Capitolo 1-2

2422 Words
Sapevamo tutti che la morte era preferibile allo Sciame. Non solo quell’esistenza era un inferno, ma voleva anche dire essere trasformati in macchine di morte. Uccidendo i combattenti della Coalizione, quelli con cui avevamo combattuto fino a quando lo Sciame non ci aveva conquistati. E una bestia Atlan poteva distruggere navi intere. C’era un motivo se sul loro mondo costruivano delle celle di contenimento apposite. Per giustiziare le bestie senza compagna quando diventavano troppo vecchie. Erano degli squadroni della morte formati da un sol uomo. Sparai alla bestia, dritto in mezzo al petto. Un colpo mortale, dritto al cuore. Si mosse a malapena. “Gesù, che gli hanno fatto?” Jack si posizionò alla mia sinistra, Trinity alla mia destra, e tutti e tre mirammo alla bestia che sollevava le sue enormi mani e si toglieva l’elmetto. Aveva la maggior parte della faccia ricoperta di argento, ma s’intravedevano ancora dei pezzi del suo viso. Gli occhi scuri. Non d’argento. Sollevai il fucile per mirare alla testa e il suo sguardo incrociò il mio. Era sano. Era in sé. Disperato. Le mani lungo i fianchi. Lasciò cadere l’elmetto sul pavimento e aspettò che lo uccidessi. Che diavolo…? Esitai. “Uccidimi, Mills.” La voce profonda rimbombò, ma senza minacciarmi. Mi stava implorando. E come diavolo faceva questo Atlan a sapere il mio nome? “Fallo. Subito. Sono Anghar. Uccidimi.” “Merda. Angh?” Mi pietrificai. Era l’amico di Nyko. Il migliore amico di Nyko, il comandante. Aveva servito con lui per due anni e non sapevo che fosse stato catturato dallo Sciame. Cazzo. Merda. “Dannazione. Cessate il fuoco.” Guardai Trinity e Jack, e il dolore lacerante che vidi negli occhi di Trinity fu uno choc. Jack, tuttavia, mi guardò come se fossi impazzito. “Non appena il segnale della granata finirà, si scatenerà. Lo sai.” Jack fece una smorfia, il fucile sempre alzato. Immobile. “Lo so. Ma lui è ancora lì.” “Non sparargli, Jack. Non osare, cazzo.” Trinity abbassò il fucile e sparò uno degli ultimi Soldati dello Sciame in piedi dietro la bestia. Li avevamo spazzati via. Quasi tutti. La bestia mi guardava, e io guardavo lei, cercando delle risposte nella mia mente. Doveva esserci un modo per salvarla. Se Angh era lì, che combatteva contro la tecnologia dello Sciame che lo aveva conquistato quasi del tutto, non potevo ucciderlo per niente al mondo. Si meritava un destino migliore. Si meritava una possibilità. Il segnale della granata svanì e i rimanenti soldati dello Sciame ripresero il controllo di sé. Che non erano poi molti. Soltanto due. Sarebbero stati un nonnulla, qualcosa da spazzare via con facilità, se non fosse stato per la bestia. Con un ruggito, la bestia si voltò e scappò via, distruggendo quello che rimaneva delle porte ed entrando nella stanza dove era intrappolata la squadra Prillon. “Occupatevi di quei due, recuperate la granata e assicuratevi che tutti gli altri siano morti,” ordinai mettendomi all’inseguimento della bestia. Del Signore della Guerra Anghar. Cristo. Che macello. I nostri compagni Prillon non avevano sprecato le loro risorse. Avevano piazzato barriere e posizioni difendibili tutt’intorno alla stanza. Ma niente avrebbe fermato la bestia. “Era ora, Mills!” gridò il Capitano Dorian alzandosi per sparare alla bestia da dietro a un tavolo ribaltato alla mia destra. La bestia ruggì e continuò ad avanzare in modo meccanico, agitando i pugni come se fossero due palle da demolizione. Alla faccia del suo momento di lucidità. Qualunque cosa rimanesse di Angh, adesso era svanita. Era uno schiavo. Un servo dello Sciame. Sapevo che dentro di lui, da qualche parte, c’era ancora il Signore della Guerra Atlan. Mi si era mostrato. Seppur brevemente. Era andato tutto secondo i piani, tutto tranne questo. “Non sparate.” Alzai la mano e diedi l’ordine mentre il resto del mio team si riversava nella stanza. “Gli altri sono tutti morti,” mi informò Jack e io annuii mentre la squadra Prillon si alzava da dietro i suoi nascondigli e tutti i fucili venivano puntati addosso alla bestia. “Non sparate,” ordinai di nuovo, tanto per essere chiari. “Che cazzo fai, Mills?” mi urlò Dorian mentre la bestia avanzava verso di lui. “Fidati di me.” Guardai il mio amico negli occhi. “Tenetela occupata, ma non sparatele alla testa. I colpi al corpo non la uccideranno. Attirate la sua attenzione. Ho bisogno di qualche minuto.” “Mills, tu sei fuori di testa.” Ma il grosso guerriero Prillon annuì e fece un passo indietro per sparare alla bestia infuriata, attento a mirare alle spalle. Alle cosce. Senza dubbio Dorian non si era accorto che fosse Anghar. La faccia della bestia era irriconoscibile. Persino io conoscevo Anghar solo per via di Dax e Sarah. Quel Prillon non aveva mai incontrato quell’Atlan. Di rado le vare squadre si incontravano sul campo di battaglia. “Qualunque cosa tu abbia intenzione di fare, falla ora,” urlò Dorian senza smettere di sparare. Il corpo della bestia sfrigolava facendo sollevare colonnine di vapore verso il soffitto. Eppure, continuava a camminare. La tecnologia dello Sciame aveva trasformato la bestia in un vero e proprio mostro. Più forte di qualunque altra creatura avessi mai visto. “Trinity, prepara i tranquillanti.” “Quanti?” chiese. “Tutti,” risposi. Volevo davvero abbattere Angh e portarlo a casa. “Se non va giù, uccidilo.” “Non starai dicendo sul serio,” borbottò Jack, ma Trinity stava già frugando nel proprio zaino cercando i tranquillizzanti. Jack si spostò per coprirla. Feci un passo indietro e afferrai l’iniettore con il tranquillizzante proprio mentre la bestia raggiungeva Dorian. L’Atlan lo afferrò per il collo, lo sollevò da terra, come se quel guerriero Prillon di due metri non pesasse nulla, e lo scaraventò contro il muro. Dorian piombò a terra ma subito si rimise in piedi accovacciandosi, la testa sanguinante, la furia che gli illuminava gli occhi. Emise un forte grido di guerra, una chiara sfida volta a tenere l’attenzione della bestia fissa su di lui mentre io mi avvicinavano di soppiatto. La distrazione funzionò. La bestia fece un passo in avanti per finire quello che aveva cominciato. Gettai il fucile e l’attrezzatura a terra. Dovevo sbrigarmi, non volevo del peso extra. Ignorai gli improperi di Jack e controllai l’iniettore che stringevo nella mano. “Ora!” L’ordine di Dorian esplose nella stanza e io corsi verso la bestia. Dorian usò tutta la sua forza per tener fermo Angh, giusto per un secondo, così che potessi attaccarlo. Corsi silenziosamente e balzai sulla schiena della bestia. Non appena le fui addosso, le ficcai l’iniettore nel collo. Con un ruggito, la bestia allungò le mani per afferrarmi e mi lanciò via facendomi sbattere con la schiena sullo stesso muro doveva aveva appena scaraventato Dorian. Scivolai con un balzo sul pavimento e mi sforzai di rimettermi in sesto, la testa che mi girava, un dolore lancinante che mi attraversava il cranio. L’odore ferroso del sangue mi inondò l’elmetto e sbattei le palpebre per scacciarlo mentre Trinity apriva il fuoco per tenere la bestia lontana da me. “Cessate il fuoco!” provai a urlare, ma tutto quello che uscì fu un debole gracidio. Non avevo bisogno di preoccuparmi. La bestia barcollò, lottando contro le droghe che le inondavano il sistema, ma gliene avevo dato abbastanza per mettere fuori combattimento un elefante. Nemmeno gli Atlan erano tanto forti. Jack sparò. Sparò di nuovo. Continuò a mirare agli impianti che la bestia aveva sulle gambe fino a quando questa non crollò, svenuta. Trinity si tolse l’elmetto e mi guardò, negli occhi aveva un leggero baluginio mentre guardava l’Atlan abbattuto. “Perché l’hai fatto, Seth? Perché ce l’hai fatto salvare?” “Perché è un mio amico.” Uno dei pochi ancora in vita, se essere stati contaminati dalla tecnologia dello Sciame poteva essere considerato vita. Ma almeno ora aveva una qualche possibilità. I dottori avrebbero potuto rimuovere il grosso degli impianti e spedirlo sulla Colonia. Non avrebbe mai più combattuto, ma almeno sarebbe sopravvissuto. E forse mi avrebbe odiato per questo. Lo sapevo a un livello viscerale. Ma avevo visto troppe morti. Doveva farsene una cazzo di ragione. Sottoporsi ai test per trovare una compagna, come avevo fatto io dopo che Sarah mi aveva fatto una testa così. In un momento di debolezza, pieno di whiskey e nostalgia, avevo ceduto e le avevo permesso di portarmi al centro per i test. Era il suo regalo di Natale. Amava così tanto Dax, il suo compagno, che proprio non ero riuscito a dirle di no. Aveva rischiato tutto per salvarmi la vita. Negarglielo non era proprio possibile. Il test? Sì, era stato un errore madornale. Innanzitutto, era passato un anno da quando mi ero seduto su quella stupida sedia e ancora non ero stato abbinato a nessuno. Secondo, dubitavo che sarei riuscito a sopravvivere a queste gitarelle abbastanza a lungo per trovare una compagna. E se mi avessero abbinato prima che avessi terminato il mio servizio, di certo non volevo lasciare una vedova addolorata. Una moglie incinta? Un figlio? Cazzo, no. Perché se avessi trovato una compagna, allora volevo il pacchetto completo, ma era impossibile. Era una cosa troppo crudele. Non potevo essere così egoista. Sarah non capiva. Lei viveva una vita diversa. Dax si era ritirato non appena loro si erano conosciuti e così tutti e due erano andati a vivere una vita da civili su Atlan. Erano ricchi, vivevano in una casa enorme piena di servi ed encomi ottenuti durante il tempo passato a servire la Coalizione. Davano feste e giocavano con la loro bambina. Una vita diversa, non una vita che io potessi offrire alla mia compagna. Dorian si accovacciò di fianco a me e io sollevai lo sguardo su di lui. “Sei un pazzo bastardo, Mills.” Sorrisi. Non potei farne a meno. Non era la prima volta che Dorian mi diceva quelle esatte parole, e dubitavo che sarebbe stata l’ultima. “Grazie per avermi salvato la vita. La mia, e quelle quella dei membri della mia squadra. Quanto tempo abbiamo prima che la nave esploda?” chiese Dorian asciugandosi la fronte. Guardai il conto alla rovescia che continuava inesorabile. “Due minuti.” Mi sorrise. “Oh, più che abbastanza.” Subito ci affrettammo verso la navetta per l’evacuazione di emergenza. Sei guerrieri Prillon presero in spalla l’Atlan svenuto. Le stanze di trasporto erano piene di Soldati dello Sciame, e non c’era tempo per un’altra battaglia. Dorian si lanciò verso il posto da pilota e io rimasi in piedi dietro di lui mentre Trinity si sedeva alla sua destra. Lei era una pilota. Io no. Nel giro di un paio di secondi i due controllarono che tutto fosse a posto e le ginocchia mi cedettero per un istante mentre lo shuttle si staccava dalla nave. Un movimento che fece perdere l’equilibrio a tutti quelli che non si erano allacciati le cinture. “Andiamo?” chiese Dorian. “Andiamo,” confermò Trinity. Le sue mani si muovevano sui controlli con esperienza ed abilità. Io ero troppo stanco anche solo per provare a seguire le loro azioni. Lo shuttle si inclinò in avanti e l’esplosione causata dalla nave che andava in mille pezzi ci colpì di fiancò, scaraventandomi sul pannello di controllo dietro Dorian. Si accese una sirena sulla parete alla mia sinistra e Dorian allungò il braccio con fare irritato, per spegnerla “Non toccare niente, Mills.” “Zitto e guida,” risposi con un grugnito. Dorian ridacchiò e Trinity rilassò le spalle. La tensione che era nell’aria cominciò a scivolare via mentre ci allontanavamo sempre di più dai rottami della nave mercantile occupata dallo Sciame. Quando eravamo al sicuro, all’interno della zona pattugliata dalle navi del Battaglione Karter, Trinity aprì le comunicazioni. “Qui ReCon 3. Karter?” “Corazzata Karter. Qual è il vostro stato?” Trinity guardò Dorian, che sospirò. “Abbiamo perso otto soldati e tutto il carico della nave.” “Sette sopravvissuti?” Aveva ragione e lo sapeva. Diamine, non era difficile contare. Mi sorpresi che altri sette fossero sopravvissuti tanto a lungo. Quando Dorian annuì, Trinity informò il ponte di comando sulla Corazzata Karter. Senza dubbio, c’era anche il Comandante Karter in persona ad ascoltare in piedi dietro all’ufficiale per le comunicazioni. “Qui è il Comandante Karter.” Udire la sua voce mi fece sollevare gli occhi al cielo. C’era eccome, in ascolto. “Vorrei conoscere lo stato del Capitano Seth Mills.” Trinity mi guardò, scioccata. Era la prima volta che Karter chiedeva informazioni su uno specifico membro dell’equipaggio. Mi sporsi in avanti e Trinity mi fece cenno con la testa che potevo parlare. “Sono qui, Comandante.” “Eccellente.” Si sentì un fruscio e poi il Comandante Karter parlò di nuovo, ma ora a voce bassa, come se stesse parlando a qualcuno dietro di lui. “Dite alla Terra di procedere pure con il trasporto.” “La Terra?” chiesi. “La tua compagna arriverà tra poche ore, Capitano. Congratulazioni.” Il comandante sembrava compiaciuto, ma io sentivo il cuore che mi pesava come un macigno nel petto. Il mio corpo si riempì di terrore. Oh, cazzo. Combattere con un Atlan controllato dallo Sciame non era stato altrettanto spaventoso. Una Sposa Interstellare. Dalla Terra. “Rimandatela indietro,” dissi bruscamente. Dorian si girò verso di me, si tolse l’elmetto, gli occhi sgranati per lo choc. “Che cazzo stai dicendo, Mills? Una sposa è un dono.” “Non per me.” Guardai il pannello di controllo come se potessi costringere il comandante a obbedirmi.” Rimandatela indietro, signore. Non posso accettare una sposa.” “Non spetta a te scegliere, Capitano.” La voce del comandante era severa, la mia risposta di fronte a quello che qualunque guerriero Prillon avrebbe accettato con gioia aveva fatto sparire tutta la sua leggerezza. “Ti sei sottoposto ai test e sei stato assegnato a una compagna. La tua nuova sposa avrà trenta giorni per accettarti o rifiutarti. Non decidi tu. Ora tutto il potere ce l’ha la tua compagna, Mills. Suggerisco di tornare sulla Karter e di farti controllare la testa. Ponte 3.” “Sì, signore.” Dorian rispose e mezzo secondo dopo le comunicazioni vennero interrotte. Si girò verso Trinity. “Ci pensi tu?” “Sì.” “Fallo.” Dorian si alzò e mi afferrò per il braccio trascinandomi fuori dalla cabina di pilotaggio. “Mills, tu vieni con me.”
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