III.Dinny doveva “occuparsi” della zia Em. Non era cosa da poco. Con una persona normale avrebbe scambiato domande e risposte e tutto sarebbe stato fatto, ma con lady Mont le cose non andavano così lisce. Questa se ne stava in piedi annusando un sacchetto di verbena mentre Dinny disfaceva le sue valige.
«Questo profumo è delizioso, Dinny. Clare ha una faccia piuttosto verde. Non aspetta mica un pargolo?»
«No, cara».
«Peccato! Quando eravamo a Ceylon tutti aspettavano un bambino. Gli elefanti lattanti… affascinanti! In questa stanza… giocavamo sempre al gioco di dar da mangiare al prete cattolico, del tetto, con un cestino. Tuo padre stava sul tetto e io facevo il prete. Non c’era mai nulla di buono da mangiare nel cestino. Tua zia Wilmet si era messa di guardia su un albero e doveva strillare “Cooee” se comparivano i Protestanti».
«“Cooee” era un grido d’allarme un po’ prematuro, zia Em, perché ai tempi della regina Elisabetta l’Australia non era ancora stata scoperta».
«Già. Lawrence dice che a quei tempi i Protestanti erano dei demoni. Ma lo erano anche i Cattolici e i Maomettani».
Dinny trasalì e si nascose il viso dietro un busto.
«Dove devo mettere queste cose?»
«Dove vuoi; basta che lo sappia. Non chinarti troppo! A quei tempi erano tutti demoni. Trattavano malissimo gli animali. Clare si è divertita a Ceylon?»
Dinny si rizzò con una bracciata di biancheria.
«Non molto».
«Come mai? Il fegato?»
«Zietta, non ne farai una parola con nessuno, tranne che con lo zio Lawrence e Michael, se te lo dico? C’è stata una rottura».
Lady Mont tuffò il naso nel sacchetto di verbena. «Oh!», disse. «La madre di lui lo faceva prevedere. Tu credi al “tale madre tale figlio”?»
«Non troppo».
«Io l’avevo sempre pensato che diciassette anni di differenza erano troppi, Dinny. Lawrence dice che la gente dice: “Oh! Jerry Corven!” senza aggiungere altro. Dunque, cosa c’è stato?»
Dinny si chinò su un cassetto per mettere a posto la roba.
«Non posso entrare in particolari, ma pare che lui sia un vero bruto».
Lady Mont rovesciò il sacchetto nel cassetto, mormorando: «Povera piccola Clare!».
«Naturalmente è tornata per ragioni di salute».
Lady Mont ficcò il naso in un vaso di fiori. «Boswell e Johnson li chiamano “godizic”. Non hanno profumo. Che malattia potrebbe avere Clare… di nervi?»
«Il clima, zia».
«Tanti anglo-indiani vi rimediano andando avanti e indietro, Dinny».
«Lo so, ma per ora basta così; poi qualche cosa dovrà pur succedere. Dunque ti prego di non parlarne neanche con Fleur».
«Fleur lo saprà bene anche se non glielo dico. È fatta cosi. Clare ha qualcuno che le sta dietro?»
«Oh! no!» e Dinny tirò su una vestaglia color pulce, ricordandosi dell’espressione di quel giovane mentre le salutava.
«A bordo…», mormorò la zia incredula.
Dinny cambiò argomento.
«Lo zio Lawrence si occupa di politica in questo momento?»
«Si, purtroppo. Sono cose sempre così noiose quando ne parlano! Il vostro candidato è sicuro di vincere come Michael?»
«È nuovo, ma riuscirà».
«Ha moglie?»
«No».
Lady Mont inclinò leggermente la testa da un lato e scrutò la nipote con le palpebre socchiuse.
Dinny tirò fuori dal baule l’ultimo oggetto. Era un vasetto di antiflogistina.
«Questo non è inglese, zietta».
«Per il petto. Delia me lo mette sempre. L’ho da anni. Hai parlato col vostro candidato a tu per tu?»
«Sì».
«Quanti anni ha?»
«Meno di quarant’anni».
«Fa qualcos’altro?»
«È un avvocato molto quotato».
«Come si chiama?»
«Dornford».
«Da ragazza ho conosciuto dei Dornford. Ma dove? Ah! ad Algesiras! Uno era colonnello a Gibilterra».
«Potrebbe essere stato suo padre».
«Allora non è ricco».
«Non ha che i guadagni della sua professione».
«Ma prima dei quarant’anni gli avvocati non guadagnano nulla».
«Lui credo di sì».
«Attivo?»
«Molto».
«Biondo?»
«No, castano. Quest’anno ha avuto dei grandi successi in Tribunale. E adesso, cara, vuoi fumare subito o preferisci quando ti vesti?»
«Quando mi vesto. Ora voglio andare a vedere il pupo».
«Benissimo. Dovrebbe essere proprio di ritorno dalla passeggiata… Il bagno è in fondo alla scala; vado ad aspettarti nella stanza del bimbo».
La stanza dei bambini era la medesima stanza dalle finestre a bifora dove Dinny e la stessa zia Em avevano avuto i primi contatti con questa cosa misteriosa che si chiama la vita. Qui il lattante faceva i suoi primi passi. Non si capiva ancora se da grande sarebbe stato un Charwell o un Tasburgh. La balia, la zia e la prozia stavano ad ammirarlo disposte a triangolo, palleggiandoselo dall’una all’altra.
«Non tenta di parlare», disse Dinny.
«La mattina sì, signorina».
«Eccolo che cade», fece lady Mont.
«Non piangere, piccolo!»
«Non piange mai, signorina».
«Come sua madre. Clare e io abbiamo pianto parecchio fino ai sette anni».
«Io ho pianto fino a quindici anni», disse lady Mont, «e ho ricominciato a quarantacinque. E voi piangete, balia?»
«Eravamo una famiglia troppo numerosa, signora… Non c’era nessuno che ci badasse».
«La tata aveva una bella mammina e cinque sorelle buone come il pane».
Le guance rosee della balia si fecero ancora più rosee; abbassò il mento timidamente, come una bambina.
«Badate che non gli vengano le gambe storte!», raccomandò lady Mont. «Basta col farlo camminare». La balia, preso in braccio il bimbo riluttante, lo rimise nella culla, da dove si mise a fissare con solennità Dinny. Lei disse:
«La mamma lo adora e crede che assomigli a Hubert».
Lady Mont fece uno di quei rumori che si suppone divertano i bambini.
«Quando ritornerà Joan?»
«Non prima della prossima licenza di Hubert».
Lo sguardo di lady Mont si posò sulla nipote.
«Il padre di Joan mi ha detto che Alan ha ancora un anno da stare in Cina».
Dinny, che faceva dondolare un ninnolo sopra al bimbo, non le badò. Da quella sera d’estate dell’anno prima in cui era tornata a casa dopo la fuga di Wilfrid non aveva più fatto né aveva permesso che fosse fatta alcuna allusione ai suoi sentimenti. Nessuno, forse neppure lei stessa, sapeva se era guarita del suo mal d’amore. Era come se non avesse più un cuore. Così a lungo e così energicamente aveva combattuto contro il dolore che il suo cuore si era rifugiato nelle oscure profondità del suo essere dove quasi neanche lei ne distingueva il battito.
«Che cosa vorresti fare adesso, zietta? Il bimbo deve dormire».
«Portami a fare un giretto in giardino».
Scesero e uscirono sulla terrazza.
«Oh!», esclamò Dinny desolata, «Glover ha fatto cadere tutte le foglie del piccolo gelso. Era così bello vederle tremare sull’albero e poi cadere in cerchio tutte in giro. I giardinieri non hanno nessun senso estetico».
«Non vogliono spazzare. Dove è il cedro che ho piantato quando avevo cinque anni?»
Vi giunsero voltando dietro a un vecchio muro; il cedro era un fiorente giovanotto di circa sessant’anni con i rami piatti dorati dai raggi obliqui del sole.
«Mi piacerebbe essere sepolta qui sotto, Dinny. Ma immagino che non sia permesso. Mi metteranno in qualche posto senza aria».
«Io voglio essere cremata e che le mie ceneri siano disperse. Guarda quelli che arano quel campo… Mi piacciono i cavalli che si muovono lentamente stagliandosi sull’orizzonte».
«“Il mugghiante armento”», citò lady Mont senza ragione.
Un fievole tintinnio giunse da un pascolo di pecore a oriente.
«Ascolta, zia».
Lady Mont mise il braccio sotto a quello della nipote.
«Ho pensato spesso che mi piacerebbe essere una capra».
«Ma non in Inghilterra, attaccata a un palo a pascolare in un praticello sporco».
«No, con una campanella su per i monti. Anzi vorrei essere un caprone perché non mi mungano».
«Vieni a vedere i nostri nuovi fiori da recidere, zia. Adesso naturalmente non ci sono che dalie, godezie, crisantemi, astri e qualche penstemone e cosmie».
«Dinny», disse lady Mont inoltrandosi in mezzo alle dalie, «che intenzioni ha Clare? Dicono che adesso sia facile ottenere il divorzio».
«Finché ci provi, immagino».
«Per abbandono del tetto coniugale eccetera».
«Ma bisogna essere stati abbandonati».
«Mi hai detto che è lui che l’ha costretta».
«Non è la stessa cosa, cara».
«Gli avvocati sono tanto meticolosi con le leggi! Ti ricordi di quel magistrato con il naso lungo al processo per l’estradizione di Hubert?»
«Oh! alla fine si dimostrò di buon cuore».
«Come?»
«Andò a dire al Ministro degli Interni che Hubert diceva la verità».
«Un affare orribile», mormorò lady Mont, «ma a ricordarsene fa piacere».
«Perché ebbe un lieto fine», concluse subito Dinny. Lady Mont si fermò a fissare con tristezza la nipote. E Dinny, guardando dalla parte dei fiori, all’improvviso disse: «Zia Em, in un modo o in un altro anche per Clare deve esserci un lieto fine».