11. K mi accolse con un sorriso beffardo. Aveva un pessimo aspetto. Di solito era vestito in modo impeccabile, ben sbarbato e pettinato, a volte persino profumato. Quella mattina aveva un’aria macilenta, gli occhi cerchiati, la barba non rasata e i capelli arruffati. Indossava un pigiama allacciato storto, era scalzo e aveva un vago odore di sudore rancido. «Quindi avevamo un appuntamento, eh? Chissà quando ti ho convocata... forse mentre ero svenuto nel mio vomito, forse dopo. In ogni caso sei in ritardo». Sospirai di sollievo e ignorai il suo sarcasmo. «Dio, stai bene». Si fece da parte. «Veramente sto di merda. Ma sono ancora vivo, che poi immagino sia la cosa che interessa a te e alle altre sanguisughe». «Sapevo già che eri vivo. L’hanno detto al telegiornale stamattina. Hanno an