PROLOGO
Sunny
“Sei tutto duro.”
Titus sbuffa sotto alle mie mani. Il suo grosso corpo è disteso sul lettino da massaggi, il volto nascosto, appoggiato sui rigidi bicipiti. Gli sto lavorando le spalle da mezz’ora e non si è rilassato un solo secondo. Anzi, pare essere ancora più teso di prima.
Faccio scorrere una mano sulla superficie mozzafiato della sua schiena, seguendo le forme ondeggianti dei suoi tatuaggi tribali e grattandolo leggermente. Lo sento espirare, un suono che è a metà tra un ringhio e qualcosa di più morbido e delicato. Come le fusa di un gatto.
“Puoi girarti adesso,” suggerisco con delicatezza, e gli tengo su l’asciugamano per aiutarlo a girarsi mantenendo la sua privacy. Non sbircio mai con i clienti, ma con Titus non posso trattenermi. La curva solida delle sue natiche, la cresta dei fianchi, una rapida occhiata a qualcosa di grosso e lungo con una base di intricati peli…
Ricade sulla schiena e la fonte della sua tensione mi appare evidente.
“Oh mio Dio. Ce l’hai duro.” O si è messo una bandierina in mezzo alle gambe sotto all’asciugamano, o ha l’erezione più enorme che abbia mai visto. Ci è stato sdraiato sopra per tutto il tempo? Non c’è da stupirsi che stesse scomodo.
Mi lecco le labbra, fissando l’asciugamano teso. Dovrei iniziare a massaggiargli le gambe, sciogliendo i nodi più tesi, lavorando con il palmo sopra alle ginocchia, ma non ha senso. Non con quell’uccello meraviglioso che offre il suo saluto al cielo. Non si rilasserà mai, se prima qualcuno non si occuperà di lenire la sua eccitazione.
Quel qualcuno sono io. Evviva!
Mi sfilo un braccialetto elastico dal polso e lo uso per legarmi i capelli. Mi sono già tolta il mio scialle stravagante, scoprendo le braccia e la scollatura lentigginosa lasciata in vista dal top con i laccetti.
“Lascia che ti metta più a tuo agio,” mormoro, allungando le mani sotto all’asciugamanino. Santi del cielo, mi serve tutta la lunghezza delle dita per farci il giro. Afferro la base pulsante con una mano e levo l’asciugamano con l’altra. La cappella scoperta è gocciolante e ci passo sopra la lingua per assaggiarlo…
Un ringhio feroce e Titus si alza di scatto prendendomi il mento. “Lo fai per tutti i tuoi clienti?” I suoi occhi normalmente grigi sono di un azzurro acceso e luminoso che contrasta con il colore arancio e rosso della corona che ha attorno alla testa.
La sua aura è davvero stupefacente. La passione, l’eccitazione – fiamme che crepitano incandescenti – così intensa…
“Sunny!”
Sbatto le palpebre. Sta parlando con me. Mi sta chiedendo qualcosa. Qualcosa di importante… perché rosso significa…
“Sei arrabbiato,” dico in un sussurro, meravigliata dai luccicanti colori del tramonto.
Ringhia di nuovo, ma la mano che tiene sul mio viso è delicata. È così grande e potente che potrebbe spaccarmi in due senza pensarci tanto. Ma non lo fa. È infinitamente delicato, sussulta quando il mio lettino scricchiola sotto alla sua massiccia stazza tutta muscoli. Ha passato l’intero pomeriggio sotto al pianale del mio mini-van, a sbattere chiavi inglesi e a gridare parolacce fino a che il motore non ha fatto le fusa come un gattino. Il massaggio doveva essere una forma di ringraziamento. Sapevo che c’era della chimica tra noi… ma non mi ero mai resa conto di quanta fosse.
“Rispondimi,” mi ordina. È così autoritario. “Fai pompini a tutti i tuoi clienti?”
Arrossisco un poco. Credo nell’amore libero, ma se un altro uomo dicesse ciò che sta insinuando lui ora, gli darei uno schiaffo. Inarco un sopracciglio. “Tu hai un’erezione a ogni massaggio?”
Il suo petto si alza e riabbassa, il respiro fa svolazzare le ciocche di capelli che gli ricadono attorno al viso. Tra un minuto esplode. Un sacco di rabbia. Non provo paura. No. Cosa ne verrebbe fuori, a letto, se venisse trasformata in passione?
“No,” dice in un ringhio.
Incrocio le braccia sul petto e gli faccio vedere che non intendo farmi comandare a bacchetta. I suoi occhi si posano sui miei seni. Morbidamente e chiaramente definiti sotto alla sottile maglietta che indosso.
Titus mi rivolge un’occhiata così selvaggia e disperata che ho quasi pena per lui. “Non faccio pompini ai miei clienti. Neanche a quelli che mi aiutano quando il mio mini-van è in panne.” O che mi proteggono quando succede qualche brutta cagata con mia figlia. Tocco la sua coscia rigida e il muscolo gigante sobbalza sotto alla mia piccola mano. “Questo è per te, Titus. Solo per te.”
La luce attorno alla sua testa diventa di un colore oro intenso.
“Mia,” ringhia, con una voce così profonda che quasi non capisco la parola. Prima che possa protestare, mi è addosso. La sua mano gigantesca scivola sotto alla maglietta, sopra al mio stomaco piatto, arrivando a toccarmi il seno.
“Niente reggiseno. Lo sapevo.”
“Non porto mai il reggiseno,” lo informo. “Né le mutandine.”
Emette un suono impotente e si lascia cadere in ginocchio sul pavimento. La sua grossa mano si infila sotto alla mia gonna svolazzante, poi lui si piega in avanti, preme la faccia contro il mio sesso scoperto e inspira. Oh, santo cielo. Mi appoggio al lettino, le gambe troppo deboli per sorreggermi.
“Titus…”
“Silenzio.” La mano sinistra, ancora sotto alla maglietta, mi stringe con forza un seno. “Ne ho abbastanza del tuo gironzolare avanti e indietro, del tuo sfoggiare il tuo bel corpicino stretto… cazzo!” Le dita della sua mano destra scivolano sul mio sesso fradicio. “Come fai a essere così stretta?”
“Yoga,” annaspo. “Un sacco di yoga.”
“Intendo qui,” borbotta, scopandomi con un dito. “Stringi talmente la fica che potresti spezzarmi le dita, cazzo!”
“Ah, oh… quello? È passato un po’ di tempo…” Da quanto non vado a letto con qualcuno? Sono totalmente propensa al sesso, ma sono rimasta un po’ a bocca asciutta ultimamente. “Sono successe un sacco di cose. La mafia, mia figlia nei guai…”
“Taci,” mormora, sempre parlando con la bocca premuta contro il mio sesso. Non senza gentilezza. “Ecco come andranno le cose. Intendo mangiartela fino a farti gridare. Poi voglio scoparti fino a farti gridare ancora di più.”
Lecca lungo la mia fessura e mi tremano le ginocchia. “Titus,” gemo.
“Esatto, tesoro. Pronuncia il mio nome. Sono io quello che ti scopa. Nessun altro.”
Ah, così deliziosamente possessivo. Riderei, ma le sue parole sono nervose. La tensione della sua mascella parla di dolore. Qualcuno ha fatto del male a quest’uomo enorme e bellissimo.
Gli poso una mano sulla mandibola. “Stanotte sono tua.”
Con un ringhio che assomiglia quasi a un ruggito, mi solleva e va a grandi passi verso camera mia, aprendo la porta con un calcio.