VII. LE ANGOSCE D’UNA MADRE.
Niuno potrebbe immaginarsi una creatura più desolata e afflitta della povera Elisa quando si allontanò dalla capanna dello zio Tom. Il pensiero dei patimenti e dei rischi ai quali era esposto suo marito, e dei pericoli che minacciavano il suo figlioletto, si univa all’ambascia da lei provata nell’abbandonare l’unica famiglia che avesse mai conosciuta, e nel perdere la protezione di un’amica che essa aveva sempre amata e rispettata.
Inoltre, tutto pareva che le desse un malinconico addio: i luoghi che l’avevano veduta crescere, gli alberi sotto la cui ombra essa aveva tante volte folleggiato, i boschetti dove in giorni più felici aveva passato tante belle sere passeggiando col suo giovane sposo; tutto ciò che discerneva in quella limpida e fredda notte stellata, sembrava farle un rimprovero d’ingratitudine e chiederle ragione di quell’abbandono. Ma su tutti gli altri sentimenti prevaleva in essa l’amore materno, reso più smanioso dall’imminenza del tremendo pericolo. Il ragazzo era abbastanza grandicello per camminare dietro a sua madre, ed in qualunque altra occasione essa lo avrebbe condotto per mano, ma a quell’ora, il solo pensiero di deporlo a terra la faceva rabbrividire, e nella impetuosa fuga lo stringeva al seno con una forza convulsa. Il gelo ond’era coperta la terra le scricchiolava sotto i piedi, e a questo rumore ella sussultava di spavento. Il tremar di una foglia, il vacillar di un’ombra le facevan rifluire il sangue verso il cuore, ed ella accelerava la corsa. Si stupiva della forza che le era cresciuta davvero a mille doppi, poiché il peso del suo bimbo le pareva quello di una piuma; l’aculeo della paura aumentava ogni momento la forza soprannaturale da cui essa era spinta. E intanto, le sue labbra scolorite si aprivano ad ogni tratto per invocare l’assistenza del supremo Protettore. — Signore, aiuto! Signore, salvatemi Voi che potete! — diceva essa. Il bimbo dormiva. Da principio la novità ed il timore lo tennero desto; ma la madre sua ratteneva perfino il fiato, e gli diceva sì spesso che se stava quieto lo salverebbe, ch’egli le si avvinghiò strettamente al collo, né più parlò se non per domandarle, quando si sentiva cascar dal sonno: — Mamma, è necessario ch’io mi tenga desto? — No, gioia mia; dormi, se ne hai voglia. — Ma se dormo, mamma, non mi lascerai portar via? — No, se Dio m’aiuta! — disse la madre diventata più smorta in viso, e coi grandi suoi occhi neri splendenti di più viva luce. — Ne sei ben certa, non è vero, mamma? — Sì, ben certa! — ripeté la madre, con voce di cui ella stessa si maravigliò perché le parve che le venisse da uno spirito interno che non faceva parte di lei stessa. Ed il fanciullo lasciò ricader la sua testa assonnata sopra la spalla della madre. Oh, come il calore di quelle piccole braccia, il soave respiro che ella si sentiva alitare sul collo, aggiungevano fuoco e coraggio alla sua corsa! Ogni movimento del tranquillo bambino addormentato le comunicava una specie di energia elettrica. È tale l’impero dello spirito sul corpo, che per alcun tempo vale a rendere le carni e i nervi insensibili e a dar loro una tempra d’acciaio, fino al punto di cambiare in forte il debole. I limiti della fattoria, il boschetto, il bosco, le passarono come un turbine, tanto rapido era il suo cammino. Lasciandosi poi addietro, uno dopo l’altro, i luoghi che le erano familiari, essa continuò senza posa fino a che i primi chiarori dell’alba la sorpresero sulla strada maestra ben lungi da tutto ciò che ella conosceva. Spesso s’era recata con la sua padrona a visitare alcune famiglie in un piccolo villaggio poco distante dall’Ohio, e sapeva bene la strada. A quel villaggio ed al grosso fiume che si proponeva di attraversare, terminava il suo piano di fuga. Al di là, essa poneva ogni sua speranza in Dio. Quando sulla strada cominciarono a comparire cavalli e vetture, essa, con quella pronta perspicacia che è propria d’uno stato di agitazione, e che potrebbe dirsi una specie d’ispirazione, si avvide che il suo camminare frettoloso e il suo aspetto turbato potevano attirare su lei osservazioni e sospetti. Elisa pose allora in terra il fanciullo, e, rassettandogli le vesti e la berretta, camminò tanto lesta, quanto poteva fare senza dar troppo nell’occhio. Non aveva dimenticato di porre in un fagottino mele e focacce, che le erano d’aiuto per affrettare i passi del bimbo, rotolando essa le mele dinanzi a lui fino a qualche distanza, di mano in mano che egli correva loro appresso con tutte le sue forze. Con tale astuzia, sovente ripetuta, percorsero più di mezzo miglio. Entrarono quindi in un fitto bosco attraverso il quale mormorava un limpido ruscello. Siccome il fanciullo si lagnava di aver fame e sete, ella scavalcò la siepe e, seduta dietro un masso che la nascondeva agli occhi dei passanti, gli diede una colazione tolta dalle sue provvisioncelle. Il bambino voleva che essa pure mangiasse; ma quando, mettendole intorno al collo le braccia, tentò d’introdurle in bocca un pezzetto della sua focaccia, ella si sentì venir meno il respiro e credette d’esser sul punto di affogare. — No, no, Enrico, dolce amor mio; la mamma non può mangiare fino a che non ti ha recato in salvo. Bisogna che andiamo innanzi, innanzi, finché giungeremo in riva al fiume. — E si ripose in cammino, sforzandosi di andar oltre con passo misurato e composto. Aveva passato già di parecchie miglia tutti i dintorni dove poteva essere riconosciuta. Pensava per altro che se pure facesse qualche incontro, la fama di bontà della famiglia Shelby renderebbe impossibile la supposizione che ella ne fosse fuggita. E siccome tanto lei che il fanciulletto erano di carnagione prossima al bianco, tanto da poter sfuggire al sospetto di appartenere ad una razza di colore, salvo un attento esame, le riusciva più facile passar oltre senza essere osservata. Rincorata da questa speranza, si fermò verso il pomeriggio presso una bella fattoria per riposarvisi alquanto e comperare qualche cibo per sé e per il fanciullo; poiché, quanto più il pericolo diminuiva a mano a mano che s’allontanava, la soprannaturale tensione del suo sistema nervoso andava calmandosi, ed ella si sentiva mancare di stanchezza e di fame. La padrona della fattoria, buona e graziosa donna, parve ben lieta d’aver qualcuno con cui scambiar due parole, e non chiese altro dei fatti d’Elisa, quando ebbe udito che faceva un viaggetto per andar a passare una settimana presso alcuni suoi amici: il che in cuor suo augurava fosse vero. Un’ora prima del tramonto, essa entrò nel piccolo villaggio cui era diretta, sfinita, spedata, ma forte ancora di coraggio. Il primo suo sguardo fu rivolto all’Ohio, che, come il Giordano, la separava dalla terra promessa. Erano i primi giorni di primavera, ed il fiume volgeva gonfio e torbido; grandi masse di ghiaccio galleggiavano qua e là poderosamente in quelle acque fangose. A cagione della forma particolare della sponda del Kentucky, il cui terreno s’avanza molto nell’Ohio, una grande quantità di ghiaccio erasi accumulata in quel luogo. Lo stretto canale formato dal fiume era ingombro di ghiacci enormi che, quasi a modo di zattere, coprivano tutta la superficie della fiumana e si stendevano fino a toccar la sponda del Kentucky. Elisa si soffermò un istante a contemplare quello spettacolo non troppo grato per essa, poiché comprese subito che la barca per attraversare il fiume doveva aver interrotto il servizio consueto; si risolse dunque di entrare in una piccola locanda presso la riva per procurarsi informazioni. L’ostessa, tutta intenta alle faccende della cucina dove preparava il pasto della sera, si voltò senza deporre la forchetta che aveva in mano, quando Elisa le si rivolse con la sua voce soave e lamentevole. — Che c’è? — diss’ella. — Non c’è qui una barca o una zattera per passare sull’altra riva? — No davvero: — rispose la donna — le barche non tragittano, ora. — L’inquietudine e lo scoraggiamento che si leggevano in volto ad Elisa diedero nell’occhio alla sua interlocutrice, che soggiunse con un piglio di curiosità: — Voi vorreste tragittare il fiume, non è vero? Avete qualcuno de’ vostri malato? Mi sembrate addolorata. — Ho un figlio in gran pericolo; — disse Elisa — l’ho saputo soltanto la notte scorsa, e vengo da molto lontano nella speranza di passar con la barca. — Veramente, è una sventura! — esclamò la donna le cui materne simpatie si erano risvegliate. — Me ne duole sinceramente per voi. — E mettendo il capo alla finestra gridò: — Salomone! — Un omaccione col grembiale di cuoio e con le mani sudice comparve sull’uscio. — Dite un poco, Salomone: — continuò la donna — credete che quell’uomo stasera porti i barili? — Ha detto che tenterebbe il passaggio ove gli sembrasse di potersi arrischiare, — rispose colui. — Non lungi di qui c’è un uomo che passerà il fiume stasera per recare alcune merci, se pur non si lascia scoraggiare; egli verrà qui a cena; non potreste far altro di meglio che sedervi e attenderlo. Che bel bambino! — ella soggiunse offrendogli una focaccetta. Ma il fanciullo, interamente spossato, piangeva di stanchezza. — Povero piccino! Non è avvezzo a camminar molto, ed io invece l’ho fatto tanto sgambettare!... — disse Elisa. — Allora ha bisogno di un po’ di riposo, — suggerì la donna aprendo l’uscio di una cameruccia nella quale trovavasi un buon letto. Elisa portò il proprio figlio sopra il letto e tenne le piccole mani di lui entro le sue, fino a che si addormentò. In quanto a lei, il riposo non era possibile. Il pensiero d’essere inseguita la stimolava a fuggire. Consumandosi d’impazienza, ella guardò a lungo le acque lente e rigonfie che si stendevano tra lei e la libertà. Ed ora, prendendo breve commiato da essa, teniamo dietro alle mosse di coloro che la inseguono. La signora Shelby aveva promesso che il pranzo quanto prima sarebbe allestito: ma si poté vedere in questa occasione, come in molte altre si vede, che per concludere un mercato bisogna essere più d’uno. Cosicché, quantunque l’ordine fosse stato dato in tutta regola, e benché Haley con le sue proprie orecchie l’avesse udito e mezza dozzina almeno di giovani messaggeri lo avessero portato alla zia Cloe, questa dignitaria aveva preso un atteggiamento oltremodo stizzoso, e brontolando e crollando il capo proseguiva le sue operazioni con una lentezza ed una mala grazia veramente insolite. Ad ogni modo sembrava che tutti i servi della casa supponessero che la padrona non s’avrebbe poi tanto a male di quei ritardi; ed era una maraviglia il succedersi non interrotto di tristi casi che attraversavano il corso delle faccende. Uno sguattero ebbe a rovesciare la salsa, e bisognò mettersi a comporla di nuovo con la debita cura. La zia Cloe, vegliando a tutto, governando ogni particolarità della cucina con una burbera precisione, altro non rispondeva ai suggerimenti che le venivano dati perché si spicciasse, se non che essa non era tal donna da mandare in tavola una salsa mal cotta perché altri potesse correr dietro ad una misera schiava. Uno dei servi inciampò con la secchia ricolma, e dovette tornare ad attingere acqua alla fontana; un altro, nella serie delle disgrazie, gettò per terra tutto il burro. Di quando in quando scoppiavano dalla cucina sghignazzate insultanti se taluno veniva a dire che Haley pareva tormentato dalla maggior noia del mondo, che non poteva star fermo sulla seggiola, e che andava a veniva da una finestra all’altra, o lungo il portico. — Gli sta bene! — diceva la zia Cloe sdegnosamente. — Incontrerà peggio uno di questi giorni, se non si emenda. Quegli che è suo vero padrone lo chiamerà, ed allora si vedrà qua! faccia sarà la sua. — Egli andrà all’inferno addirittura, — disse il piccolo Jake. — E n’è ben degno, — soggiunse la zia Cloe. — Molti e molti cuori egli ha spezzati, ve lo dico io! — continuò sollevando la mano armata d’una forchetta. — Gli è come ciò che il padroncino Giorgio ci leggeva nel libro delle Rivelazioni. Le anime gridano di sotto all’altare, esse gridano al Signore per aver vendetta, e presto il Signore le esaudirà... oh, sì, le esaudirà! — La zia Cloe era talmente venerata, nella cucina, che tutti l’ascoltavano a bocca aperta; e trovandosi allora il pranzo finalmente imbandito, tutti gl’inservienti e gli sguatteri ebbero agio di cicalare con essa e di ascoltare le sue osservazioni. — Egli arderà per sempre, non è vero? — domandò Andy. — Sarei ben contento di vederlo, ve l’assicuro! — disse il piccolo Jake. — Figliuoli! — fece una voce che li scosse tutti. Era lo zio Tom che entrava in quell’istante ed aveva udito le loro ultime parole. — Temo che non sappiate nemmeno quello che vi dite. Per sempre è un detto terribile, miei cari, è una cosa tremenda a pensare! E voi non dovreste desiderar ciò per nessuna creatura umana. — Non vorremmo vedervi che questi trafficanti d’anime, — disse Andy, il quale non poteva far a meno di augurarlo loro. — Sono gente così vile e scellerata! — Non sembra che la natura stessa gridi contro di loro? — replicò la zia Cloe. — Non strappano essi il lattante dal seno della propria madre per venderlo? E i fanciulletti che strillano attaccati alla sua veste, non li pigliano essi a forza spietatamente per farne traffico? Non dividono forse il marito e la moglie? — e cominciò a piangere. — E non è questo come se togliessero loro la vita? E ciò forse reca ad essi il minimo rincrescimento? Non se la sbevazzano, eh? Non fumano, non si danno buon tempo mentre fanno tali cose? Signore Iddio, se il diavolo non se li ghermisce, che è buono a fare? — E la zia Cloe si coprì il viso col grembiule, dandosi a singhiozzare senza ritegno. — “ Pregate per coloro che vi perseguitano,” — riprese a dire lo zio Tom — così trovasi scritto nel buon libro. — Pregare per essi! — esclamò la zia Cloe. — Signore Iddio, è cosa troppo dura. Io non posso pregare per essi. — È la natura che in te parla, o Cloe, — disse Tom — e la natura è forte: ma anche più forte è la grazia del Signore. D’altra parte, considera in quale stato orribile deve trovarsi una povera creatura che può fare di tali cose! Ringrazia piuttosto Iddio di non essere come lui, o Cloe. Per certo io preferirei d’essere venduto mille volte, anziché aver sulla coscienza tutto il male commesso da quello sventurato. — E io no, forse? — disse Jake. — Anche noi pensiamo lo stesso, non è vero, Andy? — Andy alzò le spalle e fece udire un sibilo di approvazione. — Sono contento — disse Tom — che il padrone non sia uscito stamani come n’aveva mostrato intenzione, benché la cosa sarebbe stata naturale. Tuttavia, ciò avrebbe dato un cordoglio inesprimibile a me, che lo conobbi da piccolino. Ma ho veduto il padrone, e comincio a sentirmi un po’ riconciliato con la volontà di Dio. Giacché il padrone non poteva impedir ciò, egli ha fatto bene. Ma temo che le cose vadano alla peggio, quand’io non sarò più in questa casa. Niuno può pretendere che il padrone basti a sorvegliar tutto come facevo io, e attenda ad ogni cosa. Gli altri hanno buona volontà ma sono negligenti al sommo grado. Ecco ciò che mi conturba. — Qui la campana sonò, e Tom fu chiamato in sala. — Tom, — gli disse con gran bontà il suo padrone, additandogli Haley — tu devi sapere che ho promesso a questo signore un compenso di mille dollari qualora tu non ti trovassi pronto quando egli avrà bisogno di te. Ora egli se ne va per altri suoi affari, e tu puoi spendere le ore di questa giornata come credi meglio. Profitta dunque a tuo piacere della concessione, figliuolo mio. — Grazie, padrone, — disse Tom. — E ricordati bene — soggiunse Haley — che non si deve fare al tuo padrone una delle vostre solite burle da negri; perché se non sei al tuo posto, io pretenderò il denaro fino all’ultimo quattrino. Se egli volesse darmi ascolto, non si fiderebbe né di te, né di alcun altro. — Padrone,— rispose Tom rivolgendosi al signor Shelby — io avevo precisamente otto anni allorché la mia defunta padrona vi pose nelle mie braccia, e voi non avevate ancora un anno. «— Tom, — diss’ella — ecco il tuo padroncino; abbine ogni più attenta cura. — «E adesso, dite, o padrone, non vi fui sempre fedele? Vi ho mai disobbedito in alcuna cosa, specialmente da che sono divenuto cristiano? — Shelby era tutto commosso, e gli occhi gli s’inumidirono di lacrime. — Mio buon figliuolo, — diss’egli — Dio sa che tu dici la verità, e se io avessi modo di aggiustar le cose altrimenti, il mondo intero non ti pagherebbe. — E quanto è vero che io sono cristiana, — disse la signora Shelby — tu sarai riscattato non appena io abbia potuto mettere insieme quanto bisogna. — Indi rivolta ad Haley disse: — Signore, prendete ben nota della persona che lo comprerà, e fatemela poi conoscere. — Volentieri; — disse il trafficante — del resto, io posso condurlo in buono stato fra un anno, e rivenderlo a voi stessa. — E io lo ricomprerò allora, e voi ci avrete il vostro bel vantaggio, — disse la signora Shelby. — Va benissimo; per me è tutt’uno: o ci sia da scendere o da risalire il fiume, che importa? Basta che gli affari vadano prosperamente. Io cerco di campar la vita come fa ogni altro, capite bene? — I coniugi Shelby erano ambedue stanchi ed umiliati della familiarità impudente di Haley, e nondimeno entrambi vedevano l’assoluta necessità di contenersi. Quanto più egli si mostrava duro e sordo, quanto più la signora Shelby temeva che gli potesse venir fatto di raggiungere Elisa e il suo fanciullo, e tanto più essa moltiplicava, per ritenerlo, i suoi donneschi artifizi. Sorrideva ogni tanto graziosamente, approvava i detti di lui, gli teneva discorso con modi familiari, e faceva di tutto perché non badasse allo scorrere del tempo. Alle due, Samuele e Andy condussero i cavalli, ai quali la scappatella del mattino aveva dato maggior lestezza e vigore. Samuele tutto infervorato dal pranzo, pieno di zelo e di officiosità, era là pronto. Quando Haley si avvicinò, Samuele discorreva con fiorita eloquenza dell’infallibile buon successo della corsa che ora ben da senno stavano per fare. — Il tuo padrone, suppongo, non ha cani? — disse Haley sbadatamente, mentre si disponeva a montare in sella. — Cani? Anzi, ne ha molti! — disse Samuele baldanzosamente. — Guardate: questo, Bruno, è un eccellente abbaiatore!... E del resto, noialtri negri abbiamo quasi tutti un cane. — Poh! — fece Haley, e soggiunse alcunché in proposito dei cani. Samuele borbottò fra i denti: — Non vedo perché si abbiano a maledire queste povere bestie! — Ma il tuo padrone non tiene alcun cane per seguire i negri alla traccia? — Samuele comprese perfettamente che cosa egli volesse dire con ciò, ma assunse un tale aspetto di semplicità, da non sperarne soddisfacenti risposte. — Tutti i nostri cani fiutano da lontano stupendamente e sono della specie migliore, benché non abbiano ancora molta pratica. Ad ogni modo, sono cani bravissimi per qualunque servizio, ove siano bene lanciati. Qua, Bruno! — gridò, e fece un acuto fischio per presentargli un saggio della truppa canina. Subito un cane di Terranova corse verso loro. — Va’ alla forca! — disse Haley montando a cavallo. — Andiamo, presto: in sella e via. — Samuele obbedì, ma nello spiccare il salto gli riuscì destramente di solleticare Andy, il quale non poté fare a meno di dare in uno scoppio di risa, con gran collera di Haley che gli assestò un colpo di scudiscio. — Mi stupisco molto di te: — disse Samuele con una gravità imperturbabile — si tratta di un affar serio, Andy; non è tempo da ragazzate; così non si aiuta il signore. — È meglio andar difilato al fiume; — disse risolutamente Haley quando furono giunti ai limiti della tenuta — io so molto bene dove si rivolgono tutti coloro: essi non tendono che al di là. — Certo, — disse Samuele — è appunto così, il signore ha còlto proprio nel segno. Ma vi sono due strade che mettono al fiume: il sentiero di traverso e la strada maestra. Ora, quale delle due piace al signore di prendere? — Andy guardò Samuele con aria da scimunito, per la maraviglia di sentire codesto nuovo fatto geografico: ma s’affrettò a confermare con tutta prontezza quell’asserzione. — Per conto mio, — soggiunse Samuele — inclino a pensare che Elisa abbia scelto la via di traverso, perché è la meno frequentata. — Haley, benché fosse un vecchio volpone, e naturalmente disposto a sospettar delle intenzioni altrui, ora si sentì propendere per l’avviso del n***o. — Se non foste ambedue mentitori diabolici! — diss’egli tutto pensoso, fermato che si fu un istante per riflettere. L’accento di serietà con cui egli aveva detto queste parole sembrò che esilarasse stranamente Andy, il quale si tenne un po’ indietro, e dimenavasi in modo, che pareva lì lì per cader da cavallo, mentre il volto di Samuele conservava imperturbabilmente la più perfetta gravità. — Il signore può far ciò che crede: — disse Samuele — può prendere la strada diritta, se gli aggrada di più; per noi è lo stesso. Anzi, più ci penso, e più credo che la via diritta sia quella che bisogna prendere. — Essa avrà preso naturalmente la meno frequentata, — disse Haley, parlando a voce alta fra sé e non badando punto all’osservazione di Samuele. — Chi potrebbe indovinare su questo proposito? — disse Samuele. — Le donne son bizzarre, e non fanno mai nulla di ciò che altri suppone. Le donne hanno lo spirito della contradizione. E perciò, se voi credete che esse vadano da una parte, è ben certo che farete bene a correr dall’altra per raggiungerle. Ora la mia propria opinione è che Elisa abbia scelto la via peggiore; ond’io credo che sarà meglio per noi il tenere la via ordinaria. — Questi profondi concetti in generale sul sesso femminile non disposero gran fatto Haley a prendere il consiglio di Samuele; anzi egli dichiarò subito che prenderebbe la via di traverso, e domandò a Samuele quanto tempo ci voleva per giungervi. — Pochi passi ancora, e ci siamo, — rispose Samuele, ammiccando con l’occhio che era dalla parte di Andy; e soggiunse gravemente: — Ma io ho riflettuto bene: vedo chiaro che non dobbiamo andar per questa via. Non la conosco affatto; è sempre solitaria, e potremmo per essa sviarci troppo dal nostro cammino. Dove si anderebbe allora, Dio soltanto lo sa! — Eppure — disse Haley — io voglio andar per quella. — Ora che ci penso, mi pare di aver sentito dire che essa è chiusa da muricciuoli presso il fiume, non è vero, Andy? — Andy non ne aveva certezza: solo aveva sentito parlare di quella strada, ma non v’era mai passato. Ad ogni modo non volle arrischiarsi a rispondere. Haley, che era avvezzo a pesare le probabilità fra menzogne più o meno grosse, risolvé di prendere la via meno frequentata: credeva che Samuele avesse prima parlato all’impensata, e che i replicati sforzi per dissuaderlo poi dal seguirla, non fossero se non studiate menzogne a pro della fuggitiva. Perciò, quando quegli l’ebbe indicata, Haley vi si cacciò prontamente, seguito da Samuele e da Andy. Quella stradetta menava, anni addietro, sino al fiume, ma era da gran tempo abbandonata, dopo che avevano aperto al transito la nuova; perciò, continuando appena per un’ora di cammino, era poi tagliata da fattorie e da muri di cinta. Samuele ben sapeva tutto ciò; del resto era da sì lungo tempo chiusa, che Andy mai ne aveva sentito parlare. Perciò la percorreva con aria di umile rassegnazione, borbottando e gridando ad ogni tratto che era una strada abominevole e che rovinerebbe i piedi a Jerry. — Ora so che cosa valgono i vostri avvertimenti; — disse Haley — vi conosco abbastanza, né mi farete uscir di qua nonostante tutto il vostro schiamazzo. Tacete dunque una volta! — Il signore può tenere la strada che vuole, — disse Samuele con una triste sommissione, ammiccando però novamente in modo più significativo verso Andy, la cui pazza ilarità stava ormai per prorompere. Samuele era maravigliosamente vivace, e si vantava di possedere una vista acutissima. Di quando in quando esclamava che scorgeva un cappello di donna sopra un’altura a qualche distanza, o chiamava Andy perché guardasse laggiù in un burrone se non fosse Elisa che vi si discerneva. Sempre reiterava le sue esclamazioni ovunque si vedesse un luogo roccioso, dirupato, tenendo per tal modo Haley in uno stato di continua agitazione. Dopo un’ora di cammino su quella via, giunsero tutti ansanti e scalmanati nel bel mezzo del cortile d’una grande abitazione agricola. Non vi si vedeva anima vivente, perché tutti erano a lavorar nei campi; ma siccome un vasto fienile chiudeva la strada, era evidente che il loro viaggio in quella direzione aveva termine qui. — Non lo dicevo, io, al signore? — fece Samuele con aria di oltraggiata innocenza. — Come mai un signore forestiero avrebbe da saperne di più sulle cose del paese, di coloro i quali vi son nati e allevati? — Tu, furfantaccio, — disse Haley — tu lo sapevi, eh? — Non ve l’ho forse detto e ripetuto? Voi non avete voluto credermi! Io vi dicevo, o signore, che la strada era troncata da muri, e chiusa, e che io non speravo si potesse continuare oltre. Andy m’ha ben sentito, egli. — Non c’era modo di poter dire il contrario, e l’infelice capo di quella spedizione fu costretto a chiudere in sé l’ira che lo divorava; tutti e tre pertanto voltarono fronte, e s’incamminarono dal lato della strada maestra. In conseguenza di quei vari indugi, erano passati circa tre quarti d’ora da che Elisa aveva addormentato il suo bimbo nell’osteria del villaggio, quando la comitiva sopraggiunse nel medesimo luogo. Elisa trovavasi accanto alla finestra guardando in un’altra direzione, e l’occhio acuto di Samuele la riconobbe. Haley e Andy erano indietro d’alcuni passi. In quell’istante decisivo Samuele fece in modo che gli cascasse il cappello come per caso, e mandò una strepitosa significativa esclamazione. Elisa tremò tutta e si gettò vivamente all’indietro; la cavalcata passò rapida sotto la finestra, indirizzandosi alla porta dell’osteria. Quel solo istante ad Elisa parve un secolo. Una porta della camera dava sul fiume. Elisa prende il fanciulletto e corre verso la sponda. Haley la vide passar come baleno quand’essa disparve dal lato del fiume, e precipitando da cavallo e chiamando a tutta gola Samuele e Andy, si diede a correre sulle sue tracce. In quel momento terribile i piedi d’Elisa pareva avessero l’ali: in un batter d’occhio ella si trovò in riva al fiume. Ed ecco che ivi già la incalzano. Allora essa, sostenuta da quella forza che Iddio da solamente al disperato, balzò, mettendo un selvaggio grido, e si slanciò dalla riva, al disopra della torbida corrente, fin sulla massa di ghiaccio. Era un salto da non credersi, quale può tentar solamente la disperazione o la pazzia. Haley, Samuele ed Andy, còlti da stupore a quella vista, mandarono alte grida alzando le braccia. L’enorme blocco di ghiaccio sopra cui essa erasi gettata, affondavasi, scricchiolava sotto il suo peso: ma ella non vi si fermò un istante. Con urli da belva e con l’energia che la disperazione infonde, saltò su d’un altro masso, indi sopra un terzo, incespicando, saltando, lanciandosi di nuovo. Le sue scarpe son cadute, le calze strappate; dai piedi esce il sangue in copia; ma essa nulla vede, nulla sente, fino a che in confuso, come sognando, intravede la riva dello Stato dell’Ohio, e una mano protesa verso lei per aiutarla a salirvi sopra. — Tu sei una giovane coraggiosa, chiunque tu sia! — disse quell’uomo. Elisa riconobbe la voce e le sembianze di un tale che possedeva una fattoria non lungi dalla casa che testé ella aveva abbandonata. — Oh, signor Symmes, salvatemi, deh, salvatemi! Nascondetemi, — disse Elisa. — Che è stato? — diss’egli. — Questa, se non erro, è una delle donne di Shelby. — Il mio figliuolo... questo bimbo, lo hanno venduto. Colà è il suo padrone, — diss’ella, stendendo la mano verso la sponda del Kentucky. — Signor Symmes, avete voi un fanciulletto? — Sì, ne ho uno, — egli disse, traendo ruvidamente ma con bontà Elisa sulla sponda. — Del resto, sei una giovane piena di coraggio. — Quand’essa fu al sicuro sulla riva, l’uomo riprese: — Io vorrei esserti utile, ma non saprei dove collocarti. Il consiglio che posso darti è di recarti colà, — e indicava una bella e vasta casa che scorgeva a poca distanza dalla via principale del villaggio. — Cerca là un ricovero: quelli che vi stanno son brava gente. Non c’è pericolo di sorta, e ti daranno aiuto. Sono avvezzi a tali cose. — Dio vi benedica! — esclamò Elisa dal più profondo del cuore. — Non ci ho merito alcuno; — diss’egli — quel che ti ho fatto, è un bel nulla. — Oh, certamente, signore, a nessuno ne parlerete, voi! — Diamine, figliuola mia, por chi m’hai tu preso? No certo, non dirò sillaba. Su dunque, vai, bella e buona giovane; tu hai ben guadagnato la tua libertà, e l’avrai, te l’assicuro. — Elisa si strinse al petto il fanciullo, e ratta si allontanò. L’uomo stava fermo e la guardava. — Shelby forse potrà dire che questo ch’io faccio non è un atto molto amichevole. Ma che dovevo fare, io? S’egli trova una delle mie donne in una condizione simile, mi renda pan per focaccia! Io non potrò mai vedere una creatura che lotta e s’affanna per sottrarsi ai cani che la inseguono, e voltarmi contro a lei. E poi, non vedo perché dovrei dar la caccia ad un infelice per altrui vantaggio. — Così parlava quel misero pagano del Kentucky, che mai era stato istruito dei doveri costituzionali, e perciò agiva, senza avvedersene, da cristiano: il che avrebbe evitato se fosse stato più istruito in un altro ordine di idee. Haley erasi fermato spettatore attonito di quella scena, nella quale Elisa disparve dalla riva; poi, ad un tratto, rivolgendosi, fissò uno sguardo scrutatore sopra Samuele e Andy. — Ecco proprio un bell’affare! — disse Samuele. — Questa donna ha il diavolo in corpo, credo io! — esclamò Haley. — Saltava come un gatto selvatico. — Ora, — disse Samuele grattandosi il capo — io spero che il signore ci vorrà scusare se rifacciamo questa strada; io non mi sento il coraggio di passar per l’altra. — E diè in uno scroscio di risa. — Ridi, eh? — disse il mercante con piglio irato. — Dio vi benedica, signore: non posso più tenermi! — disse Samuele allentando il freno alla gioia che da lungo tempo tratteneva facendosi violenza. — Oh, che scena, buffa era il vederla saltare, slanciarsi, e fare scricchiolare il ghiaccio! Il sentire quel plum, crac, puf! Che furia, buon Dio! Come volava! E Samuele e Andy continuarono a sghignazzare finché le lacrime scorsero loro per le guance. — Vi rificcherò ben io le vostre risa in bocca! — disse il mercante, e fece sibilare alle loro orecchie lo scudiscio. Ambedue si curvarono per scansare i colpi, e mandando un grido si lanciarono dalla riva verso i loro cavalli. — Buona sera, padrone! — disse Samuele con tutta gravità. — Credo che la signora stia in ansietà per Jerry. Il signor Haley non vorrà trattenerci più a lungo. La padrona non permetterebbe che noi passassimo sopra queste bestie di notte il ponte che volle passar Lisa. — E detto ciò, pizzicando in guisa faceta le costole di Andy, saltò in sella e dietro lui il compagno, e si misero ambedue di gran galoppo; ma le loro risa si udivano ancor da lungi, portate dal vento.