CAPITOLO IX
Le signorine Molinella, sorelle di Lord Warburton, si recarono a visitare Isabel, che trovò le due giovani di suo piacimento e dotate di una personalità tutta loro.
Vero è che quando lei le descrisse a suo cugino, questi le dichiarò che non rispondevano affatto alla sua descrizione, dal momento che c’erano perlomeno cinquantamila donne in Inghilterra di quel tipo.
Private così della loro originalità le nuove amiche di Isabel conservarono pur sempre il privilegio di un’estrema dolcezza e timidezza di modi, e ciascuna di un paio d’occhi che si potevano paragonare a quegli specchi d’acqua ornamentali, che si mettono in mezzo all’aiuola dei gerani.
«Comunque siano, non sono delle frivole.» si disse la nostra eroina, che riteneva questa una grande qualità, poiché taluna delle sue amiche più care lo era stata, e lei stessa sospettava di avere qualche tendenza a quel difetto.
Non erano giovanissime ma avevano una carnagione ancora fresca e qualcosa d’infantile negli occhi e nel sorriso. Gli occhi erano tondi, quieti e sereni, e le loro figure, pure di una discreta rotondità, stavano imprigionate in giacchette di pelle di foca.
Erano molto cordiali, e lo erano tanto che sembravano quasi imbarazzate a mostrarsi tali: anzi parevano alquanto intimidite dalla giovane donna che veniva dall’altro capo del mondo, e parlavano molto più con gli sguardi che con le parole, ancorché avessero trovato poi modo di dirle che esse speravano di averla a colazione a Lockiano, dove vivevano col fratello, e che si lusingavano di aver spesso occasione di vederla. Ardivano anche sperare che ci andasse a trascorrere qualche giorno. Il ventinove avrebbero avuto gente e se Isabel voleva essere della partita, vi avrebbe incontrato un po’ di mondo.
«Temo che non ci sarà nessuno di molto rilevante. - disse la sorella maggiore - Ma oso sperare che ci prenderete come siamo.»
«Come siete? Ma siete deliziose, incantevoli.» esclamò Isabel.
Le visitatrici arrossirono e quando se ne furono andate, Ralph la avvertì che, dopo un po’ che avesse continuato a lodarle, le povere ragazze avrebbero finito col credere che essa si stesse prendendo gioco di loro. Certo era la prima volta che qualcuno le chiamava incantevoli.
«Non posso fare a meno di ritenerle tali. - ribatté Isabel - Mi piacciono quei tipi così tranquilli, ragionevoli, soddisfatti. Vorrei essere anch’io come loro.»
«No, perdio!» esclamò Ralph con ardore.
«Eppure vorrei cercare di imitarle... Desidero immensamente vederle nel loro ambiente.»
Il desiderio fu esaudito pochi giorni dopo, quando con Ralph e sua madre, Isabel si recò in carrozza a Lockiano.
Le due signorine l’aspettavano sedute in un vasto salotto (scoprì più tardi che non era il solo della casa), in un divano piegato e scolorito, vestite per l’occasione di velluto nero. Isabel le trovò ancor più simpatiche e fu sempre più colpita dal fatto che proprio non si davano delle arie. Le era sembrato, in un primo tempo, che l’unico appunto che si potesse fare loro, fosse una certa mancanza di elasticità mentale, ma ora le giudicò capaci di emozioni profonde.
Prima di colazione rimase sola con loro per qualche tempo, in un angolo della stanza, mentre al lato opposto Lord Warburton si sforzava di intrattenere la signora Touchett.
«È vero che vostro fratello è un così terribile radicale?» domandò Isabel, la quale sapeva benissimo che la cosa era vera ma che, come abbiamo visto, intendeva approfondire la natura umana e conoscere più a fondo le signorine Molinella.
«Mio Dio, sì. È molto spinto in fatto d’idee.» rispose Miliare, la minore.
«Ma anche molto ragionevole.» osservò la maggiore.
Isabel fissò per un momento Lord Warburton. Era chiaro che egli faceva di tutto per essere amabile alla signora Touchett. Ralph invece, si era messo a giocare con uno dei cani, davanti al fuoco, il quale, data la vastità dell’ambiente antico e la temperatura di quell’agosto inglese, non stonava affatto.
«Credete che vostro fratello sia sincero?» domandò Isabel con un sorrisetto.
«Senz’altro è obbligato a esserlo.» esclamò Miliare in fretta, mentre la maggiore fissava in silenzio la loro ospite.
«Credete che saprebbe affrontare una prova?»
«Una prova?»
«Sì, abbandonare tutto questo, per esempio?»
«Abbandonare Lockiano?» disse la signorina Molinella, ritrovando la voce.
«Sì, e tutto ciò che possiede?»
Le due sorelle si scambiarono uno sguardo smarrito.
«Intendete dire, per via della spesa?» chiese la più giovane.
«Potrebbe affittare qualcuna delle case.» disse l’altra.
«Affittarle per nulla?» domandò Isabel.
«Non posso neppure immaginarlo.» disse la più vecchia.
«Temo allora che egli sia un impostore. - osservò Isabel - Non credete che la sua sia una posizione falsa?»
Le sue interlocutrici non seppero più che pensare.
«Falsa la posizione di mio fratello?» balbettò la signorina Molinella.
«Qui da noi la si considera invidiabile. - insorse la minore - È la più illustre in questa parte del paese.»
«Comincio a pensare che mi giudichiate molto irriverente. - disse Isabel - Suppongo che abbiate della venerazione per vostro fratello, e che anche un po’ lo temiate.»
«Certo, si deve rispettare il proprio fratello maggiore.» disse la signorina Molinella.
«E se lo fate, egli ne è certamente degno, poiché voi siete eccellenti creature.»
«Oh, anche lui lo è. Non si saprà mai tutto il bene che fa. E i suoi pregi sono riconosciuti da tutti, e devono essere immensi.»
«Lo credo, - disse Isabel - ma se fossi in lui, desidererei battermi fino alla morte. Voglio dire battermi per l’eredità del passato... Mi terrei stretta a esso.»
«Io penso invece che oggi si debba essere liberali. - replicò Miliare con garbo - Siamo sempre stati liberali, noi, fin dai tempi antichi.»
«Bene. - disse Isabel - E lo siete stati con successo. Non mi meraviglia. Vedo che vi piacciono molto le contraddizioni.»
Quando, dopo colazione, Lord Warburton le mostrò la casa, Isabel la trovò grandiosa quale se l’era immaginata. All’interno aveva subito parecchi restauri che le avevano tolto alcune delle sue originarie caratteristiche, ma dal giardino appariva ancora in tutta la sua imponenza quella superba entità grigia, del grigio più morbido, più profondo, più accarezzato dal tempo, che sorgeva da un vasto e calmo fossato. Alla nostra visitatrice parve un fantastico castello da leggenda.
Il giorno era fresco, senza crudeltà di colori: la prima nota dell’autunno già tremava nell’aria e un pallido sole lambiva le mura, soffermandosi qua e là in chiazze e improvvisi bagliori, quasi intendesse medicare qualche punto da lui prescelto con tenero impegno, dove il dolore dell’antichità si faceva sentire più acuto.
A colazione comparve anche un fratello dell’ospite, il Vicario, e Isabel, durante cinque minuti di conversazione con lui, aveva avuto modo di porgli qualche quesito di culto, ma anche di abbandonarla subito dopo come cosa vana. Il Vicario di Lockiano aveva una corporatura atletica, un tratto semplice e naturale, un appetito rispettabile e una tendenza alle buone risate.
Isabel venne a sapere più tardi, da suo cugino che, prima di prender gli ordini, egli era stato un campione di lotta, e che tuttora sarebbe stato capace di atterrare un uomo. Isabel lo trovò simpatico, tutto le piaceva là dentro, benché anche con l’ausilio della fantasia non riuscisse proprio a immaginarsi il Vicario come una fonte di conforto spirituale.
Dopo colazione, l’intera compagnia uscì a fare quattro passi nel parco, dove poi Lord Warburton trovò modo di invitare la sua ospite a fare una passeggiata con lui, da soli.
«Desidero che vediate il luogo con attenzione, - disse - e non potreste farlo distratta da chiacchiere inutili.»
La conversazione, dalla quale la ragazza apprese riguardo la casa, parecchie storie sul suo interessante passato, non fu puramente storico, ma deviò a intervalli su argomenti più personali: per lui e per lei.
Alla fine, dopo una pausa di qualche minuto, ritornando per un momento al loro tema, Lord Warburton disse: «Ecco, sono veramente felice che la mia vecchia casupola vi vada a genio. Desidererei che poteste conoscerla anche meglio, che poteste fermarvi qui un po’ più a lungo. Le mie sorelle sono entusiaste di voi... se questo vi può servire da sprone.»
«Non ho bisogno di sproni. - rispose Isabel - Ma temo di non potermi impegnare; sono completamente nelle mani della zia.»
«Permettetemi di dirvi che non vi credo del tutto. Sono certo che potete fare tutto quel che volete.»
«Mi spiace di darvi questa impressione, e non credo che dopotutto sia lusinghiera.»
«Se non altro, ha il merito di aprirmi il cuore alla speranza.» Lord Warburton fece una pausa.
«A quale speranza?»
«Che in avvenire vi potrò vedere più spesso.»
«Ah, - rise Isabel - per aver questo piacere, non ho bisogno di essere così terribilmente indipendente come mi dite.»
«No, di certo. Allo stesso tempo non credo che vostro zio mi voglia bene.»
«Vi sbagliate; l’ho sentito parlare di voi con molta stima.»
«Sono contento che abbiate parlato di me. - disse Lord Warburton - Ma ciononostante, non credo che gli sorrida molto l’idea che io continui a venire a Gardencourt con frequenza.»
«Non posso rispondere dei gusti di mio zio, - replicò la ragazza - anche se io debba il più possibile farne tesoro. Fosse per me, sarei felicissima di vedervi.»
«Ecco ciò che mi piace immensamente di sentirvi dire. Sono del tutto affascinato quando parlate così.»
«Vi si affascina facilmente, milord.»
«Oh non troppo. Ma voi sì che mi affascinate signorina Archer.»
Queste ultime parole furono pronunciate con un tono indefinibile, che fece trasalire la ragazza. Aveva udito altre volte quel tono e lo riconosceva; poteva essere l'inizio di qualcosa di grave. Ma per il momento non desiderava che un tale esordio avesse seguito, e con tutta la pronta allegria e la disinvoltura che l’agitazione le permetteva, disse: «Temo che non ci sarebbe alcuna utilità per una nuova mia venuta qui.»
«E non verrete più?» chiese Lord Warburton.
«Non dico mai più: sarei troppo melodrammatica.»
«Mi permettete allora di venirvi a trovare un qualche giorno della settimana che verrà ?»
«Certo. Che cosa potrebbe impedirvelo?»
«Nulla, infatti; sennonché, con voi non mi sento mai sicuro. Ho una vaga impressione che stiate sempre studiando la gente.»
«Voi, anche studiato, non avete nulla da perdere.»
«Molto gentile; ma se anche ci guadagnassi, vi confesso che l’essere studiato non è la cosa che mi piace di più. La signora Touchett ha intenzione di condurvi all’estero?»
«Lo spero, almeno.»
«L’Inghilterra non vi basta, dunque?»
«Domanda insidiosa che non merita risposta. Desidero vedere più paesi che posso.»
«E continuare a studiare e a giudicare, suppongo.»
«E a godere, anche, spero.»
«Già, ed è questo che vi dà maggior piacere. Non posso rendermi conto di quali siano le vostre aspirazioni. - disse Lord Warburton - Mi fate l’effetto di una che ha scopi misteriosi e vasti disegni.»
«Troppo buono ad avere per me una teoria alla quale non corrispondo per niente. C’è forse qualcosa di misterioso nel progetto accarezzato e realizzato ogni anno da migliaia e migliaia dei miei compatrioti: accrescere la propria conoscenza e migliorare la mente viaggiando all’estero?»
«Ma voi non avete bisogno di migliorare la mente. - dichiarò il suo compagno - È già uno strumento abbastanza formidabile. Ci guarda tutti dall’alto e ci disprezza.»
«Disprezzarvi? Ma mi prendete in giro?»
«Ci giudicate graziosamente fuori moda; è la stessa cosa. E io non voglio essere giudicato fuori moda: non lo sono affatto. Protesto.»
«E questa protesta è la cosa più fuori moda che io conosca.» fece Isabel con un sorriso.
«Voi giudicate solo dal di fuori e non v’interessate al resto. - disse Lord Warburton, dopo un silenzio - Non pensate che a divertirvi.»
L’accento che la ragazza aveva notato poco prima, era riapparso ora, insieme a un’ombra d’amarezza, così improvvisa e contraddittoria, che essa temette di averlo involontariamente offeso.
Tante volte aveva sentito dire che gli inglesizzi sono gente eccentrica e che in fondo appartengono alla più romantica delle razze. E Lord Warburton stava per fornirgliene una prova, per farle una scena, la terza volta che lo vedeva? Ma si rassicurò pensando che egli era un uomo di perfetta educazione, sebbene sentisse che egli aveva toccato il limite estremo del buon gusto, palesando la sua ammirazione per una giovane donna affidata alla sua ospitalità. Difatti Lord Warburton, con un sorriso sulle labbra, continuò a parlarle senza traccia alcuna dell’accento che l’aveva allarmata.
«Con questo non voglio insinuare che voi vi divertiate con soggetti da poco. Anzi, per questo scegliete materiali di prim’ordine: le debolezze e le afflizioni della natura umana, le caratteristiche delle nazioni.»
«In quanto a ciò, - replicò Isabel - potrei trovare nella mia stessa nazione, un campo sul quale esercitarmi per tutta la vita. Ma abbiamo davanti una lunga scarrozzata, Lord Warburton, e la zia avrà voglia di ripartire.»
Si volse per andare in cerca degli altri e il giovane camminò vicino a lei in silenzio.
Prima che avessero raggiunto il resto della compagnia, lui le ripeté: «Verrò a trovarvi la settimana che verrà.»
Isabel aveva ricevuto un colpo inaspettato, ma quando se ne riebbe, non poté trattenersi dal pensare che egli era stato tutt’altro che spiacevole. Tuttavia, disse freddamente: «Come volete.»
E la sua freddezza, non era questa volta calcolata per produrre un dato effetto: divertimento, che essa si concedeva in una misura molto inferiore di quello che parecchi dei suoi critici potrebbero supporre.
Proveniva da un certo timore.