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Selene
Il palco è una vecchia piattaforma scassata, trasformata da un sontuoso sipario rosso e da fari abbaglianti. Quanti Macbeth sono morti qui? Quanti Amleto? Aspetto dietro alle quinte, ascoltando i mormorii del pubblico. Sento la pelle d’oca sulle braccia.
Rilassati, mi sussurra la voce del mio mentore. Eseguirai una splendida performance.
Di certo lo spero. Mi sono esercitata tutta la vita per questo momento. Indosso un abito di seta aderente che avvolge il seno e i fianchi dicendo bye bye alla modestia e lasciandomi scoperte le gambe da metà coscia in giù. La mise che lascia così tanto a vedere non mi preoccupa, ma senza armi sono nuda. Da quando avevo sedici anni, ho sempre delle armi con me. Ero abituata ad addormentarmi tenendo accoccolata tra le braccia la mia preferita: un paletto di legno.
Questo è il tuo ruolo più grandioso. La tua performance definitiva, ha detto il mio mentore. Se andrà male, dovrai pagarne il prezzo. La sua voce si è fatta più profonda. Non mi deludere.
Non lo deluderò. Dopo stasera, la mia vita sarà sul filo del rasoio, ma non è una novità. È sempre stato così. Ho aspettato, e pianto, e sudato, e lottato, e vissuto, e respirato per questo momento. L’allenamento ha richiesto tutta me stessa, e io mi sono donata in toto. Qualsiasi cosa accada dopo stasera è stata architettata anni fa, la mia parte nell’intreccio creata su misura per me. Sono nata per ricoprire questo ruolo. Tutto nella mia vita mi ha condotto a questo momento.
“Avviso di dieci minuti,” dice un servo di scena vestito di nero. Il suo sguardo sorvola su di me come se facessi parte degli oggetti scenici. Alzo il mento e lo guardo in faccia, fissandolo fino a che non abbassa gli occhi e sgattaiola via. Mi liscio il vestito semi-trasparente e distendo le labbra. In questa parte faccio il ruolo della sottomessa, ma non fino a che non si alzerà il sipario. Non intendo ritrarmi davanti a questi scarafaggi. Non abbasso la testa neanche davanti al mio mentore. La mia dimostrazione di dominanza lo diverte. O forse pensa che la mia forza alfa mi proteggerà nella mia missione finale. A ogni modo, chiude un occhio dinnanzi alla mia faccia tosta. Se non lo facesse, sarei morta.
Due ombre si muovono nei recessi del palco. Non mi preoccupo di guardarmi alle spalle. Le guardie sono lì per la mia protezione, e per portarmi sul palco se dovesse venirmi paura. Non sarà necessario. Non vedo l’ora di interpretare questo ruolo.
Questo vecchio teatro ha visto momenti migliori. L’aria è stantia e pregna di polvere. Il camerino ha un altro odore aspro che peggiora ancora di più quando scendi le scale e arrivi nello scantinato pieno di gabbie. Il mio mentore mi ha accompagnata avanti, superandole e ordinandomi di concentrarmi sul fondo. In parte avrei voluto voltarmi a guardare quelle gabbie, trovare quelle piene e spezzare le sbarre. Liberare i mutanti spaventati. In un’altra vita, sarebbe stata quella la mia missione. Magari potrà ancora esserlo. Se sopravvivo.
Finiranno sul palco? ho chiesto, mentre salivamo le scale, allontanandoci da quegli occhi luccicanti.
Alcuni di loro, ha risposto il mio mentore. Alcuni di loro sono in attesa che vengano a prenderli. Si è accorto della mia rabbia e del mio disgusto e si è chinato verso di me. Questa è la perversione che Lucius Frangelico concede. Quando lui non ci sarà più, ripareremo a questo torto.
È stata la cosa giusta da dire. Quando salgo sul palco, non penserò ad altro che al re seduto tra il pubblico. La fine del suo regno sconquasserà il suo reame corrotto.
Ma prima Lucius Frangelico deve morire.
È qui? Adesso? ho chiesto a Xavier.
Sta arrivando, ha risposto il mio mentore. Le mie spie sostengono che arriverà in tempo. Quando sarà seduto, daremo il segnale e la tua parte avrà inizio.
Stringo i pugni ai fianchi e mi sforzo di raddrizzarmi. È ora di immedesimarmi nel mio ruolo. Devo eseguirlo alla perfezione, o non sopravvivrò.
Un’altra figura appare. Una donna di mezza età emerge dal camerino per darmi un’ultima occhiata. Sto ferma in piedi e le permetto di scrutarmi. Abbasso addirittura gli occhi a terra, comportandomi come la sottomessa che dovrei essere.
I miei capelli sono acconciati e fissati alla testa come una corona. Ho pochissimo trucco in faccia: un accenno di ombretto, del mascara, un po’ di fard. Quel che basta perché le luci non mi sbianchino, con un tocco più arrogante sulle labbra: rossetto super rosso. Il colore del sangue e dei sogni dei vampiri.
Coglierai subito la sua attenzione, ha detto il mio mentore con voce suadente. Sarà soddisfatto. Gli occhi di Xavier si sono spostati su e giù lungo il mio corpo semi-nudo. Ho detto a me stessa che le sue attenzioni sono impersonali, cliniche, ma non sono riuscita a godermi il luccichio di approvazione che veniva dal suo unico occhio.
E se non abboccasse all’amo? ho chiesto.
Abboccherà. Se non stasera, uno dei miei colleghi ti acquisterà e ti metterà in mostra. Ti sventolerà sotto al naso di Frangelico. Sta a te riuscire ad attirare la sua attenzione. Le grosse mani di Xavier si sono chiuse attorno alle mie braccia, una stretta crudele e dolorosa. Le sue dita hanno lasciato lividi, segni che ho accettato con gratitudine. Il mio addestramento non ha avuto spazio per il conforto o per dei contatti amichevoli, ma mi ha lasciato un sacco di segni. Li ho accettati come baci o abbracci. Il dolore è diventato piacere, e ogni livido mi ha resa più forte, un’arma affilata.
Xavier ha stretto di più e io ho cacciato indietro un gemito.
Brava ragazza, mi ha detto, sollevandomi lo spirito. Non ho avuto la certezza che non intendesse farmi del male fino a che non si è tirato indietro per permettere alla truccatrice di completare il suo lavoro. Quando si è apprestata a coprire i lividi con il make-up, lui le ha ordinato di lasciarli visibili. Danno nell’occhio. Xavier mi ha dato un buffetto sotto al mento. Ricorda tutto quello che ti ho insegnato. Ho chinato la testa e il vampiro con un occhio solo se n’è andato. La truccatrice ha avuto un brivido e io le ho rivolto un sorrisino solidale. Alto e grosso come un wrestler, con il lato rovinato della faccia reso a malapena presentabile da una benda sull’occhio, Xavier fa paura. Mi ha cresciuta e addestrata con instancabile meticolosità per portarmi al mio obiettivo finale: la vendetta. I suoi metodi sono stati brutali e crudeli. Se non mi avesse dato tutto ciò che mi serviva per vendicare il mio branco dilaniato, lo odierei.
Forse lo odio. Nel mio mondo, l’odio è un’emozione non molto distante dall’amore.
La truccatrice fa un rapido cenno di saluto con il capo e si allontana, i tacchi che risuonano sulle tavole del palco. Con gli occhi fissi a terra, non posso non vedere i segni lasciati dai mutanti: peli, graffi sulle tavole, dove le guardie li hanno costretti a camminare. I mutanti che ora sono in attesa nello scantinato, tremanti nelle loro gabbie. Non ho potuto salvarli stasera. Forse poi, se sopravvivrò.
Uno scatto di frenetica attività dietro alle quinte e un uomo basso e calvo in smoking sale sul palco, stringendo in mano una cartella di appunti. Li sfoglia, mormorando sottovoce. “Lotto nove, articoli speciali. Lupa, addestrata, intatta. Sangue non succhiato.” Mi guarda, valutandomi. Potrei benissimo essere pure io un pezzo di carne.
Faccio un respiro profondo ed entro nel personaggio. Una lupa timida e sottomessa, addestrata a essere la compagna di un vampiro.
Frangelico non saprà resisterti, mi ha detto Xavier, mentre mi allacciava un collare bianco attorno al collo. Sei bellissima. Non era un complimento. Nel mio mondo, la bellezza è un’arma. Un’arma che ero addestrata a usare.
Un servo di scena porta all’uomo in smoking un microfono.
“È ora,” dice il banditore d’asta, e agita la mano verso di me. Faccio un respiro profondo, alzo la testa e avanzo a piedi scalzi sul palco.