VI. Una partita a carte antiquata – I versi del prete – La storia del ritorno del forzato
Molte persone raccolte nel vecchio salotto si levarono per far festa al signor Pickwick e agli amici suoi: e durante la formalità delle presentazioni, il signor Pickwick ebbe modo di osservare l’aspetto delle varie persone che gli stavano intorno, di studiarne i caratteri, d’indovinarne le inclinazioni, – abitudine, alla quale, come molti altri grandi uomini, egli si lasciava andare molto volentieri.
Una signora decrepita con una gran cuffia in capo e una veste di seta scolorita – nientemeno che la madre del signor Wardle – occupava il posto d’onore a dritta del caminetto; e vari certificati della sua buona educazione da giovanetta e della condotta eccellente che n’era stata la conseguenza, adornavano le pareti intorno, come a dire saggi calligrafici di vecchia data, paesaggi non meno antichi ricamati in lana e sottolumi di seta rossa alquanto più recenti. La zia, le due nipotine e il signor Wardle, gareggiando di zelo nelle cure affettuose per la vecchia signora, si stringevano intorno al seggiolone di lei, chi col corno acustico, chi con un’arancia, chi con una boccetta d’odori, mentre due altre mani si affaccendavano a sbattere e gonfiare i guanciali che le servivano di sostegno. Dal lato opposto sedeva un vecchio signore calvo, dalla fisonomia piena di serenità e di benevolenza, il parroco di Dingley Dell; ed accanto a lui sedeva sua moglie, una bella vecchia robusta e florida, la quale dava a vedere non solo di essere assai brava nella manipolazione dei cordiali domestici per soddisfazione altrui, ma di essere anche più brava nell’assaggiarli per soddisfazione propria. Un ometto stecchito e dal viso bucherellato conversava in un angolo con un vecchio corpulento; e due o tre altri vecchi con due o tre altre vecchie stavano ritti ed immobili sulle loro seggiole, fisando con molta curiosità il signor Pickwick e i suoi compagni di viaggio.
– Mamma, il signor Pickwick, – gridò il signor Wardle con quanto fiato aveva in corpo.
– Ah! – fece la vecchia crollando il capo, – non sento, eh!
– Il signor Pickwick, nonna! – strillarono a coro le due signorine nipoti.
– Ah! – fece di nuovo la vecchia signora. – Ebbene, non fa nulla. Non gli preme certo di una vecchia della mia fatta.
– Vi assicuro, signora – disse il signor Pickwick afferrando la mano della vecchia signora e parlando così forte che la sua dolce fisonomia ebbe a pigliare una tinta violacea, – vi assicuro, signora, che nessuna cosa al mondo mi piace più che il vedere una signora della vostra età a capo di una famiglia così bella, e con una cera così giovane e piena di salute.
– Ah! – esclamò la vecchia signora dopo una breve pausa; – tutte cose bellissime senza dubbio, ma io non sento niente.
– La nonna è un po’ nervosa adesso, – disse a bassa voce la signorina Isabella Wardle; – ma da qui a poco vi rivolgerà la parola.
Il signor Pickwick con un semplice cenno del capo si mostrò inchinevolissimo a secondare le debolezze dell’età, ed entrò in una conversazione generale con le altre persone presenti.
– Bellissimo posto questo qui, – disse il signor Pickwick.
– Bellissimo! – fecero eco ad una voce i signori Snodgrass, Tupman e Winkle.
– Lo credo anch’io, eh! – disse il signor Wardle.
– Non c’è un posto migliore in tutta Kent, signore, – disse l’ometto dal viso bucherellato; – non ci è davvero; sono sicuro che non c’è, signore.
E l’ometto girò attorno un’occhiata di trionfo, come se qualcuno lo avesse vivamente contraddetto ed egli fosse riuscito in fin dei conti a farlo tacere.
– Non c’è un posto migliore in tutta Kent, signore, – ripetette l’ometto, dopo qualche minuto di silenzio.
– Meno i prati di Mullins, – osservò solennemente il signore corpulento.
– I prati di Mullins! – esclamò l’altro con profondo disprezzo.
– Sicuro, i prati di Mullins! – ripetette il signore corpulento.
– Ottimi terreni quelli lì, – venne su un altro signore corpulento.
– O sì, non c’è che dire, – aggiunse un terzo signore corpulento.
– Sfido io! lo sanno tutti – disse il padrone di casa.
L’ometto butterato girò attorno uno sguardo dubbioso, ma trovandosi in minoranza, prese un’aria di compatimento e non aprì più bocca.
– Di che discorrono? – domandò la vecchia signora ad una delle nipotine con voce molto squillante; perchè, come sono molti sordi, essa non pareva mai tener conto della possibilità che altri l’udisse.
– Discorrono dei terreni, nonna.
– Che terreni? c’è qualcosa di nuovo?
– No, no. Il signor Miller diceva che le terre nostre qui sono migliori dei prati di Mullins.
– E che ne capisce lui? – esclamò indispettita la vecchia. – Miller è una zucca, ecco quel che è, e glielo potete dire che l’ho detto io.
Così dicendo, la vecchia signora, affatto ignara di avere assai più che bisbigliato, si raddrizzò sul suo seggiolone e guardò all’ometto delinquente con occhi che schizzavano rasoi affilati.
– Via, via, – disse il padrone di casa con una naturale ansietà di mutar discorso, – che direste, signor Pickwick, di una partita di whist?
– Col massimo piacere, – rispose il signor Pickwick, – ma non vorrei mica che metteste su un tavolino a posta per me.
– Oh, vi assicuro che la mamma ne va pazza; non è vero mamma?
La vecchia signora, che era molto meno sorda su questo soggetto che su qualunque altro, rispose subito di sì.
– Joe, Joe, – gridò il vecchio signor Wardle, – Joe! Maledetto... oh, eccolo; tira fuori i tavolini da giuoco.
Il letargico ragazzo si sforzò, senza aspettare altri stimoli, a situare i tavolini da giuoco; uno per la Papessa Giovanna e l’altro pel whist. I giocatori di whist erano il signor Pickwick e la vecchia signora, il signor Miller e il signore corpulento. Il giuoco in giro comprendeva il resto della compagnia.
Il whist procedette con tutta quella gravità e quella posatezza che giustificano il suo titolo (silenzio) e che fanno pensare quanto sia irreverente ed ignominioso l’averlo annoverato fra i giuochi. Il giuoco in giro dall’altra parte era così tumultuoso ed allegro da interrompere più di una volta le meditazioni del signor Miller, il quale non essendo assorbito fino al punto che avrebbe dovuto, ebbe a commettere diversi e non lievi crimini, che accesero terribilmente la rabbia del signore corpulento e destarono in proporzione il buon umore della vecchia signora.
– Ecco qua! – disse trionfalmente il colpevole Miller, raccogliendo le carte alla fine di una mano, – non si poteva giocar meglio, mi pare: impossibile di fare una base di più.
– Miller avrebbe dovuto tagliar quadri, non è vero, signore? – domandò la vecchia signora.
Il signor Pickwick assentì col capo.
– Proprio dovevo tagliare? – disse lo sciagurato, facendo un dubbioso appello al suo compagno.
– Sicuro che dovevate, – rispose il signore corpulento con voce terribile.
– Mi dispiace assai, – disse l’abbattuto Miller.
– Bella consolazione, – grugnì il signore corpulento.
– Due d’onori e ne abbiamo otto, – disse il signor Pickwick.
Un’altra mano.
– Potete farne una? – domandò la vecchia signora.
– Certamente, – rispose il signor Pickwick, – Doppio, semplice e il rub.
– Che detta! – esclamò il signor Miller.
– Che carte! – borbottò il signore corpulento.
Seguì un solenne silenzio. Il signor Pickwick di buon umore, la vecchia signora seria, il signore corpulento arrabbiato e il signor Miller mortificatissimo.
– Un altro doppio, – esclamò la vecchia signora con aria trionfale, mettendo, in memoria del gran fatto, un sei pence e un mezzo penny senza impronta sotto il candeliere.
– È doppia, signore, – disse il signor Pickwick.
– Grazie, me n’ero accorto, – rispose il signore corpulento con rabbia concentrata.
Un’altra mano sortì effetti identici, con un rifiuto incidentale del disgraziato Miller, sul quale il signore corpulento versò un diluvio d’impertinenze che durarono fino alla fine del gioco, ritirandosi poi in un angolo e rimanendo muto come un pesce per un’ora e ventisette minuti. Dopo di che, emerse dall’ombra ed offrì al signor Pickwick una presa di tabacco col fare di un uomo che si fosse determinato ad un cristiano perdono delle offese. L’udito della vecchia signora migliorava sempre più, e l’infelice Miller si sentiva tanto fuori del suo elemento quanto un delfino in un casotto da sentinella.
Il giuoco in giro procedeva intanto con la medesima allegria. Isabella Wardle e il signor Trundle facevano società, Emilia Wardle col signor Snodgrass facevano lo stesso, e perfino il signor Tupman e la zia ragazza aveano stabilito una società di gettoni e di galanteria. Il vecchio signor Wardle non capiva nei panni dall’allegrezza; ed era così ameno nel tenere il banco, e le signore vecchie erano così avide di guadagnare, che tutta la tavola era un continuo frastuono di motti e di risa. C’era una vecchia signora che avea sempre da pagare una mezza dozzina di carte, destando così le risate di tutti; e quando la vecchia signora s’imbizziva per dover pagare, le risate si facevano più forti; al che la faccia della vecchia signora a poco a poco si rischiarava, e finiva anche lei per ridere più forte di tutti gli altri. Poi, quando alla zia ragazza toccava un matrimonio, le signorine tornavano a ridere, e la zia s’imbronciava; fino a che sentendosi stringere la mano di sotto alla tavola dal signor Tupman, si rischiarava anche lei, e faceva un certo viso come per dire che il matrimonio non era poi tanto lontano come qualche persona poteva credere; al che ciascuno rideva da capo, e specialmente il vecchio signor Wardle, il quale se la divertiva nè più nè meno che i più giovani della brigata. In quanto al Signor Snodgrass, non faceva altro che bisbigliare poetici sentimenti nell’orecchio della sua compagna, la qual cosa rendeva molto arguto e faceto un vecchio signore a proposito delle associazioni al giuoco e delle associazioni per la vita, e gli faceva fare varie riflessioni accompagnate da strizzatine d’occhio e colpi di tosse, che mettevano di ottimo umore tutta la brigata e specialmente la moglie del vecchio signore. E il signor Winkle veniva su ogni tanto con certi suoi motti spiritosi conosciutissirni in città e niente affatto conosciuti in campagna; e siccome tutti ne facevano le più grasse risate e dicevano che non c’era niente di simile, il signor Winkle raggiava di onore e di gloria. E il parroco benevolmente guardava attorno con occhio sereno; perchè i visi allegri che circondavano la tavola rendevano anche lui allegro; e benchè l’allegria fosse piuttosto rumorosa, pure veniva dal cuore e non dalle labbra; e questa è, in fin dei conti, la vera e buona allegria.
Fra questi passatempi, la serata passò assai presto; e dopo una cenetta sostanziosa e frugale, la brigata formò un circolo davanti al fuoco, e il signor Pickwick pensò di non essersi mai sentito così felice in vita sua, e giammai così disposto a godersi il presente.
– Ecco quel che mi piace, – disse il vecchio Wardle, seduto accanto al seggiolone della mamma e con una mano di lei stretta nella sua, – ecco quel che mi piace; i momenti più felici della mia vita gli ho passati accanto a questo antico focolare; ed io vi sono così affezionato, che tutte le sere vi fo una bella fiammata fino a che scotti da non reggervi più. Vedete, questa povera vecchierella soleva mettersi a sedere qui, sopra quello sgabelletto, quando era bambina, non è vero, mamma?
La lagrima che scorre inconscia quando la memoria di altri tempi e di una lontana felicità viene ad un tratto evocata, bagnò la guancia rugosa della vecchia signora mentre ella crollava il capo e sorrideva malinconicamente.
– Dovete scusarmi, signor Pickwick, – riprese a dire il signor Wardle dopo un breve silenzio, – se vi parlo tanto di questo antico nido; perchè gli voglio tutto il mio bene, e non ne conosco altro; le case vecchie ed i campi mi hanno l’aria di vecchi amici e così pure la nostra chiesetta tutta ornata di edera, sulla quale, a proposito, il nostro ottimo amico qui presente fece una sua canzone quando la prima volta venne fra noi. Signor Snodgrass, mi pare che il vostro bicchiere sia vuoto?
– Grazie, no, è pienissimo, – rispose il signor Snodgrass, la cui poetica curiosità era stata vivamente eccitata. – Parlavate, mi pare, di una canzone sull’edera.
– Dovete domandare all’amico di faccia a voi, – rispose il signor Wardle accennando con un cenno del capo al parroco.
– Potrei esprimere il desiderio di udirvela ripetere? – disse il signor Snodgrass.
– Davvero, – rispose il prete, – è una cosuccia da nulla; e la sola mia scusa per averla perpetrata, è che allora ero molto giovane. Comunque sia, ve la dirò, se così volete.
Un mormorio di curiosità fu naturalmente la risposta; e il vecchio prete prese a recitare, con l’aiuto della sua signora che gli suggeriva qua e là, i versi in discorso.