Mi passò la chiave e aprì la porta della terza stanza. Mi spinse dentro. Subito dopo fu spinto dentro anche Harry e la porta si chiuse. Adrian era legato al muro, nudo e chiaramente intontito. La luce al neon era forte e lui aveva gli occhi chiusi. Dire che era legato, tuttavia, è riduttivo. Aveva i polsi, il collo e le caviglie bloccate da delle ganasce imbullonate alla parete. Metà del suo corpo era coperto di sangue, ma naturalmente non era ferito. «Adrian!» chiamai, avvicinandomi. Lui emise una sorta di gemito. «Troppa luce...». «Lo so» dissi. Osservai il concegno che lo teneva bloccato. C’era una serratura centrale, nella parete. Inserii la chiave e le ganasce scattarono, aprendosi. Adrian non aspettò un istante. Si spostò verso la porta muovendosi alla sua incredibile veloci