CAPITOLO DUE
Lunedì
Tardo pomeriggio
Keri si inserì con la sua Prius nel traffico dell’ora di punta in direzione della zona occidentale di Venice, guidando più velocemente di quanto intendesse. Qualcosa guidava lei, una sensazione viscerale che stava nascendo e che non le piaceva.
Venice Canal si trovava a soli pochi isolati dai luoghi turistici come il Boardwalk e la Muscle Beach e le ci vollero dieci minuti di guida su e giù per la Pacific Avenue prima che riuscisse finalmente a trovare un parcheggio. Balzò giù e si lasciò condurre dal cellulare per il resto del tragitto a piedi.
Venice Canals non era solo il nome del quartiere. Era una vera e propria serie di canali costruiti dall’uomo all’inizio del ventesimo secolo, e modellati dagli originali italiani. Coprivano circa venti isolati dalla forma quadrata appena a sud di Venice Boulevard. Alcune case che costeggiavano i corsi d’acqua erano modeste, ma per la maggior parte erano stravaganti, tipiche di mare. I lotti di terreno di solito erano piccoli ma alcune case potevano facilmente avere un valore a otto zeri.
Quella alla quale arrivò Keri era tra le più impressionanti. Era alta tre piani, e solo l’ultimo era visibile a causa dell’alto muro di stucco che la circondava. Si avvicinò dal retro, che dava sul canale, fino alla porta principale. Nel frattempo notò molte telecamere di sicurezza sulle pareti della villetta e sulla casa stessa. Molte sembravano registrare i suoi spostamenti.
Perché una madre sulla ventina con una figlia adolescente vive qui? E perché tutte queste misure di sicurezza?
Raggiunse il cancello di ferro battuto sul davanti e si sorprese di trovarlo aperto. Entrò e stava per bussare al portone quando venne aperto dall’interno.
Una donna avanzò per presentarsi – indossava jeans logori e una canottiera bianca con lunghi e spessi capelli castani e i piedi nudi. Proprio come aveva sospettato Keri nel sentirla al telefono, non avrebbe potuto avere più di trent’anni. Circa dell’altezza di Keri e con dieci chili in meno, era abbronzata e in forma. Ed era meravigliosa, nonostante l’espressione ansiosa che aveva in viso.
Il primo pensiero di Keri fu moglie trofeo.
“Mia Penn?” chiese Keri.
“Sì. Prego, entri, detective Locke. Ho già compilato il modulo che mi ha inviato.”
Dentro, la villa si apriva in un maestoso foyer, con due scaloni coordinati in marmo che conducevano al piano superiore. C’era quasi abbastanza spazio da giocarci una partita dei Lakers. Gli interni erano immacolati, con pezzi d’arte che coprivano ogni parete e sculture che adornavano tavoli intagliati nel legno che sembravano opere d’arte essi stessi.
Tutto il posto pareva poter apparire su un articolo d’attualità nella rivista Case che ti faranno rimettere in questione la tua autostima. Keri riconobbe un dipinto messo bene in mostra di Delano, che già diceva tutto, che valeva più della patetica casa galleggiante vecchia di vent’anni che lei chiamava casa.
Mia Penn la condusse in uno dei più informali soggiorni, la pregò di accomodarsi e le offrì una bottiglia d’acqua. Nell’angolo della stanza, un uomo muscoloso in pantaloni e giacca sportiva se ne stava appoggiato con nonchalance contro il muro. Non diceva nulla, ma i suoi occhi non lasciavano mai Keri. Lei notò una piccola protuberanza sull’anca destra sotto la giacca.
Pistola. Deve essere uno della sicurezza.
Una volta che Keri si fu seduta, la padrona di casa non perse tempo.
“Ashley ancora non risponde alle chiamate né ai messaggi. Non pubblica tweet da quando è uscita da scuola. Neanche post su f*******:. Nulla su Instagram.” Sospirò e aggiunse, “Grazie per essere venuta. Non so neanche come dirle quanto significhi per me.”
Keri annuì lentamente, studiando Mia Penn, cercando di comprenderla. Proprio come al telefono, il panico appena celato sembrava vero.
Sembra temere sinceramente per la sorte di sua figlia. Ma sta nascondendo qualcosa.
“Lei è più giovane di quanto mi aspettassi,” disse alla fine Keri.
“Ho trent’anni. Ho avuto Ashley a quindici.”
“Wow.”
“Già, è più o meno quello che dicono tutti. Credo che sia perché siamo così vicine di età che abbiamo questo tipo di rapporto. Giuro che a volte so come sta ancor prima ancora di vederla. Lo so che sembra ridicolo ma abbiamo questo legame. E lo so che non ci sono prove, ma sento che qualcosa non va.”
“Non è ancora il momento di farsi prendere dal panico,” disse Keri.
Passarono ai fatti.
L’ultima volta che Mia aveva visto Ashley era stata quella mattina. Tutto andava bene. Aveva mangiato yogurt con cereali granola e fragole a colazione. Era uscita per andare a scuola di buonumore.
La migliore amica di Ashley era Thelma Gray. Mia l’aveva chiamata quando Ashley non era tornata dopo la scuola. Stando a Thelma, Ashley era presente alla terza ora di geometria come doveva e tutto sembrava normale. L’ultima volta che aveva visto Ashley era stato nel corridoio verso le quattordici. Non aveva la più pallida idea del perché Ashley non fosse arrivata a casa.
Mia aveva parlato anche con il ragazzo di Ashley, un atleta di nome Denton Rivers. Lui aveva detto di aver visto Ashley a scuola la mattina, e basta così. Le aveva mandato qualche messaggio dopo la fine della scuola, ma lei non aveva mai risposto.
Ashley non prendeva medicine; non aveva problemi fisici di cui parlare. Mia disse di essere stata in camera di Ashley quello stesso pomeriggio e che tutto era normale.
Keri prese appunti su tutto con un piccolo pad, creando specifiche note per i nomi su cui sarebbe tornata dopo.
“Mio marito dovrebbe tornare dall’ufficio a momenti. So che anche lui vuole parlare con lei.”
Keri alzò lo sguardo dal pad. Qualcosa nella voce di Mia era cambiato. Sembrava più circospetta, più prudente.
Qualsiasi cosa stia nascondendo, scommetto che ha a che fare con questo.
“E suo marito come si chiama?” chiese, cercando di mantenere un tono leggero.
“Si chiama Stafford.”
“Scusi un attimo,” disse Keri. “Suo marito è Stafford Penn, come Stafford Penn il senatore degli Stati Uniti?”
“Sì.”
“È un’informazione piuttosto importante, signora Penn. Perché non ne ha parlato prima?”
“Stafford mi ha chiesto di non farlo,” si scusò lei.
“Perché?”
“Ha detto che avrebbe voluto affrontare la questione con lei una volta che fosse arrivata qui.”
“Quando ha detto che sarà di nuovo qui?”
“Tra meno di dieci minuti, di sicuro.”
Keri la guardò con attenzione, cercando di decidere se spingere sulla questione. Alla fine scelse lasciar perdere, per il momento.
“Ha una foto di Ashley?”
Mia Penn le allungò il telefonino. Lo sfondo era la foto di un’adolescente con un prendisole. Sembrava la sorella più giovane di Mia. A parte il fatto che Ashley aveva i capelli biondi, erano difficili da distinguere. Ashley era leggermente più alta, con una figura più atletica e un’abbronzatura più scura. Il vestito non riusciva a nascondere le gambe muscolose e le spalle forti. Keri sospettò che facesse surf con regolarità.
“Potrebbe essersi semplicemente dimenticata dell’appuntamento ed essere andata a fare surf?” chiese Keri.
Mia sorrise per la prima volta da quando Keri l’aveva conosciuta.
“Sono colpita, detective. Ha elaborato quest’ipotesi basandosi su una sola fotografia? No, ad Ashley piace fare surf al mattino – onde migliori e meno piantagrane. Comunque ho controllato il garage. La tavola è lì.”
“Può inviarmi quella foto e anche alcuni primi piani di lei con e senza trucco?”
Mentre Mia inviava le foto, Keri fece un’altra domanda.
“Dove studia?”
“West Venice High.”
Keri non poté nascondere la sorpresa. Era un posto che conosceva molto bene. Era una grande scuola pubblica, un miscuglio di migliaia di ragazzini, con tutto ciò che questo comportava. Aveva arrestato molti studenti che frequentavano la West Venice.
Perché diavolo la figlia benestante di un senatore degli Stati Uniti va lì invece di andare in un’elegante scuola privata?
Mia doveva aver letto la sorpresa sul viso di Keri.
“A Stafford non è mai piaciuta. Ha sempre voluto che frequentasse scuole private, per poi arrivare ad Harvard, dove è andato lui. Ma non solo per i docenti migliori. Voleva anche sicurezza migliore,” disse. “Io ho sempre voluto che frequentasse scuole pubbliche, perché si trovasse in mezzo a ragazzi veri, dove avrebbe potuto imparare qualcosa della vita vera. È una delle poche battaglie che ho davvero vinto contro di lui. Se ad Ashley verrà fatto del male per qualcosa che ha a che fare con la scuola, sarà colpa mia.”
Keri voleva scacciare quel pensiero subito.
“Uno – Ashley starà bene. Due – se le accadesse qualcosa la colpa sarebbe della persona che l’ha ferita, non della madre che le vuole bene.”
Keri osservò Mia Penn per vedere se se l’era bevuta, ma non riuscì a capirlo. La verità era che la sua rassicurazione era intesa a impedire che un’importante risorsa andasse a pezzi più che a tirarla su di morale. Decise di insistere.
“Parliamone per un attimo. C’è qualcuno che vorrebbe fare del male ad Ashley, a lei o a Stafford, per dirla tutta?”
“Ad Ashley, no; a me, no; a Stafford, nulla di specifico del quale io sia al corrente, eccetto ciò che deriva dall’ambito in cui opera. Voglio dire che riceve minacce di morte da elettori che dichiarano di essere alieni. Quindi è difficile sapere quale minaccia prendere seriamente.”
“E nessuno ha chiesto un riscatto, vero?”
L’improvvisa angoscia nel viso della donna era palpabile.
“Pensa che si tratti di questo?”
“No, no, no, sono le basi. Non credo che sia nulla per il momento. Sono solo domande di routine.”
“No. Non ci sono state richieste di riscatto.”
“Ovviamente avete del denaro…”
Mia annuì.
“Vengo da una famiglia molto ricca. Ma nessuno in realtà lo sa. Tutti pensano che i nostri soldi siano di Stafford.”
“Giusto per curiosità, di quanto denaro stiamo parlando esattamente?” chiese Keri. A volte quel lavoro rendeva impossibile la discrezione.
“Esattamente? Non lo so – abbiamo una casa fronte mare a Miami e un condominio a San Francisco, entrambe a nome di varie aziende. Siamo attivi nel mercato e abbiamo molti altri beni. Ha visto le opere d’arte in casa. Tutte insieme probabilmente stiamo parlando di un valore che va dai cinquantacinque ai sessanta milioni.”
“Ashley lo sa?”
La donna si strinse nelle spalle.
“Fino a un certo punto – non conosce le cifre esatte ma sa che denaro ne abbiamo molto e che la gente non dovrebbe saperlo con precisione. A Stafford piace proiettare l’immagine pubblica di un ‘uomo della gente’.”
“Ne parlerebbe? Solo con i suoi amici, magari?”
“No. Ha ricevuto severe istruzioni di non farlo.” La donna sospirò e disse, “Dio, sto davvero parlando troppo. Stafford ne sarà furioso.”
“Voi due andate d’accordo?”
“Sì, certo.”
“E Ashley? Ci va andate d’accordo?”
“Non c’è nessun altro al mondo a cui io sia più vicina.”
“Okay. E Stafford va d’accordo con lei?”
“Sì, vanno d’accordo.”
“C’è una ragione qualsiasi che la porterebbe a scappare di casa?”
“No. Per nulla. Non è quello che sta accadendo qui.”
“Com’è stato il suo umore di recente?”
“Buono. È felice, stabile, eccetera.”
“Nessun problema con qualche ragazzo…”
“No.”
“Droghe o alcol?”
“Non posso dire che non le abbia mai provate. Ma in generale è una giovane donna responsabile. Quest’estate ha fatto un tirocinio come bagnina. Si è alzata alle cinque del mattino tutti i giorni per quel lavoro. Non è una ragazzina inaffidabile. Inoltre non ha neanche avuto il tempo di annoiarsi, per il momento. La scuola è ricominciata solo da due settimane.”
“Qualche tragedia lì?”
“No. I suoi insegnanti le piacciono. Va d’accordo con tutti i ragazzi. Vuole entrare nella squadra di basket femminile.”
Keri agganciò lo sguardo della donna e chiese, “Quindi lei cosa pensa che stia accadendo?”
Il viso della donna fu travolto dalla confusione. Le tremavano le labbra.
“Non lo so.” Rivolse lo sguardo alla porta principale, poi tornò su Keri, e disse, “Voglio solo che torni a casa. Dove diavolo è Stafford?”
Nemmeno a farlo apposta, un uomo apparve da dietro un angolo. Era il senatore Stafford Penn. Keri l’aveva visto decine di volte alla televisione. Ma di persona trasmetteva una vibrazione che non traspariva dallo schermo. Sui quarantacinque anni, era alto e muscoloso, arrivava tranquillamente al metro e novanta, con i capelli biondi come quelli di Ashley, la mascella cesellata e penetranti occhi verdi. Aveva un magnetismo che sembrava quasi vibrare. Keri deglutì quando lui le tese la mano per presentarsi.
“Stafford Penn,” disse, anche se era certo che lei sapesse chi era.
Keri sorrise.
“Keri Locke,” disse. “Dipartimento di polizia di Los Angeles, unità persone scomparse, Divisione Pacific.”
Stafford diede alla moglie un rapido bacio sulla guancia e si sedette accanto a lei. Non perse tempo con i convenevoli.
“Apprezziamo che sia venuta. Ma personalmente ritengo che possiamo aspettare fino a domattina.”
Mia lo guardò incredula.
“Stafford…”
“I ragazzi si staccano dai genitori,” proseguì. “Si svezzano. È parte del processo di crescita. Diavolo, se fosse un maschio ci saremmo trovati ad affrontare giornate così due o tre anni fa. Ecco perché ho chiesto a Mia di essere discreta quando la chiamava. Dubito che sarà l’ultima volta che dovremo affrontare cose del genere e non voglio essere accusato di gridare al lupo al lupo.”
Keri chiese, “Quindi lei pensa che non ci sia nulla di strano?”
Scosse la testa.
“No. Credo che sia un’adolescente che fa quello che fanno gli adolescenti. A essere onesto, sono quasi contento che questo giorno sia arrivato. Mostra che si sta rendendo più indipendente. Si segni le mie parole, tornerà stasera. Nel caso peggiore, domani mattina, probabilmente con i postumi di una sbornia.”
Mia lo fissava attonita.
“Prima di tutto,” disse lei, “è un lunedì pomeriggio dell’anno scolastico, non le vacanze primaverili in Florida. E secondo, lei non lo farebbe mai.”
Stafford scosse il capo.
“A volte diamo tutti un po’ i numeri, Mia,” disse. “Diavolo, quando ho compiuto quindici anni mi sono scolato dieci birre in un paio d’ore. Ho letteralmente vomitato le viscere per tre giorni. Ricordo che mio padre se la rideva sotto i baffi. Credo che sia stato molto orgoglioso di me, a dire il vero.”
Keri annuì, fingendo che fosse completamente normale. Non aveva senso inimicarsi un senatore degli Stati Uniti, se poteva farne a meno.
“Grazie, senatore. Probabilmente ha ragione. Ma dato che sono qui, le spiace se do un’occhiata veloce alla stanza di Ashley?”
Lui si strinse nelle spalle e indicò la scala.
“Faccia pure.”
Di sopra, in fondo al corridoio, Keri entrò nella stanza di Ashley e si chiuse la porta alle spalle. L’arredamento era più o meno come se l’aspettava – un letto elegante, cassettiere coordinate, poster di Adele e della leggenda del surf, l’invalida di un braccio Bethany Hamilton. Aveva una lampada di lava retrò sul comodino. A riposo su uno dei cuscini c’era un animale impagliato. Era così vecchio e lacero che Keri non riusciva a capire se si trattasse di un cane o di una pecora.
Accese il laptop Mac che si trovava sulla scrivania di Ashley e rimase sorpresa nello scoprire che non era protetto da password.
Quale teenager non protegge il computer ma lo lascia sulla scrivania a disposizione di ogni adulto ficcanaso?
La cronologia internet dava ricerche solo per gli ultimi due giorni; le precedenti erano state cancellate. Ciò che rimaneva sembrava per lo più relativo a una ricerca di biologia che stava preparando. C’era anche qualche visita a siti per agenzie per modelle, locale di New York e di Las Vegas. Un’altra era il sito per un’imminente gara di surf a Malibu. Era anche entrata nel sito di un gruppo locale che si chiamava I Delirio.
O questa è la ragazzina più brava e noiosa di tutti i tempi, o lascia questa roba a disposizione di proposito per presentare un’immagine di sé creata ad hoc per i suoi.
L’istinto diceva a Keri che la verità era l’ultima.
Sedette sul fondo del letto di Ashley e chiuse gli occhi, cercando di sintonizzarsi sulla mentalità di una ragazza di quindici anni. Anche lei lo era stata una volta. Sperava ancora di averne una sua. Dopo due minuti, aprì gli occhi e cercò di riguardare la stanza con uno sguardo nuovo. Controllò gli scaffali, cercando qualcosa che fosse fuori dall’ordinario.
Stava per mollare quando lo sguardo le cadde su un libro di matematica alla fine della libreria di Ashley. Lesse Algebra per la classe nona.
Mia non aveva detto che Ashley frequentava la decima? La sua amica Thelma l’aveva vista nell’aula di geometria. Allora perché conserva un libro di testo vecchio? Solo nel caso avesse bisogno di un ripasso?
Keri afferrò il libro, lo aprì, e cominciò a sfogliarlo. A due terzi del lavoro, trovò due pagine sigillate insieme con del nastro adesivo – erano facili da mancare. C’era qualcosa di duro lì in mezzo.
Keri rimosse parte del nastro e qualcosa cadde sul pavimento. Lo raccolse. Era una patente di guida falsa che sembrava davvero autentica con stampata la foto di Ashley. Il nome diceva Ashlynn Penner. La data di nascita indicava che aveva ventidue anni.
Più sicura di essere ora sulla pista giusta, Keri camminò veloce per la stanza. Non sapeva quanto tempo avesse prima che i Penn cominciassero a sospettare qualcosa. Dopo cinque minuti, trovò qualcos’altro. Avvolto in un calzino da tennis sul fondo dell’armadio c’era un bossolo vuoto da 9 mm.
Prese una busta delle prove, lo imbustò insieme alla carta di identità falsa, e lasciò la stanza. Mia Penn stava percorrendo il corridoio verso di lei quando chiuse la porta. Keri capì che era accaduto qualcosa.
“Mi ha appena chiamato Thelma, l’amica di Ashley. Ha detto a qualcuno che Ashley non è mai arrivata a casa. Dice che un’altra amica che si chiama Miranda Sanchez ha visto Ashley salire in un furgone nero su Main Street accanto a un parco per cani vicino alla scuola. Ha detto che non poteva essere sicura se Ashley fosse salita da sola o se ci fosse stata caricata dentro. Non le è sembrato tanto strano finché non ha sentito che Ashley era sparita.”
Keri mantenne l’espressione neutrale nonostante l’improvviso aumento della pressione sanguigna.
“Conosce qualcuno che possiede un furgone nero?”
“Nessuno.”
Keri percorse brusca il corridoio fino alle scale. Mia Penn cercò disperatamente di starle dietro.
“Mia, ho bisogno che chiami il detective alla stazione – al numero al quale ha trovato me. Dica a chiunque risponda – probabilmente sarà un uomo di nome Suarez – che le ho detto io di chiamare. Gli faccia una descrizione fisica di Ashley e gli dica che cosa indossava. Gli passi anche i nomi e i contatti di tutte le persone che mi ha menzionato: Thelma, Miranda, il suo ragazzo Denton Rivers, tutti quanti. Poi gli dica di chiamare me.”
“Perché ha bisogno di tutte queste informazioni?”
“Li interrogheremo tutti.”
“Comincia a spaventarmi. È grave, vero?” chiese Mia.
“Probabilmente no. Ma è meglio prevenire che curare.”
“Io che cosa posso fare?”
“Ho bisogno che lei se ne resti qui nel caso in cui Ashley chiamasse o tornasse.”
Arrivarono di sotto. Keri si guardò intorno.
“Dov’è suo marito?”
“È stato richiamato al lavoro.”
Keri si morse la lingua e puntò alla porta principale.
“Dove va?” le gridò Mia.
Da sopra la spalla Keri ribatté:
“Vado a ritrovare sua figlia.”