Il mio lupo sembra più interessato a proteggere questa adorabile umana piena di vita. Mi ci è voluto un po’ per rendermene conto, ma ora che l’ho capito, il mio battito accelera e devo sforzarmi di non cingerle le spalle con un braccio. Tirarla a me. Soprattutto quando lei mi si appoggia contro.
“Magari potresti promettere di non guardarmi quando le luci torneranno, così magari potremmo conoscerci un’altra volta in circostanze normali.”
Non le rispondo.
“Spero solo di non mettermi a blaterare in questo modo durante il colloquio mandando tutto all’aria.”
“Vuoi davvero questo lavoro?”
“Sì. Lo voglio. È strano, perché otto anni fa ti avrei riso in faccia se mi avessi detto che un giorno avrei voluto lavorare per la SeCure, ma credo di essere cambiata. Per me, Jackson King e l’azienda che ha costruito rappresentano il massimo in materia di codifica di sicurezza, e voglio esserne parte.”
Le luci si accendono e l’ascensore si rimette in moto. Dannazione.
“Oh, grazie a Dio,” dice. Respira e si rimette in piedi.
Seguo il suo esempio e mi alzo a mia volta.
Quando si gira per guardarmi, il sorriso sul suo volto si pietrifica.
Sorpresa.
Lei sbianca e barcolla indietro.
La luce illumina la sua bellezza. Pelle perfetta. Labbra piene. Occhi grandi. Zigomi alti. E, sì… tette e gambe sono belle come sembravano al buio. Le darei dieci a trecentosessanta gradi. E ha capito chi sono, il che mette il vantaggio dalla mia parte.
“Beh, ora sei zitta.”
“J.T.,” mormora lei con tono amareggiato. Mi lancia un’occhiataccia, come se fossi stato io a sparlare di lei e non piuttosto il contrario. “Per cosa sta la T?”
“Thomas.” Mia madre mi ha dato un nome decisamente umano.
L’ascensore si ferma al sesto piano e le porte si aprono. Lei non si muove.
Le tengo ferme con la mano e le faccio segno di uscire. “Credo che questo sia il tuo piano.”
Apre la bocca, ma poi la richiude di scatto. Allarga le spalle e mi passa oltre a grandi passi, due vividi cerchi color porpora sulle guance. Adorabile.
Anche se sono in ritardo per almeno venti riunioni, la seguo. Non perché il mio corpo non possa separarsi dal suo. Certamente non perché devo saperne di più sul suo conto. Solo per tormentarla un po’ di più con la mia presenza, ora che sa chi sono.
“Signorina McDaniel, eccoti qua,” dice Stu. Sta aspettando davanti agli ascensori. Deve aver preso le scale. Luis, il capo della sicurezza della SeCure, è accanto a lui.
“Manderemo subito quassù quelli della manutenzione, signor King,” dice Luis indicando uno dei suoi uomini, che prende posto all’ascensore e impedisce a chiunque altro di salirci. “Sistemeremo tutto in un batter d’occhio, signore. E vedo che ha accompagnato la signorina McDaniel.”
Stu mi guarda con occhi colpevoli. “Non intendevo lasciarla da sola in questo modo. Ho preso le scale per accertarmi di essere qui quando fosse arrivata.” Lo dice come se si sentisse meritevole di una medaglia per le sue gesta eroiche.
Io non rispondo.
“Da qui me ne occupo io. Mi scusi se l’abbiamo disturbata.”
“Intendo partecipare al suo colloquio,” dico, sorprendendo addirittura me stesso.
Sia la testa di Stu che quella di Kylie si girano di scatto verso di me. Mi guardano a bocca aperta. Kylie arrossisce ancora di più e sbatte le palpebre sui suoi grandi occhi castani. Alla luce, sono di un bel colore marrone-cioccolato, caldi, con una spruzzatina di oro nel mezzo. Incredibili.
L’alfa che è in me non ha problemi nei confronti del suo disagio. Sono abituato a mettere la gente in imbarazzo. Ma il mio lupo non è contento della sfumatura di rabbia che tinge il suo odore. Ho pronte sulle labbra delle scuse: un’altra prima volta per me. Jackson King non chiede scusa. E non gliene devo neanche una, poi. Se dovessi fare a modo mio, la trascinerei nella prima sala conferenze a portata di mano, le schiaffeggerei il culo per quel commento sul gay che frusta il suo partner e passerei le tre ore successive a insegnarle a godere solo con la punta della mia lingua. Gliela leccherei fino a farla gridare di piacere, facendo capire a tutti nell’edificio che lei è mia. Questo placherebbe di sicuro il suo fastidio, o nervosismo. O è forse eccitazione?
“Oh, è solo un colloquio di routine, non c’è bisogno che lei metta a disposizione il suo tempo,” dice Stu.
Che io sia dannato se permetterò a Stu – o a qualsiasi altro maschio – di tenersela per sé da solo.
Luis si schiarisce la gola, avvisando Stu che è a un millimetro dal farmi incazzare.
Io socchiudo gli occhi guardandolo. “Decido io come passare il mio tempo. Vogliamo entrare nella sala conferenze, o le facciamo il colloquio qui in corridoio?”
Stu si acciglia, come se avessi appena mandato all’aria la sua festa tra amici.
~.~
Kylie
Benedetto imbarazzo, Batman. Alla faccia del colloquio da dieci e lode. Non avrei mai pensato che potesse andare così male, ma trovarsi in mezzo a un tiro alla fune tra Stu e Jackson è un altro prezioso momento di questa giornata merdavigliosa. Non posso credere di avere appena avuto un crollo davanti a Jackson King. E ho spiattellato tutto come una scolaretta su che tipo di nerd è, e se è gay, e… oh santo Dio, ho davvero insinuato che forse frusta i suoi partner sessuali? Ma che cazzo di problemi ho? Neanche Colloqui per principianti può salvarmi adesso.
Ovviamente lui ha pensato bene di non dirmi che era il CEO. Una mossa da stronzo, davvero. Dovrei fulminarlo con lo sguardo, ma no. Sono ancora confusa dal contatto fisico con lui. Peccato che farsi palpeggiare da Jackson King non sia uno degli extra del lavoro.
Dannazione, lo voglio davvero tanto questo posto. Palpata a parte, la SeCure è l’apice della cyber-sicurezza. Da adolescente era il massimo per un hacker. Dopo quasi dieci anni passati a nascondermi, mi sembra di essere tornata a casa. Come se per tutta la vita mi fossi allenata per venire qui. E ora che ne ho ottenuto il diritto, posso accedere al mio legittimo posto.
Il fatto che lavorerei sotto Jackson King non ha niente a che vedere con tutto questo. Beh, magari per un microscopico briciolino. Il mio corpo di certo gradirebbe stare sotto di lui. Proprio adesso. Signore mio, devo passare questo colloquio senza immaginare le sue mani su di me…
L’occhiata letale tra Stu e Jackson è durata già abbastanza.
“Dov’è la sala conferenze?” chiedo con voce cinguettante. Faccio diversi respiri profondi e seguo Stu in una grande stanza. Ce la posso fare. Ho gestito cose molto più difficili: importanti rapine all’età di dodici anni, la perdita di mamma e papà, restare intrappolata in un condotto d’areazione per dieci ore… Questo è niente. Un banale colloquio.
Mi siedo e i tre uomini prendono posto di fronte a me. Le sedie sono grandi e comode, ma il corpo muscoloso di Jackson ci sta a malapena. Ruota un po’, mi punta gli occhi addosso. Quell’uomo ti mette soggezione anche da seduto.
Mi concedo di aggrottare leggermente la fronte mentre ricambio l’occhiata. Mi ha mentito. E ora mi sta facendo fare questo colloquio in sua presenza, come se questa giornata potesse diventare ancora più complicata.
Reagisce al mio cipiglio inarcando le sopracciglia.
Perché, cavolo, perché mai ho detto tutte quelle cose nell’ascensore? È stato come se avessi mandato giù del siero della verità.
Forse è uno dei superpoteri di Jackson: indurre la gente a dirgli ogni pensiero che passa per le loro teste. In vita mia, non sono mai stata tanto vera con nessuno. Ho raccontato milioni di bugie, ma un pizzico di tranquillità dopo un attacco di panico, e tutto il mio allenamento scompare all’istante. Mio padre mi farebbe una ramanzina, se fosse ancora vivo.
Stu sfoglia alcune carte e ne passa una al signor King. “Ecco il suo curriculum,” dice. “Come vede, le sue qualifiche sono piuttosto impressionanti.”
Stu ha chiaramente sopravvalutato il mio curriculum. Certo, sono uscita con il massimo dei voti e la lode laureandomi in informatica a Georgetown – dopo averli convinti a seguire tutte le lezioni online – ma la mia esperienza lavorativa è limitata alla stesura di codici per la società di gioco per la quale lavoro attualmente. Almeno l’unica esperienza lavorativa che si possa considerare legale. C’è un sacco di roba che non posso dire. Il risultato: sulla carta non appaio così notevole.
“Tutti i suoi professori le hanno fornito raccomandazioni entusiaste,” prosegue. Sembra un po’ nervoso.
Neanche la metà di quanto sono nervosa io, comunque. E il fatto che Jackson King mi stia scrutando come se conoscesse tutti i miei segreti certo non aiuta. Questa è davvero un’idea spaventosa, adesso che ci penso.
“Vuole iniziare lei?” chiede Luis a King.
King si appoggia allo schienale e incrocia le sue gambe lunghe ed eleganti. Dannazione. Ho sempre sbavato sulle sue foto online, ma di persona è ancora più affascinante. Le foto non gli rendono giustizia – neanche quelle su Time Magazine quando è stato nominato ‘Uomo dell’anno’ per aver risolto un problema di frode di carte di credito su scala mondiale. Niente di lui dice che sia un ‘geek’, in effetti. Con folti capelli scuri, tenuti un po’ lunghetti, barba accennata, mascella squadrata e occhi verde-giada: sembra l’immagine della virilità. Emana anche una certa aria di pericolo, il suo potere appena contenuto dall’abito costoso che indossa.
Si volta a guardarmi ancora, il viso impassibile come una maschera inscrutabile. “Cosa sai di infosec, Kylie?”
Incrocio le dita sul tavolo. Non ha senso essere nervosa. Ho già mandato all’aria ogni possibilità che avevo di ottenere questo lavoro quando in ascensore l’ho definito un sociopatico malato. Probabilmente vuole solo la vendetta, e costringermi a sopportare il colloquio più imbarazzante nella storia è di certo uno dei suoi metodi di tortura preferiti.
Vaffanculo. Il lavoro non l’avrò. Perché restare e soffrire?
Spingo indietro la sedia e mi alzo in piedi. “Sapete una cosa? Non penso sia una buona idea.”
Stu scatta in piedi, lo sguardo arrabbiato. “Perché no? Aspetta un minuto.”
“Scusatemi se vi ho fatto sprecare del tempo.”
Stu si mette tra me e la porta, come se non avesse la minima intenzione di lasciarmi andare. Probabilmente c’è di mezzo il suo lavoro, se non riuscirà a riempire questa posizione. Non è un problema mio, amico. Cosa intende fare? Placcarmi se tentassi di lanciarmi fuori?
“A dire il vero, penso di essermi fottuta questo colloquio nell’ascensore. Quindi vedo di andarmene e basta. Grazie…”
“Si sieda, signorina McDaniel,” ordina King, la voce profonda e sonante, forte e dura come l’acciaio.
Mi immobilizzo. Dannazione, è ancora più sexy quando fa il severo. Come nell’ascensore, il mio corpo reagisce: i capezzoli si fanno duri e ho improvvisamente la passera fradicia.
Lo vedo dilatare le narici come se ne sentisse l’odore. Ma è ridicolo. È sempre seduto, ma non ci sono dubbi su chi detenga il potere in questa stanza.
Torno alla mia sedia, un po’ barcollante. E non solo per i tacchi. “Sì, signore.” E sprofondo nuovamente seduta.
“Grazie. Ho fatto una domanda, e mi aspetto una risposta.”
Maledetto. È determinato a farmi soffrire. Mi strofino l’unghia del pollice con il polpastrello dell’indice e poi lascio cadere le mani in grembo per smettere di torturarmele.
“Signor King, mi scuso per le cose che ho detto su di lei in ascensore. Sono stata molto maleducata e irrispettosa.”
L’espressione di King non cambia. Mi guarda con freddo occhio calcolatore. “Rispondi alla domanda.”
Vaaa bene. Immagino che intenda ignorare le mie scuse. Combatterei con il mio sarcasmo, ma avevo promesso a me stessa che ci avrei tenuto un coperchio sopra. “La mia conoscenza nel campo della sicurezza informatica è per lo più pratica. Non lo vedrà nel mio curriculum, ma conosco molto bene tutte le aree della sicurezza: come valutare i punti deboli, come mascherare un codice. Nessun codice è impenetrabile, se non forse il vostro.”