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Denali
Lo sogno ancora, la notte.
La sua voce roca e profonda. Il senso di quieta autorità, anche quando era prigioniero. La forma dei suoi muscoli possenti quando si muoveva. Quando si scuoteva e sudava sopra di me, la sua grossa virilità che mi riempiva, donandomi soddisfazione.
A volte giuro che mi sembra di sentire la delicatezza di una sua carezza, subito prima di svegliarmi. Ma poi sento sempre quella voce da incubo. Il ringhio ruvido di un leone che soffre.
Denali, sto venendo a prenderti.
Mi metto a sedere di scatto, nel letto, annaspando. Era solo un sogno. Un sogno, un sogno, un sogno, un sogno. Un altro sogno.
Non la realtà.
Non ci vuole uno psicoterapeuta per capire cosa significhi questo sogno.
Caccio via i ricordi del leone che mi ha marchiato, ignorando quella stretta ormai familiare alla bocca dello stomaco.
Nash.
Ce l’avrà fatta a scappare? O è morto là dentro ed è il suo fantasma che viene a farmi visita la notte?
Riuscirò mai a sbarazzarmi del senso di colpa per non essere tornata a salvarlo? Ne dubito.
Getto via la coperta e vado silenziosamente in cucina, attenta a non fare nessun rumore, per non svegliare Nolan.
Preparo il caffè e, attraverso la finestra, saluto con la mano la mia corpulenta vicina, oltre che padrona di casa: la signora Davenfield, uscita presto a strappare le erbacce in giardino. È lei il motivo per cui ho finito con il sistemarmi qui.
Dopo la fuga, sono rimasta nell’ombra. Ho fatto solo lavori in nero: giardinaggio e fattorie. Sono finita a Temecula – paese del vino – a lavorare nei vigneti durante la stagione della vendemmia.
La signora Davenfield si è dimostrata favorevole a farsi pagare in contanti e a soprassedere sulla mia situazione fiscale, quindi mi ha affittato questa casetta sulla sua proprietà. Ha dato un’occhiata al mio ventre gonfio e ha deciso che dovevo essere scappata da una violenza domestica. Non l’ho mai corretta, perché – cavolo – sembra adorare storie del genere, e le piace sentirsi la mia protettrice segreta. E poi avevo bisogno del suo aiuto.
E in un certo senso, era vero che stavo scappando dalla violenza. Solo che non come se l’era immaginata lei. Non era dal padre di mio figlio che dovevo fuggire.
No. Il padre di Nolan è l’unica parte che vale la pena di ricordare, nella mia orribile odissea. Immagino che sia questo il motivo per cui il suo ricordo mi perseguita così tanto.
Perché me ne sono andata
E l’ho lasciato lì a marcire.