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Una Ragione per Nascondersi (Un Mistero di Avery Black—Libro 3)

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“Una trama dinamica che ti afferra dal primo capitolo e non ti lascia più andare.”

--Midwest Book Review, Diane Donovan (su Il killer della rosa)

Dall’autore #1 di gialli best seller Blake Pierce arriva un nuovo capolavoro di tensione psicologica: UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Un mistero di Avery Black – Libro 3)

Stanno apparendo dei corpi nella periferia di Boston, cadaveri bruciati al punto di essere irriconoscibili, e la polizia capisce che un nuovo serial killer si aggira per le strade. Mentre la stampa si scatena e la pressione si alza, il Dipartimento di Polizia di Boston deve rivolgersi alla sua più brillante e controversa detective, Avery Black.

Avery, mentre ancora cerca di rimettere insieme i pezzi della sua vita—la relazione appena nata con Ramirez, la sua riconciliazione con Rose— si ritrova improvvisamente ad affrontare il caso più difficile della sua carriera. Con poche prove a disposizione, deve entrare nella mente di un assassino psicopatico, cercare di capire la sua ossessione per il fuoco e che cosa suggerisce sulla sua personalità. Gli indizi la portano nel cuore dei quartieri più malfamati di Boston, ad affrontare i suoi peggiori maniaci, e alla fine, a una scoperta inimmaginabile.

In un gioco psicologico del gatto contro il topo, una frenetica corsa contro il tempo conduce Avery attraverso una serie di sconvolgenti e inaspettate rivelazioni, per culminare in un finale che neanche lei avrebbe potuto immaginare.

Un oscuro thriller psicologico di una suspense mozzafiato, UNA RAGIONE PER NASCONDERSI è il #3 libro di un’appassionante nuova serie, con un’amata nuova protagonista, che vi costringerà leggere fino a notte inoltrata.

Presto sarà disponibile il #4 libro della serie di Avery Black.

“Un capolavoro del mistero e del giallo. Pierce ha fatto un lavoro magnifico sviluppando personaggi con un lato psicologico, descritti tanto bene che ci sembra di essere nelle loro teste, a provare le loro paure e applaudendo i loro successi. La trama è intelligente e vi terrà con il fiato sospeso per tutto il libro. Pieno di svolte inaspettate, questo libro vi terrà svegli fino a quando non avrete girato l’ultima pagina.”

--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su Il killer della rosa)

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PROLOGO
PROLOGO Mentre attraversava il lotto vuoto, il chiarore dell’alba stava scacciando quel che restava della notte. La sera prima aveva piovuto, creando una nebbia che aleggiava sopra la terra. L’uomo camminava lentamente, con metodo, come se lo facesse ogni mattina. A ogni lato c’erano fondamenta di case, case che non sarebbero mai state finite. Probabilmente le strutture erano state costruite cinque o sei anni prima, solo per essere abbandonate quando il crollo del mercato immobiliare aveva colpito. Per qualche motivo, la cosa lo rendeva furioso. Tutte quelle promesse per una famiglia e un costruttore, che erano finite miseramente nel nulla. Stagliato contro la nebbia, l’uomo appariva macilento, alto e scarno, uno spaventapasseri vivente. Non si capiva dove finisse il suo soprabito scuro e iniziassero gli sbuffi grigi di nebbia. La scena era eterea, lo faceva sentire come se fosse stato un fantasma. Una creatura leggendaria, praticamente invincibile. Si sentiva come se facesse parte del mondo e il mondo facesse parte di lui. Ma nella sua presenza in quel luogo non c’era nulla di naturale. In effetti, la pianificava da settimane. Mesi, a dir il vero. Gli anni che si erano succeduti in precedenza lo avevano semplicemente sospinto, portandolo fino a quel momento. Camminava tra la nebbia e tendeva l’orecchio verso la città. Il trambusto della vita di tutti i giorni iniziava a circa un miglio di distanza. Lui era nella parte dimenticata e decrepita della città, una zona che aveva subito il crollo economico. Tutte quelle speranze e i sogni abbandonati segnavano il terreno coperto dalla nebbia. Gli facevano venir voglia di appiccare il fuoco a qualcosa. Pazientemente, aspettò. Si mosse avanti e indietro senza uno scopo preciso. Camminò lungo le strade deserte e dentro le aree di costruzione tra gli scheletri delle case che non erano mai state finite. Si aggirò minaccioso, in attesa che un’altra figura apparisse tra la nebbia. Sapendo che l’universo stava per mandargliela. Alla fine apparve. Persino prima di riuscire a vederla chiaramente, la percepì tra la fioca luce dell’alba e il vapore serpeggiante. Era una figura femminile. Era ciò che aspettava. Il destino stava prendendo forma proprio davanti a lui. Con il cuore che gli martellava nel petto, avanzò di un passo, facendo del suo meglio per sembrare naturale e calmo. Aprì la bocca e iniziò a chiamare un cane che non era mai esistito. Nella nebbia, la voce non sembrava la sua; era debole e tremante, come uno spirito. Infilò una mano nella tasca del lungo soprabito ed estrasse un guinzaglio retrattile da cane che aveva comprato solo il giorno prima. “Sweet Pea!” chiamò. Era il tipo di nome che avrebbe confuso un passante prima che avesse il tempo di dargli una seconda occhiata. “Sweet Pea!” La figura di una donna si avvicinò, avanzando in mezzo alla foschia. L’uomo vide che anche lei aveva un cane, lo stava portando a fare la passeggiata del mattino. Era uno di quei cani piccoli e pretenziosi, il tipo che più che altro somiglia a un ratto. Ovviamente lui la riconobbe. Sapeva quasi tutto dei suoi programmi mattutini. “Va tutto bene?” chiese la donna. Ormai riusciva a vederle il volto. Era molto più giovane di lui. Di vent’anni, almeno. L’uomo sollevò il guinzaglio e fece una specie di sorriso triste. “Il mio cane si è liberato. Sono abbastanza sicuro che sia corso da queste parti, ma non lo sento.” “Oh, no,” disse la donna. “Sweet Pea!” gridò di nuovo lui. Ai piedi della donna, il cagnolino alzò la gamba per fare la pipì. Lei quasi non lo notò. Stava guardando l’uomo. Qualcosa di molto simile al riconoscimento riempì i suoi occhi. Inclinò la testa e un sorriso incerto le increspò gli angoli della bocca. Fece un minuscolo passo all’indietro. L’uomo infilò la mano nell’altra tasca del soprabito e strinse una mano attorno al manico del martello che vi aveva nascosto. Lo estrasse con una velocità che sorprese persino lui. La colpì violentemente sulla testa. Il suono che fece in mezzo al lotto silenzioso, sotto la coperta di nebbia, fu quasi impercettibile. Thunk. Gli occhi della donna si fecero vitrei. Quando collassò al suolo, ai lati della sua bocca c’erano ancora le tracce del sorriso. Il cagnolino la annusò e poi guardò l’uomo. Abbaiò, un suono debole e patetico. Lui fece un passo verso l’animale e ringhiò piano. Il cane urinò ancora, indietreggiò e scappò di corsa dal lotto abbandonato, trascinandosi dietro il guinzaglio. L’uomo rimise in tasca il martello e l’inutile guinzaglio. Abbassò per un momento lo sguardo sul corpo e lentamente si tese verso di esso, mentre l’unico suono che si udiva era l’abbaiare del cane, che echeggiava ininterrotto nella nebbia volteggiante del mattino.

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