Monastero BenedettinoMonte della Madonna, Teolo
Ai giorni nostri
Sulla cima di un piccolo colle, in località Teolo nel padovano, sorgeva un grazioso monastero mariano abitato da sette simpatici frati che avevano dedicato la loro esistenza all’eremitaggio. Il colle prendeva il nome dal Santuario dedicato alla Vergine: era chiamato, appunto, Monte della Madonna. Da un’altezza di circa seicento metri l’eremo sovrastava la pianura padana e in giornate particolarmente limpide e soleggiate si poteva intravedere uno scorcio della laguna veneziana a oltre cinquanta chilometri di distanza. Una posizione invidiabile.
A capo di quella piccola comunità di frati benedettini c’era Fra Pasquale, un vecchietto arzillo, astuto e brillante. Nessuno conosceva con certezza la sua età, ma chi lo frequentava era certo che avesse superato i centodieci anni. Fra Pasquale possedeva una forza spirituale incommensurabile e donava a chi lo ascoltava perle di saggezza e serenità, sebbene fossero rare le aperture al pubblico del Monastero dove non si poteva accedere senza l’autorizzazione della Confraternita Benedettina. Il fabbricato si ergeva sulla punta del colle e, per raggiungerlo, occorreva percorrere una ripida stradina che terminava innanzi a un maestoso cancello.
L’obelisco in pietra a fianco della cancellata citava in latino:
“Solo i portatori del Signore calcheranno questo suolo.”
Ma non era certo il piccolo monastero che rendeva speciale quel colle, il parco pullulava di antenne e parabole di straordinarie dimensioni, un fatto alquanto inusuale per un luogo di culto. Tutti credevano che le antenne altro non fossero che ripetitori della televisione e delle compagnie telefoniche, ma in realtà erano l’avveniristica struttura di telecomunicazioni del Rifugio: la sede del Sanctum Consilium Solutionum o, per traduzione, del “Santo Consiglio delle Soluzioni”. Il Rifugio era la base operativa dell’SCS, un organismo ultra millenario tra i più segreti della Chiesa. La riservatezza circa la sua esistenza durava fin dalla sua costituzione, avvenuta nel V secolo d.C. a opera di Papa Bonifacio I che aveva nominato il primo Risolutore, il capo assoluto e indiscusso, colui che tutti chiamavano “maestro”. Era lui che aveva l’onere di scegliere i Consiglieri che lo avrebbero coadiuvato nei suoi compiti. L’SCS era, di fatto, un organismo d’armi a garanzia della Chiesa, dei suoi segreti e del suo essere struttura religiosa. Il Risolutore rispondeva del suo operato solo al Papa e portava l’anello papale che gli conferiva l’autorità di ricevere piena obbedienza da chiunque esercitasse una qualsiasi funzione ecclesiastica. Solo poche alte cariche del Vaticano sapevano dell’esistenza di tale figura e del potere da questa esercitato: il Segretario di Stato e il Papa, che aveva il potere di nominare Motu proprio colui che avrebbe ricoperto la carica di Risolutore. Anche l’Ispettore Generale della Gendarmeria Vaticana, quale forza di polizia abilitata a garantire assistenza all’SCS in caso di necessità e ad assicurare la riservatezza dei suoi componenti, era a conoscenza di questo secolare segreto. Non esistevano documenti che comprovassero l’effettiva esistenza di un simile organismo, i compiti di tale riservatissima organizzazione venivano esclusivamente tramandati ‘a voce’ fra i tre soggetti deputati che, naturalmente, erano tenuti a mantenere il più assoluto riserbo, pena la scomunica e l’accusa di alto tradimento, ovviamente escluso il Papa.
La sede dell’SCS era stata costruita all’interno del perimetro del monastero in una base sotterranea, edificata nel lontano 1956, a oltre trenta metri di profondità. L’ideatore principale dell’intero progetto era stato l’allora capo dell’SCS Fra Pasquale, al secolo Giovanni Santini, unico ex Risolutore ancora in vita, che aveva ricoperto la carica dal 1937 al 1969, quindi per ben trentadue anni. L’attuale Risolutore era Tommaso Santini, che da oltre trentasei anni ricopriva l’incarico stabilendo, così, un record di durata e battendo tutti i predecessori, persino il prozio Fra Pasquale, suo personale maestro e guida spirituale. Egli, inoltre, rivestiva l’alta carica di Gran Maestro del Supremo Ordine di San Silvestro e della Milizia Aurata{6}, considerato il più antico ordine cavalleresco della Santa Sede che annoverava tra i suoi membri solo pochi altissimi dignitari ritenuti gloriosi per la Chiesa. Santini, nell’espletamento dei suoi doveri, era protetto dalla ‘Indulgenti Arum Doctrina’{7} o Manuale delle indulgenze. Questa poteva essere totale o parziale, veniva riconosciuta dal Diritto Canonico ed era concessa dal Romano Pontefice.
Gli uomini d’armi della Santa Sede, come i Templari o gli Ospitalieri ovvero la stessa Guardia Pontificia{8}, sovente ricorrevano ad atti di violenza per tutelare gli interessi del Papa, della Chiesa o dei Cristiani, contravvenendo così a uno dei Comandamenti più Sacri: non uccidere. Per questo motivo era tradizione che il Papa assicurasse la Indulgenti Arum all’intera crociata, o ai singoli condottieri che si erano distinti in battaglia, annullando in toto ogni peccato, anche il peggiore che potesse essere stato commesso. In periodi successivi all’epoca dei Templari, cioè dopo il XIV secolo d.C., l’indulgenza plenaria o parziale veniva discutibilmente garantita ai regnanti o ai nobili previo versamento di ingenti somme di denaro. Ben presto, però, questa usanza venne meno per le forti opposizioni interne alla Chiesa stessa.
Comunque sia, tale istituto ancora resisteva{9}. A Santini era garantita una particolare indulgenza plenaria, totale e perpetua, mentre i Consiglieri dell’SCS potevano riceverla unicamente in occasione della loro morte, ma solo se fosse avvenuta nell’esercizio del dovere, quindi a seguito di atti in difesa della Chiesa. In alcuni casi l’Indulgenza Plenaria poteva essere concessa dallo stesso Risolutore, unico soggetto del Consiglio abilitato a esercitare il ministero presbiterale. Inoltre, in virtù del suo ministero, Santini era autorizzato a impartire i Sacramenti, tra cui l’Unzione degli Infermi{10}. Negli anni aveva subito molte perdite fra i Consiglieri e sovente offriva tale conforto spirituale in occasione della loro dipartita, assolvendoli dai peccati. Santini era quindi considerato il più abile ed esperto Risolutore di tutti i tempi, oltre che il più longevo.
Pur avendo superato i sessant’anni di età, possedeva una stazza fisica eccezionale, costituita da muscoli allenati e guizzanti ben distribuiti su tutto il metro e novanta di altezza. Gli occhi color ghiaccio, abbinati al capello brizzolato, gli assicuravano un’aura spettrale che incuteva a tutti un timore reverenziale. L’uomo era altresì dotato di una cultura vastissima unita a un’intelligenza superiore alla norma, ma non disdegnava di fare uso della sua fatidica e micidiale forza fisica.
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