Infatti, la Corte dei Miracoli non era altro che una taverna, ma una taverna di briganti, rossa sia di sangue che il vino. Lo spettacolo che si offrì al suo sguardo, quando finalmente quella sua cenciosa scorta lo depose al capolinea del tragitto, non era proprio quello che si dice il più indicato per riportarlo alla poesia, fosse pure la poesia dell’inferno. Era più che mai la prosaica e brutale realtà della taverna. Se non stessimo parlando del quindicesimo secolo, si potrebbe dire che Gringoire era sceso da Michelangelo a Callot. Intorno a un grande fuoco che ardeva su un’enorme lastra di pietra rotonda, e che avviluppava con le sue vampe la base incandescente di un tripode che in quel momento era ancora vuoto, alcune tavole tarlate erano rizzate qua e là, senza nessun apprendista geo