“Va bene … Gazzettieri.” li fermò Ares, che stava cercando di studiare e, malgrado non fosse molto interessato al tormentone che assillava da due settimane buona parte degli Estivi e Autunnali, sapendo che sarebbe stato l’unico modo per avere un po’ di pace, li sollecitò asciutto. “Forza, dite cosa avete scoperto. Così la facciamo finita con questa storia.”
L’impareggiabile duo sbuffò sonoramente, prima di capitolare.
“Dunque. Come tutti siamo stati scioccati quando, all’inizio di dicembre, Stiff ha annunciato che il Governo di Hiems – anziché domenica quindici, come previsto – sarebbe partito il ventuno, con Geamhradh. A memoria d’uomo, non era mai successo.” “Già. Almeno da quando Sideral è Rector di Hiems …” “Cioè, da sempre. Pare che lo sia diventato il giorno dopo aver preso la Corona di Bagatto.” “Ahahah! Sì, sì!”
“Smettetela di scherzare e andate avanti!” li incitò Archie, smanioso di sapere.
“Be’ dato che lo chiedi con così tanto garbo …”
“Insomma! La volete far finita?! C’è chi ha da fare.” li rimproverò Vanessa, pure lei curiosissima.
“Sì. A scegliere le … mise per le prossime feste.” ribatté polemico Tib, dicendo la pura verità.
Lei chiuse di scatto la rivista di moda che stava attentamente esaminando assieme a Pamela e Wilma, fissandoli poi impaziente.
“Sembra proprio che …” “quest’anno, la versione invernale …” “della Domus sarà …”
Vi fu un sonoro rullo di tamburi, prodotto dai Segni dei due. Con gli occhi di tutti quanti, la maggioranza ansiosi e molti insofferenti, puntati su di loro, Tib&Tuc proclamarono subito dopo due squilli di tromba.
“DIVERSA!”
Furono in parecchi a esultare.
“Be’, visto il ritardo, non ci voleva molta fantasia a immaginarlo.” commentò acida Wilma.
“Ma tu, che ci fai qui?!” “Già. Non dovresti essere nei tuoi appartamenti, al piano di sotto?” la ammonirono i due, ridacchiando di soppiatto.
Lei, indispettita, reagì facendo il loro gioco. “Non capisco proprio come fate ad avere voti tanto buoni ed essere così zucconi! Le regole scolastiche permettono a ogni allievo degli anni inferiori di accedere ai piani superiori quando è invitato.” spiegò con fare saputo. “E io, che vi piaccia o no, lo sono sempre. Sappiatelo!”
“Lo sappiamo, lo sappiamo.” replicarono i due, ostentando un fasullo avvilimento.
Lei li guardò storta e poi, capendo che la stavano prendendo in giro, sondò con aria maliziosa. “Dato che siete imbattibili … ghermitori – ma esiste? – di informazioni, sarete anche a conoscenza di come sarà.”
La loro espressione, prima spavalda, si fece imbarazzata e lei li pressò, insinuante. “Lo sapete, vero? Se no, che imbattibili agguantatori sareste?”
Charlie e Sean – che giocavano a fare gli smargiassi, ma in realtà non millantavano mai – abbassarono la testa, scuotendola abbacchiati sul serio quella volta.
“Meglio così!” si rallegrò Astrea, alzando gli occhi dal libro che non aveva cessato di leggere. “Avremo tutti una bella sorpresa domattina.”
“Sempre che sia … bella.” obiettò rabbuiato Archie.
“Perché? Pensi che possa esserci qualcosa di più inospitale di un freddo, tetro e squallido castello medioevale?” domandò retorico Ares.
“No. Hai ragione. Non c’è niente di peggio. Per fortuna. Mah! Speriamo in bene.”
Il mattino dopo, nonostante non ci fosse lezione, gli allievi delle diverse Familiae lasciarono piuttosto presto le rispettive Case.
“Aah! Adesso sì, che si comincia a ragionare.” Fu l’immediato commento di Archie che fu il primo, assieme a Tib&Tuc, a varcare il portone di Casa Aestas che, affiancato ad altri tre identici, immetteva sulla grandissima balconata alle cui estremità scendevano due possenti rampe arcuate. “Non che sia il mio preferito il tardo gotico, ma è sempre meglio di prima.”
“Decisamente!” concordò allegro Ares, guardandosi attorno e apprezzando, forse più di ogni altro, il cambiamento.
Da lassù ammirò, a destra e sinistra, gli enormi rosoni dalle marmoree trine che, in un susseguirsi di gocce trilobate attorno a uno splendido elaborato fiore, abbellivano le ogive sommitali degli smisurati finestroni. I muri nudi e spessi del precedente Governo Invernale, e sui quali si aprivano solo strette feritoie, erano stati sostituiti da pareti di luce: magnifiche vetrate che inondavano di bagliori multicolori l’immenso spazio. Interminabili pilastri a costoloni si slanciavano verso i soffitti dalle molteplici volte a crociera, innervate a raggiere e ventagli. Soddisfatto, respirò a pieni polmoni la luce, spostando lo sguardo di fronte. Il vigoroso mezzo albero delle stagioni, il simbolo della Domus, era raffigurato da un pregevole affresco che occupava l’intera parete del vasto interpiano dal quale si dipartiva lo Scalone d’Onore che, come le branche, era in pietra color grigio chiaro.
“Non è nemmeno paragonabile alla solarità del Liberty.” osservò critica Vanessa, muovendosi adagio assieme agli altri per l’Atrio d’Onore.
“Né caldo e confortevole come la versione Autunnale.” si associò Gordon, sebbene in tono più conciliante, saggiando la scarsa comodità di un ligneo smilzo divanetto senza cuscini.
“Ed è ben lontano dalla raffinata e luminosa eleganza del nostro Neoclassico.” rilevò Hyppolite, arricciando il naso con una vaga smorfia.
“Ma è comunque meglio di prima.” sentenziarono all’unisono i tre, mentre lasciavano vagare lo sguardo in giro, guardandosi poi reciprocamente e ridendo di gusto per l’involontario coretto.
“L’illuminazione è migliorata di parecchio.” constatò Cathy, generosa.
“Be’ … Non è che ci volesse molto. Bastava disfarsi di quelle orride torce fumose, sostituendole con qualsiasi altra cosa. Non ho mai capito perché le usassero, poi.” eccepì Crispin, valutando con dubbiosa riserva lampadari, candelieri e candelabri a muro di ferro battuto in stile gotico.
“Per rispettare lo stile prescelto.” ricordò Florestan. “Così come è stato fatto adesso. È ciò che facciamo anche noi, d’altronde.”
“Capisco che siano gli stilemi dell’epoca, le pitture, però, sono così … sgraziate.” “Mmm … Questione di gusti. In compenso, le vetrate sono spettacolari.” considerò Hector, contemplando le ampie e altissime finestre che davano sul piazzale principale, mentre Eleonor guardava di sbieco il largo trittico alla parete opposta.
“Vuoi mettere i nostri parquet?” “E i nostri marmi?” contestarono Brenda e Sean.
In effetti, le pavimentazioni, tutte in pietra serena e prive di tappeti, erano alquanto scabre e contribuivano a rendere l’ambiente freddo.
A loro fecero eco Alix Wine, altra Autunnale, e Hildy con indubbio rammarico. “E le tappezzerie e tendaggi che c’erano solo ieri?” “Sì. Perché le nostre? Non vedo l’ora che venga Primavera!”
“Certo, che è un gran peccato! Il Tablinum Magnum era stato appena creato ed era così meraviglioso in stile Autunnale, mentre combinato in questa maniera … Be’, mi dispiace dirlo, ma è proprio … triste.” giudicò Wilma, aggirandosi a disagio nell’ambiente che pareva molto più vasto di prima a causa dell’arredamento scarso e spartano. “Proprio adesso che ci tocca passare qui le vacanze di Geohjul! E io che avevo scelto quelle belle mise!” si lamentò sconsolata, scuotendo la testa di fronte a ciò che non solo lei considerava uno spettacolo desolante e che austere suppellettili, disadorni camini, sobrie piante verdi e frugali composizioni floreali non riuscivano a mitigare. “Dovrò fare tutto daccapo.”
“Non è detto.” la confortò sollecita Astrea.
Wilma dapprima si illuminò, ma poi dubitò, guardandosi attorno angosciata. “So a cosa pensi, ma non basteranno gli addobbi natalizi a migliorare la situazione. Qui ci vuole un miracolo.”
Astrea rispose con un sorriso malizioso. “Non si sa mai. Ah! Ecco Gloria e Jason. Horatio, Dulcie … venite con me a complimentarvi?”
“Certamente.” assentirono i due Vicari Estivi, uno dopo l’altra.
Prima di allontanarsi, suggerì. “Sarebbe molto … utile, oltre che educato, che voi tutti facciate altrettanto. Almeno con i Vicari di tutti gli anni e i Senatores.”
Un lampo furbo attraversò gli occhi scuri di Wilma, che si affrettò a confermare con aria complice. “D’accordo.”
“Mi raccomando. Siate sinceri e … misurati.”
“Lascia fare a me.”
L’effervescente quindicenne si diresse svelta verso un gruppo di amiche, che in breve si sparpagliarono per avvicinarsi a diversi Invernali. A giudicare dai sorrisi che si stamparono sulle loro facce, l’esortazione di Astrea era stata ben interpretata. Osservando anche lui con una certa tristezza quel luogo, fino al giorno prima tanto accogliente, Ares si chiese che cosa le frullasse in testa. L’unico cambiamento accettabile erano le grandi vetrate che erano diventate, sulla parete di sinistra e di fondo, una lunga sequenza di finestre ad arco acuto, abbellite da graziose colonnine, sormontate da altre più numerose a formare eleganti trafori. Guardò fuori attraverso l’impannata costituita da vetri tondi e spessi, come fondi di bottiglia, legati insieme da un filo di piombo. Nel vasto giardino, totalmente innevato e popolato di conifere e alberi spogli, aleggiavano lembi di nebbia, a tratti fitta, che lo rendevano magicamente irreale.
“Qui fuori, purtroppo, è impraticabile e non si capisce un granché. Usciamo a vedere com’è la Domus all’esterno?” propose Wilfred, rientrando infreddolito dal giardino attraverso una delle tante portefinestre.
“Ooh no! Prima la pappa.” “Sì, sì. La pappa!” “La pappa!” confutarono vivaci Archie e Tib&Tuc, allontanandosi di gran carriera dal Soggiorno Grande e avviandosi poi a passi baldanzosi verso l’Auditorium.
Ares interrogò con lo sguardo Astrea, che lo aveva appena raggiunto dopo aver lasciato i Vicari del quarto anno di Hiems. Lei assentì sorridendo e lui, imitandola, le porse il braccio.
Lo stile gotico era magnificamente espresso anche nei massicci portoni dell’entrata e, soprattutto, nello sterminato salone le cui dimensioni si prestavano alla perfezione per manifestare la tipica grandiosità architettonica. Terminata la ricca colazione, fu proprio l’impareggiabile Trio a capitanare le prime frotte di giovani in esplorazione della nuova versione dell’edificio. In previsione di quella passeggiata, tutti si erano portati l’occorrente per proteggersi dal freddo.
Ares aiutò Astrea a indossare il leggero e caldissimo piumino, mettendone a sua volta uno simile, che Mira gli aveva fatto acquistare. Varcato il maestoso portale di centro, si rivolsero entrambi agli erculei telamoni in granito color perla, dalle poderose spalle e teste coperte di neve.
“Buongiorno, Bibì. Buongiorno, Bibò.” “Buongiorno, Bibò. Buongiorno, Bibì.” li salutarono incrociandosi.
I due Atlanti risposero gentili all’unisono con lente voci, cavernose e potenti. “Buongiorno a lei, Signorina Laergan. Buongiorno a lei, Signorino Milton.”
“Avrete freddo.” si preoccupò lei, con genuina premura.
“No, Signorina. Non sento nulla. Grazie del pensiero.” risposero insieme i due giganti.
In un primo momento, i due giovani si erano scambiati uno sguardo di sollievo, che poi era mutato in sottile dispiacere. Li salutarono gioiosamente, mascherando la compassione che provavano per loro.
Dopo aver ammirato a lungo la monumentale terna di portali strombati dell’Ingresso d’Onore, si allontanarono abbastanza per godere appieno dell’intera vista della gigantesca costruzione.
La struttura ordinata metteva in evidenza i blocchi angolari, che ospitavano le quattro Case e terminavano in guglie affusolate, facendo risaltare la parte centrale più riccamente dotata di piedritti ornamentali. Su ogni piano, di tutte le facciate, si aprivano file interminabili di finestre a ogive trilobate e impreziosite da merletti dalle forme sinuose.
Ares e Astrea si spostarono sul poggio antistante il vastissimo piazzale inghiaiato, dal quale si dipartivano le vie che, dalla Domus, conducevano in tutte le direzioni. Com’era logico, anche la fontana centrale, che fino al giorno prima sfoggiava un fastoso gruppo marmoreo di superbi cavalli, si era uniformata mutando in una semplice vasca rettangolare in scura pietra, dai pannelli scolpiti a bassorilievo con grifoni e altri animali arcani. Da quell’altezza, notarono con piacere che la parte sommitale era come sempre movimentata. Tra i tetti rivestiti di ardesia – molto alti e spioventi, a forma di piramide tronca – si alternavano terrazze, abbellite da artistiche balaustrate, colossali filigrane di timpani e ariose altane sostenute da archi rampanti sormontati da pinnacoli. Al centro, la Rocchetta, la torre riservata di Yolhair, si levava in una selva di guglie con elegante slancio verticale verso il cielo bianco di nuvole, cariche di neve.