Chapter 9

2842 Words
CAPITOLO V. «Va benissimo, compare. «Qui ci uniste per narrare «A uno stuol di gente eletta «Una vaga novelletta. «Siam ben noi, per tutti i Santi, «Quei che stian per smorfie, o pianti, «Dal far carne di salsiccia «D’uom che i nostri affari impiccia!» D’un Anonimo. Nella sera successiva a quel giorno in cui il lord Cancelliere e la figlia del medesimo, vennero salvati da sì imminente pericolo, due stranieri, stavan seduti nella stanza più remota di una piccola osteria, o per meglio dire d’un’oscura bettola la cui insegna era la Tana della Volpe, lontana tre o quattro miglia dal castello di Ravenswood, e altrettanto dalla torre mezzo diroccata di Wolfcrag, vale a dire a mezza strada in circa fra queste due feudali dimore. Uno di tali stranieri che mostrava, poco più, poco meno, quarant’anni, alto di statura, magro, estenuato, avea due occhi neri e scaltriti, e sinistra fisonomia. L’altro che avrà avuti in circa quindici anni di meno, piccolo, ma ben fatto, vigoroso, piuttosto grasso, dimostrava all’aspetto umor gioviale, animo franco e risoluto, che in mezzo ad una certa aria di non curanza dava vivacità ed espressione a due occhi grigi coperti da grosse sopracciglia bionde, ma d’una biondezza, che come quella de’ suoi capelli, al rosso inclinava. Vedeasi sulla tavola un boccale di vino, perchè in quei tempi invece di conservarlo in fiaschi, veniva spillato dalla botte e raccolto entro boccali di stagno. Ciascun de’ due commensali avea dinanzi il suo quaigh. A quanto parea, non regnava fra essi grande cordialità. Colle braccia incrocicchiate, si guardavano l’un l’altro tacendo con aria d’impazienza e ciascuno, immerso nelle proprie meditazioni, non pensava a comunicarle al compagno. Il più giovane interruppe finalmente il silenzio: «Che diavolo ci sarà perchè abbia a tardar tanto? Che gli fosse andata male la faccenda? E voi perchè impedirmi di accompagnarlo?» «Ciascuno dee pensare a vendicare da sèle ingiurie che ha ricevute, rispose l’altro. È bene abbastanza se arrischiamo la nostra vita per rimaner qui ad aspettarlo.» «In fin de’ conti, Craigengelt, voi siete un vigliacco, riprese a dire il più giovane e vi son ben molti che per pensare così di voi non hanno aspettato questo momento». «Finora però non vi è stato ancora nessuno che ardisca di dirmelo (soggiunse Craigengelt portando la mano all’elsa della sciabola) e se non sapessi che i discorsi d’un inconsiderato non meritano più attenzione di quelli d’uno stolto, io.......» «Voi? Che cosa fareste voi? (rispose il giovane col massimo sangue freddo). E perchè non fate quel che volete fare?» «Perchè...... (rispose Craigengelt tirando per metà fuori del fodero la sciabola, e tornandola subito a parar dentro). Perchè questa lama dee servire a qualche cosa di meglio, che non sarebbe ferire una ventina d’uomini senza cervello pari vostri.» «E potreste anche aver ragione, perchè bisogna veramente esser privo affatto di cervello per fidarsi come, ho fatto io, alle vostre belle promesse di procurarmi un grado nella brigata irlandese. Ma che cosa poteva io fare? Non ho più nulla al mondo, nè men quanto ci vorrebbe a pagare quest’ultima ammenda che quel vecchio birbante di Turntippet si è fitto in capo di farmi pagare, senza dubbio, per mangiarsela egli; mi aspetto che a quest’ora la sentenza sia già pronunziata. Quando ci penso! Io in una brigata irlandese! Che cosa ho di comune io con una brigata irlandese? Io, patrizio della Scozia, come lo era mio padre prima di me! Infine poi la mia vecchia zia lady Girnington non può campare in eterno.» «Tutte cose belle e buone, o Bucklaw! ma ella può vivere ancora un bel pezzo. Vostro padre poi, vostro padre avea fondi, vivea sui proprj dominj, pagava i suoi debiti, e non aveva affari nè cogli ebrei, nè cogli usurai.» «E di chi è la colpa se ho dovuto mettermi con costoro? Andate al diavolo voi e tutti quelli che vi rassomigliano! Ecco quanto mi ha fatto vedere il fondo ad un tal patrimonio. E adesso, m’immagino, io dovrò darmi attorno per trovar modi di sussistenza simili ai vostri. Vivere una settimana sulla finzione di una notizia venuta dalla corte di S. Germano; un’altra sullo spaccio d’una sommossa di montanari; elemosinare la mia colezione da qualche vecchia giacobita, dandole ad intendere frottole e mostrandole nella stoppa di una vecchia parrucca i ricci di un cavaliere; far da secondo ad un amico in duello, fino al momento di sguainare la spada, e allora battere la ritirata col pretesto che non conviene ad un agente politico il cimentare la propria vita in una lite estranea alle sue commissioni. Lo vedo bene, dovrò appigliarmi a questo partito per guadagnarmi un tozzo di pane e pel piacere di udirmi chiamar capitano.» «In verità, il discorsetto è bello, e non dovreste essere malcontento di essere divenuto così spiritoso a mie spese. Ma domando; è meglio morir di fame, e ad un buon bisogno farsi appiccare, o vivere come son costretto ad adattarmi io in questo momento, perchè il nostro re Giacomo non ha modo di pagare convenientemente i suoi ambasciatori?» «Morir di fame sarebbe il partito men disonorante; quanto alla forca poi non ci siete così lontano. Ma per tornare a quel povero diavolo di Ravenswood, che cosa volete farvene? Danari non ne ha più di me, i pochi terreni che gli rimangono sono ipotecati per debiti, le rendite non bastano per pagare i frutti. Che cosa sperate frammettendovi ne’ suoi affari?» «Non abbiate paura, Bucklaw; so quello che faccio; primieramente il nome di quest’uomo sona bene, e i servigi prestati dal padre suo nel 1689 daranno credito a questa recluta presso ai signori di S. Germano e di Versailles. Vorrei poi ancora pensaste che il sere di Ravenswood è qualche cosa di diverso da voi. Non gli mancano grazie, destrezza, coraggio ed ingegno; si presenterà come un giovine atto a prestare utili servigi e colla mente, e col braccio; le sue abilità non si riducono a maneggiare un cavallo, o a dare il volo a un falcone. Ho quasi perduto il mio credito col non mandare in Francia che ufiziali, buoni solamente da snidare un cervo, o da far la caccia col falco. Non corro questo pericolo con Ravenswood. Egli è istrutto, ingegnoso, ed accorto.» «E con tutte queste belle qualità è caduto nelle vostre reti! Non andate in collera Craigengelt, e lasciate dov’è l’elsa della vostra sciabola. Già lo sapete che non vi batterete. Raccontatemi piuttosto, come abbiate potuto cattivarvi la confidenza di Ravenswood.» «Fomentando in lui la sete della vendetta. Sapeva io bene di non essere il suo prediletto: ma ho curato l’istante, e battuto il ferro, finchè era caldo, quando egli era bene inasprito per le cose accadute alle esequie di suo padre. Egli è andato ora per venire ad una spiegazione, com’egli dice, e come pensa fors’anche, con ser Guglielmo Asthon. Ma io so bene come la spiegazione andrà a terminare. Il Cancelliere accoglierà questo giovine con alterigia, l’altro lo ammazzerà; perchè, quando è partito, i suoi occhi scintillavano di quella torbida luce, che è non dubbia foriera delle sinistre intenzioni. Infine poi, quand’anche non lo ammazzasse, una buona baruffa è inevitabile, e trattandosi di un membro del Consiglio non verrà denominata baruffa, ma un’insidia tesa alla vita di un Magistrato. Ecco il nostro Ravenswood in aperta rotta col governo. Nella Scozia farà troppo caldo per lui, la Francia gli offrirà un rifugio, e partiremo tutti insieme sul brik francese, la Speranza, che ne aspetta alla rada di Eyemouth.» «Questo partito non mi dispiace, soggiunse Bucklaw; per ora non vi son grandi cose che mi rendano dilettevole il soggiorno della Scozia. Se la compagnia di Ravenswood dee procurarci migliore accoglienza in Francia, venga pure, in nome di tutti i demonj! Perchè, già vi parlo chiaro, dubito assai che i vostri soli meriti personali giovino a farci ottenere avanzamento. Spero, che prima di tornar qui, avrà nicchiata una buona palla di piombo nella testa del Cancelliere. Non sarebbe male il mettere ogni anno qualche grano di tale droga nel cervello d’un paio almeno di questi birbanti, così per insegnare agli altri a vivere meglio.» «Oh si! è verissimo; ma mi fate or ricordare una cosa. Conviene che io vada a vedere se i nostri cavalli han mangiato e se son lesti al partire, perchè se il Cancelliere è morto, non bisognerà lasciar crescer l’erba sotto le loro zampe; conviene che la fuga sia rapida al pari del lampo.» Dopo essere andato fino alla porta, si voltò d’improvviso: «Bucklaw, comunque vada a terminare questa faccenda, ricordatevi che io non ho fatta, o detta alcuna cosa, per cui io debba essere riguardato o fautore o complice di quegli atti di violenza che il sere di Ravenswood potesse commettere. Conto sulla vostra giustizia.» «Oh! sì voi siete incapace di tali cose: voi conoscete troppo bene i pericoli ai quali vi esporrebbero quelle formidabili parole fautore o complice!» E si mise a recitare i seguenti versi come parlando con se medesimo: «Se del misfatto reo non diè il consiglio. Della vittima il cor segnò col dito.» «Come, come? Sclamò Craigengelt; volgendosi una seconda volta con aria inquietissima; che cosa state dunque dicendo?» «Niente, niente; ripeto due versi di tragedia.» «L’ho pensato molte volte, Bucklaw, che voi siete nato per fare il commediante. Voi mettete in tutte le cose una leggerezza, una non curanza..........» «Credo anch’io che mi sarebbe tornato meglio fare una parte coi commedianti, che con voi in questo garbuglio, il cui esito....... Basta! andate e pensate alla parte che tocca a voi, e abbiate cura dei cavalli, che non vi sta male nemmen quella di palafreniere. - Io nato per fare il commediante! Questa impertinenza meriterebbe una stoccata, ma cimentarmi con quel poltrone di Craigengelt!..... Arrossirei. Oltrechè, la professione di commediante non mi spiacerebbe poi tanto. Proviamo...... sicuramente la mia prima comparsa vorrei farla coll’Alessandro.» Dal buio dei sepolcri a voi ritorna Il vostro duce, e al valor vostro addita Nova messe d’allori; i vostri brandi Scintillin ratti più del lampo; io certa, Io gloria tal, che la maggior non seppe Prence, guerriero, eroe sognar, v’appresto. Dal braccio invitto de’ compagni miei Quella che adoro la salvezza aspetta. Intanto che Bucklaw terminava questi versi da lui declamati con voce di tuono e con gesti spropositati, tornò addietro Craigengelt con fisonomia spaventata. «Siamo perduti, Bucklaw, il cavallo che Ravenswood lasciò nella scuderia, si è incapestrato sì maladettamente ne’ suoi fornimenti che è divenuto zoppo, zoppo del tutto. L’altro cavallo su cui partì, sarà stanco dalla corsa, e se lo inseguono, non potrà fare assai presto a fuggire.» «Certo la fuga non sarà più rapida al pari del lampo, rispose senza scompigliarsi Bucklaw. Ma un momento! Non potete voi prestargli il vostro cavallo?» «Arrischio d’essere fermato io medesimo! Vi ringrazio tanto e poi tanto della vostra proposta!» «Però, se il lord Cancelliere è stato ammazzato, cosa per parentesi che io non credo, perchè Ravenswood non è quel tal uomo da sparar contro un vecchio privo di armi e senza difesa......... ma mettiamo il peggio andar delle cose. Lo abbia ammazzato! che paura dovete averne voi? voi non siete, lo sapete bene, nè fautore, nè complice.» «Questo è vero, rispose imbarazzato Craigengelt, ma voi dimenticate la commissione che ho avuta dalla corte di S. Germano.» «Commissione che molti credono di vostra fabbrica, nobilissimo capitano. In somma, se voi non volete dargli il vostro cavallo, gli darò il mio.» «Il vostro?» «Sì, il mio. Non sia mai detto che io abbia promesso ad un collega di sostenerlo in un picciolo affare d’onore, senza aiutarlo a salvarsi nell’istante del pericolo.» «Voi gli dareste il vostro cavallo? Ma non pensate alla perdita?» «Perdita? E ben vero che il mio cavallo mi è costato venti buoni giacomi; ma il suo valeva il doppio prima d’essere zoppo, e so anche il modo di guarirlo. Prendete un cagnolino di latte, scorticatelo, sventratelo, empietegli il corpo di lumache nere e grige, fatelo arrostire un tempo conveniente, indi ungetelo di olio, di spigo e di mele, aggiungeteci zafferano e cannella, e col grasso che ne cadrà fregate la gamba del cavallo infermo, e vedrete....» «E vedrete che, prima che il cavallo sia guarito, prima che il cane sia arrostito ed anche scorticato, lord Bucklaw sarà stato trovato, imprigionato e appiccato; perchè non crediate mica che mettano poca cura nell’inseguir Ravenswood. Quanto pagherei se avessimo scelto per ritrovo un luogo più in vicinanza del mare!» «Se il pericolo è così grande, mi converrà dunque, in aria di passeggiare, andarmene avanti, perchè il mio cavallo glielo voglio lasciare per certo. Ma zitto! ascoltate, credo che arrivi adesso. Non udite voi un calpestio di cavallo?» «Odo, rispose Craigengelt: ma siete ben sicuro che sia un cavallo solo? Temo che lo inseguano. Allo strepito mi sembrano molti cavalli.» «Eh! via, è il calpestio de’ piedi della serva che va a trarre acqua al pozzo del cortile. In verità, Craigengelt, dovreste sbarazzarvi della vostra patente di capitano e di tutte le vostre commissioni segrete, perchè fate più presto d’un’anitra salvatica a spaventarvi. Ma ecco il sere di Ravenswood, ed ha la cera più cupa di una notte di novembre.» Entrò in quel momento Edgardo avvolto nel suo mantello, colle braccia incrocicchiate, con fisonomia seria, ed anche costernata. Gettato il mantello per traverso ad una scranna, sedè sull’altra, non pronunziando parola e come uomo immerso in profonda meditazione. «Ebbene! Che cosa è accaduto? Che cosa avete fatto?» Gli chiesero nel medesimo tempo Craigengelt e Bucklaw. «Nulla.» «Nulla! disse Bucklaw. Eppure partiste risolutissimo di chiedere al perfido vecchio soddisfazione per tutte le ingiurie che ha fatte a voi, alla vostra famiglia e al paese. Non l’avete veduto?» «L’ho veduto.» «Voi l’avete veduto e ritornate senza averlo costretto a mettere in ordine il conto che vi doveva da tanto tempo? In fede mia, io non mi aspettava questo dal sere di Ravenswood.» «Poco m’importa di quel che voi aspettaste da me; non siete voi, o mio signore, quell’uomo, al quale io mi senta di render ragione della mia condotta.» «Abbiate pazienza, sclamò Craigengelt, osservando che già Bucklaw si accendeva di sdegno. Abbiate un momento di pazienza! Senza dubbio i divisamenti del sere di Ravenswood hanno trovato qualche ostacolo che non potea nè prevedere, nè impedire. Ma egli vorrà scusare una curiosità derivata da premura per lui e per parte di amici così dediti alla sua causa, come il siam noi.» «Amici! capitano Craigengelt, gli disse Edgardo con alterigia, non mi ricordo di alcuna cosa seguita fra voi e me che vi dia diritto a chiamarmi con questo nome. L’unica corrispondenza che passi fra noi, sta nel disegno da me dianzi formato di partire in vostra compagnia dalla Scozia, subito dopo aver visitato l’antico castello de’ miei maggiori, e avuto abboccamento coll’uomo che n’è oggidì padrone, giacchè proprietario noi chiamerò mai.» «Va bene, signore, rispose Bucklaw: ma avendo noi pensato che i vostri disegni vi poteano portare qualche rischio, e forse mettervi una corda dintorno al collo, ci eravamo esposti allo stesso pericolo coll’aspettarvi. Quanto a Craigengelt, non sarebbe un gran caso, perchè portava, cred’io, fin quando nacque, impressa in fronte la forca e ci dovrebbe esser preparato; ma quanto a me, confesso che una tal fine non mi garberebbe e non farebbe onore alla mia famiglia.» «Signori, disse Edgardo, sono dolente di avervi cagionato tanti fastidj; ma credo nel tempo stesso mi sia lecito risolvere su quello che devo fare, senza render conto a chicchessia de’ motivi che io mi abbia. Dunque ho cambiato divisamento, e non penso per ora a partir dalla Scozia.» «Voi non pensate più a partire! sclamò Craigengelt. Non partir più dopo tutti gli incomodi che mi son presi, dopo le spese che ho fatte per assicurarvi il passo libero! dopo il rischio che ho corso per aspettarvi!» «Signore, quando ho abbracciata per un momento l’idea di abbandonare con tanta fretta la patria, ho accettata la cortese offerta che mi avete fatta per agevolarmi i modi della partenza, ma non vi ho per questo promesso di partire, quand’anche altre ragioni mi persuadessero a rimanere. Spiacemi degl’incomodi che vi ho dati, e vi ringrazio di esserveli presi. Circa alle vostre spese, aggiunse mettendo la mano alla scarsella, vi sono modi più efficaci di mettere in regola questa faccenda. Ignoro a quanto possan montare; ma eccovi la mia borsa, pagatevi secondo la vostra coscienza.» Nel medesimo tempo offerse al sedicente capitano una borsa, entro la quale stavano poche monete d’oro; e l’altro stendea la mano per prenderla, quando gli fermò il braccio Bucklaw. «Vedo Craigengelt che le vostre dita hanno prurito di spassarsi su quella reticella di seta verde, ma se avessero la disgrazia di toccarla, vi giuro che le taglio con un colpo di sciabola. Io so che non vi è dovuto nulla. Poichè il sere di Ravenswood ha cambiato d’avviso, nulla havvi che l’obblighi a seguitarci, e a noi non torna il rimanerci più lungamente in questo luogo. Mi permetta però dirgli........» «Ditegli quel che vorrete, lo interruppe il Capitano, ma lasciatemi prima fargli conoscere gli sconci ai quali si espone coll’abbandonare la nostra società; i pericoli che corre restando qui; gli ostacoli che troverà nel voler presentarsi convenientemente a Versailles e a S. Germano, se non va in Francia scortato da persone che abbiano corrispondenze utili in quel paese.» «E il dispiacere, continuò Bucklaw di non aver fatto conto dell’amicizia di uomini........ o almeno d’un uomo di onore.» «Signori, permettetemi il farvi osservare anche una volta che vi è piaciuto il dare alla nostra unione momentanea maggior importanza di quanta io abbia avuto disegno d’attribuirgliene. Quando vorrò trasferirmi ad una Corte straniera, non avrò d’uopo, nè di un avventuriere imbroglione, nè di un uomo di testa calda che mi presentino.» E senza aspettare risposta, uscì della stanza, montò a cavallo e partì. «Per dio! sclamò Craigengelt. Ecco andata al diavolo la mia recluta!» «Sì, capitano, disse Bucklaw. Il pesce ha portato via l’amo e la lenza. Quanto a me, è necessario che gli vada dietro, perchè si è spiegato con più insolenza di quanto il mio stomaco può digerire.» «Volete che vi accompagni?» gli chiese il Capitano. «No, no; statevene al canton del fuoco, finch’io ritorni. Correreste rischio di buscare qualche frustata:» Detto ciò uscì cantando. «Presso al fuoco la bagascia Per mal tempo non s’ambascia.»
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD