Ares lanciò il comando di pulizia, ben sapendo che non sarebbe stato molto efficace all’esterno. Fu tuttavia abbastanza per vedere la terrazza sulla quale si affacciava l’ampia vetrata. In fondo, ai lati, scendevano due rampe di scale verso un giardino in mezzo al quale si trovava una specie di monumento, talmente malridotto e ricoperto di tralci rinsecchiti, che si indovinava a malapena che si trattava di una fontana, della quale però non si distinguevano le forme. “Io … Io sono …” Si voltò a guardare l’uomo. “Sono stato … qui?” Brune gli sorrise, trasmettendogli una grande serenità. Li immaginò felici, ridere e giocare con lui piccolissimo. “Perché non ci ricordiamo?” si interrogò con voce tremante, che palesava il suo profondo rammarico, guardandosi attorno per non incontrare lo sgua