Chapter 6

2009 Words
– Ah, vedo, vedo! – disse a mezza voce lo sconosciuto. – Troppo forte il ponce; distribuzione larga. Imprudenza. Molto meglio la limonata. Calore della sala, persone d’una certa età, ne risentono gli effetti, anche il giorno appresso. Dispiacevole, dispiacevole! – e fece uno o due passi per allontanarsi. – Voi alloggiate qui, signore, – riprese l’indignato dottore. – Adesso, si vede, siete ubbriaco, signore; domani ce la vedremo, signore, domani. Vi troverò io, vi troverò. – Niente difficile, – rispose con la medesima calma lo sconosciuto. – A casa o fuori mi si trova sempre. Più fuori che a casa. Il dottor Slammer schizzava ferocia e distruzione, calcandosi il cappello in capo con un colpo pieno di sdegno; e lo sconosciuto e il signor Tupman rientrarono nella camera da letto del secondo, per rimettere al posto le penne prese a prestito dall’inconscio signor Winkle. Il signor Winkle dormiva profondamente; l’operazione fu presto compiuta. Lo sconosciuto si trovava nella più amena disposizione di questo mondo; e il signor Tracy Tupman, eccitato più che mai dal vino, dal ponce, dai lumi, e dalle signore, non poteva pensar senza ridere al fatto di poco fa, che gli pareva un graziosissimo scherzo. Il suo nuovo amico tolse commiato, e dopo avere incontrato una certa difficoltà nel trovare l’orifizio del suo berretto da notte, destinato in origine a contenere la sua testa, e rovesciando finalmente la candela nei suoi sforzi per mantenerla ritta, il signor Tracy Tupman si studiò di cacciarsi fra le lenzuola con una serie di complicate evoluzioni, e subito dopo chiuse gli occhi al sonno. Le sette del giorno appresso erano appena scoccate, quando la vasta intelligenza del signor Pickwick fu destata dal torpore, nel quale il sonno l’aveva sprofondata, da un forte bussare all’uscio della sua camera – Chi è? – domandò il signor Pickwick, balzando in mezzo al letto. – Cameriere, signore. – Che volete? – Scusate, signore, mi fareste la finezza di dirmi chi dei vostri porta un vestito turchino coi bottoni d’oro e le lettere P. C.? – L’avrà dato a spazzolare, – pensò il signor Pickwick, – l’uomo ha dimenticato a chi appartiene. – Il signor Winkle, – disse poi alzando la voce, – due camere appresso, a destra. – Grazie, signore, – disse la voce di fuori, e si allontanò. – Che c’è? – gridò il signor Tupman destato di botto da un fiero colpo dato alla porta di camera sua. – Posso parlare al signor Winkle? – domandò di fuori il cameriere. – Winkle, Winkle! – chiamò il signor Tupman verso la camera contigua. – Chi mi vuole? – rispose una voce debolissima di sotto alle lenzuola. – Vi cercano, – qualcuno alla porta, – e compiuto lo sforzo di articolar tutto questo il signor Tracy Tupman si voltò dall’altra parte e si addormentò di nuovo. – Mi cercano! – disse il signor Winkle, saltando giù dal letto e vestendosi in fretta. – Mi cercano! a questa distanza dalla città! chi diamine può cercar di me? – Un signore nel caffè da basso, – rispose il cameriere, mentre il signor Winkle apriva la porta per veder chi era; – dice che non vi tratterrà più di un minuto, ma che v’aspetta senz’altro. – Curiosa davvero! – disse il signor Winkle. – Vengo subito. Si avvolse frettolosamente nella sua veste da camera e in uno scialle da viaggio, e discese. Una vecchia e due camerieri pulivano e rassettavano la bottega del caffè, e un ufficiale in piccola tenuta guardava fuori della finestra. Si voltò all’entrata del signor Winkle e salutò con un cenno del capo. Quindi, mandata via la gente di servizio e chiusa la porta con molta cura, disse: – Il signor Winkle? – Precisamente, signore. – Non sarete sorpreso, signore, quando vi avrò detto ch’io sono qui da parte del mio amico, il dottor Slammer del 97°. – Il dottor Slammer! – esclamò il signor Winkle. – Il dottor Slammer, per l’appunto Egli mi incarica significarvi la sua opinione che la vostra condotta di ieri sera è stata indegna di un gentiluomo, e che un gentiluomo non può sopportarla in pace. Era così vivo, così evidente lo stupore del signor Winkle da non poter sfuggire all’amico del dottor Slammer; epperò egli proseguì: – Il mio amico, dottor Slammer, mi ha pregato di aggiungere esser lui fermamente convinto che durante una parte della serata voi eravate un po’ brillo, e probabilmente inconscio della gravità dell’insulto del quale vi rendeste colpevole. Mi ha incaricato di dirvi che se questo particolare potesse in certo modo servir di scusa alla vostra condotta, egli consentirebbe ad accettare delle scuse per iscritto, delle quali io stesso vi detterei il tenore. – Delle scuse per iscritto! – ripetette il signor Winkle col tono della più profonda maraviglia. – Naturalmente, – replicò con molta calma l’ufficiale, – conoscete l’alternativa. – Siete stato incaricato di questo messaggio per me, nominativamente? – domandò il signor Winkle le cui facoltà mentali erano scosse stranamente da questo straordinario colloquio. – Io non ero presente alla scena, – riprese l’ufficiale, – e in conseguenza del vostro reciso diniego di dare il vostro biglietto di visita al dottore Slammer, fui pregato da lui di identificare il proprietario di un vestito molto notevole; soprabito turchino e bottoni dorati con un busto e le iniziali P. C. Il signor Winkle si sentì quasi venir meno dallo stupore, udendo una così minuta descrizione del proprio costume. L’amico del dottor Slammer proseguì: – Dalle indagini fatte qui nella casa, son venuto a sapere che il proprietario del vestito in questione era arrivato ieri con tre signori. Ho mandato subito da quel signore che mi veniva indicato come il capo della brigata; ed è lui che m’ha diretto a voi. Se la gran torre del castello di Rochester sollevatasi di botto dalle fondamenta si fosse venuta a situare di faccia alla finestra del caffè, la sorpresa del signor Winkle sarebbe stata meno che niente, paragonata a quella che lo colpiva udendo un discorso così fatto. La sua prima impressione fu che gli avessero rubato il vestito. – Vorreste aver la cortesia di attendermi un momento? – disse. – Certamente, – rispose il malaugurato ufficiale. Il signor Winkle in due salti fu in camera sua, e con mano tremante aprì la sacca da viaggio. L’abito turchino stava al suo solito posto; ma, esaminato bene da vicino, mostrava più segni di essere stato adoperato la notte avanti. – Dev’essere così, – disse il signor Winkle, lasciandosi cadere l’abito dalle mani. – Ho bevuto troppo dopo desinare e mi pare, così come in sogno, di essere andato attorno per le vie e di avere anche fumato un sigaro. Il fatto è che una buona cotta l’avevo presa; debbo aver mutato di vestito; sarò andato chi sa dove; ed avrò insultato qualcuno. Non può essere altrimenti, ed eccone ora la terribile conseguenza in questa sfida Così dicendo da sè a sè il signor Winkle tornò al caffè col bieco e triste proposito di accettare la sfida del dottor Slammer e di affrontarne tutte le più funeste conseguenze. A questa determinazione era spinto il signor Winkle da molti riflessi; primo dei quali era la sua riputazione presso il Circolo. Egli era stato sempre considerato come un’autorità di conto in tutti gli esercizi del corpo, offensivi difensivi ed inoffensivi; e se ora, proprio alla prima occasione, egli avesse dato indietro sotto gli occhi del suo condottiero, la sua posizione nel Circolo, era bell’e spacciata. D’altra parte si ricordava di avere inteso susurrare dalla gente poca pratica di queste faccende, che per un segreto accordo fra i secondi le pistole non si caricano sempre a palla; e pensò inoltre che se si rivolgeva al signor Snodgrass perchè gli facesse da secondo, e gli dipingeva il pericolo con termini molto vivaci, questo bravo amico avrebbe probabilmente comunicata la cosa al signor Pickwick, il quale senza dubbio non avrebbe messo tempo in mezzo per darne avviso alle autorità del luogo, ed impedire che il suo seguace fosse ucciso o storpiato. Tali erano i suoi pensieri tornando al caffè, e per queste ragioni espresse il suo proposito di accettar la sfida del dottor Slammer. – Vorreste indirizzarmi ad un vostro amico per accordarci sull’ora e il luogo dello scontro? – chiese l’ufficiale. – Perfettamente inutile, – rispose il signor Winkle; – fissate da voi stesso, ed io condurrò meco il mio testimone. – Ebbene, stasera? verso il tramonto, – disse l’ufficiale in tuono indifferente. – Va benissimo, – rispose il signor Winkle, pensando dentro di sè che andava malissimo. – Conoscete il fortino Pitt? – Sì; l’ho veduto ieri. – Se volete prendervi il disturbo di voltare nel campo che costeggia la trincea, prendere il sentiero a sinistra, quando siete all’angolo della fortificazione, e camminar diritto fino a che non mi vediate; io stesso vi guiderò ad un certo posto appartato, dove l’affare si potrà sbrigare senza timore d’interruzione. – Timore d’interruzione! – pensò il signor Winkle. – Non c’è altro da aggiustare, mi pare, – disse l’ufficiale. – Nient’altro, credo, – rispose il signor Winkle. – Buon giorno. – Buon giorno, – e l’ufficiale girò sui talloni zufolando un’arietta allegra. La colazione di quella mattina passò senza notevoli incidenti e senza allegria. Il signor Tupman non era in grado di lasciare il letto, dopo l’orgia della sera innanzi, il signor Snodgrass pareva travagliato da una poetica depressione di spiriti; e perfino il signor Pickwick dimostrava un attaccamento insolito al silenzio ed all’acqua di soda. Il signor Winkle aspettò con ansia il momento opportuno, e non dovette aspettar molto. Il signor Snodgrass propose una visita al castello, e poichè il signor Winkle era il solo membro della brigata disposto a far quattro passi, così uscirono insieme. – Snodgrass, – disse il signor Winkle, quando furono fuori della città, – Snodgrass, amico mio, posso contare sulla vostra discrezione? E nel dir questo egli nutriva la più calda speranza, di non poterci contare niente affatto. – Certamente, – rispose il signor Snodgrass. Io giuro... – No, no! – interruppe Winkle, spaventato alla sola idea che il suo compagno ingenuamente si impegnasse a non parlare; – non giurate, non giurate; è assolutamente inutile. Il signor Snodgrass abbassò la mano che, in uno slancio di poesia, aveva alzato verso le nuvole, e si raccolse in atto di ascoltare. Ho bisogno del vostro aiuto, amico mio, in un affare di onore, – riprese a dire il signor Winkle. – Lo avrete, – rispose il signor Snodgrass, stringendo forte la mano dell’amico. – Con un dottore; il dottor Slammer del 97°, – disse il signor Winkle cercando di dare alla cosa la maggiore solennità possibile; – un affare con un ufficiale assistito da un altro ufficiale questa sera sul tramonto, in un campo solitario dietro al fortino Pitt. – Vi accompagnerò, – disse il signor Snodgrass. Era un po’ sorpreso, ma niente affatto commosso. È incredibile con quanta freddezza possa entrare in tali faccende qualunque persona che non sia la parte principale. Il signor Winkle avea dimenticato questo. Egli avea giudicato dai propri sentimenti dei sentimenti del suo amico. – Le conseguenze possono essere terribili, – disse. – Spero di no, – rispose il signor Snodgrass. – Credo che il dottore sia un eccellente tiratore. – Come la maggior parte di questi militari, – osservò con calma il signor Snodgrass; – ma anche voi tirate bene, non è vero? Il signor Winkle rispose affermativamente; e accorgendosi di non aver abbastanza allarmato il suo compagno, mutò subito di terreno. – Snodgrass, – riprese a dire con voce tremante dall’emozione, – se mai soccombo, voi troverete in un pacchetto che vi consegnerò una lettera per... per mio padre. Anche questo degli attacchi andò a vuoto. Il signor Snodgrass si mostrò compunto, ma s’incaricò volentieri della consegna della lettera, come se a dirittura fosse stato un fattorino postale. – Se soccombo io, – disse il signor Winkle, – o se soccombe il dottore, voi, caro amico, sarete chiamato come testimone e vi troverete compromesso. Dovrò io esser causa che il mio amico sia esiliato.... probabilmente a vita? Il signor Snodgrass tentennò un poco a questa idea, ma il suo eroismo la vinse. – Nella causa dell’amicizia, – esclamò con calore, – io sfiderei tutti i pericoli. Come maledisse il signor Winkle la devota amicizia del suo compagno, mentre per alcuni minuti seguitarono a camminare l’uno a fianco dell’altro, immerso ciascuno nelle proprie meditazioni. Il giorno volgeva al suo termine; egli si vedeva sempre più disperato. – Snodgrass, – esclamò, arrestandosi di botto, – non mi venite meno in questa faccenda, non ne informate le autorità locali, non provocate l’intervento degli ufficiali di pace, per fare arrestare me o il dottor Slammer, del 97° reggimento, quartiere di Chatham, ed impedire così questo duello; vi ripeto, Snodgrass, non lo fate. Il signor Snodgrass afferrò con calore la mano dell’amico, e rispose con entusiasmo: – Non lo farò, per tutto l’oro del mondo! Un fremito percorse le membra del signor Winkle, quando lo assalse il terribile pensiero che non aveva nulla da sperare dai timori del suo amico, e che era pur troppo destinato a divenire un bersaglio vivente.
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