Capitolo 2: la scatola

1281 Parole
Squillò il mio telefono, lo presi e risposi -pronto?- Dissi senza vedere che stava chiamando -pronto Celine, perché non sei venuta oggi?- Era lo studio fotografico in cui lavoravo, mi maledì mentalmente per essermene completamente dimenticata. Come avevo potuto prendere tutto e andare via senza avvisarli. Dovevo proprio aver perso la testa, ma d'altronde era un'emergenza. -Mi dispiace moltissimo, sono a New York, mio padre è in ospedale, ho preso il primo aereo che ho trovato e sono venuta, mi sono completamente dimenticata- dissi tutto d'un fiato, cercavo di inventrarmi delle scuse ma non potevo dire altro che la verità, speravo comprendessero. -Ci dispiace molto Celine, non c’è nessun problema, questo tipo di cose succedono, se vuoi ti concediamo tre settimane di vacanza, spero che tuo padre si rimetta presto- disse il mio datore -davvero? Cioè intendo... ehm... grazie infinitamente per la comprensione, lo spero vivamente!- Lasciai uscire tutta l'aria che stavo trattenendo, per un momento ho avuto un attacco di panico pensando al peggio. Che figuraccia, fortunatamente era andata diversamente. Squillò il mio telefono di nuovo, lo presi e lessi il nome di mia madre, risposi subito tremante, poteva succedere qualsiasi cosa -pronto mamma!- Dissi quasi urlando -tesoro mio- disse lei -puoi venire a vedere tuo padre, ti stiamo aspettando amore, non preoccuparti- lasciai uscire tutta l'aria che trattenevo in quel momento, di nuovo. Quel giorno stavo vivendo un emotional rollercoaster. Ma almeno non erano delle brutta notizie -va bene mamma arrivo- dissi ed attaccai. Non ci pensai due volte, corsi subito in ospedale. Una volta arrivata entrai nella sua stanza e mi sedetti accanto a lui, era disteso sul lettino e aveva una flebo attaccata al suo braccio, le sue palpebre sembravano pesanti -papà... papà mi senti?- Lui aprì gli occhi lentamente -Celine- disse con voce debole -sì papà, sono qui, sono qui accanto a te, come ti senti?- Sorrisi debolmente -ora che ti vedo, molto meglio, da quanto tempo figlia mia, non vieni mai a trovarci, dovevo proprio finire il ospedale per averti qui eh- tossì leggermente e io lo abbracciai, mi mancava da morire. -Papà mi hai fatto prendere un grande spavento, sono corsa qui da Los Angeles lasciandomi tutto dietro, ti prego papà riprenditi e non farlo mai più. Mi dispiace se non sono venuta spesso, ho avuto molti impegni con il lavoro, la viva e tutto. Ma ora tu pensa solo a riprenderti va bene? Ti voglio bene papà- dissi e lo strinsi forte tra le mie braccia. Entrò un'infermiera che mi interruppe e ci chiese di uscire, ci disse che papà doveva riposare. Io lo guardai e annuì, -scusa tesoro- disse con voce debole -di cosa papà?- Dissi prendendo la sua mano -di tutto- disse e mollò la presa della mia mano -vai a casa tesoro, ci vediamo dopo- io annuì. -Andiamo a casa- mi suggerì mia madre, mi alzai e uscì dalla stanza, mi misi a guardarlo dalla vetrata -starà bene vero?- Mi voltai verso mia madre -certo che starà bene- disse distogliendo lo sguardo dal mio, sembrava non essere convinta di quello che diceva, lo guardai ancora e sussurrai a me stessa -puoi farcela papà, sei un eroe- Tornammo a casa poco dopo. -Hai fame tesoro?- Urlò mamma dalla cucina -non molta!- Dissi io, ero rannicchiata sul divano e stavo pensando... come sempre. Poco dopo arrivò mia madre con due deliziosi toast e spremuta di arancia fatta da lei, si mise accanto a me e accese la TV, insieme iniziammo a mangiare. -Allora che mi racconti?- Iniziò mia madre -nulla di che, a Los Angeles è tutto meraviglioso, Max sta bene, con il lavoro va tutto bene...- sospirai -e gli amici? Qualche ra..- non finì di parlare -no mamma, niente amici e sopratutto niente ragazzo, ma non mi va di parlarne sinceramente, sono preoccupata per papà ora, il resto non conta. Vado un attimo di sopra mamma- mi alzai e salì le scale, diretta verso il piano superiore. Andai nella mia vecchia camera e lentamente aprì la porta, la trovai pulita e in ordine, come se non me ne fossi mai andata, era come l'avevo lasciata, mia madre l'aveva ordinata alla perfezione. Mi guardai intorno e notai che non era proprio come l'avevo lasciata, infatti vidi una scatola sulla scrivania che attirò la mia attenzione. Non mi era molto famigliare. Mia madre doveva essersi dimenticata di metterla via quando faceva le pulizie. La presi incuriosita dal suo contenuto e l'aprì. Mi irrigidì di colpo. Non era possibile, la scatola era piena di foto mie e di... -tesoro sei qui- entrò mamma e saltai dallo spavento, non l'avevo sentita arrivare -mamma, e questa scatola? Perché è qui? Non dovevi buttare tutte queste foto come ti avevo chiesto? Questa fa parte del passato! Non ne voglio sapere niente!- Gridai furiosa -Celine, non si getta via una parte della propria vita, puoi anche tentare di dimenticare ma ciò che è stato non può essere dimenticato, quella è la tua infanzia- disse con calma -oh! Grazie mamma, sei d'aiuto!- Perché? Perché? Perché il passato doveva continuare perseguitarmi. Avevo lasciato tutto e cambiato vita per qualcosa. -Tesoro, io ho ancora buoni rapporti con sua madre, è più di un'amica per me, ha chiesto molte volte di te...- disse lei -mamma ti prego, non mi interessa! Io voglio dimenticare, ho sofferto molto!- Iniziai a piangere. Non lo facevo spesso, ma ero stressata per mio padre e quando più cose si accavallano mi sento scoppiare. *flashback -Domani parto sai? Mio padre mi porta con lui in quel viaggio che desideravo da molto, in Australia- disse emozionato -in Australia? Ma è lontano! E quando torni? -Non torno. Mamma e Papà hanno divorziato e mio padre vuole andare via da qua, vuole rifarsi una vita e ha detto che mi vuole con lui. Io ho accettato- sgranai gli occhi -ma come? E io? Mi lasci da sola? Non ho nessuno- lui sorrise -non ti preoccupare! Quando divento grande torno e poi ti porto a visitare l'Australia!- sembrava non rendersi conto della cosa -ma… ma è troppo tempo- iniziai a piangere -mi dispiace, no non piangere- *fine flashback Ok, partiamo dall'inizio. Mia madre e la madre di Justin Brooke si conoscevano fin da giovani, erano migliori amiche quasi. Io conobbi Justin quando ero piccola perché la madre veniva da noi e lo portava con sé, giocavamo sempre insieme, eravamo inseparabili, io lo difendevo e lui mi difendeva, eravamo cresciuti insieme praticamente... poi all'inizio delle scuole medie quando avevamo 11 anni i suoi divorziarono e così il padre se lo portò con lui chi sa dove in Australia, da quel momento non lo rividi mai più. Erano passati 8 anni, chi sa come sarà cresciuto, di lui avevo solo i ricordi dei momenti insieme e quelle maledette foto. Avevo sofferto moltissimo e mi sentivo sola, avevo Ashley in quel momento ma non era come il mio migliore amico. Mi sentivo abbandonata. Lui era più di un semplice amico di giochi, eravamo noi due e basta, come una persona sola, ci capivamo e ci prendevamo cura l'uno dell'altro, come dei fratelli. Era la delusione più grande della mia vita, nonostante avessi avuto solo 11 anni ho sofferto la sua mancanza per tutta la mia adolescenza. -Stai bene? A che pensi?- La voce di mia madre mi svegliò dal mio stato di trance -a niente- replicai -ho invitato sua madre a cena oggi, spero non ti dia fastidio- mi guardò cercando approvazione -no… no tranquilla, scusa mamma se ho alzato la voce- l’abbracciai. Scesi in cucina a prendere un bicchiere d'acqua, ma prima riposi la scatola di foto nell'armadio. Faceva parte del passato ed era giusto che stesse lì, nel buio come i miei ricordi.
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