L'italiano non è la mia lingua madre, sono uno studente di questa lingua e farò del mio meglio in questa storia perché voglio metterla in pratica. Mi scuso per gli errori che troverete e se avete applicazioni di grammatica fatemelo sapere. Grazie per l'opportunità.
XXX
Il biondo guardò le sue muse, una più bella dell'altra. C'erano brune, castane, bionde, rosse, lentigginose, lentigginose, voluminose. Una fila di bellezze tra cui scegliere. Li amava come la sua vita e per lo stesso motivo non riusciva a decidere quale mandare.
Ares, il dio della guerra. Era un maniaco, un tiranno, una bestia.
- E? Cosa sarà? - chiese la sorella con le mani sui fianchi un po' infastidita dall'attesa.
Si accigliò ancora incapace di decidere, sembravano tutti spaventati.
- Non capisco perché deve essere una delle mie muse- disse, rimandando il momento del parto.
- E' quello che ha ordinato la mamma. - rilascia Hebe infastidita dal comportamento riluttante della star.
- Può guarire se stesso.
- È quello che la mamma ha ordinato - disse ancora sua sorella. Apollo sapeva che se Era avesse ordinato qualcosa, era meglio per lui obbedire, altrimenti la regina avrebbe preso molto male il rifiuto.
Senza scelta, si rivolse di nuovo alle sue muse. Doveva scegliere qualcuno di forte, qualcuno che non si sarebbe fatto spaventare dal dio della guerra come tutti quelli che conosceva. Qualcuno... così irrispettoso e altezzoso che è diventata fastidiosa. Sorrise guardando la rossa.
Lei lo guardò di nuovo, e i suoi occhi lampeggiarono di paura. Non l'ho lasciato mostrare a lungo però. La paura divenne fuoco nei suoi occhi.
- Vieni qui, Daria.
La musa si avvicinò e lui le prese il viso con entrambe le mani.
- Se ti senti minacciato in qualche modo, esci da lì in quel preciso momento. Capisci?
Lei lo fissò e annuì.
Daría era stata portata al tempio di Apollo da pochissimo tempo, non si era ancora abituata ad avere un padrone ed era molto ribelle, si potrebbe anche dire che fosse selvaggia.
Ciò la fece apprezzare particolarmente da Apollo. Non si è solo lasciata guidare, ha lottato contro corrente.
Vide come la musa veniva portata da sua sorella alla carrozza e sospirò. speravo che andasse bene. Sebbene fosse lei a servire un dio così minaccioso, poteva scacciarlo dalla sua mente in qualsiasi momento.
XXX
Daría guardava partire la dea bionda, l'aveva lasciata alla porta delle stanze del dio ed era fuggita. Che dea.
Bussò alla grande porta dorata ma nessuno rispose, costringendosi a farsi coraggio, spinse la porta e varcò la soglia.
Tutto sembrava calmo come se fosse solo. Forse era andato a guarire altrove.
Dopotutto, non avrebbe più dovuto vivere sull'Olimpo. Non era ancora arrivata quando era successo, ma le altre muse le avevano raccontato la storia di Ares e di Afrodite.
Scoperto in pieno tradimento del marito della dea ed esposto alla vergogna di essere visto da tutti gli dei in pieno svolgimento. Era stato uno dei motivi principali per cui il dio della guerra era fuggito in Tracia, quello e l'esilio di sua sorella Eris.
Fece un altro paio di passi quando udì un gemito. Si è congelato. Era lì, era lì.
Bene, questo è quello a cui era arrivato, e prima finiva, prima se ne sarebbe andato.
Si avvicinò alla stanza del dio e varcò la soglia. Lo vide sdraiato sul letto, tremante di dolore, nonostante la sua mole immensa, sembrava quasi... indifeso.
Si avvicinò a lei fino a toccarle il braccio, l'uomo si voltò così velocemente da farla sobbalzare, il suo sguardo era feroce come quello di un leone e il suo viso così brutale da farla indietreggiare. Gli ricordava un animale ferito che vaga nel buio per leccarsi le ferite in pace.
- Io... sono... una musa... io... sono stato mandato... per... per... aiutarti, con... le tue ferite.
- Long, non ho bisogno del tuo aiuto. La voce del dio era così roca e profonda che ricordava a Daria un essere della foresta oscura.
La musa abbassò lo sguardo sul suo braccio, fu catturata dalla mano enorme del dio e voleva gridare.
La minaccia, minacciata, cosa aveva detto Apollo delle minacce?
-Io... io... mi dispiace...
Il volto del dio si contrasse, sulla sua fronte si formarono piccole gocce di sudore e si stese a terra a causa dell'intenso dolore.
-Stai bene? - La musa uscì spaventata.
Fino ad allora noto l'enorme macchia dorata sulle lenzuola bianche. Il dio stava sanguinando.
Cerco velocemente i materiali per pulire le sue ferite e fasciarlo. Tornò e cercò di sistemarlo in una posizione migliore ma il dio, con un braccio, la scaraventò sul pavimento della stanza.
-Ti ho detto di uscire. - Emise quasi un ringhio.
-Lo farò. Dopo che avrò guarito le tue ferite.
Il dio la guardò con odio ma tacque. Non aveva più forza per combattere.
La musa riuscì a metterlo sulla schiena e iniziò a pulire l'enorme ferita sul suo ventre.
Il dio era stato completamente trafitto da una lancia. Non aveva mai visto niente del genere, non era che avesse visto molte ferite in vita sua. Era una musa, non un'arpia. Per tutti gli dei!
Ha pulito le sue ferite e lo ha venduto come meglio poteva. L'uomo era caduto da tempo in uno stato di incoscienza e quando ebbe finito, poté finalmente vederlo senza paura che gli venissero staccate la testa.
La sua pelle era dorata, i suoi capelli neri come il carbone, lunghi fin sotto le spalle, e il suo viso sembrava scolpito dallo stesso Zeus. E i suoi muscoli, non aveva mai visto quei muscoli, duri come una roccia, ma lisci come la seta. Le sue labbra, potrebbero essere così perfette? Erano morbide come sembravano? Il suo naso era un po' grande e storto, sicuro delle battaglie passate, ma lo faceva solo sembrare più virile. La sua folta barba nera gli incorniciava il viso così perfettamente che non lo sorprese che Afrodite si fosse innamorata di lui. Lei, che amava solo la bellezza, aveva avuto l'uomo più bello dell'Olimpo.
Non sapeva perché, ma rimase al suo fianco fino al sorgere del sole.
Il sonno la sopraffece senza che lei nemmeno se ne rendesse conto e si addormentò accanto a lui. Avendo visto il suo volto perfetto come l'ultima cosa prima di cadere tra le braccia di Morfeo.