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Capitano Seth Mills, ReCon Unità 3, Settore 437, Mercantile controllato dallo Sciame
Il fumo oscurava l’aria mentre il mio team avanzava lungo gli stretti corridoi della piccola nave mercantile e posizionava gli esplosivi. Lo Sciame aveva mantenuto il controllo della nave per le ultime diciotto ore. Troppo, per gli standard della Coalizione, il che significava che dovevo fare irruzione con il mio team, salvare i guerrieri Prillon incatenati nella sala macchine e far saltare in aria quella cazzo di nave in un milione di pezzi.
“A me sembra uno spreco, signore.” L’uomo di fianco a me era Jack Watts, un ex Navy SEAL con un marcato accento del sud che lo identificava facilmente come di Atlanta. A parte il fatto che fossimo entrambi nati sulla Terra, non avevamo nient’altro in comune. Io venivo dall’esercito e non tolleravo le stronzate. Jack, d’altro canto, faceva parte della marina militare, di cinque anni più giovane di me, e ogni volta che andavamo in missione gli occhi ancora gli brillavano eccitati.
E lui non aveva nemmeno perso due fratelli per mano di quel cazzo di Sciame.
“Sta’ zitto e piazza le cariche, Watts,” gli dissi ringhiando. “Conosci le regole.”
Piazzò l’esplosivo sul muro vicino a noi e premette il pulsante per attivarlo. “Lo so, ma mi sembra uno spreco far saltare in aria tutte queste navi solo perché lo Sciame le ha occupate per qualche ora. È pur sempre la nostra cazzo di nave.”
“Non più.” Avevamo tre ore di tempo per eliminare tutti i soldati dello Sciame a bordo della nave contaminata. Era troppo pericoloso lasciarla tornare a far parte della Flotta della Coalizione. Proseguimmo lungo il corridoio nebuloso, davanti a noi due soldati in avanscoperta, e il resto che ci seguiva controllando le cariche e guardandoci le spalle.
“Umani, piantatela di blaterare e portate le chiappe qui. Abbiamo un problema.” La voce aspra di un guerriero Prillon che conoscevo mi giunse attraverso il canale della Coalizione, forte e chiara. Insieme alle grida dei guerrieri, ai colpi di fucile, e alle urla che ordinavano a qualcuno di bloccare la porta.
Accelerai il passo. “Dorian. Sono Mills. Che succede?”
“Lo Sciame ha fatto saltare in aria la porta. Stiamo resistendo, ma hanno abbattuto mezza squadra. Non dureremo a lungo.”
“Quanti?” Cominciai a correre, i miei uomini che mi tallonavano, tutti spronati dall’urgenza che avevamo colto nella voce del pilota. Dorian Kanakor era un figlio di puttana grande e grosso, uno dei migliori piloti del nostro settore. Aveva un fratello e un cugino che servivano nel Battaglione Karter, e ogni volta che entravano in una stanza sembravano tre grossi leoni. I capelli dorati, la pelle dorata e gli occhi gialli. Il più grande dei tre, Xanthe, il fratello di Dorian, andava in giro con in volto un cipiglio perenne.
“Almeno dodici. Forse di più. Ne hanno trasportati il doppio, ma siamo riusciti a ucciderne almeno sei, e il resto se n’è andato sul ponte di comando.” Dove potevano cambiare la rotta della nave e caricare i programmi contaminati dello Sciame nei sistemi della nave.
“Cazzo.” Quello era Jack, e io non ebbi il cuore di strigliarlo. Mi sentivo esattamente allo stesso modo.
“Soldati o Ricognitori?” chiesi.
“Soldati e…” Quella lunga pausa mi rese nervoso. Sbattei le palpebre. Gli occhi mi bruciavano per il sudore.
“E?”
“Hanno un Atlan. Beh, quello che ne rimane.”
Era impossibile, cazzo. Tutto il mio team si bloccò. Se fosse stato vero, saremmo tutti morti. “In modalità bestiale?”
“Non ancora.”
“Ricevuto.” Non sapevo se lo slang della Terra sarebbe stato tradotto bene o no, né mi importava. Mi voltai verso la mia squadra. “Azionate le cariche. Dieci minuti.”
Nessuno si mise a discutere. O avremmo raggiunto la squadra Prillon, oppure no. Ma, in ogni modo, una bestia Atlan catturata e trasformata dallo Sciame? Doveva morire. Questa nave, e chiunque vi fosse a bordo, doveva essere distrutta.
Incrociai e sostenni lo sguardo di ogni uomo e dell’unica donna che componevano la mia squadra. Li guardai, uno ad uno, aspettando il loro assenso. Una volta premuto il detonatore – l’unico telecomando in grado di far esplodere tutte le bombe assieme – sarebbe cominciato il conto alla rovescia.
Chiusi gli occhi, feci un respiro profondo, li riaprii e li mossi per selezionare il comando giusto sullo schermo del mio visore. Mi toccai il polso e partì il conto alla rovescia. I numeri rossi apparvero nell’angolo in alto a destra dei display di tutti quanti.
“Controllate le armi. Massima potenza. Non mi importa se facciamo un buco in questa cazzo di nave. Lo Sciame non può sfuggirci.” Gridai ordini e ricominciai di nuovo a correre verso i nostri nemici, informando il mio team del piano mentre ci affrettavamo. “Io e Jack andremo a sinistra. Tutti gli altri resteranno indietro fin quando non li attireremo verso la prima svolta del corridoio. Li attireremo lontano dalla squadra Prillon e li uccideremo nel piccolo corridoio laterale.”
Di fianco a me, Jack aveva un’espressione arcigna. “E se l’Atlan andasse in modalità bestiale?”
Jack conosceva la risposta alla propria domanda, ma l’intera unità aveva bisogno di udirla. “Lo teniamo occupato fino a quando non esplodono le cariche. Qualunque cosa succede, nessuno, ripeto: nessuno deve superarci. È tutto chiaro?” Il Prototipo di Granata Distruttiva, o PGD, era talmente nuova che saremmo stati noi i primi ad usarlo. L’intelligence della Coalizione aveva messo le mani su una tecnologia dello Sciame, tecnologia che la mia amica Megan aveva preso dal cranio di un mostro bluastro dentro una caverna, durante una battaglia su Latiri 4. Non ne sapevo molto, e lei non poteva dirmi nient’altro, ma ero disposto a tutto pur di riportare i miei soldati a casa sani e salvi.
“Crystal.” Quella voce fumosa e sensuale apparteneva a Trinity, l’unica donna nella mia squadra, un’inglese che lavorava sodo e combatteva duramente. Veniva dalle parti di Londra, faceva parte della mia squadra da circa due mesi, e di lei non sapevo assolutamente nulla. Ormai non mi prendevo nemmeno più il disturbo di imparare le loro storie. Lo Sciame mi aveva portato via così tanti soldati che imparare a conoscerli non faceva che addolorarmi ancora di più quando morivano. Per quanto ne sapevo, ogni paio di mesi perdevo un terzo della mia squadra.
Le probabilità di tornare a casa erano vicine allo zero, e lo sapevamo tutti quanti. Come avessi fatto a sopravvivere tanto a lungo, non lo avrei mai capito. I membri delle altre squadre avevano cominciato a chiamarmi Nove, perché dicevano che avevo nove vite, come un gatto. Io però sapevo la verità. Avevo avuto fortuna. Quando lo Sciame mi aveva catturato la prima volta, mia sorella Sarah e il suo compagno Atlan erano venuti a cercarmi e mi avevano trascinato via dall’inferno. Da allora in poi mi ero comportato più cautamente, avevo pianificato tutto in modo molto più meticoloso. Ma niente di quello che facevo riusciva a salvare tutti. Mi ritenevano tutti un portafortuna. Volevano tutti far parte della mia squadra.
“Tempo scaduto, Mills,” disse il Capitano Dorian con voce aspra. Un ruggito riverberò attraverso il corridoio con una forza tale che le vibrazioni mi attraversarono il petto come il rombo di un tuono.
“Porca merda.” Quella era Trinity, e parlava per tutti noi. L’Atlan si era trasformato in una bestia. Una bestia controllata dallo Sciame e potenziata da innesti cyborg.
“Mantenete la calma, gente. Lo abbatteremo a colpi di fucile. Li abbatteremo tutti quanti.”
“Non senza morire prima noi,” disse Trinity.
“Moriremo tutti in ogni caso, Trin. Quindi chiudi quella cazzo di bocca e fa’ il tuo lavoro.” Quello era Jack, il mio secondo, e quell’ordine duro e crudo era più che sensato. “A meno che tu non voglia che quella bestia arrivi sulla Karter e distrugga il pianeta.”
Il Battaglione Karter era una collezione di dieci navi militari e civili che impedivano allo Sciame di avanzare in questo settore dello Spazio. Tra civili, compagne, bambini e guerrieri, più di diecimila persone vivevano sotto la protezione del Comandante Karter. E noi servivamo Karter. “Quei bastardi non si devono nemmeno avvicinare alla Karter.” Parlavamo in modo specifico della Corazzata dove dormivamo, ma il nome riguardava l’intero gruppo. Praticamente stavo ringhiando, ma riuscii a calmare tutti quanti. Appena in tempo.
Un altro ruggito.
Un’altra svolta. Trenta passi. Forse di meno.
Feci cenno al grosso della mia squadra di restare indietro e corsi in avanti con Jack e altri due soldati alla mia destra. La granata nella mano sinistra, il fucile nella destra.
“Giù!” Gridai mentre scivolavo inginocchiandomi e lanciavo la granata. “Fuoco alle polveri!”
I guerrieri Prillon erano abbastanza vicini e li sentii gridare e mettersi al riparo. Lo Sciame… non avevo idea di cosa stesse facendo lo Sciame, perché io e i miei uomini eravamo accucciati dall’altra parte del muro, le orecchie tappate. In attesa di un’esplosione che non arrivò mai.
“Mille e uno. Mille e due. Mille e tre.” Jack contava, noi aspettavamo.
Niente.
“Beh, possiamo dire che l’intelligence è ufficialmente un dannato flop,” lo smozzicato accento britannico di Trinity era la ciliegina sulla torta.
Mi sporsi oltre il muro per dare un’occhiata. I soldati dello Sciame erano piegati in due cacciando urla silenziose. Due stavano vomitando, molti incespicavano andando a sbattere tra di loro. Erano disorientati, carponi, confusi. La granata stava funzionando… su di loro.
Ma non sulla bestia. La bestia se ne stava in piedi, i pugni stretti e le mani lungo i fianchi, e mi guardava dritto negli occhi. Tremando. Stava tremando, ma non reagiva come gli altri membri dello Sciame. Non sapevo come funzionasse la PDG e non volevo certo perdere tempo ora per capirlo. Ma era chiaro che fosse progettata per fottere quelli completamente integrati, e la risposta della bestia era la prova che lì, da qualche parte, c’era ancora un Atlan.
Jack fece capolino dietro di me e urlò agli altri. “Uccideteli tutti. Ora. Sparate per uccidere. Aprite il fuoco.”
Il resto dell’unità si affrettò posizionandosi dietro di noi e cominciò a fare fuoco. Era come sparare a dei pesci in un barile. Colpimmo la bestia alla spalla. Alla gamba. Al fianco. Il resto dei soldati dello Sciame, per la maggior parte dei soldati Prillon convertiti in schiavi dello Sciame dalle malefiche Unità Integrative, andarono giù con facilità. Ma non la bestia. Uccidere un Atlan in modalità bestiale era difficile, ma io non ne avevo mai visto uno riuscire a sopportare così tanti colpi e rimanere comunque in piedi. Diamine, si comportava come se gli stessimo sparando con dei proiettili di vernice.
Io non volevo uccidere la bestia, ma non avevo alcun dubbio che, se quell’Atlan fosse stato in sé, avrebbe preferito la morte alla sua condizione attuale. Io ero stato prigioniero dello Sciame, mi ero trovato di fronte alla possibilità di venire trasformato in un robot senza cervello. Quella realtà era terrificante in modo inimmaginabile. Avevo combattuto abbastanza a fianco di altre razze aliene da sapere che i loro guerrieri si sentivano esattamente come mi ero sentito io.
Persino il compagno di mia sorella, il Signore della Guerra Dax, ne aveva parlato in più di un’occasione. Nessuno voleva finire nelle mani della tecnologia dello Sciame, con la mente che non gli apparteneva più.
Era un destino ben peggiore della morte. E questo povero Atlan? Aveva bisogno di morire. Per il proprio bene.
“Colpiteli tutti. Trinity, con me. Concentra il fuoco sulla bestia. Dobbiamo abbatterla.”
I Soldati dello Sciame cadevano senza problemi. Ci volevano tre o quattro colpi per abbatterli, ma loro continuavano a restare immobili, paralizzati dalla nuova arma sperimentale che vibrava ai loro piedi con un gemito alto e acuto, simile al ronzio proveniente dai fili dell’alta tensione. Il mio team e i Prillon dentro l’altra stanza continuavano a sparare senza pietà. Alcuni di questi Soldati un tempo erano dei Prillon, o dei Trion, o degli umani. Diamine, non avevo idea di dove venissero. Alcuni erano strani, dovevano venire da chissà dove nella galassia, da un mondo che non avevo neanche mai sentito nominare.