CAPITOLO II
Mentre fra i due aveva luogo questo scambio di parole, Ralph Touchett si era allontanato soprappensiero, col suo solito passo un po’ incerto, le mani in tasca e il piccolo turbolento terrier alle calcagna. Sebbene andasse verso la casa, teneva lo sguardo a terra, assorto, cosicché, senz’accorgersene, poté essere osservato da una persona che era apparsa poco prima nell’ampio vano della porta. E fu il cane a svegliare la sua attenzione in proposito, poiché d’un tratto si era lanciato verso quella persona, abbaiando in modo però più cordiale che diffidente.
La destinataria quei saluti, una giovane donna, sembrò comprenderli subito, mentre la bestiola le si era piantata davanti e la fissava, gambe rigide, muso all’aria, senza smettere d’abbaiare. Subito la ragazza si chinò sul cane, lo sollevò per le zampe tenendoselo faccia a faccia, mentre esso continuava il suo veloce discorso di guaiti.
Frattanto il padrone aveva avuto tutto il tempo di avvicinarsi e di vedere che la nuova amica di Bunchie, era una ragazza alta, vestita di nero e, a prima vista, piuttosto graziosa. Non portava cappello come se fosse un’ospite della casa, e questo colpì il giovanotto, data l’immunità da ogni visita che la salute cagionevole del padre conferiva alla casa.
Nel frattempo anche gli altri due signori si erano accorti della nuova venuta.
«Mio Dio, chi è quella donna?» aveva domandato il signor Touchett.
«Che sia la nipote di vostra moglie, la signorina indipendente? - suggerì Lord Warburton - Anzi direi che è lei senz’altro, dal modo in cui ha riconosciuto il cane.»
Anche il collie ora aveva permesso alla sua attenzione di distrarsi e trotterellava verso la giovane donna, dimenando impercettibilmente la coda.
«Dov’è allora mia moglie?» mormorò il vecchio.
«Suppongo che la signorina l’abbia dimenticata in qualche luogo. È uno dei privilegi dell’indipendenza.»
Tenendo ancora in braccio il terrier, la ragazza si volse a Ralph con un sorriso: «È vostro?»
«Era mio un momento fa, ma voi avete guadagnato una certa aria di padronanza con lui.»
«Non potremo dividercelo? - domandò la ragazza - È così caro...»
Ralph la fissò un momento. Era davvero carina.
«Potete senz’altro considerarlo vostro.» rispose.
La giovane donna aveva una buona dose di fiducia in se stessa e negli altri, ma la generosità repentina la fece arrossire. «Non vi ho detto che, probabilmente, sono vostra cugina. - proruppe, lasciando andare il cane. - Ma to’! Qui ce n’è un altro...» aggiunse in fretta, vedendo il collie che si era avvicinato.
«Probabilmente? - esclamò il giovane ridendo - Credevo che la cosa fosse certa. Siete arrivata con mia madre?»
«Sì, mezz’ora fa...»
«E dopo avervi depositata qui, che ha fatto mia madre? Se n’è ripartita?»
«No, è salita in camera sua. Anzi, mi ha detto che se vi avessi visto, di pregarvi di raggiungerla in camera sua, verso le sette meno un quarto..»
Il giovane diede un’occhiata all’orologio. «Grazie, sarò puntuale... - poi fissò di nuovo sua cugina - Siate dunque la benvenuta. Sono tanto felice di vedervi...» disse.
Lei girò uno sguardo intorno, che denotava una chiara conoscenza di tutto: il suo compagno, i due cani, i due signori sotto le piante, la bella scena che la circondava. «Non ho mai visto niente di simile. - disse - Ho visitato in lungo e in largo la casa. È proprio bella.»
«Mi spiace che siate nostra ospite da più di un’ora, senza che noi lo sapessimo.»
«Vostra madre mi ha detto che in Inghilterra si usa arrivare così, di nascosto. E allora ho pensato che tutto andasse bene. Uno di quei signori è vostro padre?»
«Sì, il più vecchio, quello seduto.»
La ragazza scoppiò in una risata. «Non pensavo certo che fosse l’altro. Chi è l’altro?»
«Un amico di casa: Lord Warburton.»
«Oh, desideravo tanto d’incontrare un Lord: come nei romanzi.» Si chinò di nuovo e rivolta al cagnolino esclamò: «Caro!». Poi rimase in piedi là, dove si erano incontrati, non accennando minimamente a incamminarsi; e mentre indugiava, vicina alla soglia, snella e affascinante, il suo interlocutore si domandò se lei si aspettasse forse che il vecchio venisse a incontrarla e a renderle i suoi omaggi.
Le ragazze americane erano alquanto avvezze a essere riverite, per di più questa era una ragazza di natura indipendente. Ralph glielo poteva leggere in viso.
«Volete conoscere mio padre? - si arrischiò a domandarle - È vecchio e infermo, non può lasciare la sua poltrona.»
«Poveretto, mi spiace. - esclamò la ragazza, avanzando immediatamente verso di lui - Parlando con vostra madre ebbi l’impressione che fosse un uomo in piena attività.»
Ralph Touchett tacque per un momento, poi spiegò: «Non lo vede da un anno.»
«Però ha qui un magnifico luogo per riposare. Vieni, cagnolino.» disse lei chiamando il terrier.
«È una cara, vecchia casa.» disse il giovane, osservando celatamente la ragazza.
«Come si chiama?» domandò lei, concentrando di nuovo la sua attenzione sul terrier.
«Chi, mio padre?»
«Sì. - rise la ragazza, divertita - Ma non ditegli che ve l’ho chiesto.»
Adesso erano arrivati al cospetto del signor Touchett, che si alzò a fatica dalla sua poltrona.
«La mamma è arrivata, - disse Ralph - e questa è la signorina Archer.»
Il vecchio le posò le due mani sulle spalle, la fissò un momento con estrema benevolenza, poi la baciò galantemente. «È un gran piacere per me vedervi qui, sebbene avrei preferito che mi aveste dato l’opportunità di ricevervi più degnamente.» disse.
«Oh, siamo state ricevute benissimo. - rispose la ragazza - Abbiamo trovato forse una dozzina di servi nell’atrio, e al cancello c’era una vecchietta che ci ha accolto con molte riverenze.»
«Avvisati a tempo, avremmo potuto fare di meglio. - il vecchio rimase in piedi sorridendo, fregandosi le mani e scuotendo leggermente il capo - Ma la mia signora non ama i ricevimenti.»
«È salita direttamente in camera sua.»
«Eh già; e vi si è chiusa dentro. Fa sempre così. La vedrò, immagino, la settimana che prossima.» E il vecchio tornò a sedersi.
«Prima, prima. - fece Miss Archer - Scenderà per il pranzo, alle otto.»
Non dimenticatevi le sette meno un quarto!» aggiunse, volgendosi a Ralph con un sorriso.
«Che cosa accadrà alle sette meno un quarto?» chiese il signor Touchett.
«Vedrò mia madre.» disse Ralph.
«Ragazzo fortunato! - commentò il vecchio, poi continuò rivolto alla nipote: - Sedetevi dunque, prendete un goccio di tè.»
«Grazie, mi è già stato servito in camera al momento dell’arrivo. Mi spiace che la vostra salute non sia eccellente...» aggiunse, guardando il suo venerabile ospite.
«Eh, sono vecchio, mia cara. Ed è ora, del resto, che io lo sia. Ma starò meglio adesso che voi siete qui.»
Lei si guardò attorno di nuovo: la prateria, i grandi alberi, l’argento del Tamigi fiancheggiato da canne, la bella vecchia casa... Questa contemplazione però non la distoglieva dai suoi compagni: un’agilità di comprensione facilmente concepibile in una giovane indubbiamente intelligente e vivace. Adesso si era seduta e aveva messo da parte il cane; le sue mani le riposavano in grembo, bianche sul nero della veste. Stava a testa eretta, con l’occhio raggiante, mentre la flessuosa persona si volgeva ora qua ora là, a seconda della prontezza con la quale coglieva questa o quella impressione. Impressioni varie che alla fine le fiorirono in un sorriso. «Non ho mai visto nulla di più bello!»
«Sì, si presenta bene. - disse il signor Touchett - Conosco il modo in cui vi piace; anch’io l’ho provato. Ma voi pure siete molto bella.» aggiunse con una cortesia per nulla scherzosa e la consapevolezza di poter dire, alla sua età, tali cose, anche a gente giovane che avrebbe potuto magari adontarsene.
Quanto la ragazza se ne sdegnò non è il caso di precisare, ma si alzò di scatto, con un rossore che non era risentimento.
«Oh sì, senza dubbio, sono graziosa, - replicò con un sorriso nervoso - ma di che epoca è la vostra casa? Elisabettiana?»
«No, primo Tudor.» disse Ralph Touchett.
Lei gli si rivolse, guardandolo fisso: «Primo Tudor? Ma che bellezza! Suppongo che ce ne siano molte altre da queste parti.»
«Ce ne sono e di molto migliori.»
«Non dirlo, figlio mio. - protestò il vecchio - Migliori di questa non ce ne sono.»
«La mia è eccellente. Anzi, penso che sotto certi aspetti sia migliore di questa.» disse Lord Warburton che sino allora non aveva parlato, ma neanche smesso di guardare attentamente la ragazza. Poi s’inchinò leggermente, sorridendo. Aveva modi insuperabili con le donne. Miss Archer apprezzò tutto in un attimo, e non aveva dimenticato che quello era un Lord.
«E sarei ben lieto di mostrarvela.» aggiunse lui.
«Non dategli retta, - esclamò il vecchio - non degnatela nemmeno di uno sguardo. È una vecchia stamberga di nessun valore, da non paragonarsi neanche lontanamente a questa.»
«Non la conosco, non posso giudicare.» disse la ragazza, sorridendo a Lord Warburton.
Ralph Touchett, che in disparte, con le mani in tasca, non aveva preso parte alla discussione, aveva però tutta l’aria di voler riattaccare discorso con la cugina.
«Davvero vi piacciono molto i cani?» domandò, per cominciare. E lui per primo sembrò accorgersi che questo era un inizio piuttosto goffo.
«Molto, davvero.»
«Allora, il terrier è vostro senz’altro.» continuò, ancora più goffo.
«Mio, finché rimarrò qui; con piacere.»
«E ci rimarrete per molto, spero.»
«Assai gentile, ma non ne so proprio nulla. È la zia che deve decidere.»
«Allora lo decideremo insieme, alle sette meno un quarto.» Ralph guardò di nuovo il suo orologio.
«In ogni modo sono felice di essere qui.» disse la ragazza.
«Credo però che voi non permettiate agli altri di decidere le cose per voi.»
«Oh sì, se decidono in un modo che mi faccia piacere.»
«Io deciderò di questa come vi farà più piacere. - disse Ralph - È inconcepibile che non vi abbiamo mai conosciuta.»
«Ero là e non avreste avuto da fare altro che venirmi a trovare.»
«Là, dove?»
«Negli Stati Uniti. A New York, ad Albany, e in molti altri posti americani.»
«Fui molte volte in America, ma non ebbi mai il bene di vedervi. Non so farmene una ragione.»
Miss Archer esitò un momento, poi disse: «C’erano stati dei dissapori tra vostra madre e mio padre, all’epoca della morte della mamma, quando io non ero che una bambina. Di conseguenza non mi sarei mai più aspettata di vedervi.»
«Ma io non abbraccio mica tutti i litigi di mia madre, Dio me ne guardi!» esclamò il giovane. Poi, più serio: «Avete perduto da poco vostro padre?»
«Sì, da più di un anno. Dopo la sua morte, la zia fu assai gentile con me. Venne a trovarmi e volle accompagnarmi in Europa.»
«Capisco, - disse Ralph - vi ha adottata.»
«Adottata?» La ragazza lo fissò stupita e il rossore tornò a imporporarle le guance, insieme a un’improvvisa espressione di pena, che svanì subito, ma che allarmò il suo interlocutore. Egli non aveva calcolato l’effetto delle sue parole.
Lord Warburton, che sembrava desideroso di vedere Miss Archer più da vicino, avanzò verso di loro, e allora la ragazza fermò i suoi grandi occhi su di lui, mentre rispondeva: «No, non mi ha adottata. Non sono una candidata all’adozione.»
«Vi chiedo mille scuse, - mormorò Ralph - volevo dire... volevo dire...» ma veramente non lo sapeva nemmeno lui.
«Volevate dire che mi ha preso in simpatia. Credo che sia nel suo carattere. È stata molto gentile con me, ma amo troppo la mia libertà.» aggiunse, con visibile desiderio di essere esplicita.
«State parlando della signora Touchett? - interloquì il vecchio dalla sua poltrona - Venite qua, cara, e ditemi di lei. sono sempre grato a chi mi porta informazioni sul conto di mia moglie.»
La ragazza esitò di nuovo, sorridendo. «Veramente è molto buona e generosa.» rispose. Dopo di che si avvicinò allo zio, il cui buonumore era stato eccitato da quelle parole.
Lord Warburton rimase in disparte insieme a Ralph, al quale, dopo un istante di silenzio, disse: «Un momento fa mi avete detto di voler vedere un esempio di ciò che io intendo per donna interessante. Eccolo!»