall’Humber al Wash. Vorrei ricordassi l’orientamento del terreno perché potremmo aver bisogno di riportarlo alla mente quando considereremo le antiche tradizioni e superstizioni, nel tentativo di identificarne un’origine razionale. Credo faremmo bene a non differenziare tra l’une o l’altre, meglio permettere loro di prendere posto mentre procediamo. Ogni leggenda, ogni superstizione che incontreremo ci fornirà delucidazioni e permetterà di comprendere meglio le altre. E poiché tutte hanno origine locale, saremo più vicini alla verità – o alla probabilità – se apprenderemo le condizioni locali mentre ci muoviamo. Sarà utile anche raccogliere quante più informazioni geologiche ci sarà possibile. Per esempio, i materiali edili usati nelle varie epoche possono fornire ottime informazioni all’occhio capace di comprendere. La stessa costituzione, altezza e forma di queste colline, come anche della pianura che ci separa dal mare, hanno lo stesso valore di libri illuminanti». «Per esempio, signore?» disse Adam, azzardando una domanda. «Per esempio, guarda alle colline che circondano la più grande, quella dove si è saggiamente scelto di costruire il Castello – sul terreno più alto. Guarda le altre. C’è qualcosa di evidente in ognuna di loro e con ogni probabilità qualcosa di non visto e non dimostrato, ma che può essere immaginato, in ognuna di loro». «Per esempio?», continuò Adam. «Consideriamole una alla volta. Quella a est, dove si trovano gli alberi, in basso. Lì un tempo sorgeva un tempio romano, possibilmente fondato su un tempio druidico pre-esistente. Il nome implica la prima ipotesi e il bosco suggerisce la seconda». «Spiegatevi, vi prego». «La traduzione del vecchio nome è «il Bosco di Diana». La collina più alta, ma appena oltre, si chiama Misericordia. Con ogni probabilità si tratta di una corruzione o forse una familiarizzazione della parola Mercia, mescolata a un gioco di parole. Sappiamo da antichi manoscritti che il posto era chiamato Vilula Misericordice. Era in origine un convento fondato dalla regina Bertha ma dimesso poi da re Penda, il reazionario favorevole al paganesimo venuto dopo Sant’Agostino. Poi vediamo la proprietà di tuo zio, il Poggio. Per quanto sia così vicina al Castello, non ci sono legami tra le due. È un territorio libero e, per quanto ne sappiamo, altrettanto antico. È sempre appartenuto alla tua famiglia. «E ora rimane solo il Castello!» «Esatto, ma la sua storia contiene la storia di tutti gli altri – in effetti, l’intera prima parte della storia d’Inghilterra». Sir Nathaniel vide la curiosità sul volto del giovane e proseguì. «La storia del Castello non ha un vero inizio, per quanto ne sappiamo. Le testimonianze più antiche semplicemente ne accettano l’esistenza. Alcune di queste – potremmo chiamarle stime – sembrano indicare la presenza di una qualche struttura precedente all’arrivo dei romani e quindi doveva trattarsi di un luogo di grande importanza in epoca druidica, se davvero quello era l’inizio. Ovviamente i romani lo inglobarono, come facevano con ogni cosa che era o poteva essere utile. Il cambiamento si nota nel nome Castra. Era il terreno più alto e meglio protetto e quindi divenne il più importante dei loro campi. Lo studio di una mappa ci potrebbe dire che divenne uno dei più importanti centri strategici. Permetteva di proteggere le avanzate già completate verso nord e l’accesso alla costa e al mare a est. Forniva riparo alle Marche Gallesi, oltre le quali si trovavano il selvaggio Galles e il pericolo. Forniva un appoggio per raggiungere il fiume Severn, intorno al quale si snodavano le grandi strade romane che erano in costruzione all’epoca e rendeva accessibile la grande via d’acqua fino al cuore dell’Inghilterra, navigando il Severn e i suoi affluenti. Era un collegamento tra oriente e occidente attraverso la via più rapida dell’epoca. Infine, era un modo per raggiungere Londra e tutta la parte del paese irrigata dal Tamigi. «Con un centro di questo tipo, già conosciuto e organizzato, è facile capire perché ogni ondata di invasioni – Angli, Sassoni, Dani e Normanni – lo ritenesse un possedimento desiderabile e se ne assicurasse la conquista. In tempi precedenti era solo un punto di osservazione privilegiata, ma quando i romani portarono fortificazioni solide e inespugnabili alle armi dell’epoca, la posizione dominante ne assicurò un’adeguata costruzione ed equipaggiamento. Fu così che il campo fortificato dei Cesari si trasformò in un castello di Re. E poiché siamo ancora all’oscuro persino dei nomi dei primi re di Mercia, nessuno storico è stato in grado di indovinare quale re ne abbia fatto il suo ultimo baluardo e suppongo non lo sapremo mai. Nel tempo, con lo sviluppo dell’arte della guerra, è aumentato di dimensioni e forza e per quanto non esistano archivi scritti, la storia non è stata scolpita solo nella pietra dell’edificio ma anche nelle modifiche della struttura. Poi la conquista Normanna ha epurato tutti gli archivi minori esclusi i propri. Oggi, dobbiamo accettarlo come uno dei primi castelli della Conquista, forse non più tardi di Enrico I. Romani e Normanni erano popoli attenti alla manutenzione di luoghi di comprovata forza e utilità. E quindi queste alture, attrezzate e in un certo senso provate, furono preservate, le loro caratteristiche conservate e oggi ci forniscono una lezione su eventi dimenticati da tempo. «Abbiamo parlato a lungo di alture fortificate, eppure anche le valli hanno loro una storia. Ma come passa il tempo! Dobbiamo affrettarci verso casa, altrimenti tuo zio si chiederà cosa ne è stato di noi». Mentre parlava si dirigeva a lunghi passi verso il Poggio e Adam correva – senza darlo a vedere – nel tentativo di tenere il passo. Quando arrivarono nei pressi dell’abitazione, Sir Nathaniel disse: «Mi dispiace dover interrompere la nostra conversazione, ma è solo rinviata. Ci tengo a raccontarti – e sono sicuro tu voglia conoscere – tutto quello che so di questo posto. E, se non mi sbaglio, la prossima parte della storia sarà ancora più interessante della prima».
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