CAPITOLO TRE
Avery aprì gli occhi e guardò il soffitto sconosciuto sopra la sua testa. La tenue luce dell'alba entrava dalla finestra della camera da letto, ricadendo sul suo corpo quasi completamente nudo. Illuminava anche la schiena scoperta di Ramirez accanto a lei. Si voltò leggermente e sorrise assonnata. Lui era ancora addormentato, con il volto girato dall’altra parte.
Avevano fatto l’amore due volte la notte prima, prendendosi due ore tra ogni sessione per preparare una cena veloce e per discutere di come andare a letto insieme avrebbe potuto complicare il loro rapporto di lavoro, se non fossero stati attenti. Era quasi mezzanotte quando erano scivolati nel sonno fianco a fianco. Avery era stata assonnata e non riusciva a ricordare il momento in cui si era addormentata, ma rammentava il suo braccio attorno alla vita.
Voleva provarla di nuovo… la sensazione di essere desiderata e al sicuro. Pensò di fargli scorrere le dita lungo la base della spina dorsale (oltre che in qualche altro punto, magari) solo per svegliarlo perché lui la potesse stringere.
Non ne ebbe mai l’occasione. La suoneria dei messaggi del suo cellulare squillò. Lo stesso fece quella di Ramirez. Suonarono in contemporanea, un evento che poteva significare una cosa sola: riguardava il lavoro.
Ramirez si alzò in fretta. Nel gesto, il lenzuolo gli scivolò di dosso e svelò tutto. Avery diede un’occhiatina, non riuscendo a resistere alla tentazione. Lui afferrò il telefono dal comodino e lo fissò, con occhi stretti dal sonno. Nel frattempo Avery recuperò il proprio cellulare dalla pila di abiti sul pavimento.
Il messaggio veniva da Dylan Connelly, il supervisore della Omicidi dell’A1. In perfetto stile Connelly, il messaggio era diretto e dritto al punto:
È stato trovato un corpo. Molto ustionato. Forse un trauma alla testa.
Porta il culo al sito di costruzioni abbandonato sulla Kirkley St ORA.
“Ma che bello svegliarsi così, di prima mattina,” borbottò lei.
Ramirez scese dal letto, ancora completamente nudo, e si accovacciò sul pavimento insieme ad Avery. L’attirò a sé e commentò: “Sì, è molto piacevole svegliarsi in questo modo, il mattino.”
Avery si appoggiò a lui, leggermente allarmata da quanto fosse follemente soddisfatta in quel momento. Borbottò di nuovo e si alzò in piedi.
“Merda,” disse. “Arriveremo tardi sulla scena. Devo prendere la mia auto e anche tornare a casa per un cambio di vestiti.”
“Andrà tutto bene,” la rassicurò Ramirez mentre iniziava a vestirsi. “Io gli risponderò tra pochi minuti, mentre tu vai a prendere l’auto. Fai passare un po’ di tempo prima di rispondere. Magari lo squillo del messaggio non ti ha svegliata. Forse ti ho dovuta chiamare io per tirarti in piedi.”
“Sembra un inganno,” rispose lei, infilandosi la maglietta.
“È una furbata, ecco cosa è,” replicò lui.
Si sorrisero l’un l’altra mentre finivano di vestirsi. Poi andarono in bagno, dove Avery fece del suo meglio per dare un senso ai suoi capelli mentre Ramirez si spazzolava i denti. Si affrettarono in cucina e Avery mise insieme due tazze di cereali.
“Come puoi vedere,” spiegò, “sono una cuoca provetta.”
Lui l’abbracciò da dietro e sembrò godersi il suo profumo. “Staremo bene?” chiese. “Possiamo farlo funzionare, vero?”
“Credo di sì,” rispose lei. “Andiamo là fuori e proviamoci.”
Divorarono i loro cereali, passando la maggior parte del tempo a guardarsi a vicenda, cercando di valutare la reazione dell’altro a ciò che era successo la notte prima. Da quello che Avery riusciva a capire, Ramirez era felice esattamente quando lei.
Si diressero fuori dalla porta d’ingresso, ma prima che Ramirez la chiudesse alle loro spalle, si fermò. “Aspetta, torniamo dentro un secondo.”
Confusa, lei tornò in casa.
“Dentro,” disse lui, “siamo fuori servizio. Non siamo ufficialmente partner, giusto?”
“Giusto,” rispose Avery.
“Quindi posso fare questo un’altra volta,” replicò lui.
Si chinò e la baciò. Fu un bacio stravolgente, tanto forte da farle cedere leggermente le ginocchia. Lei lo spinse via allegramente. “Come ho detto prima,” annunciò, “non iniziare. A meno che tu non abbia anche intenzione di finire.”
“Devo rimandare,” disse Ramirez. La ricondusse fuori e quella volta chiuse la porta dietro di loro. “Okay, ora siamo in servizio. Faccia strada, detective Black.”
***
Seguirono il piano di Ramirez. Avery rispose al messaggio di Connelly solo sedici minuti dopo. A quel punto era quasi tornata al suo appartamento ed era ancora su di giri per come era andata la serata. Riuscì a vestirsi, a prendere un caffè e a tornare in strada in meno di dieci minuti. Il risultato, ovviamente, fu che arrivò sulla scena su Kirkley Street circa mezz’ora più tardi di quanto Connelly avrebbe preferito.
C’erano già diversi agenti che si aggiravano per la zona. Erano tutti volti familiari, volti che era arrivata a conoscere e a rispettare da quando era diventata detective della Omicidi. Le espressioni sulle loro facce quella mattina le fecero intuire che sarebbe stata una giornata lunga e difficile.
Tra i presenti c’era anche Mike O’Malley. Avery trovò preoccupante che il capitano fosse là fuori così presto. In qualità di capitano del più grande dipartimento di polizia di Boston, era raro vederlo in mezzo ai lavori sulle normali scene del crimine, per quanto fossero mostruose. In quel momento O’Malley stava parlando con altri due agenti, uno dei quali era Finley. Avery era arrivata a rispettare Finley in quanto agente, anche se tendeva a essere un po’ troppo distaccato per i suoi gusti.
Notò subito Ramirez; stava chiacchierando con Connelly dall’altra parte del lotto abbandonato.
Mentre si avvicinava ai due uomini, studiò la scena con più accuratezza possibile. Aveva attraversato quel quartiere della città diverse volte ma non ci aveva mai veramente fatto attenzione. Era una delle molte zone rovinate dalla crisi economica in quella parte della città, un’area dove imprenditori entusiasti avevano investito grosse quantità di denaro in proprietà, solo per vederle perdere di valore e allontanare rapidamente i potenziali acquirenti. Non appena i tentativi di costruire erano stati interrotti, l’area era stata lasciata in rovina. E sembrava inserirsi perfettamente nell’ambiente circostante.
In lontananza si stagliava una coppia di ciminiere, ritte come giganti sporchi. Di tanto in tanto entrambe liberavano per aria pennacchi di fumo, offuscando il chiarore del mattino, ma solo in quella parte della città. Dall’altra parte del lotto abbandonato, Avery riusciva a vedere la riva di quello che avrebbe potuto essere un promettente ruscelletto che sarebbe potuto scorrere dietro i terreni delle case costruite per una borghesia medio-alta. Ma ormai rovi ed erbacce avevano preso il sopravvento. Buste di plastica, incarti di merendine e altra spazzatura erano intrappolati tra la vegetazione secca. Le rive basse erano fangose e in stato di abbandono, aggiungendo un nuovo livello di degrado all’aspetto putrido della zona.
Nell’insieme, quell’area era diventata una parte della città che praticamente chiunque avrebbe preferito evitare. Avery percepiva bene quella sensazione; mentre si avvicinava a Ramirez e a Connelly e osservava i dettagli, si sentiva sempre più oppressa.
Un posto come questa non può essere una coincidenza, pensò. Se qualcuno ha ucciso qui o anche solamente ha lasciato qui un corpo, deve avere avuto un motivo… per l’omicidio in sé o per l’assassino stesso.
Subito a destra di Connelly e Ramirez, un agente aveva appena finito di piantare dei sottili paletti rossi per confinare una sezione rettangolare del terreno. Mentre il suo sguardo si abbassava su ciò che c’era all’interno del rettangolo, la voce di Connelly rimbombò verso di lei a pochi metri di distanza.
“Maledizione, Black… perché ci hai messo così tanto?”
“Scusi” disse lei. “Non ho sentito la vibrazione del messaggio. È stato Ramirez a chiamarmi per svegliarmi.”
“Beh, di certo non sei in ritardo perché eri impegnata a farti i capelli o a truccarti,” notò Connelly.
“Lei non ha bisogno del trucco,” commentò Ramirez. “Quella robaccia è per le femmine.”
“Grazie, ragazzi,” rispose lei.
“Non importa,” concluse Connelly. “Che cosa ne pensi di questo?” chiese, accennando con il capo verso il rettangolo tracciato dai paletti rossi.
All’interno dell’area contrassegnata, c’erano quelli che immaginò essere resti umani. Per lo più ciò che vide era uno scheletro, che sembrava brillare. Non doveva essere lì da molto. Senza alcun dubbio si trattava di uno scheletro che di recente era stato privato di tutta la carne. Intorno a esso vide della cenere o qualche altro tipo di polvere. Qua e là notò dei frammenti che potevano essere muscoli o tessuti che erano rimasti attaccati alle ossa, in particolare attorno a quelle delle gambe e delle costole.
“Che accidenti è successo?” chiese.
“Bene, la nostra migliore detective inizia con una domanda intelligente,” commentò Connelly. “Ecco cosa sappiamo finora. Circa un’ora e quindici minuti fa, una donna che stava facendo la sua corsa mattutina ci ha chiamati per denunciare quello che secondo lei era uno strano rituale satanico. E ci ha portati a questo.”
Avery si accovacciò vicino ai paletti rossi e scrutò la zona. Un’ora e quindici minuti prima. Significava che se il materiale nero attorno allo scheletro era davvero cenere, un’ora e mezza prima la pelle ricopriva ancora quelle ossa. Ma non sembrava probabile. Sarebbe servita una determinazione perversa e una pianificazione precisa per uccidere qualcuno e bruciarlo miracolosamente fino alle ossa in un tempo tanto breve. In effetti, pensò che sarebbe stato quasi impossibile.
“Qualcuno ha dei guanti per le prove?” chiese.
“Un secondo,” rispose Ramirez.
Mentre il partner correva da Finley e dagli altri agenti che si erano allontanati per lasciarle spazio, notò un odore nella zona. Era debole ma percettibile, un odore chimico che al naso le sembrò quasi candeggina.
“Lo sentite anche voi?” domandò.
“Qualche cosa di chimico, giusto?” chiese Connelly. “Secondo noi una bruciatura chimica è l’unico modo con cui avrebbero potuto friggere un corpo in questa maniera e così rapidamente.”
“Non credo che sia stato bruciato qui,” affermò lei.
“Come fai a esserne sicura?” chiese Connelly.
Non lo sono, pensò lei. Ma l’unica cosa che per me avrebbe senso a una prima occhiata sembra piuttosto assurda.
“Avery….” cominciò Connelly.
“Un attimo,” disse lei. “Sto pensando.”
“Gesù…”
Lei lo ignorò, studiando le ceneri e lo scheletro con occhi indagatori. No… il corpo non può essere stato bruciato qui. Intorno allo scheletro non ci sono segni di bruciature. Qualcuno che stesse andando a fuoco si agiterebbe e correrebbe in giro. Qui non c’è niente di bruciato. L’unico segno di un incendio di qualsiasi genere sono queste ceneri. Quindi perché un assassino brucerebbe un corpo e poi lo riporterebbe qui? Forse è qui che ha preso la vittima…
Le possibilità erano infinite. Una di esse, secondo Avery, era che forse lo scheletro era di proprietà di un laboratorio medico e che si trattasse solo di uno stupido scherzo perverso. Ma dato il luogo e la sfrontatezza dell’atto, dubitava che fosse quello il caso.
Ramirez tornò con un paio di guanti di plastica per le prove. Avery se li mise e si chinò fino alle ceneri. Ne strinse un po’ tra l’indice e il pollice. Strofinò insieme le dita e le portò al volto. Le annusò e le guardò con attenzione. Sembravano comuni ceneri ma avevano una traccia di quell’odore chimico.
“Dobbiamo far analizzare queste ceneri,’ disse. “Se è stata usata una sostanza chimica, c’è una buona possibilità che ce ne siano ancora delle tracce.”
“Il team della Scientifica sta già venendo qui,” annunciò Connelly.
Lentamente, Avery si rialzò in piedi e si tolse i guanti di plastica. O’Malley e Finley si avvicinarono e Avery non fu sorpresa di vedere che l’agente rimaneva a una certa distanza dalle ossa e le ceneri. Li guardava come se lo scheletro avrebbe potuto saltargli addosso da un momento all’altro.
“Sto lavorando con la città per ottenere le riprese di ogni telecamera di sicurezza entro il raggio di sei isolati,” disse O’Malley. “Dato che non ce ne sono molte in questa parte della città, non dovrebbe volerci molto.”
“Non sarebbe una brutta idea raccogliere anche i numeri delle aziende che vendono sostanze chimiche molto infiammabili,” sottolineò Avery.
“Potrebbero essercene un milione,” disse Connelly.
“No, ha ragione lei,” intervenne O’Malley. “Non è stato bruciato con un detersivo o uno spray casalingo. Io direi che è una sostanza chimica concentrata. Finley, puoi cominciare a lavorarci su?”
“Sì, signore,” rispose Finley, chiaramente felice di avere un motivo per allontanarsi dalla scena.
“Black e Ramirez… ora questo è un vostro caso,” continuò O’Malley. “Lavorate insieme a Connelly per mettere insieme una squadra che se ne occupi.”
“Certo,” disse Ramirez.
“E Black, facciamo in modo di essere puntuali d’ora in avanti. Il tuo ritardo di questa mattina ci ha fatto perdere quindici minuti.”
Avery annuì, non lasciandosi attirare in una discussione. Sapeva che la maggior parte degli uomini di grado superiore al suo stavano ancora cercando qualsiasi ragione per sgridarla. E non poteva lamentarsi. Con il suo sordido passato, quasi se lo aspettava.
Mentre iniziava ad allontanarsi dai paletti rossi, notò qualcos’altro a diversi metri di distanza, sulla destra. Lo aveva visto quando si era avvicinata ai resti, ma non ci aveva fatto caso, considerandolo semplice spazzatura. Ma avvicinandosi al detrito, vide che sembrava un frammento spezzato di qualcosa. Doveva essere del vetro, o qualcosa che a un certo punto era stato all’interno di un forno. Raggiunse l’oggetto, dando una bella occhiata al ruscello stagnante e fangoso in fondo al lotto.
“Qualcuno ha preso nota di questo?” chiese.
Connelly lanciò un’occhiata verso di lei, poco interessato.
“Solo spazzatura,” rispose.
Avery scosse la testa.
“Non credo,” replicò lei.
Si rinfilò i guanti di plastica e ne sollevò una scheggia. A un’ispezione più accurata, vide che qualsiasi cosa fosse stata, era effettivamente di vetro, non un materiale ceramico. Non sembrava esserci polvere o segni del tempo sui frammenti. Ce n’erano sette pezzi piuttosto grandi, circa della grandezza della sua mano, e moltissime piccole schegge a terra. A parte il fatto che era rotto, qualsiasi cosa fosse andato in mille pezzi sembrava piuttosto nuovo.
“Qualsiasi cosa sia stata, non è qui da molto,” disse lei. “Assicuratevi che la Scientifica lo analizzi alla ricerca di impronte.”
“Dirò alla Scientifica di occuparsene,” disse Connelly con un tono che indicava quanto non apprezzasse prendere ordini. “Ora, voi due… voglio che torniate all’A1 entro la prossima mezz’ora. Farò qualche chiamata e vi farò trovare una squadra ad aspettarvi in sala conferenze. La scena del crimine ha meno di due ore; vorrei catturare questo bastardo prima che abbia troppo vantaggio su di noi.”
Avery lanciò un’occhiata finale allo scheletro. Senza lo strato protettivo della pelle, era come se stesse sorridendo. A lei diede l’impressione che l’assassino stesso le stesse rivolgendo un ghigno, trattenendo una risata di derisione. Non fu solo la visione delle ossa quasi completamente ripulite a darle un brutto presentimento e un senso di catastrofe imminente. Era il posto, le cataste di ceneri perfettamente ordine attorno alle ossa, i resti appositamente lasciati allo scoperto e l’odore chimico.
Tutto sembrava indicare qualcosa di preciso. Sottintendeva un’intenzionalità e una pianificazione. E per quel che riguardava Avery, poteva significare solo una cosa: chiunque fosse stato, lo avrebbe di certo fatto di nuovo.