EtiopiaFebbraio 2014
In base alle stime l’Etiopia contava una popolazione di oltre sessantacinque milioni di abitanti, con una densità di cinquantotto persone per chilometro quadrato. Popolo martoriato dalla povertà a cui si aggiungevano le recenti guerre civili fra le diverse etnie. La speranza di vita media non arrivava ai quarantacinque anni, una delle più basse al mondo. Il gruppo etnico più importante erano gli Abissini che, da secoli, detenevano il primato politico e culturale. Nella società abissina la famiglia era il fulcro della vita. Il prestigio dell’Etiope era direttamente proporzionale a quello della sua famiglia, che doveva essere numerosa e con prevalenza di prole maschile. L’Etiopia era abitata in gran parte da genti antiche, i Galla, i Borana, gli Arussi, i Gugi, che si erano insediati nelle regioni centrali, dove il terreno si prestava maggiormente alle coltivazioni. Nel passato il paese aveva risentito di numerosi influssi semitici che, nel tempo, avevano determinato un’incredibile stratificazione di razze. L’Etiopia celava e preservava un misterioso segreto, conservato gelosamente da più di due millenni. In un qualche luogo imprecisato del Paese si diceva fosse custodita nientemeno che l’Arca dell’Alleanza. La dinastia reale Etiope, secondo le leggende, discendeva dalla regina di Saba che con Salomone aveva generato un figlio, Menelik, che avrebbe poi unificato le popolazioni dell’Etiopia settentrionale costituendo il regno di Axum e assumendo il titolo imperiale di Negus Neghesti: re dei re.
Antichi scritti testimoniavano che l’Arca era stata fatta uscire di nascosto dal Tempio di Salomone molto prima della invasione Babilonese, trasportata in gran segreto nel regno di Axum e nascosta agli occhi dell’uomo. Successivamente fu edificato il nuovo Sancta Sanctorum: una piccola chiesa dedicata a Santa Maria di Sion, ove sarebbe custodita ancora oggi. Di parere opposto erano le autorità religiose Etiopi, a maggioranza cattolica, che asserivano che l’Arca era custodita in Etiopia, ma non in Santa Maria di Sion, bensì in una delle oltre ventimila chiese sparse sul territorio nazionale, senza però indicare quale. Il nuovo Sancta Sanctorum rimaneva quindi un mistero, circondato da millenario riserbo.
Per difendere l’Arca autentica, una copia identica era stata collocata in ogni chiesa del Paese. Le autorità religiose Etiopi avevano dichiarato più volte di aver visto l’Arca con i loro occhi, a testimonianza della veridicità della loro tesi e le autorità governative, riconoscendo la validità di tali argomentazioni, sostenevano il clero e la necessità che l’Arca fosse difesa e nascosta al mondo. Il popolo Etiope non aveva mai sentito il bisogno di ricevere prove scientifiche a sostegno della teoria. A loro bastavano la tradizione millenaria che si tramandava di generazione in generazione, le storie che si raccontavano di padre in figlio, i dipinti che adornavano le chiese e i libri liturgici. Un insieme di usi e costumi che, anche in tempi attuali, ruotavano attorno al misterioso passaggio dell’Arca dal popolo di Israele a quello Etiope. Quella che per il mondo era diventata una leggenda e un mito, per gli Etiopi era e rimaneva la verità, anzi, il punto fondante dell’identità nazionale.
Credevano che l’Arca non fosse solo un oggetto prezioso, bensì lo strumento che avrebbe garantito loro una condizione di vita migliore in un futuro prossimo. Gli Israeliti erano certi di essere il popolo eletto legato da un divino e indissolubile patto con Dio, come riportato nella Torah.
“Stabilirò la Mia alleanza con te e con la tua discendenza e, dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te.”{4}
Gli Etiopi, in quanto attuali custodi dell’Arca, simbolo ‘tangibile’ dell’alleanza con Dio, avevano quindi maturato la medesima convinzione, cioè di essere divenuti a loro volta il ‘popolo eletto’ dall’Altissimo.
Questa teoria poteva apparire bizzarra, ma non del tutto errata. In effetti, secondo l’impostazione ecclesiastica Etiope, la promessa di Dio agli Israeliti, fatta al tempo di Mosè, era indissolubilmente legata al possesso dell’Arca in quanto simbolo della scelta di Dio di adottare quel preciso popolo.
“Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per Me la Mia eredità tra tutti i popoli, perché Mia è tutta la Terra!”{5}
Ora, a ogni buon conto, l’Arca era custodita dal popolo Etiope e a nessuno era permesso vederla, salvo al Guardiano che aveva il compito di non lasciare mai il Tempio durante l’intera sua vita. A lungo esposto ai divini poteri sprigionati dall’Arca, inevitabilmente si diceva che fosse cieco. Solo in punto di morte egli poteva nominare il suo sostituto, scrupolosamente scelto fra i degni depositari di quel particolare e pericolosissimo segreto.
Così era stato per oltre duemila anni, e così doveva rimanere fino alla fine dei tempi. Alla difesa del Tempio, da secoli e secoli e a costo della vita, erano deputati alcuni uomini che, secondo la leggenda, dovevano essere alti non meno di due metri, addestrati alla difesa estrema e dotati di particolari poteri.
Essi venivano chiamati Custodi.
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