1. Emma

1712 Words
1 EMMA “Deve essere lì. Per favore, guarda di nuovo”. Odio la nota lamentosa nella mia voce, ma in questa momento è impossibile non piagnucolare. Le folte sopracciglia del buttafuori quasi si toccano mentre fissa prima il suo blocco per appunti, poi me. “Scusa”, dice burbero. “Non c’è nessuna Emma Turpin qui nell’elenco”. Quello stronzo! Me l’aveva promesso! Una folata di vento minaccia di sollevare la mia minuscola gonna e prontamente sposto una mano sul sedere per bloccarla, mentre con l’altra stringo la mia borsa. “James Macklemoore. Ha detto che mi avrebbe segnato sulla lista. Lo conosci? Mi ha detto di venire qui stasera...” “Se non sei nella lista”. Il buttafuori si sporge in avanti, la sua crescente impazienza evidente. “Non sei sulla lista; quindi non entri. Solo su invito”. Alza la sua grossa testa, offrendomi una bella visuale del suo ampio collo pustoloso, e si rivolge alla donna dietro di me: “Il prossimo!” “Quindi co-cosa dovrei fare adesso?” belo. Riportando la sua attenzione su di me, anche se la signora dietro di me sbuffa, impaziente, il buttafuori alza le sue enormi spalle. “Tornare a casa?” propone. Davvero di grande aiuto! Ammettendo infine la sconfitta, mando giù un commento conciso ed esco dalla fila, facendomi da parte per permettere alla prossima persona speranzosa di sottoporsi al controllo all’ingresso. L’edificio che ospita l’ultimo e più famoso club b**m in questa zona di Richmond non sembra granché dall’esterno, ma è diventato talmente popolare in così poco tempo che la capacità è limitata, e ora è il tipo di posto in cui puoi entrare solo se conosci qualcuno. Ecco perché ho fatto salti di gioia quando la mia amica Susan mi ha detto di avere incontrato un ragazzo che poteva farci entrare. Un ragazzo che, evidentemente, ha mentito. Mi allontano di qualche passo dai buttafuori, dalla corda di velluto e dalla coda degli aspiranti ospiti del club. Ho bisogno di un momento per pensare, per riflettere sulle mie opzioni. Un venticello gelido incrocia il mio cammino, facendomi rabbrividire mentre barcollo lungo il marciapiede ombreggiato. Indosso tacchi più adatti alla camera da letto che al passeggio, una gonna così corta che non oso piegarmi per paura di un’oscena esposizione e un top con scollo all’americana che mette bene in risalto le mie tette, ma non offre niente in termini di calore o comfort. Sono le nove di sera. Stringo i denti per il freddo; ho già la pelle d’oca. E non ho la macchina. Speravo di farmela con qualcuno al club. Per riuscirci, avrei avuto bisogno di un po’ di alcol che mi desse coraggio; così avevo deciso che avrei cercato un passaggio, invece di guidare io. Una mia amica che fa la cameriera in un altro club del centro si è offerta di lasciarmi qui mentre andava al lavoro. Non mi era nemmeno venuto in mente che avrei potuto essere respinta alla porta. Susan è una delle mie migliori amiche e di solito non esce con quelli che chiamiamo ragazzacci: bugiardi, imbroglioni e così via. Mi aveva chiesto di aspettare che anche lei avesse una serata libera, così che potessimo andarci insieme, ma io, la signorina impaziente, ho dovuto rifiutare quel suggerimento, no? Le ho chiesto invece di convincere il misterioso James ad assicurarsi che il mio nome fosse sulla lista per venerdì sera. Ovviamente così non è stato. Dannazione! Tirando fuori il telefono dalla borsetta, lo tocco per un momento, dubbiosa sulla mia prossima mossa. Tutta vestita elegante, senza un posto dove andare. Torno a casa, ammettendo la sconfitta? Provo in un altro club? Un’altra pungente folata di vento mi sferza le cosce nude, e il brivido che ne consegue mi fa quasi piegare in due. Vaffanculo! Me ne vado a casa. Potrei chiamare un Uber, ma non vivo così lontano, e potrebbe essere una buona idea smaltire un po’ della frustrazione che ora sto cercando di tenere a freno. C’è anche una scorciatoia, se attraverso un paio di campi. Lanciando un’occhiata alla coda, vedo che la donna che stava dietro di me è sparita: a quanto pare, ha avuto il permesso di entrare nelle sacre sale della Retribuzione. Probabilmente sta sorseggiando il suo primo drink e si sta godendo il calore all’interno. Forse è anche già stata abbordata da un dom alto e bello che le sta promettendo di farle ogni sorta di cose deliziose. Intanto il naso comincia a colarmi per il freddo. Mi giro e comincio a fare ritorno a piedi al mio appartamento. È proprio un classico. Perché a me? Perché mi succedono sempre queste cose? Sono passati sei mesi da quando io e Dane ci siamo lasciati e, con il cuore spezzato per aver perso l’uomo che amavo e con cui stavo da più di un anno, mi sono buttata nel lavoro, decisa a non pensare agli appuntamenti, al sesso, al b**m o a qualsiasi altra cosa per cui è richiesto un partner maschile attraente. Fino a quando la stupida di Susan non mi ha parlato di questo stupido club e di quello stupido di James e tutti i miei desideri precedentemente sepolti non sono tornati a galla, al punto che ho pensato che sarei impazzita se non avessi sentito di nuovo le braccia di qualcuno intorno a me. O la sua mano sul sedere. O la sua lingua sulla... Avendo raggiunto il primo campo, mi fermo a togliermi i tacchi alti, rabbrividendo per il terreno gelido sotto i miei piedi nudi. Quando torno a casa, giuro furiosamente, mi metterò la mia calda e soffice tutina da unicorno e mi preparerò un’enorme tazza di cioccolata calda, con un sacco di panna e, forse, anche delle praline di cioccolata. Ho delle praline in casa? Non importa. Anche senza guarnizione, c’è qualcosa di intrinsecamente confortante nella cioccolata calda. Soprattutto quando la abbini ai biscotti. Uno dei vantaggi di rompere con qualcuno e avere il cuore a pezzi è l’inevitabile perdita di appetito, che comporta inevitabilmente una perdita di peso. Almeno per me. So che altri la affrontano in modo diverso, cercando conforto nel cibo, ma io non sono mai stata una di quelle donne. Tuttavia, anni passati a prendere la pillola mi avevano fatto accumulare una decina di chili di troppo, e una conseguenza di tutto quello schifo è che ora ho perso la maggior parte di quel peso. Altrimenti, non sarei stata in grado di entrare in questi vestiti. Se non fossi così dispiaciuta per me stessa, riderei della mia situazione attuale. Una volta che sarò a casa e non avrò più le gambe frustate da delle canne, invece che da un muscoloso dom, potrò forse già vedere il lato divertente di tutto ciò. Ma in questo momento mi sto organizzando una grande festa della commiserazione, e la mia infelicità non fa che aumentare quando barcollo, facendo ciac ciac, nel tentativo di mantenere l’equilibrio. Sento una sorta di risucchio e subito avverto una sensazione densa e disgustosa all’altezza del mio piede nudo. Sono finita dritta in una pozza di fango nero. Fantastico, cazzo! È troppo buio; riesco a malapena a vedere dove sto andando e qui intorno non c’è la possibilità di vedere bene il terreno e procedere con sicurezza; quindi decido di rischiare il tutto per tutto e fare un altro passo nella fredda, viscida massa scura. Comunque, dicono che il fango sia ottimo per la pelle, giusto? Non ci fanno forse i trattamenti per il viso, alle terme? Il procedere è più lento, ora che i miei piedi vengono risucchiati dal terreno a ogni passo. Spero vivamente che questa roba sia davvero fango e non la cacca di qualche animale. Sarebbe proprio una cosa orrenda. Però nessun animale su questa Terra spargerebbe così tanto letame, a meno che un intero branco non decidesse di utilizzare lo stesso punto per defecare. Sto camminando e camminando; mi sto stancando sempre di più, e ancora non mi sembra esserci una fine in vista. In effetti, mentre mi guardo intorno, tutto il paesaggio intorno a me pare muoversi, mentre diventa più nero, più minaccioso, più opprimente. Qui, vicino a una grande città, di solito il cielo è relativamente chiaro anche di notte; anche quello, però, ora sembra essersi oscurato. Che cavolo sta succedendo? Mi fermo ancora sui miei passi, stringendo la borsa come per consolarmi, mentre i piedi nudi affondano lentamente nel fango freddo e viscoso, e mi guardo intorno, cercando di orientarmi. Tutto intorno a me sta diventando sempre più scuro. Come se venissi soffocata da un’enorme coperta umida e nera. Dal nulla, come se si fosse appena ricordato che ha bisogno di reagire a questo nuovo stato di paura, il cuore inizia a battermi all’impazzata e la gola sembra sul punto di bloccarsi. Grandioso! Ora sto avendo un attacco di panico. Con dita tremanti, cerco di tirare fuori il telefono dalla borsa. Sto immaginando le cose o adesso sento il fango intorno alle caviglie? Guardo in basso per una conferma. Sì. Sto decisamente affondando. Sprofondando nel fango. Vaffanculo! Troppo terrorizzata anche solo per imprecare ad alta voce, getto di nuovo il telefono nella borsa, tiro su i piedi per liberarmi dal liquido appiccicoso e mi metto a correre. O, almeno, ci provo. “Mi metto a inciampare” rende meglio l’idea, perché trascino i talloni nel fango, facendo uno strano tipo di moonwalk al contrario, con il cuore che si schianta contro la cassa toracica. Sta diventando sempre più scuro, come se un pugno gigantesco e silenzioso si stesse chiudendo intorno a me. Non sto facendo alcun progresso. Ma cosa succederà, se smetto di combattere? Con la borsa ancora in una mano, le scarpe nell’altra, artiglio l’aria che si addensa, scivolando e scivolando nella direzione approssimativa di casa. Il mio corpo è insensibile. L’erba alta mi sferza le gambe nude, il vento mi scompiglia i capelli, ma io non sento niente. La realtà sta scivolando via, lasciando solo questo soffocante nulla nero, che mi avvolge in una nebbia oscura e densa. Non posso scappare. Il mio ultimo pensiero coerente, mentre comincio a girare in tondo nel fango, il petto ansante per il terrore, è: Che cazzo sta davvero succedendo? Poi... più nulla.
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